Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20818 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20818 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21716/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. della Lombardia, sez. stacc. di Brescia n. 132/2018 depositata il 15/01/2018. del
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della C.T.R. della Lombardia sezione staccata di Brescia, che ha respinto l’appello dalla medesima proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Brescia di rigetto del ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento e dell’ingiunzione di pagamento relativi all’imposta comunale sulla pubblicità per l’anno 2011.
La C.T.R., richiamata la disciplina degli artt. 5 e 17 del d. lgs. 507 del 1993, ha ritenuto l’apposizione di pannelli pubblicitari sui carrelli della spesa presso il centro commerciale Le Piazza integrante il presupposto oggettivo dell’imposta, escludendo la ricorrenza di ipotesi di esenzione, per essere la pubblicità realizzata non all’interno dei locali, ma in un parcheggio, ben visibile ai visitatori del centro commerciale.
La società RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
La parte controricorrente con memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. ribadisce le conclusioni assunte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La soc. RAGIONE_SOCIALE formula cinque motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per omessa, apparente o perplessa motivazione, in violazione dell’art. 36, comma 2 n. 4 d. lgs. 546 del 1992 e 111 Cost.. Sostiene che la C.T.R. si sia limitata a riprodurre le argomentazioni svolte dalle parti, senza affrontare il thema decidendum riguardante l’applicabilità dell’esenzione di cui all’art. 17, lett. a) d. lgs. 507
del 1993, mancando di esplicitare le ragioni del rigetto dell’appello.
Con il secondo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 5 cod. proc. civ., dell’omessa motivazione circa un fatto decisivo per il giudizio, in violazione dell’art. 36, comma 2 n. 4 d. lgs. 546 del 1992 e dell’art. 132, comma 2 n. 4 cod. proc. civ.. Osserva che la sentenza impugnata pretermette la circostanza relativa alla pertinenzialità del parcheggio del centro commerciale, nonché della recinzione e della sua chiusura notturna, a mezzo di sbarre, non potendo esso, dunque, considerarsi luogo pubblico o aperto al pubblico, nel senso voluto dalla disciplina impositiva.
Con il terzo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per omessa pronuncia in ordine alla violazione dell’art. 10, comma 2 l. 212 del 200, che inibisce l’applicazione di sanzioni al contribuente che si sia conformato alle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria. Sottolinea che la società di è adeguata a quanto previsto dalle Risoluzioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze nn. 3/901 del 16 luglio 1982, 3/2433 del 24 gennaio 1983 e 48696 del 23 dicembre 2014, secondo le quali l’esenzione di cui all’art. 17, comma 1, lett. a) d. lgs. 507 del 1993 si applica allorquando il messaggio pubblicitario è percepito solo occasionalmente nelle immediate vicinanze dei locali di vendita. Osserva che i messaggi pubblicitari apposti sui carrelli per la vendita non possono che essere visti occasionalmente dai consumatori che si apprestano ad entrare o a uscire dal supermercato.
Con il quarto motivo lamenta, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione del disposto dell’art. 17, comma 1 lett. a) del d. lgs. 507 del 1993. Ricorda che ai sensi dell’art. 5 del medesimo d. lgs., oggetto materiale
del presupposto di imposta non è la forma pubblicitaria, ma il messaggio che, in quanto diffuso, possa concretamente produrre un effetto di promozione del prodotto. Siffatto effetto deve essere valutato in rapporto all’ubicazione del mezzo tramite il quale è veicolato ed alla possibilità di raggiungere un numero indeterminato di destinatari. Le esenzioni di cui all’art. 17 cit. trovano, infatti, la loro ragione nell’assenza di potenzialità del messaggio di raggiungere un numero indiscriminato di soggetti, se non occasionalmente. Ed è ciò che accade in relazione al messaggio pubblicitario esposto sui carrelli di vendita.
Con il quinto motivo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 5, commi 1 e 2 d. lgs. 507 del 1994, nella parte in cui richiedono che il messaggio pubblicitario sia percepito da un numero indeterminato di consumatori e sia idoneo a promuovere la domanda dei prodotti reclamizzati. Osserva che la percepibilità è condizione di esistenza di quell’effetto pubblicitario che l’imposta intende colpire. Nel caso in esame il messaggio esposto sui carelli, e viene percepito solo occasionalmente da transiti vicino alla cabina deposito o utilizzi il carrello accanto ad essa. Rileva che delle suddette circostanze è stata fornita prova fotografica.
Il primo motivo è infondato.
Va preliminarmente ricordato che secondo le Sezioni Unite di questa Corte ‘La riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge
costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione. (Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014; più recentemente: Cass. Sez. 1, 03/03/2022, n. 7090; Cass. Sez. 6, 25/09/2018, n. 22598).
Nel caso di specie, lungi dall’omettere la motivazione sui motivi dedotti con l’atto di appello, il giudice di secondo grado ha argomentato sia sulla sussistenza del presupposto di imposta, che sull’insussistenza di ipotesi di esenzione, osservando che la pubblicità non era realizzata all’interno dei locali, ma nel parcheggio del centro commerciale ‘alla vista della popolazione’, così essendo visibile non solo a coloro che accedevano al centro commerciale per fare acquisti, ma anche da coloro che ivi intendevano passare una parte della giornata e financo dagli utenti delle strade attigue, essendo normalmente i centri commerciali posti in zone di intenso traffico.
Al di là della sua correttezza o meno (su cui infra ), non par dubbio che la motivazione superi il vaglio del ‘minimo costituzionale richiesto’ per consentire il controllo della sua comprensibilità.
Il secondo motivo è inammissibile e comunque manifestamente infondato.
La deduzione della pretermissione del fatto ‘pertinenzialità del parcheggio’ e chiusura notturna del medesimo, introdotta ai sensi dell’art. 360, comma 1 n. 5 cod.
proc. civ., infatti, non è accompagnata da efficace illustrazione della sua decisività, non comprendendosi per quale ragione un parcheggio pertinenziale esterno, sotto il profilo dell’esposizione del messaggio pubblicitario, non avrebbe le caratteristiche diffusive richieste dal presupposto di imposta del ‘luogo aperto al pubblico’, posto che non è la relazione funzionale fra il bene immobile e quello pertinenziale a dimostrare l’esposizione al pubblico di un’area, ma la sua caratteristica intrinseca di visibilità esterna. D’altro canto -ed in ciò sta l’infondatezza della censuradiversamente da quanto ritenuto dalla società ricorrente, il giudice ha valutato proprio la peculiarità del luogo, come spazio aperto di passaggio, sia per coloro che si recano a fare acquisti nel centro commerciale, che per coloro che ivi transitano senza l’intenzione di fare acquisiti, tutti essendo possibili bersagli del messaggio pubblicitario veicolato all’interno del parcheggio del centro commerciale medesimo.
Il quarto ed il quinto motivo possono essere esaminati insieme, in quanto strettamente connessi, e vanno trattati prima del terzo motivo dedicato alle sanzioni.
Le doglianze sono infondate.
La società ricorrente lamenta, per un verso (con il quinto motivo), che sia stato considerato sussistente il presupposto di imposta di cui all’art. 5 del d. lgs. 507 del 1993, nonostante i carrelli, su cui è esposto il messaggio, siano utilizzati dagli utenti per un tempo brevissimo e poi riposti all’interno di una pensilina di raccolta, ciò annullando l’effetto pubblicitario, per altro verso (con il quarto motivo) l’omessa considerazione della stessa circostanza come ipotesi di esenzione di imposta, ai sensi dell’art. 17 del d. lgs. 507 del 1993.
Occorre muovere dal presupposto impositivo relativo al tributo sulla pubblicità, di cui all’art. 5 del citato d.lgs. n. 507
del 1993, da individuarsi nell’astratta possibilità del messaggio, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, che diventano tali solo perché vengono a trovarsi in quel luogo determinato ( ex multis : Cass. sez. 5, 15/03/2017, n. 6714; Cass. sez. 5, 30712/2014, n. 27497; Cass. sez. 5, 08/09/2008, n. 22572).
Ora, la disposizione di cui all’art. 5 cit. non subordina l’assoggettamento all’imposta del messaggio pubblicitario alla ‘durata’ soggettiva della percezione del pubblico del messaggio veicolato attraverso la forma comunicativa prescelta, che ovviamente può variare in modo consistente, a seconda dell’attenzione e dell’interesse di chi lo guarda, ma alla sua capacità diffusiva di richiamo dell’attenzione del pubblico sul prodotto o sul servizio reclamizzato, come potenzialmente idoneo a incrementare il risultato positivo dell’attività commerciale del contribuente, in quanto strettamente correlato a un vantaggio immediato e diretto dell’imprenditore beneficiario, rispetto alla risonanza del messaggio pubblicitario nella platea dei consumatori destinatari.
La valutazione di siffatta potenzialità, nondimeno, è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, che deve soffermarsi sulla capacità astratta del messaggio di raggiungere una serie indeterminata di soggetti, richiamandone l’attenzione, indipendentemente dal tempo dedicato dal singolo alla percezione del medesimo.
Non può dubitarsi che la C.T.R. abbia svolto un simile vaglio, posto che si è soffermato sulla visibilità del messaggio pubblicitario apposto sui carrelli di vendita ricoverati nel parcheggio del centro commerciale, ritenendoli esposti ‘alla vista della popolazione’, considerando, pertanto, il messaggio, astrattamente idoneo a raggiungere un numero indeterminato di destinatari, cioè tutti i possibili avventori dell’esercizio
commerciale., sia quelli indirizzati all’acquisto, che quelli che ivi si recano per ragioni diverse (come coloro -aggiunge il giudice di appello- che intendono semplicemente passare del tempo nel centro commerciale senza intenzione di fare acquisti).
Con riferimento alla sussistenza di un’ipotesi di esenzione, invece, questa Corte ha recentemente chiarito, proprio in un caso analogo a quello in esame, che ‘In tema di imposta sulla pubblicità, l’esenzione di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 507 del 1993 opera solo al ricorrere della doppia condizione dell’esercizio all’interno dei locali adibiti alla vendita del bene (o alla prestazione del servizio) tanto dell’attività pubblicizzata, quanto dell’attività di pubblicizzazione; condizioni che non ricorrono nel caso di messaggio pubblicitario collocato su carrelli della spesa di un bene in vendita all’interno di un supermercato, ma circolanti anche all’esterno dei relativi locali ed, in particolare, nell’area dell’intero centro commerciale ove esso è ubicato e nel parcheggio di pertinenza, venendo in tali casi in rilievo l’attitudine degli stessi a raggiungere un numero indistinto di potenziali acquirenti. (Cass. Sez. 5, 16/04/2021, n. 10095).
Il terzo motivo, inerente all’omessa pronuncia sulla violazione dell’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000, va accolto.
Seppure effettivamente la C.T.R. abbia omesso di pronunciarsi sulla debenza delle sanzioni, il quesito posto può essere risolto in questa sede, trattandosi di una questione di diritto.
Ora, la società ricorrente richiamando l’art. 10 l. 212 del 2000, nella parte in cui dispone che le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria, sostiene che, nel caso di specie,
mancherebbe il presupposto applicativo delle sanzioni per avere la medesima agito nel rispetto delle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria fa riferimento.
La ricorrente fa riferimento ad alcune Risoluzioni ministeriali dei primi anni ottanta (afferenti al previgente art. 20 del d.P.R. n. 639 del 1972) ed alla risoluzione n. 48696 del 23 dicembre 2014, per la quale l’esenzione in parola si applicherebbe anche nel caso di visibilità del messaggio dai clienti di altri esercizi facenti parte del medesimo centro commerciale.
Invero, la Risoluzione n. 3/901 del 16 luglio 1982, con cui si risponde ad un quesito formulato nella vigenza dell’art. 20 d.P.R. 639 del 1972, premesso che il contenuto della disposizione ‘esonera dal tributo tutte le forme pubblicitarie effettuate all’interno dei locali adibiti alla vendita di prodotti di dettaglio, imponendo quale unica condizione di godimento del beneficio che la pubblicità sia connessa con l’attività esercitata nei locali stessi’, afferma che ‘ non sono rilevanti ai fini dell’assoggettabilità al tributo né le dimensioni, né le caratteristiche del mezzo, né tantomeno la momentanea assenza del prodotto o l’occasionale ricettività all’esterno del messaggio pubblicitario diffuso dalla circolazione interna del carrello dei supermercati’
La Risoluzione n. 48696 del 3 dicembre 2014, a sua volta, rispondendo in relazione alle esenzioni di cui all’art. 17 d. lgs. 507 del 1993, riprendendo la Risoluzione del 1982, precisa che ‘non sono rilevanti ai fini della assoggettabilità al tributo né le dimensioni, né le caratteristiche del mezzo, né tantomeno l’occasionale visibilità all’esterno del messaggio pubblicitario diffuso mediante la circolazione del carrello all’interno del centro commerciale o del parcheggio’.
Secondo la giurisprudenza di legittimità le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti
e obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, non è esonerato dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, essendo esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 (Cass., Sez. 5 del 30/09/2020, n. 20819; Cass., Sez. 5, del 11/07/2019, n. 18618; Cass., Sez. 5, del 18/05/2016, n. 10195). La tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della l. n. 212 del 2000, costituisce -infatti’espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., sicché deve ritenersi che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni’ (Cass. Sez. 5, 09/01/2019, n. 370).
Le Risoluzioni ministeriali riprese dalla parte fanno riferimento alla possibilità di veicolazione esterna ed occasionale del messaggio come ipotesi di esenzione dall’assoggettamento al tributo, con la conseguenza che l’essersi la società contribuente uniformata alla prassi amministrativa, non corrispondendo il tributo per la pubblicità esposta sui carrelli della spesa, non può che condurre all’esclusione dell’applicazione delle sanzioni, in conformità con l’orientamento richiamato.
L’accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, comporta la cassazione della impugnata limitatamente al motivo accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2 cod. proc. civ., dichiarando non dovute le sanzioni.
Le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta i residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara non dovute le sanzioni; compensa integralmente le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2025.