Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3779 Anno 2025
Oggetto: Tributi
IRBA
–
Imposta
regionale sulla benzina per autotrazione – 2018
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3779 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso iscritto al numero n. 5494 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto da
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
e sul ricorso iscritto al numero n. 6688 del ruolo generale dell’anno 2023, proposto
da
Regione Campania, in persona del Presidente pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliata in Roma INDIRIZZO
-ricorrente-
Contro
RAGIONE_SOCIALE in persona dell’amministratore unico e legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, giusta procura speciale in calce al controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente-
Nonché
Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in persona del Direttore pro tempore ;
-intimata – per la cassazione della sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, n. 629/18/2023, depositata in data 18 gennaio 2023, notificata in data 20 gennaio 2023;
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 14 gennaio 2025 dal Relatore Cons. NOME COGNOME di Nocera.
udito il P.M. in persona del Sostituto Procuratore Generale dott.ssa NOME COGNOME che ha chiesto il rigett o del ricorso RG 5494/2023 e l’accoglimento del primo motivo, rigettato il secondo per il procedimento R.G. 6688/2023;
Uditi, nel procedimento RG 5494/2023, per l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli l’Avv.to dello Stato NOME COGNOME e per la società controricorrente l’Avv.to NOME COGNOME;
e nel procedimento RG 6688/ 2023 per la Regione Campania l’Avv.to NOME COGNOME e per la società controricorrente l’Avv.to NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La controversia concerne l’impugnativa dell’avviso di pagamento n. 44711RU emesso dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli nei confronti di RAGIONE_SOCIALEquale titolare di un impianto di distribuzione stradale di carburante ubicato in Napoli per omesso versamento dell’imposta regionale sulla benzina per autotrazione (IRBA) relativa al 2018, per l’importo di euro 2.473,71 comprensivo di interessi ed indennità di mora.
In entrambi i procedimenti RG n. 5494/2023 e RG n. 6688/2023 avverso il suddetto avviso, la società proponeva ricorso nei confronti dell’Agenzia delle dogane e della Regione Campania dinanzi alla Commissione tributaria provinciale di Napoli deducendo la non debenza dell’IRBA istituita con l’art. 3 della legge della Regione Campania n. 28 del 2003 in quanto trattavasi di disposizione in contrasto con l’art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/118/CE del 16 dicembre 2008 che prevede che gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi ‘finalità specifiche’ reputate assenti con riguardo all’IRBA – e conformi alle norme fiscali dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’imposta sul valore aggiunto.
3 . In entrambi i procedimenti, la CTP di Napoli, con sentenza n. 12281/18/2021, rigettava il ricorso ritenendo che, sebbene l’art. 1, comma 628, della legge n.
178 del 2020 (legge di bilancio del 2021), avesse abrogato dal 2021 l’IRBA, erano fatti espressamente ‘ salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte ‘.
In entrambi i procedimenti, avverso la sentenza di primo grado, la società proponeva appello dinanzi alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania che, con sentenza n. 629/18/2023, depositata in data 18 gennaio 2023, lo accoglieva, disapplicando la normativa vigente sia statale (art. 1, comma 628, della legge di bilancio 2021, nella parte in cui faceva salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie sorte prima del 2021, legittimando le imposte versate e/o pretese prima di tale data) che regionale (successiva legge regionale della Campania n. 5 del 2021 di analogo contenu to), stante il contrasto con l’art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/118/CE.
Nel procedimento R.G. n. 5494/2023, avverso la sentenza di appello, l’Agenzia delle dogane e dei monopoli propone ricorso per cassazione affidato a un motivo.
Nel procedimento R.G. n. 6688/2023 avverso la medesima sentenza di appello la Regione Campania propone ricorso per cassazione affidato a due motivi.
In entrambi i procedimenti, la società resiste con rispettivi controricorsi, depositando successive memorie ex art. 378 c.p.c.
In entrambi i procedimenti, il P.G. ha depositato conclusioni scritte.
Nel procedimento R.G. 6688/2023, la Regione Campania ha depositato istanza di rinvio in considerazione del rinvio pregiudiziale sollevato, ai sensi dell’art. 363 bis c.p.c., dalla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte nei giudizi di rimborso dell’Irba in relazione all’applicabilità dell’art. 29, comma 2, della legge n. 428/90 nei casi di traslazione dell’imposta .
MOTIVI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, va disposta ex art. 335 c.p.c. la riunione al procedimento R.G. n. 5494/2023 di quello RG n. 6688/2023 trattandosi di impugnativa della
medesima sentenza di appello n. 629/2023 afferente al medesimo avviso di pagamento n. 44711RU.
Va rigettata l’istanza di rinvio presentata , nel procedimento RG 6688/2023, dalla Regione Campania in attesa della decisione sul rinvio pregiudiziale sollevato, ai sensi dell’art. 363bis c.p.c. , dalla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte, atteso che il relativo ricorso (R.G. 15074/2024) viene trattato nella medesima udienza e che, peraltro, nel presente giudizio non viene in rilievo l’impugnativa di un diniego di rimborso .
3. Nel procedimento RG 5494/2023, con l’unico motivo, l’Agenzia delle Dogane denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 1, par. 2 della Direttiva comunitaria 2008/118/CE, dell’art. 1 della legge della Regione Campania n. 28 del 24 dicembre 2003 e dell’art. 1, comma 628, della legge n. 178 del 2020 (legge di bilancio 2021), per avere la CTR annullato erroneamente l’atto impositivo disapplicando la normativa statale e quella regionale in quanto ritenuta in contrasto con la direttiva comunitaria del 2008 sebbene: 1) l’art. 1 7 del d.lgs. n. 398 del 1990 avesse previsto la facoltà delle Regioni di istituire un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, facoltà esercitata dalla Regione Campania con la legge n. 28 del 2003; 2) l’IRBA istituita dalla Regione Campania concorreva a finalità specifiche alimentando un fondo destinato alle aziende sanitarie e alle strutture ospedaliere (previsto dalla stessa legge finanziaria regionale per il 2004) nonché rispondeva, nell’aumentare il costo del carburante, a finalità di tutela dell’ambiente; 3)il principio di cui all’art. 1, par.2 della Direttiva comunitaria n. 118/2008 non era applicabile direttamente stante la genericità e non esecutività della disposizione (come statuito dalla CTP di Roma n. 7650 del 24.6.2022) nonché la non collegabilità, sul piano interpretativo, della finalità specifica prevista dall’art. 1, par. 2 cit. direttamente all’imposta in esame; 4) l’art. 1, comma 628 della legge di bilancio 2021 aveva abrogato tutte le norme afferenti all’I.R.B.A. facendo salvi (con una clausola di salvaguardia) gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte, mentre il comma 629 aveva stabilito l’obbligo delle Regioni a statuto
ordinario di adeguare la propria normativa alle disposizioni del comma 628, il che aveva effettuato la Regione Campania con la legge n. 5 del 2021, art. 54, abrogando l’IRBA – introdotta con la legge n. 28 del 2003, fatti salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte alla data del 31.12.2020. In particolare, ad avviso dell’Agenzia (come statuito nella richiamata sentenza della CTP di Roma n. 7650 del 24.6.2022) in forza della previsione espressa della clausola di salvaguardia, l’intervenuta abrogazione dell’IRBA non esplicava effetti retroattivi.
Nel procedimento RG 6688/2023, con il primo motivo la Regione Campania denuncia in relazione all’art. 1, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 18, comma 1, lett. e) del d.lgs. n. 546/92 nonché degli artt. 2697 c.c. e 115 c.p.c. per non avere il giudice di appello dichiarato l’inammissibilità del gravame, essendosi la società contribuente limitata ad eccepire l’inapplicabilità dell’IRBA per contrarietà alle norme UE senza svolgere eccezioni atte a dimostrare l’infondatezza dell e ragioni poste a fondamento dell’avviso di pagamento (omessa presentazione della dichiarazione e omesso versamento) e senza contestare i fatti storici posti a fondamento dell’accertamento.
Con il secondo motivo la Regione Campania denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art.1, comma 628, della legge n. 178 del 2020 e dell’art. 11 disp. sulla legge in generale per avere la CGT di sec ondo grado travisato l’intento del legislatore nazionale di comporre, nella fase di transizione, le esigenze di armonizzazione della normativa statale a quella europea con la soppressione dell’IRBA, evitando, al contempo, attraverso della clausola di sa lvaguardia (‘ sono fatti salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte ‘) l’insorgere di gravosi contenziosi e senza incidere sul contenzioso già instaurato; peraltro, ad avviso della ricorrente, la clausola di salvaguardia garantiva anche il principio generale di irretroattività della legge.
I ricorsi proposti dall’Agenzia e dalla Regione Campania sono infondati.
L’imposta in contestazione rinviene il suo fondamento normativo nel d.lgs. 21 dicembre 1990, n. 398, art. 17, comma 1, che – dando attuazione alla delega di
cui alla L. 14 giugno 1990, n. 158, art. 6, comma 1, lett. c) – ha disposto che «Le regioni a statuto ordinario hanno facoltà di istituire con proprie leggi un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle rispettive regioni, successivamente alla data di entrata in vigore della legge istitutiva, in misura non eccedente lire 30 al litro.».
8 .A norma del comma 2 del citato art. 17 del d.lgs. n. 398 del 1990, fermo restando il limite massimo dell’importo dell’imposta (che inizialmente non poteva superare lire trenta al litro), le r egioni possono fissare l’aliquota in misura diversa da quella originariamente prevista e tale determinazione ha effetto successivamente alla data di entrata in vigore della legge che dispone la variazione.
L’art. 18 della stessa legge ha previsto che « L’imposta eventualmente istituita è dovuta dal soggetto consumatore della benzina ed è riscossa dal soggetto erogatore che deve versarlo alla regione sulla base dei quantitativi erogati risultanti dal registro di carico e scarico di cui all’art. 3 del decreto-legge 5 maggio 1957, n. 271, convertito, con modificazioni, dalla legge 2 luglio 1957, n. 474 » e l’art. 19, stessa legge, ha disposto che « Le modalità di accertamento, i termini per il versamento dell’imposta nelle casse regionali, le sanzioni, da determinare in misura compresa tra il 50 per cento ed il 100 per cento del tributo evaso, le indennità di mora e gli interessi sono disposti da ciascuna regione con propria legge, con l’osservanza dei principi stabiliti dalle leggi dello Stato ».
9. La disciplina in esame è stata poi modificata dalla legge n. 549 del 1995, il cui art. 3, al comma 14, ha abrogato, a decorrere dal 1° gennaio 1996, gli artt. 18 e 19 del citato d.lgs. n. 398 del 1990 e, al comma 13, da un lato, ha inciso sulla struttura d ell’IRBA ponendone la corresponsione a carico del concessionario dell’impianto di distribuzione (e non più del soggetto consumatore della benzina, con riscossione da parte del soggetto erogatore, tenuto a versarne l’importo alla Regione, come previsto dall ‘art. 18 dello stesso d.lgs. n. 398 del 1990) nella misura determinata sulla base dei quantitativi erogati e contabilizzati nei registri di carico e scarico; dall’altro, nel dettare disposizioni sull’accertamento e sulla
riscossione del tributo, in continuità con l’abrogato art. 19 del d.lgs. n. 398 del 1990, lo stesso comma 13 ha, altresì, precisato che «le modalità ed i termini di versamento, anche di eventuali rate di acconto, le sanzioni, da stabilire in misura compresa tra il 50 e il 100 per cento dell’imposta evasa, sono stabiliti da ciascuna regione con propria legge». Sempre il comma 13 ha, poi, previsto che « Per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente. Le regioni hanno facoltà di svolgere controlli sui soggetti obbligati al versamento dell’imposta e di accedere ai dati risultanti dalle registrazioni fiscali tenute in base alle norme vigenti, al fine di segnalare eventuali infrazioni o irregolarità all’organo competente per l’accertamento. Ciascuna regione riscuote, contabilizza e dà quietanza delle somme versate, secondo le proprie norme di contabilità ».
10. A questo assetto normativo si è allineata la disciplina regionale Campania, dapprima con l’art. 3 della legge regionale n. 28 del 2003, che ha stabilito che « L’imposta è dovuta alla Regione dal concessionario dell’impianto di distribuzione di carburante sulla base dei quantitativi erogati in ogni mese » e, dopo, con l’art. 2, comma 2, della legge regionale Campania n. 8 del 2004, che ha modificato l’art. 3 della legge regionale n. 28 del 2003, aggiungendo alla parola «concessionario» le seguenti «e dal titolare», per poi addivenire alla formulazione del medesimo art. 3, così come risultante dalle modifiche apportate dall’art. 1, comma 3, della legge regionale n. 15 del 2005: « L’imposta è dovuta alla Regione dal concessionario e dal titolare dell’autorizzazione dell’impianto di distribuzione del carburante o, per loro delega, dalla società petrolifera che sia unica fornitrice dell’impianto, su base mensile e sui quantitativi di cui al decreto del Ministero delle finanze 30 luglio 1996, articolo 1, comma 1, lettera d)».
11 .Imposta, questa, che da ultimo è stata soppressa tanto dal legislatore nazionale, – che, con l. 30 dicembre 2020, n. 178 (Legge di bilancio 2021) art. 1, comma 628, ha disposto che « L’articolo 6, comma 1, lettera c), della legge 14 giugno 1990, n. 158, l’articolo 17 del decreto legislativo 21 dicembre 1990,
n. 398, l’articolo 3, comma 13, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, l’articolo 1, comma 154, della legge 23 dicembre 1996, n. 662, e l’articolo 1, commi 670, lettera a), e 671, della legge 27 dicembre 2006, n. 296, recanti disposizioni in materia di imposta regionale sulla benzina per autotrazione, sono abrogati. Sono fatti salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte. », – quanto dalla stessa Regione Campania che, in attuazione del disposto del comma 629 dell’art. 1 della legge di bilancio del 2021, con legge 29 giugno 2021, n. 5, art. 54, – nel disporre l’abrogazione delle disposizioni normative che, per il passato, avevano regolato il prelievo tributario in questione (art. 54, comma 2), -ha espressamente previsto che «A decorrere dal periodo d’imposta 2021 è soppressa l’imposta regionale sulla benzina per autotrazione. Sono fatti salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie già insorte .» (art. 54, comma 1). Come, dunque, reso esplicito dalla successione normativa sopra ripercorsa, l’IRB A non può trovare più applicazione nella Regione Campania a decorrere dal periodo d’imposta 2021 .
12. Per quanto rilevato, gli aspetti procedurali, dichiarativi, liquidativi, di accertamento, di riscossione e sanzionatori dell’IRBA, a integrazione e modifica di quanto inizialmente stabilito nel 1990, sono stati modificati e fissati dall’art. 3, comma 13, della legge n. 549/1995, che, per quel che rileva in questa sede, ha stabilito che gli uffici tecnici di finanza effettuano l’accertamento e la liquidazione dell’imposta regionale sulla base di dichiarazioni annuali presentate, dai soggetti obbligati al versamento dell’imposta e che per la riscossione coattiva, gli interessi di mora, il contenzioso e per quanto non disciplinato dai commi da 12 a 14 del presente articolo, si applicano le disposizioni vigenti in materia di accisa sugli oli minerali, comprese quelle per la individuazione dell’organo amministrativo competente.
Il conseguente corollario è che l’IRBA è un tributo regionale proprio derivato, in quanto, colpisce la vendita della benzina per autotrazione in base alla quantità, e non al valore, e diviene esigibile nel momento e nel luogo in cui avviene l’immissione al consumo del prodotto energetico; dunque, l’imposta è dovuta al momento della fornitura della benzina al consumatore finale e il fornitore, in caso
di pagamento indebito, è l’unico soggetto legittimato a presentare istanza di rimborso all’Amministrazione finanziaria ai sensi dell’art. 29, comma 2, della legge n. 428 del 1990.
Peraltro, già nell’impianto della legge di delega n. 158 del 1990 (art. 6), la « facoltà delle regioni a statuto ordinario di istituire un’imposta regionale sulla benzina per autotrazione, erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nelle predette regioni » veniva correlata all’obiettivo di « attribuire alle regioni a statuto ordinario una più ampia autonomia impositiva in adempimento del precetto di cui al secondo comma dell’articolo 119 della Costituzione ».
Anche la Corte Costituzionale, di recente, ha affermato che « L’IRBA è stata prevista dall’art. 17 del d.lgs. n. 398 del 1990, in attuazione della legge delega n. 158 del 1990, la quale, all’art. 6, comma 1, lettera c), al dichiarato fine di ‘attribuire alle regioni a statuto ordinario una più ampia autonomia imposit iva in adempimento del precetto di cui al secondo comma dell’art. 119 della Costituzione’, aveva consentito a dette regioni di introdurre, con proprie leggi, un’imposta sulla benzina per autotraz ione erogata dagli impianti di distribuzione ubicati nei rispettivi territori» e che « L’IRBA si configura come un tributo regionale proprio derivato, avente struttura analoga a quella dell’accisa, in quanto, al pari di questa, colpisce la vendita della benzina per autotrazione in base alla quantità, e non al valore, e diviene esigibile nel momento e nel luogo in cui avviene l’immissione al consumo del prodotto energetico » (Corte Costituzionale, 4 giugno 2024, n. 100).
Dunque, l’IRBA rientra tra i cosiddetti «tributi propri derivati» delle Regioni, cioè quei tributi che, come precisa l’art. 7, comma 1, lett. b, n. 1, della legge n. 42 del 2009 – la legge delega sul federalismo fiscale -sono « istituiti e regolati da leggi statali, il cui gettito è attribuito alle Regioni ». Detta definizione ha trovato adeguata sede nel d.lgs. n. 68 del 2011, che all’art. 8 ha elencato i tributi delle regioni a statuto ordinario, distinguendo: al comma 1, i tributi propri autonomi «ceduti»- che possono, cioè, essere istituiti e interamente disciplinati o anche soppressi con legge regionale, tra i quali non è previsto il tributo in questione; al comma 2, la tassa automobilistica – che si configura come un tertium genus ,
vale a dire un tributo proprio derivato particolare, parzialmente «ceduto» alle regioni; al comma 3 i «tributi propri derivati» e cioè gli altri tributi riconosciuti alle Regioni a statuto ordinario dalla legislazione vigente alla data di entrata in vigore del decreto stesso.
Come in numerose occasioni ha affermato la Corte costituzionale, questi tributi, che sono quindi individuati dalla norma in via residuale, conservano inalterata la loro natura di tributi erariali (Corte cost., 26 marzo 2010, n. 123; Corte cost., 14 luglio 2009, n. 216; Corte cost., 25 ottobre 2005, n. 397; Corte cost., 26 gennaio 2004, n. 37; Corte cost., 26 settembre 2003, n. 296).
13. Orbene, in questo contesto normativo, con specifico riferimento all’IRBA istituita dalla Regione Lazio con l’art. 3 della legge regionale n. 19 del 2011, e, dunque, ad una disciplina del tutto omogenea a quella (ora) in esame siccome rinveniente dal medesimo fondamento normativo offerto dalla legislazione nazionale, e connotata da medesimi contenuti di regolazione, la Corte di Giustizia dell’Unione Europea è specificamente intervenuta a seguito di rinvio pregiudiziale, in ordine al tributo qui dedotto, l’IRBA, con ordinanza del 9 novembre 2021, nella causa C-255/20, pronunciandosi sulla domanda di pronuncia pregiudiziale che verteva sull’interpretazione dell’art. 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12 alla luce dell’art. 1, paragrafi 1 e 2 della direttiva 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, che, dispone nei seguenti termini: « Gli Stati membri possono applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette aventi finalità specifiche, purché tali imposte siano conformi alle norme fiscali comunitarie applicabili per le accise o per l’imposta sul valore aggiunto in materia di determinazione della base imponibile, calcolo, esigibilità e controllo dell’imposta; sono escluse da tali norme le disposizioni relative alle esenzioni ».
Ai sensi di detta disposizione, che sostanzialmente riproduce le previgenti disposizioni di cui all’articolo 3, paragrafo 2, della direttiva 92/12 (cfr. CGUE, 9 novembre 2021, causa C-255/20, punto 27; CGUE, 5 marzo 2015, causa C553/13, punto 34), gli Stati membri possono, quindi, applicare ai prodotti sottoposti ad accisa altre imposte indirette a condizione che dette imposte
rispondano a finalità specifiche e che siano conformi alle norme fiscali dell’Unione applicabili ai fini delle accise o dell’imposta sul valore aggiunto per la determinazione della base imponibile, nonché per il calcolo, l’esigibilità e il controllo dell’imposta. Le due condizioni, che mirano ad evitare che le imposizioni indirette supplementari ostacolino indebitamente gli scambi, hanno carattere cumulativo e, per quanto attiene alla prima di dette condizioni, dalla giurisprudenza della Corte di Giustizia emerge che una finalità specifica ai sensi della disposizione di cui trattasi è una finalità che non sia puramente di bilancio (cfr. CGUE, 7 febbraio 2022, causa C-460/21, punti 19 e ss.; CGUE, 9 novembre 2021, causa C-255/20, punti 27 e ss.; CGUE, 25 luglio 2018, causa C-103/17, punti 34 e ss.).
Con specifico riferimento alla nozione di finalità specifica, la Corte di giustizia, nell’ordinanza richiamata, ha rilevato che l’IRBA « persegue solo una finalità generica di supporto al bilancio degli enti territoriali» (punto 38), per poi concludere che l’art. 1, paragrafo 2, della direttiva 2008/118/CE deve essere interpretato nel senso che esso osta a una normativa nazionale, come quella italiana istitutiva di un’imposta regionale sulle vendite di benzina per autotrazione, dal momento che «non si può ritenere che tale imposta abbia una ‘finalità specifica’ ai sensi di tale disposizione, il suo gettito essendo inteso solo a contribuire genericamente al bilancio degli enti locali ».
Inoltre, conformemente a quanto stabilito da questa Corte, se è vero che oggetto del presente giudizio è la realizzazione di una pretesa impositiva insorta prima della soppressione del tributo e che, stante la su riportata clausola legale, dovrebbe rimaner e «salva» nei suoi effetti obbligatori, tuttavia, l’accertata incompatibilità dell’imposta con il diritto UE esclude che la clausola di salvezza possa sopravvivere alla radicale espunzione del tributo, proprio per le predette considerazioni di incompatibil ità, dall’ordinamento nazionale. Sicché, per le stesse ragioni ostative già evidenziate dalla CGUE nella pronuncia menzionata, il giudice nazionale deve disapplicare la norma interna che vorrebbe mantenere al tributo soppresso una residuale efficacia impositiva per il passato, cioè in rapporto alle obbligazioni insorte prima della soppressione stessa. Conclusione,
questa, che impone di ritenere non dovuta l’imposta anche per le annualità precedenti al 2021, con ciò parimenti disapplicando la citata legge regionale che ha, a sua volta, collocato un limite temporale di validità ed efficacia di un’imposta che si pone in già affermato totale contrasto con il diritto UE e, in particolare, con l’articolo 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE (cfr. fra le tante Cass., 6 marzo 2023, n. 6687; Cass., 7 marzo 2023, n. 6858; Cass., 8 marzo 2023, n. 6966; Cass., 19 giugno 2023, n. 17436; Cass., 19 giugno 2023, n. 17529).
14. Va del resto ancora osservato come l’interpretazione di una norma di diritto comunitario data pregiudizialmente dalla CGUE nell’esercizio della competenza ad essa attribuita « chiarisce e precisa, quando ve ne sia il bisogno, il significato e la portata della norma, quale deve, o avrebbe dovuto, essere intesa ed applicata dal momento della sua entrata in vigore»; con la conseguenza che, proprio per la sua portata interpretativa dichiarativa, essa produce effetti normalmente retroattivi sui rapporti ancora aperti e sub judice , in modo tale che « la norma così interpretata può, e deve, essere applicata dal giudice anche a rapporti giuridici sorti e costituiti prima della sentenza interpretativa, se, per il resto, sono soddisfatte le condizioni che consentono di portare alla cognizione dei giudici competenti una controversia relativa all’applicazione di detta norma » (CGUE sent. 27. 3. 1980 in cause riunite nn. 66, 127 e 128/79).
15. Tale ricostruzione è stata avvalorata anche dalla Corte costituzionale che nella già richiamata sentenza n. 100 del 2024 – nel dichiarare inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 4 della legge della Regione Molise 31 dicembre 2004, n. 38, come modificato dall’art. 5, comma 1, della legge della Regione Molise 30 gennaio 2018, n. 2 sollevate, in riferimento all’art. 3 della Costituzione e ai «criteri fissati dalla legge delega e da quelle applicative»- ha evidenziato che « 5.3. -Anche questa Corte ha ripetutamente affermato che il giudice nazionale deve dare piena e immediata attuazione alle norme dell’Unione europea provviste di efficacia diretta e non applicare, in tutto o anche solo in parte, le norme interne ritenute con esse inconciliabili, previo -ove occorra -rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia ai sensi dell’art. 267 TFUE per dirimere possibili dubbi riguardo all’esistenza di tale conflitto. Il contrasto con il diritto
dell’Unione europea condiziona, infatti, la stessa applicabilità della disposizione censurata nel giudizio a quo -e, di conseguenza, la rilevanza delle questioni di legittimità costituzionale che si intendano sollevare sulla medesima -, se la norma europea è dotata di effetto diretto, salvo che sussistano i presupposti, gradualmente precisati da questa Corte a partire dalla sentenza n. 269 del 2017, per sollevare questione di legittimità costituzionale sulla base del contrasto tra la disposizione censurata e un diritto riconosciuto tanto dalla Costituzione, quanto dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea (da ultimo, sentenza n. 15 del 2024, punto 7.3.3. del Considerato in diritto ). In tale ultima ipotesi, ravvisabile nell’odierno giudizio, la questione di compatibilità con il diritto dell’Unione costituisce, dunque, un prius logico e giuridico rispetto alla stessa questione di legittimità costituzionale in via incidentale (sentenza n. 245 del 2019; ordinanze n. 48 e n. 2 del 2017). 6. -In conclusione, le disposizioni di diritto intertemporale che, per i rapporti in essere al 1° gennaio 2021, mantengono in vita una disciplina, quale que lla dell’IRBA, ritenuta dalla Corte di giustizia contrastante con il diritto dell’Unione, «si prestano a essere disapplicate dal giudice rimettente» (ancora, in altra materia, sentenza n. 67 del 2022 )».
16. Dunque, anche con specifico riferimento alla nozione di finalità specifica in relazione alla legge regionale n. 28 del 2003, ferma restando l’ordinanza della Corte di Giustizia del 9 novembre 2021, pronunciata nella causa C-255/20, che ha stabilito la inc ompatibilità comunitaria dell’IRBA, ritenendo espressamente che non sussistesse la finalità specifica per come individuata dalla direttiva n. 118/2008/CE, deve rilevarsi che l’art. 1, comma 3, della legge regionale campana ha previsto una destinazione d el gettito prodotto dall’IRBA, unitamente al gettito prodotto dalla tassa e dalla sopratassa automobilistica regionale (ex art. 2 della stessa legge) ad un fondo « prioritariamente utilizzato per il rafforzamento patrimoniale delle Aziende sanitarie locali o per l’incremento del capitale della società di cui all’articolo 6, comma 1 » Inoltre, l’art. 1, comma 3, citato, ha disposto che « Per il finanziamento del fondo di cui al comma 1 è autorizzata la spesa di 400 milioni di euro per l’anno 2004 e di 200 milioni di euro per l’anno 2005 ».
Alla luce di quanto esposto, dunque, deve ritenersi che, conformemente a quanto affermato dai giudici unionali, la legge regionale n. 28 del 2003 non ha previsto una «finalità specifica» ai sensi dell’art. 1, par. 2, della direttiva 2008/118/CE, dovendosi considerare che il finanziamento di un fondo del bilancio regionale avente come scopi il rafforzamento patrimoniale delle Aziende sanitarie locali e l’incremento del capitale di una società destinata a sviluppare programmi per la gestione del debito sanitario regionale rappresenti una finalità di bilancio, peraltro finanziata anche da altre fonti di gettito (quale la sopratassa automobilistica regionale) e comunque individuata solo in relazione ai periodi 2004 e 2005 e non anche per gli anni che vengono in rilievo nella presente causa. Ed invero, la finalità specifica non è data dalla «finalità di bilancio», perché qualsiasi imposta persegue necessariamente uno scopo di bilancio, ed è anche necessario che un’imposta sia diretta, di per sé, a garantire la tutela della salute e dell’ambiente e ciò si verifica quando il gettito dell’imposta debba obbligatoriamente essere utilizzato al fine di ridurre i costi sociali e ambientali specificamente connessi al consumo del carburante su cui grava l’imposta, cosicché sussista un nesso diretto tra l’uso del gettito e la finalità dell’imposta di cui trattasi; inoltre, deve essere esclusa la finalità specifica nel caso in cui il gettito dell’imposta sia finalizzato alle spese sanitarie in generale e non a quelle specificamente connesse al consumo del carburante (come nel caso di specie), perché spese generali che possono essere finanziate dal gettito di imposte di qualsiasi natura. Ciò conformemente ai principi statuiti dai giudici unionali che, ai fini della configurabilità della «finalità specifica», hanno ritenuto necessario che la normativa nazionale preveda meccanismi di assegnazione predeterminata a fini ambientali del gettito dell’imposta e, in mancanza di siffatta assegnazione predeterminata, che l’imposta sia concepita, quanto alla sua struttura, segnatamente riguardo alla materia imponibile o all’aliquota d’imposta, in modo tale da scoraggiare i contribuenti dall’utilizzare i prodotti i cui effetti sono meno nocivi per l’ambiente.
Dunque, anche in relazione alla legge regionale n. 28 del 2003, deve rilevarsi che l’incasso della Regione Campania del tributo in oggetto è indebito, in quanto
l’IRBA non soddisfaceva i requisiti previsti dalla Direttiva 2008/118/CE, poiché non era individuabile la finalità specifica dell’imposta in questione, la quale, in coerenza con la giurisprudenza comunitaria, doveva essere rappresentata dalla destinazione del prelievo fiscale al finanziamento di attività volte alla riduzione dell’impatto ambientale dei combustibili liquidi o ad una qualche finalità di salute pubblica riconnessa al consumo di carburante, mentre, nel caso concreto, la legislazione regionale campana aveva sostanzialmente attribuito a detta imposta unicamente un fine di bilancio, il che non consentiva di stabilire un nesso diretto tra l’uso di quel gettito tributario e le finalità (ambientali e di salute pubblica) alle quali avrebbe dovuto esser e destinato e che, dunque, l’imposta di cui si trattava non rispettava le condizioni previste dall’ U.E. e non poteva ritenersi legittima (cfr., fra le tante, con riferimento a diverse legge regionali, Cass., 31 luglio 2023, n. 23201; Cass., 19 giugno 2023, nn. 17529 e 17436; Cass., 25 maggio 2023, n. 14606; Cass., 8 marzo 2023, nn. 6966, 6961, 6956, 6943, 6923 e 6903; Cass., 6 marzo 2023, n. 6687).
Nella sentenza impugnata, il giudice di appello si è attenuto ai suddetti principi nel disapplicare la normativa vigente sia statale (art. 1, comma 628, della legge di bilancio 2021, nella parte in cui faceva salvi gli effetti delle obbligazioni tributarie sorte prima del 2021, legittimando le imposte versate e/o pretese prima di tale data) che regionale (successiva legge regionale della Campania n. 5 del 2021 di analogo contenuto), stante il rilevato contrasto con l’art. 1, par. 2, della Direttiva 2008/11 8/CE.
18. In conclusione, riunito al procedimento RG 5494/2023 quello RG 6688/2023, i ricorsi vanno rigettati.
I n considerazione dell’evoluzione normativa ed interpretativa di cui si è dato conto nonché della complessità della materia trattata, sussistono, in relazione ad entrambi i procedimenti, giusti motivi per compensare tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Con riguardo RG 5494/2023, rilevato che risulta soccombente una parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere
amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1-quater, d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115 (Cass., Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714);
P.Q.M.
La Corte riunisce al procedimento RG 5494/2023 quello RG 6688/2023; rigetta i ricorsi; per entrambi i procedimenti, compensa tra le parti le spese del giudizio di legittimità.
Con riguardo al procedimento RG 6688/2023, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. nr. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo, a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 14 gennaio 2025