Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32384 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32384 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
Oggetto: Istanza di rimborso -Imposta sostitutiva 2011 – Silenzio rifiuto -Fondi comuni di investimento immobiliare – Quote detenute da ‘familiari’ – Necessità, o meno, che siano anche conviventi.
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
– ricorrente –
contro
COGNOME NOME e COGNOME NOME , rappresentati e difesi, in virtù di procura speciale allegata al controricorso, dagli Avv.ti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME del Foro di Bologna, che hanno indicato recapito PEC, ed elettivamente domiciliata presso lo studio del primo, alla INDIRIZZO in Roma;
-controricorrenti –
avverso
la sentenza n. 935, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto il 21.6.2019, e pubblicata il 21.10.2019; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
raccolte le conclusioni del P.M., s.Procuratore Generale NOME COGNOME la quale ha confermato la richiesta di accoglimento del ricorso;
ascoltate le conclusioni rassegnate, per la ricorrente, dall’Avvocato dello Stato NOME COGNOME che ha chiesto l’accoglimento dell’impugnativa e, per la controricorrente dall’Avv. NOME COGNOME delegata, che ha domandato il rigetto del ricorso;
la Corte osserva:
Fatti di causa
COGNOME NOME e COGNOME NOME, padre e figlio, domandavano il rimborso dell’imposta sostitutiva corrisposta ai sensi dell’art. 32, comma 4 bis , del Dl. n. 78 del 2010, in conseguenza della detenzione di partecipazioni qualificate in fondi comuni di investimento immobiliare alla data del 31.12.2010. L’Amministrazione finanziaria opponeva il proprio silenzio rifiuto avverso l’istanza restitutoria proposta dai contribuenti.
COGNOME NOME e NOME, maturati i termini di legge, impugnavano con separati ricorsi il silenzio rifiuto opposto dall’Agenzia delle Entrate avverso le loro istanze restitutorie, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Padova. L’Amministrazione finanziaria si costituiva e replicava che i contribuenti sono padre e figlio, complessivamente detenevano una partecipazione superiore al 5% nei due fondi comuni di investimento immobiliare e pertanto erano tenuti al versamento dell’imposta sostitutiva. La CTP, riuniti i ricorsi, reputava per larga parte fondate le difese proposte dai contribuenti, perché a titolo personale soltanto NOME NOME deteneva una partecipazione superiore al limite di legge del 5% nel solo fondo Realest 1, ed esclusivamente in relazione all’imposta sostitutiva dovuta in relazione a questa partecipazione la CTP confermava la fondatezza dell’accertamento tributario, che annullava però nel resto, evidenziando che i ricorrenti avevano dimostrato di non essere
parte di un unico nucleo familiare, avendo residenze diverse, e riconosceva perciò il loro diritto a conseguire il rimborso richiesto nei limiti indicati.
L’Ente impositore spiegava appello, avverso la pronuncia sfavorevole conseguita dai primi giudici, innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto, riproponendo i propri argomenti. La CTR confermava la decisione adottata dai primi giudici.
Avverso la pronuncia sfavorevole adottata dal giudice del gravame ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due motivi di impugnazione. Resistono mediante controricorso i contribuenti.
4.1. Ha fatto pervenire le proprie conclusioni scritte il Pubblico Ministero, in persona del s.Procuratore Generale NOME COGNOME ed ha domandato l’accoglimento dell’impugnativa.
Ragioni della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del Dpr n. 917 del 1986, e dell’art. 2697 cod. civ., per avere il giudice dell’appello erroneamente ritenuto che l’imposta sostitutiva conseguente alla detenzione di una partecipazione qualificata in fondi comuni di investimento immobiliare non debba trovare applicazione nel caso di familiari legati da stretto vincolo di parentela ma non conviventi.
Mediante il secondo strumento di impugnazione introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Ente impositore censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, comma 3 bis , del Dl. n. 78 del 2010, dell’art. 5 del Dpr n. 917 del 1986, dell’art. 115 cod. proc. civ., e dell’art. 2697 cod. civ., nonché dell’art. 3 della legge n. 212 del 2000 (c.d. Statuto del contribuente), per avere la CTR erroneamente ritenuto di poter
disapplicare la norma impositiva in considerazione di un preteso principio di irretroattività della imposizione fiscale.
Con il primo motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate critica la valutazione espressa dai giudici di secondo grado per avere erroneamente ritenuto che l’imposta sostitutiva conseguente alla detenzione di una partecipazione qualificata in fondi comuni di investimento immobiliare non debba trovare applicazione nel caso di familiari legati da stretto vincolo di parentela ma non conviventi.
3.1. Invero l’art, 32, comma 4 bis , del Dl. n. 78 del 2010, nella formulazione applicabile, dispone: ‘ 4-bis. I partecipanti, diversi da quelli indicati nel comma 3 bis , che alla data del 31 dicembre 2010 detenevano una quota di partecipazione al fondo superiore al 5 per cento, determinata con i criteri di cui al comma 3-bis, sono tenuti a corrispondere un’imposta sostitutiva delle imposte sui redditi nella misura del 5 per cento del valore medio delle quote possedute nel periodo d’imposta risultante dai prospetti periodici redatti nel periodo d’imposta 2010 ‘. Il richiamato comma 3 bis del medesimo art. 32 dispone: ‘ Ai fini della verifica della percentuale di partecipazione nel fondo … si tiene altresì conto delle partecipazioni imputate ai familiari indicati nell’art. 5, comma 5 del Testo unico delle imposte sui redditi’. A sua volta la richiamata disposizione del Tuir prevede che ‘Si intendono per familiari, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado ‘.
In sostanza per determinare se sia dovuta la corresponsione dell’imposta sostitutiva sulle quote dei fondi comuni d’investimento immobiliare detenute al 31.12.2010, devono sommarsi le percentuali detenute dai ‘familiari’, come individuati dalla legge.
3.1.1. Risulta incontestato che NOME NOME e NOME sono padre e figlio, pertanto, rientrano nella definizione di ‘familiari’ indicata dalla normativa applicabile. Entrambi detenevano
partecipazioni sia nel fondo comune di investimento immobiliare RAGIONE_SOCIALE, che nel fondo RAGIONE_SOCIALE A titolo individuale solo NOME NOME deteneva una partecipazione superiore al limite legale del 5%, e soltanto con riferimento al fondo RAGIONE_SOCIALE, ma la somma delle partecipazioni detenute dai due familiari eccedeva comunque il limite di legge in relazione ad entrambi i fondi comuni.
3.2. La CTR ha ritenuto che ‘non ricorrono nella fattispecie in discussione le ipotesi di partecipazione dei familiari per la determinazione della soglia del 5% in quanto il ricorrente, seppur legato da vincolo di parentela in linea retta con altri partecipanti ai fondi, risulta appartenere a nuclei familiari diversi, con diverse residenze’ (sent. CTR, p. IV).
3.3. Il giudice dell’appello ha deciso, pertanto, sul fondamento di una regola che tuttavia non sembra rinvenibile nell’ordinamento. La disposizione di cui all’art. 5, comma 5, del Dpr n. 917 del 1986 (Testo unico delle imposte sui redditi) individua infatti come familiari: il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo grado, senza operare alcun riferimento alla residenza dei soggetti coinvolti.
3.4. Occorre tuttavia segnalare che questa Corte ha scritto in proposito, esaminando il testo dell’art. 32, comma 3 bis , del d.l. n. 78 del 2010, convertito dalla legge n. 122 del 2010 che ‘Il periodo, secondo cui si tiene conto delle partecipazioni imputate ad alcuni familiari, deve essere coordinato con quello precedente, secondo cui le partecipazioni rilevanti, ai fini della verifica della percentuale che determina il regime tributario, sono quelle detenute direttamente o indirettamente per interposta persona. In altre parole, le partecipazioni intestate al coniuge, ai parenti entro il terzo grado ed agli affini entro il secondo grado si presumono detenute per interposta persona: presunzione a cui, però, deve essere attribuito valore relativo e non assoluto, in base ad una interpretazione costituzionalmente orientata ai sensi dell’art. 3 e 53
Cost., in quanto, nel nostro ordinamento, il contribuente è la singola persona fisica e non il gruppo familiare, sicché l’aggregazione delle partecipazioni familiari, con aggravio di imposta, si giustifica solo se strumentale a finalità elusive e, cioè, alla disaggregazione soltanto fittizia e non reale di un patrimonio unitario. Da tale premessa deriva che, seppure la disposizione non impone all’Amministrazione finanziaria di verificare caso per caso la finalità elusiva della intestazione delle partecipazioni ai fondi di investimento ai familiari, a fronte di un’istanza di rimborso dei contribuenti, è necessario, proprio per il carattere relativo e non assoluto della presunzione legale, verificare, alla luce delle deduzioni difensive e della concreta situazione, se effettivamente l’intestazione agli altri familiari sia reale o apparente.’ Cass. sez. V, 20.6.2022, n. 19739.
3.4.1. Sembra allora opportuno rilevare che il richiamo alla imponibilità di partecipazioni detenute per interposta persona è contenuto nella previsione relativa alle società, ma non è ripetuta nella previsione attinente ai familiari, e non sembra un’opzione interpretativa obbligata dover ritenere che essa si estenda a questi ultimi.
Inoltre, pare ancora necessario osservare che la normativa richiamata, nella tesi sostenuta dalla sentenza indicata, pone una presunzione relativa, che peraltro il giudice non ritiene illegittima. Occorre pertanto anche valutare se la presenza di una presunzione di legge di elusività della detenzione di quote qualificate da parte dei familiari, pur relativa, in favore dell’Amministrazione finanziaria, non importi che la prova della natura non elusiva della detenzione da parte loro di quote qualificate di fondi comuni di investimento immobiliari debba essere fornita da chi invochi la ricorrenza di una simile circostanza, pertanto dagli stessi familiari, escludendosi che possa essere il giudice, d’ufficio, ad accertare la ricorrenza della circostanza. L’interpretazione proposta dalla sentenza in
commento, inoltre, sembra importare che il superamento di una presunzione legale, seppur ritenuta relativa, ma nondimeno riconosciuta come posta in favore dell’Amministrazione finanziaria, possa ritenersi integrato per il sol fatto che il contribuente proponga un’istanza di rimborso.
Con il secondo strumento di impugnazione l’Ente impositore contesta la decisione assunta dalla CTR per aver erroneamente ritenuto di poter disapplicare la norma impositiva in ragione di un preteso principio di irretroattività della imposizione fiscale, che però non trova fondamento costituzionale.
4.1. Occorre invero segnalare che la ricorrente Amministrazione finanziaria invoca la violazione dell’art. 32, comma 3 bis del Dl. n. 78 del 2010, come conv., da parte del giudice del gravame, ma la contestazione è evidentemente esposta con riferimento alla legittimità del prelievo dell’imposta sostitutiva, invece disciplinata dall’art. 4 bis dello stesso testo, cui deve pertanto intendersi riferita la contestazione. Tanto si osserva anche in considerazione della valutazione espressa dalla Corte costituzionale, che è stata chiamata a pronunciarsi sulla legittimità dell’art. 32, comma 3 bis , del Dl. n. 78 del 2010, ed ha statuito: ‘Le questioni di legittimità dell’art. 32, comma 3-bis, del d.l. n. 78 del 2010 in riferimento all’art. 53 Cost. -come ricavate dalle diffuse argomentazioni delle ordinanze di rimessione, peraltro non riprese espressamente nelle conclusioni – sono inammissibili.
A differenza del successivo comma 4-bis del medesimo art. 32 il quale riguarda direttamente, disciplinando il regime transitorio, lo scrutinio della domanda di rimborso di quanto pagato dai ricorrenti a titolo di imposta sostitutiva, il comma 3-bis, riferendosi alla tassazione per trasparenza “a regime”, non viene in rilievo, atteso che gli importi di cui è stata chiesta la restituzione non sono stati versati in virtù della norma stessa. Ne consegue che l’accoglimento o la reiezione delle domande dei giudizi a quibus non dipende dalla
fondatezza o meno delle relative questioni’, Corte cost., sent. 11.11.2015, n. 231.
4.2. Tanto premesso, il giudice del gravame scrive che ‘non può essere condivisa la argomentazione dell’Ufficio … anche perché l’anno di imposta in discussione (2010) è antecedente alla conversione del decreto legge in questione, avvenuta nel 2011’ (sent. CTR, p. IV).
4.3. Invero la normativa applicabile ha previsto che il prelievo una tantum dovesse essere applicato e calcolato sul fondamento dell’ammontare del valore delle quote detenute alla data del 31.12.2010. L’imposta, pertanto, atteneva ad un versamento da effettuarsi (ed effettuato) dai Tosato con riferimento all’anno 2011, come da Mod. Unico 2012 (ric., p. 2), quando il Dl n. 78 del 2010 era evidentemente entrato in vigore.
In ogni caso, se ben si comprende, l’argomento del giudice dell’appello è che il prelievo dell’imposta sostitutiva è stato disposto ‘a sorpresa’, senza consentire ai contribuenti di allocare diversamente le proprie risorse, violandosi il principio di irretroattività della norma tributaria impositiva.
4.4. Invero nel momento in cui ha provveduto a modificare la modalità di imposizione tributaria dei fondi comuni di investimento immobiliare, il legislatore ha inteso anche recuperare a tassazione, una tantum , le plusvalenze realizzate da investitori non istituzionali detentori di partecipazioni qualificate (oltre il 5%). È stato il medesimo legislatore che, con piena consapevolezza, ha perciò fissato ‘a sorpresa’ una data già trascorsa per individuare le plusvalenze da sottoporre all’imposta sostitutiva.
4.5. Ricordato, peraltro, che la presente controversia ha ad oggetto un tributo non armonizzato, l’assenza di contrasto della normativa in esame con le previsioni costituzionali e convenzionali è stata ripetutamente affermata da questa Corte, da ultimo con la pronuncia Cass. sez. V, 25.6.2024, n. 17532, che riporta ampi
riferimenti anche al diritto eurounitario (in senso conforme, cfr., pure, Cass. sez. V, 5.10.2023, n. 28087; Cass. sez. V, 10.7.2023, n. 19481; Cass. sez. V, 13.6.2023, n. 16921, Rv. 668240 – 01).
5. Ciò premesso, va rilevato come tutte le pronunce da ultimo citate non abbiano peraltro considerato, nello sviluppo delle argomentazioni addotte, quantunque al fine evidenziarne eventuali profili di criticità, onde pervenire in ogni caso alle conclusioni sopra esposte, il precedente di segno contrario di cui alla citata Cass. ord. n. 19739/22, per cui è ravvisabile un contrasto oggettivo inconsapevole nella materia attinente alla disciplina in esame nella giurisprudenza della sezione tributaria, per la cui risoluzione potrebbero essere investite le Sezioni Unite di questa Corte.
Quanto sopra, in particolare, affinché valutino -con riferimento al primo motivo di ricorso -se effettivamente sia ammissibile l’interpretazione costituzionalmente orientata della norma di cui all’art. 32, comma 3 bis del d.l. n. 78/2010, come convertito, con modificazioni dalla l. n. 78/2010, come ritenuto dalla succitata ordinanza, ovvero se, rilevato che il richiamo alla imponibilità di partecipazioni detenute per interposta persona è contenuto nella previsione relativa alle società, ma non è ripetuta nella previsione attinente ai familiari, nell’esame del quarto periodo del suddetto art. 32, comma 3bis – che statuisce che «i tiene altresì conto delle partecipazioni imputate ai familiari indicati nell’art. 5, comma 5, del Testo unico delle imposte sui redditi di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917», a mente del quale «i intendono per familiare, ai fini delle imposte sui redditi, il coniuge, i parenti entro il terzo grado e gli affini entro il secondo» l’onere di interpretazione costituzionalmente orientata venga meno, lasciando il passo all’eventuale incidente di costituzionalità, in caso di non manifesta infondatezza e rilevanza della censura, laddove viceversa si ritenga che il tenore letterale della disposizione, che nella fattispecie non contiene alcun
riferimento alla nozione di familiare convivente perché possa ritenersi integrato il presupposto impositivo, richieda una pronuncia di tipo manipolativo -additivo (cfr. Corte cost. 11 gennaio 2024, n. 4; Corte cost. 25 gennaio 2023, n. 102; Corte cost. 26 novembre 2020, n. 253; si vedano anche Cass. SU, ord. int. 15 ottobre 2024, n. 26774 e 26776, queste ultime pubblicate nelle more della pubblicazione della presente ordinanza).
6. Ugualmente, circa la sottoponibilità ad imposta sostitutiva delle partecipazioni qualificate detenute in fondi comuni di investimento immobiliare da familiari, ai sensi dell’art. 32, commi 3 bis e 4 bis , del d.l. n. 78 del 2010, come conv., con riferimento alla questione di illegittimità costituzionale posta in subordine dai controricorrenti anche riguardo al secondo strumento d’impugnazione, con specifico riferimento alla questione della dedotta reformatio in peius del regime fiscale, non esaminata dalla sentenza (d’inammissibilità) della Corte costituzionale 11 novembre 2015, n. 231, questione che la stessa Corte costituzionale, nella pronuncia citata (par. 4.2., ultimo periodo del Considerato in diritto), ritiene che «avrebbe meritato uno scrutinio di legittimità in relazione ai suoi effetti su scelte negoziali inscindibilmente connesse al contesto agevolativo in cui sono maturate e per di più collegate a soglie di applicazione così basse e riferite anche alle partecipazioni dei familiari, tali da rendere problematica la presunzione di elusività che accompagna l’innovazione normativa in esame», nonché alla questione, dedotta dai controricorrenti in via di ulteriore subordine, del denunciato contrasto della normativa in esame con la disciplina eurounitaria, entrambe ritenute, invece, infondate, dalla più recente giurisprudenza sezionale sopra citata, laddove ritenute rilevanti ai fini della decisione, sembra opportuno sollecitare un intervento chiarificatore delle Sezioni Unite, essendo peraltro le questioni suscettibili di riproporsi in futuri giudizi, onde va disposta la trasmissione degli atti alla Prima Presidente della
Corte di cassazione per l’eventuale rimessione alle Sezioni Unite, ai sensi dell’art. 374, secondo comma, cod. proc. civ.
P.Q.M.
Dispone la trasmissione degli atti alla Sig.ra Prima Presidente della Corte di cassazione affinché valuti l’opportunità di rimettere la causa alle Sezioni Unite.
Così deciso in Roma, il 12 settembre 2024.