Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21713 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21713 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27440/2017 R.G. proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO
-ricorrente-
COGNOME NOMECOGNOME NOME, COGNOME patrizia, COGNOME NOME, quali eredi di NOME e NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME
-controricorrente
Sul ricorso avverso il diniego di definizione agevolata COGNOME quale erede di NOME COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME
-ricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE
-intimata-
NOMECOGNOME NOME e NOME COGNOME
Intimati avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LAZIO n. 2069/2017 depositata il 11/04/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/06/2025
dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
1.L’Agenzia delle Entrate ricorre, svolgendo un unico motivo, per la cassazione della sentenza n. 2069/2017 emessa dalla C.T.R. del Lazio, che in controversia relativa alla impugnazione della cartella esattoriale per il pagamento della seconda e della terza rata dell’imposta sostitutiva, applicata sul valore del terreno edificabile a destinazione agricola, rideterminata a seguito di perizia giurata ex art. 4, comma 9 ter, d.l. n. 97/2008, respingeva l’appello dell’amministrazione, reputando non dovuto il pagamento in quanto gli eredi del contribuente avevano provveduto a rideterminare, alla data del 10 gennaio 2002, con perizia giurata di stima, il valore del terreno edificabile con destinazione agricola posseduto, precisando che la data di possesso era stata differita dalla successiva normativa al 10 gennaio 2017, con conseguente posticipazione delle date di decorrenza del pagamento rateizzato dell’imposta sostitutiva, a mente della disposizione di cui all’art. 7, comma 2, lett. ee) d.l. n. 70/2011, precisando che la legge 28 dicembre 2008, n. 448 consentiva di detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione l’importo relativo all’imposta sostituiva già versata dal de cuius.
Replicano con controricorso gli eredi di NOME COGNOME
Nel corso del giudizio, il ricorrente NOME COGNOME ha presentato domanda di definizione agevolata ex art. 6 d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, che veniva respinta dall’amministrazione finanziaria, sul rilievo che l’art. 4, comma 9, d.l. n. 97/2008 prevedeva espressamente il termine di scadenza per il versamento delle due quote annuali successive alla prima per il 2 novembre 2009 e 2 novembre 2010, e che l’art. 6 cit. limita la definizione agevolata alle controversie inerenti gli atti impositivi, esclusi i giudizi relativi ad atti di mera riscossione, come la cartella di pagamento emessa su controllo automatizzato ex art. 36 -bis d.P.R. n. 600/1973.
Con ricorso successivo ex art. 6, comma 12, del d.l. 23 ottobre 2018, n. 119, conv. con modif. nella l. 17 dicembre 2018, n. 136, NOME COGNOME ha impugnato il diniego di definizione agevolata della controversia tributaria pendente, impugnazione affidata ad un unico motivo.
L’amministrazione ha depositato nota di costituzione in giudizio.
Gli altri contribuenti sono rimasti intimati.
NOME COGNOME ha depositato memorie ai sensi dell’art. 380 -bis c.p.c..
MOTIVI DI DIRITTO
Con un unico motivo di ricorso per cassazione, l’ente finanziario denuncia ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., ; per avere il decidente erroneamente interpretato la normativa rubricata che consente ai soggetti che si avvalgono della rideterminazione dei valori di acquisto dei terreni edificabili con destinazione agricola di cui agli artt. 5 e 7 legge 28 dicembre 2001, n. 448, ritenendo che qualora abbiano effettuato una precedente rideterminazione dei valori dei medesimi beni, possano detrarre dall’imposta sostitutiva dovuta per la nuova rivalutazione
l’importo relativo all’imposta sostitutiva già versata. Si assume che la detrazione è legittima solo per l’imposta interamente versata ovvero in ipotesi di rate pendenti alla data di entrata in vigore della nuova disposizione di cui al summenzionato art. 7, in guisa che il contribuente che abbia versato l’intera imposta ovvero la prima rata non può modificare successivamente la scelta.
Nel corso del giudizio, il contribuente NOME COGNOME ha presentato domanda di definizione agevolata ex art. 6 d.l. n. 119/2018, negata sul rilievo che trattandosi di cartella di pagamento, non sarebbe applicabile il disposto dell’art. 6 d.l. n. 119/2018, che limita la definizione agevolata alle controversie inerenti gli atti impositivi, esclusi gli atti di mera riscossione.
In primo luogo, va disattesa l’eccezione sollevata dal difensore dei controcorrenti, in quanto dalla intestazione della sentenza d’appello risulta che l’erede di NOME ed NOME COGNOME ( NOME COGNOME) era assistita dall’avv. COGNOME e dall’avv. COGNOME, contrariamente a quanto meramente prospettato dal difensore. Pertanto, correttamente, il ricorso per cassazione è stato notificato ai difensor, quali legali anche degli eredi di NOME COGNOME, costituitasi nel giudizio di appello. Né parte controricorrente ha indicato la presenza di altri eventuali eredi di NOME COGNOME non destinatari dell’atto di appello, limitandosi a formulare una generica eccezione sulla omessa notifica dell’atto di appello ad altri ed eventuali eredi di NOME COGNOME.
Va pregiudizialmente esaminato il ricorso avverso il diniego della definizione agevolata, idoneo a definire l’intera controversia.
Con l’unico motivo di ricorso NOME COGNOME deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, per avere l’amministrazione erroneamente ritenuto non definibile la controversia sebbene la cartella di pagamento impugnata sia il primo atto impositivo notificato alla società contribuente.
Il motivo è infondato.
6.Le Sezioni Unite di questa Corte – n. 18298 del 25/06/2021 (seguita da Cass. n. 23183 del 27/08/2024) – hanno chiarito che in tema di definizione agevolata, anche il giudizio avente ad oggetto l’impugnazione della cartella emessa in sede di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973, con la quale l’Amministrazione finanziaria liquida le imposte calcolate sui dati forniti dallo stesso contribuente, dà origine a una controversia suscettibile di definizione ai sensi dell’art. 6 del d.l. n. 119 del 2018, conv. dalla l. n. 136 del 2018, qualora la predetta cartella costituisca il primo ed unico atto col quale la pretesa fiscale è comunicata al contribuente, essendo come tale impugnabile, ex art. 19 del d.lgs. n. 546 del 1992, non solo per vizi propri, ma anche per motivi attinenti al merito della pretesa impositiva».
Nel caso di specie, è incontroverso che la cartella di pagamento oggetto di impugnazione nel procedimento n. 27440/2017 R.G. costituisca il primo e unico atto impositivo notificato agli eredi COGNOME, sicché l’istanza di definizione agevolata tempestivamente depositata avrebbe dovuto essere accolta dall’Amministrazione finanziaria.
Tuttavia, l’amministrazione contesta che la definizione agevolata è stata operata su somme incongrue, avendo i contribuenti detratto dall’importo originario le somme versate dal de cuius, tant’è è che nulla è stata versato per la definizione.
In via generale, la successione mortis causa a titolo universale comporta il subentro degli eredi, laddove vi sia accettazione senza beneficio d’inventario, in tutte le posizioni giuridiche soggettive, sia attive che passive, del de cuius. Nella fattispecie oggetto di causa, tuttavia, gli eredi non sono divenuti titolari del diritto al rimborso di quanto versato con la prima rivalutazione, perché quest’ultimo sorge eventualmente solo a seguito di una seconda rivalutazione operata dallo stesso contribuente che si trovi ancora nel possesso del bene. In altri termini, gli e sono divenuti titolari solo delle
partecipazioni affrancate dal de cuius , perché, con la seconda rivalutazione, è sorta una nuova obbligazione tributaria -è stata cioè operata una prima rivalutazione da parte di soggetti diversi -, non rilevando lo status di eredi. Solo il soggetto che abbia già versato l’imposta relativa alla prima rivalutazione può chiederne il rimborso, ove non si sia avvalso della possibilità di detrarla dal tributo dovuto per una nuova rivalutazione che egli stesso abbia effettuato dei titoli che siano rimasti sempre in suo possesso» (cfr. Cass. 4 aprile 2019, n. 9431).
10.Questa Corte regolatrice ha avuto, recentemente e condivisibilmente, occasione di statuire, indicando un principio estensibile, che nell’ipotesi di imposta sostitutiva ai sensi dell’art. 5 della legge n. 448 del 2001, gli eredi del contribuente che ha effettuato la rivalutazione non hanno diritto al rimborso, allorquando abbiano proceduto ad una seconda rivalutazione e al versamento dell’imposta, posto che non sono divenuti titolari del diritto al rimborso di quanto versato con la prima rivalutazione da parte del de cuius , che sorge eventualmente solo a seguito di una seconda rivalutazione operata dallo stesso contribuente che si trovi ancora nel possesso del bene; conseguentemente, con la seconda rivalutazione sorge una nuova obbligazione tributaria, che determina un nuovo presupposto impositivo (Cass. sez. V, 9.11.2023, n. 31263; Cass. sez. V, 30.10.2023, n. 30157); e già in precedenza si era chiarito che in tema di imposta sostitutiva per rivalutazione titoli, il diritto al rimborso delle imposte versate in occasione di una prima rivalutazione di partecipazioni azionarie non spetta al cessionario che abbia proceduto ad una seconda rivalutazione e al versamento dell’imposta, ragguagliata al nuovo valore delle azioni, dal momento che, ai sensi dell’art. 7, comma 2, lett. ee) ed ff), del d.l. n. 70 del 2011, conv. in l. n. 106 del 2011, solo il soggetto che abbia già versato l’imposta relativa alla prima rivalutazione può chiederne il rimborso, ove non si sia avvalso della
possibilità di detrarla dal tributo dovuto per una nuova rivalutazione che egli stesso abbia effettuato dei titoli che siano rimasti sempre in suo possesso (Cass. sez. V, 4.4.2019, n. 9431).
11 . Il ricorso introdotto dall’Amministrazione finanziaria risulta quindi fondato, la decisione impugnata deve essere cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, pronunciando ai sensi dell’art. 384, secondo comma, cod. proc. civ., questa Corte di legittimità può decidere nel merito, rigettando l’originario ricorso proposto dai contribuenti.
La sopravvenienza della pronuncia delle Sezioni unite costituisce giusto motivo per l’integrale compensazione tra le parti delle spese concernenti il giudizio di legittimità.
13.Nulla va disposto in merito al ricorso proposto avverso il diniego di definizione agevolata in assenza di costituzione della controparte.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso avverso il provvedimento di diniego di definizione agevolata; accoglie il ricorso per cassazione proposto dall’Agenzia e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso proposto dai contribuenti;
compensa le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria della