Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27233 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5   Num. 27233  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 11/10/2025
Oggetto: imposta scommesse
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23226/2022R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata  e  difesa,  per  procura  speciale  in  calce  al ricorso, dagli avvocati NOME COGNOME, NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dei primi tre in Roma,  alla  INDIRIZZO  (PEC:
EMAIL, EMAIL, EMAIL; EMAIL);
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro  tempore,  rappresentata  e  difesa dall’Avvocatura Generale  dello RAGIONE_SOCIALE, con domicilio eletto in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio n.1036/11/2022 depositata l’8 marzo 2022, non notificata. camerale del 18 settembre 2025
Udita la relazione svolta nell’adunanza dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio, sez. staccata, veniva rigettato l’appello proposto dalla società RAGIONE_SOCIALE, n.q. di coobbligato solidale nei confronti di NOME COGNOME, titolare dell’omonima ditta RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma INDIRIZZO, avverso la sentenza della Commissione Tributaria Provinciale di Roma n.13078/28/2019 in relazione all’avviso di accertamento per Giochi e Lotterie 2008 emesso nei confronti della società dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e dei RAGIONE_SOCIALE.
Emerge dalla sentenza impugnata che tale ditta ha svolto per conto della  RAGIONE_SOCIALE,  priva  di  concessione, un’attività di raccolta di scommesse sportive a quota fissa; ad avviso dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che ha al riguardo fatto leva sugli esiti di una verifica fiscale svoltasi mediante accesso nei locali dell’agenzia di scommesse,
la  ditta  RAGIONE_SOCIALE  quale  centro  RAGIONE_SOCIALE  (RAGIONE_SOCIALE  non  si  è limitata a trasmettere i RAGIONE_SOCIALE informatici al bookmaker estero, ma ha sollecitato e raccolto le scommesse per poi, successivamente, pagare le vincite ai giocatori.
 Ne  è  seguito  un  avviso  di  accertamento  col  quale l’RAGIONE_SOCIALE, per l’anno d’imposta 2008 ha recuperato l’imposta unica prevista dal d.lgs. 23 dicembre 1998, in particolare nei confronti del bookmaker RAGIONE_SOCIALE quale coobbligato solidale del CTD. L’impugnazione proposta da RAGIONE_SOCIALE è stata rigettata sia in primo che in secondo grado.
Il giudice d’appello ha aderito al prevalente e consolidato orientamento giurisprudenziale di merito secondo cui il CTD svolge una funzione di ricevitoria da ritenere assimilabile alla gestione per conto terzi contemplata dall’art. 1, comma 66, della l. n. 220/10, indipendentemente dalla mancanza di un potere d’ingerenza nella determinazione RAGIONE_SOCIALE condizioni RAGIONE_SOCIALE scommesse e che questa disciplina non si pone in contrasto col diritto unionale, anche sotto il profilo della doppia imposizione. Il giudice d ‘appello ha quindi escluso qualunque frizione con i principi costituzionali confermando in ogni parte la decisione di prime cure.
Contro questa sentenza RAGIONE_SOCIALE propone ricorso per cassazione che affida a otto motivi, cui l’RAGIONE_SOCIALE replica con controricorso.
Ritenuto che:
In via preliminare e pregiudiziale si eccepisce quale primo motivo la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 56 ss. TFUE, e dei principi del diritto dell’Unione di parità di trattamento e non discriminazione, con riferimento all’art. 3  del  d.  Lgs.  n.  504  del  1998,  come  interpretato dall’art. 1, commi 64 e 66, della Legge di Stabilità 2011, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.; è proposta la questione
d’ufficio di rinvio pregiudiziale ex art. 267, comma. 3, TFUE, anche a seguito  della  sentenza  della  Corte  di  Giustizia  del  26.02.2020  .
Il secondo motivo deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 d. Lgs. n. 504 del 1998, e 1, comma 66, lett. b), della Legge di Stabilità 2011, nonché degli artt. 136 Cost. e 30, comma 1, Legge n. 87 del 1953, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. per effetto della intervenuta sentenza n. 27/2018  della Corte costituzionale.
Il terzo motivo prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42 del DPR no. 600/73 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc.  civ.  per  avere  la  CTR,  nel  ritenere  il  bookmaker  estero  unico obbligato al pagamento del tributo de quo, modificato i presupposti di fatto  e  le  ragioni  giuridiche  poste  a  base  del  medesimo  avviso  di accertamento.
Il quarto motivo si incentra sulla violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1, co. 2, lett. b) della Legge n. 288/98, e degli artt. 1326, 1327 e 1336 cod. civ., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ., nella parte in cui la CTR ha ritenuto sussistente il profilo territoriale del presupposto di applicazione del tributo.
Il quinto motivo lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 24 della Legge n. 4 del 7 gennaio 1929, dell’art. 12 della Legge n. 212 del 2000, del diritto di difesa di cui all’art. 24 Cost., e del principio di necessità del contradditorio endoprocedimentale a tutela del diritto di difesa secondo la giurisprudenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, per avere la CTR ritenuto legittimo l’avviso di accertamento nonostante le mancata notifica del PVC al co-obbligato in via solidale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.. In via di subordine, propone la sollevazione anche d’ufficio di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE.
6.  Il  sesto  motivo  si  appunta  sulla  violazione  e/o  falsa  applicazione dell’art. 7 dello Statuto del Contribuente, anche in relazione all’art. 3 della Legge n. 212/2000, nella parte in cui la sentenza di merito ha ritenuto insussistente la denunciata carenza di motivazione degli avvisi di accertamento, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ..
7. Il settimo motivo si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 d. Lgs. n. 504 del 1998, e 1, comma 66, lett. b), della Legge di Stabilità 2011, degli artt. 136 Cost. e 30, comma 1, Legge n. 87 del 1953, nonché degli artt. 6, comma 2, e 7, comma 4, del d. Lgs. n. 472 del 1997, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ. per avere la CTR ritenuto non applicabile l’esimente di cui all’art. 6, comma 2, del d. Lgs. n. 472 del 1997 alla sanzione irrogata dall’RAGIONE_SOCIALE.
8. L’ottavo motivo censura la sentenza impugnata per violazione e/o falsa applicazione del combinato disposto degli artt. 3 del d. lgs. n. 504 del 1998, 1, comma 66, lett. b), della Legge no. 220/2010 e 64, comma 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, in relazione agli artt. 3, co. 1, e 53, comma 1, Cost. a valle della sentenza n. 27/2018 della Corte costituzionale, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3) cod. proc. civ.. 9. Va in primo luogo disattesa la richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE. La Corte di Giustizia ha deciso, con sentenza 26 febbraio 2020, causa C-788/18, la questione avente ad oggetto la domanda di pronuncia pregiudiziale proposta alla Corte, ai sensi dell’articolo 267 TFUE, dalla Commissione tributaria provinciale di Parma (Italia), con ordinanza del 15 ottobre 2018, pervenuta in cancelleria il 14 dicembre 2018, nel procedimento RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE e ha stabilito che «l’articolo 56 TFUE deve essere interpretato nel senso che esso non osta ad una normativa di uno RAGIONE_SOCIALE membro che assoggetti ad imposta sulle scommesse i Centri di Trasmissione di Dati stabiliti in
tale  RAGIONE_SOCIALE  membro  e,  in  solido  e  in  via  eventuale,  gli  operatori  di scommesse,  loro  mandanti,  stabiliti  in  un  altro  RAGIONE_SOCIALE  membro, indipendentemente dall’ubicazione della sede  di tali operatori e dall’assenza di concessione per l’organizzazione RAGIONE_SOCIALE scommesse».
La Corte di Giustizia, dunque, con la sentenza del 26 febbraio 2020, ha escluso qualsivoglia discriminazione tra bookmakers nazionali e bookmakers esteri. Ha, in particolare, stabilito, in relazione al bookmaker, che la libera prestazione di servizi non tollera restrizioni idonee a vietare, ostacolare o a rendere meno attraenti le attività del prestatore stabilito in un altro RAGIONE_SOCIALE membro e ha specificato, in concreto, che «…la normativa nazionale di cui trattasi nel procedimento principale non prevede un regime fiscale diverso a seconda che la prestazione di servizi sia effettuata in Italia o in altri Stati membri». Sicché, ha concluso che «…rispetto a un operatore nazionale che svolge le proprie attività alle stesse condizioni di tale società, la RAGIONE_SOCIALE non subisce alcuna restrizione discriminatoria a causa dell’applicazione nei suoi confronti di una normativa nazionale, come quella di cui trattasi nel procedimento principale». In ultimo, quanto al centro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, ha ribadito che il bookmaker estero esercita un’attività di gestione di scommesse «allo stesso titolo degli operatori di scommesse nazionali» ed è per questo che il centro di RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che opera quale suo intermediario risponde dell’imposta, a norma dell’art. 1, comma 66, lett. b), della legge n. 220 del 2010, ma ciò non toglie che la situazione del centro RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE che trasmette i RAGIONE_SOCIALE di gioco per conto degli operatori di scommesse nazionali sia diversa da quella del centro RAGIONE_SOCIALE che li trasmette per conto di un operatore che ha sede in altro RAGIONE_SOCIALE membro. La diversità della situazione, pertanto, è in re ipsa per il fatto stesso che si tratta di soggetto che raccoglie scommesse per conto di un bookmaker estero; nel settore dei giochi d’azzardo,
difatti, il ricorso al sistema RAGIONE_SOCIALE concessioni costituisce «…un meccanismo efficace che consente di controllare gli operatori attivi in questo settore, allo scopo di prevenire l’esercizio di queste attività per fini criminali o fraudolenti» (cfr. anche Cass., 7 marzo 2023, n. 6761, in motivazione). Non sussistono quindi i presupposti per un ulteriore rinvio pregiudiziale ex art. 267, secondo comma, TFUE, alla Corte di Giustizia o per un rinvio interpretativo alla Grande Sezione ex art. 104, secondo comma, del Reg. Proc. della Corte di Giustizia, come invece sollecitato dalla società ricorrente nel ricorso per cassazione.
10. Ciò premesso, il primo, secondo, terzo, quarto e ottavo motivo, connessi, sono infonRAGIONE_SOCIALE. Come questa Corte ha già precisato in molteplici pronunce il quadro normativo di riferimento (art. 1, comma 2, della legge n. 288 del 1998; art. 3 del decreto legislativo n. 504/88; art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010; art. 16 del D.M. 1 marzo 2006 n. 111; art. 1, comma 644, lett. g), della legge n. 190 del 2014), è stato sottoposto all’esame e della Corte costituzionale e della Corte di giustizia, che ne hanno compiutamente esaminato le relazioni rispettivamente con la Costituzione e col diritto unionale (cfr. Cass., 31 marzo 2021, nn. 8907- 8911; Cass., 1° aprile 2021, nn. 9079-9081; Cass., 2 aprile 2021, nn. 9144-9153; Cass., 2 aprile 2021, n. 9160; Cass., 2 aprile 2021, n. 9176; Cass., 2 aprile 2021, n. 9184, Cass., 12 aprile 2021, nn. 9528 e 9537 e, più di recente, Cass., 26 maggio 2022, n. 17082; Cass., 8 febbraio 2023, n. 1184; Cass., 7 marzo 2023, n. 6761). In particolare, la Corte costituzionale, con la sentenza n. 27 del 2018, ha dato atto dell’incertezza correlata all’interpretazione dell’art. 3 del d. Lgs. n. 504 del 1998 per il periodo antecedente alla disposizione interpretativa del 2010 (nel senso che era incerto se la pretesa impositiva si potesse rivolgere anche nei confronti dei soggetti che operavano al di fuori del sistema concessorio) e ha riconosciuto che il legislatore, con l’art. 1, comma 66, della legge n. 220 del 2010,
da  un  canto,  ha  stabilito  che l’imposta è  dovuta  anche  nel  caso  di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e, d’altro canto, ha esplicitato l’obbligo RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di bookmakers  privi  di  concessione  al  versamento  del  tributo  e  RAGIONE_SOCIALE relative sanzioni.
A questo riguardo ha escluso che l’equiparazione, ai fini tributari, del «gestore per conto terzi» (ossia del titolare di ricevitoria) al «gestore per conto proprio» (ossia al bookmaker) sia irragionevole. Entrambi i soggetti, ha sottolineato la Corte costituzionale, partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di «organizzazione ed esercizio» RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi ha rimarcato che il titolare della ricevitoria, benché non partecipi direttamente al rischio connaturato al contratto di scommessa, svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della RAGIONE_SOCIALE al bookmaker dell’accettazione della scommessa, dell’incasso e del trasferimento RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker. Sicché, ha specificato, quanto al ricevitore, che l’attività gestoria che costituisce il presupposto dell’imposizione va riferita alla raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, il volume RAGIONE_SOCIALE quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale. Né, ha aggiunto la Corte costituzionale, la scelta di assoggettare all’imposta i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione viola il principio di capacità contributiva, nei limiti in cui il rapporto tra il titolare della ricevitoria che agisce per conto di terzi e il bookmaker sia disciplinato da un contratto che regoli anche le commissioni dovute al titolare della ricevitoria per il servizio prestato. Ciò perché attraverso la regolazione RAGIONE_SOCIALE commissioni il titolare della ricevitoria ha la
possibilità di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera. La rivalsa svolge, quindi, funzione applicativa del principio di capacità contributiva, poiché redistribuisce tra i coobbligati, bookmaker e ricevitoria, che hanno comunque concorso, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo, il carico fiscale in relazione alla partecipazione di ognuno a tale realizzazione. Sulla base RAGIONE_SOCIALE suddette considerazioni, la Corte costituzionale, nella richiamata pronuncia, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d. Lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo non si può difatti procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla legge n. 220 del 2010. I giudici RAGIONE_SOCIALE leggi hanno anche chiarito (punto 4.5) che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 (nel caso in esame rileva l’anno 2008), non rispondono le ricevitorie, ma rispondono i bookmaker, con o senza concessione in base alla combinazione dell’art. 3 del d. Lgs. n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lett. a), della legge n. 220 del 2010, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale.
A  diversa  conclusione,  si  perviene  per  le  annualità  dal  2011  e  con riferimento  alla  posizione  del  ricevitore,  dovendosi  osservare  che  la incostituzionalità della norma in esame è stata riscontrata dalla Corte
«in ragione dell’impossibilità per le ricevitorie di traslare l’imposta per gli esercizi anteriori al 2011» con conseguente violazione dell’art. 53, Cost., «giacché l’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni pattuite fra ricevitore e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro regolatorio, anche sotto il profilo tributario, precedente alla legge n. 220 del 2010». A fondamento, dunque, della pronuncia di incostituzionalità è stata la considerazione della già avvenuta definizione negoziale tra le parti dei reciproci rapporti in data antecedente alla introduzione della soggettività passiva della ricevitoria del bookmaker privo di concessione, ed è stato dato rilievo al fatto che le stesse non erano state nelle condizioni di regolare diversamente la misura RAGIONE_SOCIALE commissioni al fine di procedere all’eventuale trasferimento del carico tributario, gravante anche sulla ricevitoria in forza della legge sopravvenuta, sui bookmaker. La suddetta ragione di incostituzionalità, tuttavia, non è stata ravvisata per i «rapporti successivi al 2011», quindi non solo per gli eventuali rapporti negoziali perfezionati dopo l’entrata in vigore della norma interpretativa, ma anche per i rapporti che, seppure sorti in data antecedente, si sono protratti oltre l’entrata in vigore della medesima norma. In entrambi i casi, invero, la disposizione interpretativa del 2010 costituisce parametro normativo di riferimento per definire negozialmente l’assetto di interessi RAGIONE_SOCIALE parti, sia in caso di rapporti sorti successivamente che per quelli già sorti e destinati a protrarsi, potendo le parti, alla luce e tenendo conto proprio della scelta normativa di assoggettare al tributo anche i titolari RAGIONE_SOCIALE ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione, rimodulare la regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni al fine di trasferire il carico tributario sul bookmaker per conto del quale opera la ricevitoria. In questo ambito, invero, la solidarietà dell’obbligazione e la correlata possibilità di traslazione dell’imposta sono, infatti, destinate ad influire sulla stessa
portata della regolazione negoziale RAGIONE_SOCIALE commissioni tra le parti, che, anche quando i rapporti economici siano rimasti invariati, ossia non siano stati oggetto di modifiche o di nuovi accordi in conseguenza della legge n. 220 del 2010, assume, necessariamente, un valore di conformità e adeguatezza rispetto alla nuova configurazione legale del rapporto (cfr. Cass., 8 febbraio 2023, n. 1184, in motivazione). Con specifico riferimento, poi, al presupposto territoriale del tributo questa Corte ha precisato, con le pronunce citate, che non rileva la conclusione del contratto di scommessa poiché il fatto imponibile è la prestazione di servizi consistente nell’organizzazione del gioco da parte del ricevitore e nella raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, che consiste, in relazione a ciascun scommettitore, nella valida registrazione della scommessa, documentata dalla consegna allo scommettitore della relativa ricevuta, attività, queste, tutte svolte in Italia (cfr. tra le tante Cass., 7 marzo 2023, n. 6761, in motivazione). Alla luce RAGIONE_SOCIALE esposte argomentazioni, la prospettazione della società ricorrente non merita accoglimento, sia sotto il profilo della nullità dell’avviso di accertamento relativo all’anno d’imposta 2008, in quanto rileva in questa sede la posizione del bookmaker, perché, come già precisato, i giudici RAGIONE_SOCIALE leggi hanno posto fondamento della pronuncia di incostituzionalità la considerazione della già avvenuta definizione negoziale tra le parti dei reciproci rapporti in data antecedente alla introduzione della soggettività passiva della ricevitoria del bookmaker privo di concessione ed hanno dato rilievo al fatto che le stesse non erano state nelle condizioni di regolare diversamente la misura RAGIONE_SOCIALE commissioni al fine di procedere all’eventuale trasferimento del carico tributario, gravante anche sulla ricevitoria in forza della legge sopravvenuta, sui bookmaker.
Sulla  base  RAGIONE_SOCIALE  suddette  considerazioni,  la  Corte  costituzionale  ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 3 del d. Lgs. n. 504 del
1998 e dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, nella sola parte in cui prevedono che, nelle annualità d’imposta precedenti al 2011, siano assoggettate all’imposta unica sui concorsi pronostici e sulle scommesse le ricevitorie operanti per conto di soggetti privi di concessione. In quel periodo, infatti, non si può procedere alla traslazione dell’imposta, perché l’entità RAGIONE_SOCIALE commissioni già pattuite fra ricevitorie e bookmaker si era già cristallizzata sulla base del quadro precedente alla legge n. 220 del 2010. I giudici RAGIONE_SOCIALE leggi, tuttavia, hanno chiarito che, in mancanza di regolazione degli effetti transitori e in considerazione della natura interpretativa dell’art. 1, comma 66, lettera b), della legge n. 220 del 2010, la disposizione va applicata anche ai rapporti negoziali perfezionatisi prima della sua entrata in vigore, con la conseguenza che per le annualità d’imposta antecedenti al 2011 non rispondono le ricevitorie, ma rispondono i bookmaker, con o senza concessione in base alla combinazione dell’art. 3 decreto legislativo n. 504 del 1998 e dell’art. 1, comma 66, lett. a), della legge n. 220 del 2010, usciti indenni dal vaglio di legittimità costituzionale. Inoltre, la Consulta nell’affermare che l’imposta è dovuta anche nel caso di scommesse raccolte al di fuori del sistema concessorio e che le ricevitorie operanti per conto di bookmaker privi di concessione hanno l’obbligo di versare il tributo e le relative sanzioni, ha equiparato, ai fini tributari, il «gestore per conto terzi», ovvero il titolare di ricevitoria, al «gestore per conto proprio», ossia al bookmaker. Ha poi chiarito che entrambi i soggetti partecipano, sia pure su piani diversi e secondo diverse modalità operative, allo svolgimento dell’attività di «organizzazione ed esercizio» RAGIONE_SOCIALE scommesse soggetta a imposizione. In particolare, il titolare della ricevitoria svolge comunque un’attività di gestione, perché assicura la disponibilità di locali idonei e la ricezione della proposta, si occupa della RAGIONE_SOCIALE al bookmaker dell’accettazione
della scommessa, dell’incasso e del trasferimento RAGIONE_SOCIALE somme giocate, nonché del pagamento RAGIONE_SOCIALE vincite secondo le procedure e le istruzioni fornite dal bookmaker. Vale anche l’ulteriore specificazione secondo cui l’attività gestoria del ricevitore va riferita alla raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, il volume RAGIONE_SOCIALE quali determina anche la provvigione della ricevitoria e per conseguenza il suo stesso rischio imprenditoriale, mentre il bookmaker è quello che effettivamente gestisce il servizio RAGIONE_SOCIALE scommesse, anche attraverso il contratto stipulato con il ricevitore, e sul quale il titolare della ricevitoria, attraverso la regolazione RAGIONE_SOCIALE commissioni ha la possibilità di trasferire il carico tributario. I giudici RAGIONE_SOCIALE leggi, dunque, concludono affermando che i coobbligati, bookmaker e ricevitoria, comunque concorrono, sia pure in vario modo, alla realizzazione del presupposto impositivo. Correttamente, dunque, i giudici di secondo grado hanno affermato che il legislatore ha considerato un presupposto di imposta riferibile sia al bookmaker, che al CTD, con la conseguenza che entrambi i soggetti sono tenuti all’adempimento dell’obbligazione impositiva in via solidale paritetica, avendo la Corte Costituzionale, diversamente da quanto affermato dalla società ricorrente, chiaramente riferito il presupposto oggettivo dell’imposta sia al bookmaker, che al CTD, con la conseguenza che entrambi i soggetti sono tenuti a rispondere solidalmente dell’obbligazione tributaria. Ciò che rende priva di rilievo, ai fini che qui interessano, la circostanza che la verifica fiscale, l’accertamento e le violazioni contestate abbiano avuto per oggetto le ricevitorie, tenuto anche conto, peraltro, che l’avviso di accertamento è stato notificato sia al bookmaker, che al CTD.
11.  Il  quinto  motivo  non  può  trovare  ingresso.  La  redazione  di  un processo  verbale  di  constatazione  non  è  necessaria  per  rendere legittimo un successivo avviso di accertamento perché è in esso che si esterna poi ciò che si è constatato prima. Per quanto la L. n. 4 del
1929, art. 24 preveda che «le violazioni RAGIONE_SOCIALE norme contenute nelle leggi finanziarie sono constatate mediante processo verbale», tale onere, anche ove non sia assolto in forza della disposizione sopra richiamata, non impedisce in nessun caso l’emissione di avvisi di accertamento in base all’RAGIONE_SOCIALE valutazione dell’amministrazione finanziaria alla luce del disposto della disposizione invocata dal ricorrente (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 31120 del 29/12/2017, e precedentemente Cass. Sez. 5, Sentenza n. 27711 del 11/12/2013). Del resto, il processo verbale previsto dall’art. 24 cit. può avere una molteplicità e complessità di contenuti e la legge non discrimina tra diversi mezzi di rappresentazione e differenti realtà rappresentate, così come tra rappresentazione di fatti e rappresentazione di dichiarazione. Sicché, quale documento extraprocessuale, esso può sia un contenuto ricognitivo, sia un contenuto valutativo liberamente valutabile dall’amministrazione finanziaria. Deve quindi escludersi, diversamente da quanto ritiene il ricorrente, che tal verbale abbia rilevanza esterna tale da viziare, ove non redatto, l’atto successivo.
Con riguardo poi al profilo relativo alla partecipazione del contribuente al procedimento anteriormente all’emissione dell’avviso di accertamento, in ordine alla quale potrebbe porsi la questione della legittimità dell’avviso di accertamento notificato anteriormente al termine di cui all’art. 12, comma 7, L. 212 del 2000, questa Corte ritiene che il diritto generalizzato al contraddittorio sia adeguatamente tutelato (Cass. Sez. 5, Sentenza n. 701 del 15/01/2019) dall’art. 12, comma 7, della L. n. 212 del 2000 (c. d. Statuto del contribuente), nelle ipotesi di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività. Esso opera una valutazione “ex ante” in merito alla necessità del rispetto del contraddittorio endoprocedimentale, sanzionando con la nullità l’atto impositivo emesso “ante tempus”, anche nell’ipotesi di tributi “armonizzati”, senza che, pertanto, ai fini
della relativa declaratoria debba essere effettuata la prova di “resistenza”, invece necessaria.
Per i soli tributi “armonizzati”, ove la normativa interna non preveda l’obbligo del contraddittorio con il contribuente nella fase amministrativa  (ad  es.,  nel  caso  di  accertamenti  c.d.  “a  tavolino”), ipotesi  nelle  quali  il  giudice  tributario  è  tenuto  ad  effettuare  una concreta valutazione “ex post” sul rispetto del contraddittorio.
Nel presente caso, non risulta che alcuna attività di accesso, ispezione o verifica sia stata svolta nei confronti di RAGIONE_SOCIALE, soggetto peraltro non residente in Italia né ivi dotato di stabile organizzazione nei confronti del quale pertanto tal attività sarebbe stata realizzabile, né risulta neppure sostanziata specificamente (cfr. Cass. Sez. U. n.21271/2025) la prova di resistenza ossia cosa in concreto avrebbe potuto far valere il contribuente in sede di contraddittorio preventivo al fine di modificare il contenuto dell’atto impositivo poi notificato.
12. Il sesto motivo è infondato. Come si evince dall’atto impugnato riprodotto dalla ricorrente, lo stesso reca indicazioni del tutto idonee a consentire la difesa in giudizio del contribuente. Risultano quindi del tutto corrette le conclusioni della sentenza impugnata secondo la quale «Quanto all’affermazione che l’avviso di accertamento impugnato, sarebbe carente di motivazione, per mancata notifica del PVC alla società, essa non può essere accolta. L’art 7 L n. 212/2000, integrato dal D lgs 26.1.2001 n 32 prevede invero che, se nella motivazione dell’avviso si fa riferimento ad un altro atto, esso deve essere allegato, salvo che non ne riproduca i contenuti essenziali; la giurisprudenza ha stabilito che detto obbligo riguarda i soli atti che non siano trascritti, nelle loro parti essenziali, nello stesso avviso (cfr Cass 24417 /2018; idem 9323/2017), mentre nel caso che ci riguarda il contenuto del PVC viene richiamato e riportato integralmente. L’esame dell’avviso e le specifiche contestazioni proposte dalla società, circa la determinazione
dell’an e del quantum, consentono di affermare di avere dato nell’atto, da  parte  dell’RAGIONE_SOCIALE,  sufficienti  e  idonee  indicazioni  circa  la  base imponibile  e  l’aliquota  d’imposta  applicata»  (cfr.  p.  4  sentenza).  In concreto, il giudice ha così accertato che la contribuente è stata messa ampiamente in condizione di  comprendere la genesi,  la  natura  e  le ragioni della pretesa, oltre che al criterio utilizzato per la liquidazione dei tributi, degli interessi e RAGIONE_SOCIALE sanzioni dovute.
13. Il settimo motivo è fondato. Secondo la giurisprudenza di questa Corte «l’incertezza normativa oggettiva tributaria è caratterizzata dall’impossibilità d’individuare con sicurezza ed univocamente, al termine di un procedimento interpretativo metodicamente corretto, la norma giuridica nel cui ambito il caso di specie è sussumibile, e va distinta dalla soggettiva ignoranza incolpevole del diritto (il cui accertamento è demandato esclusivamente al giudice e non può essere operato dall’amministrazione), come emerge dal d. Lgs. n. 472 del 1997, art. 6, che distingue le due figure, pur ricollegandovi i medesimi effetti. Peraltro, il fenomeno dell’incertezza normativa oggettiva può essere desunto dal giudice attraverso la rilevazione di una serie di “fatti indice”, quali ad esempio: 1) la difficoltà d’individuazione RAGIONE_SOCIALE disposizioni normative; 2) la difficoltà di confezione della formula dichiarativa della norma giuridica; 3) la difficoltà di determinazione del significato della formula dichiarativa individuata; 4) la mancanza di informazioni amministrative o la loro contraddittorietà; 5) la mancanza di una prassi amministrativa o l’adozione di prassi amministrative contrastanti; 6) la mancanza di precedenti giurisprudenziali; 7) la formazione di orientamenti giurisprudenziali contrastanti, specie se sia stata sollevata questione di legittimità costituzionale; 8) il contrasto tra prassi amministrativa e orientamento giurisprudenziale; 9) il contrasto tra opinioni dottrinali; 10) l’adozione di norme di interpretazione autentica o meramente esplicative di norma implicita
preesistente».  (Cass.  17  maggio  2017,  n.  12301;  Cass.  13  giugno 2018, n. 15452, Cass. 9 dicembre 2019, n. 32082).
Proprio con riferimento a un caso analogo a quello di specie, questa Corte, in applicazione dei principi suesposti, ha affermato che «In tema di sanzioni amministrative, fino alla data di entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 66, l. n. 220 del 2010, la quale ha interpretato l’art. 3, d.lgs. n. 504 del 1998 prevedendo che soggetto passivo dell’imposta unica sulle scommesse è anche chi svolge l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE stesse pur se privo di concessione, esisteva una condizione di obiettiva incertezza normativa, rilevante ai sensi dell’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, in ordine alla soggettività passiva del bookmaker estero operante in Italia, mediante propri intermediari, senza concessione (cfr. Cass., 12 aprile 2021, n. 9531). Più in particolare, questa Corte, con motivazione che si condivide, ha affermato che «La sentenza della Corte costituzionale n. 27 del 23 gennaio 2018, nel ricostruire l’ambito applicativo dell’art. 3 del d.lgs. n. 504 del 1988, come interpretato autenticamente dall’art. 1, comma 66, l. n. 220 del 2010, ha affermato che, anche alla luce della disciplina previgente, soggetto passivo dell’imposta è anche chi svolge l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse anche se privo di concessione, con conseguente responsabilità del bookmaker estero che, mediante un proprio intermediario, svolga l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse pur se privo di concessione.
La  stessa  sentenza  ha  tuttavia  anche  evidenziato  che  «il  tenore letterale della disposizione consentiva anche una diversa interpretazione,  nel  senso  che,  attraverso  il  richiamo  contenuto nell’art. 1 del d. Lgs. n. 504 del 1998 al rispetto della concessione e della licenza di pubblica sicurezza, essa contemplasse i soli soggetti operanti nel sistema concessorio (ad esclusione, perciò, dei bookmaker con sede all’estero, sforniti di titolo concessorio in Italia, e della rete
RAGIONE_SOCIALE ricevitorie di cui essi si avvalgono nel territorio italiano)» (punto 4.1.). La decisione ha poi dato atto del fatto che «con la disposizione interpretativa dell’art. 1, comma 66, lett. b), della l. n. 220 del 2010, il legislatore ha esplicitato una possibile variante di senso della disposizione interpretata» e che la stessa RAGIONE_SOCIALE aveva espressamente riconosciuto che la normativa in esame si prestava alla considerazione di incertezza applicativa ( ibidem ). In sostanza, la Corte costituzionale ha riconosciuto che la previsione contenuta nell’art. 3, d. Lgs. n. 504/1998, si prestava ad un duplice opzione interpretativa in ordine alla sussistenza o meno della individuazione della soggettività passiva del bookmaker estero che, mediante una ricevitoria operante nel territorio nazionale, avesse svolta l’attività di gestione RAGIONE_SOCIALE scommesse senza concessione e che la disposizione interpretativa del 2010 è intervenuta al fine di esplicitare il contenuto della incerta previsione, orientando la scelta interpretativa nel senso della sussistenza della soggettività passiva. La fattispecie, dunque, dev ‘ essere collocata nell’ambito della previsione di cui all’art. 6, comma 2, del d. Lgs. n. 472 del 1997, sussistendo, fino al momento della entrata in vigore della disciplina interpretativa del 2010, una condizione di obiettiva incertezza normativa in ordine alla soggettività passiva del bookmaker estero operante in Italia, mediante propri intermediari, senza concessione.
Deve poi ritenersi irrilevante la giurisprudenza penale di questa Corte (Cass. n. 25439/2020) che si riferisce alla diversa questione della rilevanza penale dell’attività d’intermediazione e di raccolta RAGIONE_SOCIALE scommesse, esclusa, in base alla giurisprudenza unionale, qualora l’attività di raccolta sia compiuta in Italia da soggetti appartenenti alla rete commerciale di un bookmaker operante nell’ambito dell’Unione europea che sia stato illegittimamente escluso dai bandi di gara attributivi RAGIONE_SOCIALE concessioni. Il fatto che quel bookmaker non risponda
del  reato  di  esercizio  abusivo  di  attività  di  giuoco  o  discommessa, previsto e punito dall’art. 4, commi 1 e 4-bis, della l. 13 dicembre 1989, n.  401  nessuna  influenza  produce  sulla  soggettività  passiva  della imposta  unica  sulle  scommesse,  che  l’art.  3  del  d.  Lgs.  n.  504/98 riferisce  a  chiunque,  con  o  senza  concessione,  gestisce  i  concorsi pronostici o le scommesse» (Cass., 21 settembre 2021, n. 25450, in motivazione).
Nella fattispecie in esame viene in rilevo l’anno di imposta 2008 e il motivo è quindi fondato, in quanto il fatto rientra nell’ambito della previsione di cui all’art. 6, comma 2, d.lgs. n. 472 del 1997, sussistendo, come già detto, una condizione di obiettiva incertezza normativa in ordine alla soggettività passiva del bookmaker estero operante in Italia, mediante propri intermediari, senza concessione, fino al momento della entrata in vigore della disciplina interpretativa del 2010.
14.  In  conclusione,  in  accoglimento  del  settimo  motivo  di  ricorso, rigettato il ricorso nel resto, la sentenza impugnata è cassata.
Non essendovi ulteriori questioni di fatto da esaminare, la causa può essere  decisa  nel  merito  ex  art.384,  comma  2,  cod.  proc.  civ.,  con l’accoglimento dell’originario ricorso  della  ricorrente  nella  sola  parte concernente la non debenza RAGIONE_SOCIALE sanzioni, in applicazione dell’esimente di cui all’art. 6, comma 2, del d. Lgs. n. 472 del 1997.
Le spese di lite sono interamente compensate alla luce della parziale soccombenza reciproca RAGIONE_SOCIALE parti.
P.Q.M.
La Corte accoglie il settimo motivo di ricorso, rigettati i restanti, cassa la  sentenza  impugnata  e,  decidendo  nel  merito,  accoglie  il  ricorso introduttivo del giudizio limitatamente alle sanzioni, che dichiara non dovute.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 18 settembre 2025
Il Presidente NOME COGNOME