Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34504 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34504 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso 4085/2022 proposto da:
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata –
-avverso la sentenza n. 638/2021 emessa dalla CTR Abruzzo in data 30/09/2021 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Rilevato che
La RAGIONE_SOCIALE (quale mandataria della cessionaria del credito SPV
Avviso liquidazione imposta registro -Cartolarizzazione di crediti.
Project 1503 s.r.l.) impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro in misura proporzionale del 3% relativa ad un decreto ingiuntivo; il credito ceduto scaturiva da un contratto di finanziamento intercorso tra il cliente COGNOME COGNOME, debitore ingiunto, e la Citicorp Finanziaria s.p.a.
La CTP di Chieti rigettava il ricorso.
Sull’appello della contribuente, la CTR dell’Abruzzo , ritenuta infondata l’eccezione concernente la motivazione dell’avviso, che riteneva idonea a consentire alla contribuente di conoscere la pretesa dell’Agenzia, accoglieva il gravame, evidenziando, per quanto qui ancora rileva, che l’enunciazione di cui all’art. 22 dPR n. 131/1986 doveva contenere tutti gli elementi essenziali del contratto enunciato che servissero ad identificare la natura ed il contenuto in modo tale che lo stesso potesse essere registrato come atto a sé stante.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate sulla base di quattro motivi. La RAGIONE_SOCIALE non ha svolto difese.
Considerato che
Con il primo motivo la ricorrente deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132 n. 4 c.p.c., 36 n. 4 d.lgs. n. 546/1992 e 22 dPR n. 131/1986, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per aver la CTR reso una motivazione apparente, non tenendo conto del motivo di appello sollevato dalla contribuente che atteneva all’applicabilità, al caso di specie, dell’imposta di registro in misura fissa, anziché proporzionale.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per essersi la CTR pronunciata su una questione, quella del contenuto dell’enunciazione, estranea all’oggetto del giudizio e non rilevabile d’ufficio e per aver la CTR annullato l’intero avviso di liquidazione, nonostante fosse incontestata la debenza di un’imposta di registro per la registrazione del decreto ingiuntivo.
Con il quarto motivo, da trattarsi prioritariamente rispetto al terzo, la ricorrente si duole della violazione e/o falsa applicazione degli artt. 37 dPR
n. 131/1986 e 8 tariffa allegata al detto dPR, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., per non aver la CTR considerato che gli atti dell’autorità giudiziaria che definiscono anche parzialmente il giudizio, recanti condanna al pagamento di somme o valori, scontano l’imposta proporzionale con aliquota al 3%.
I tre motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, sono infondati.
Effettivamente nella sentenza impugnata manca la motivazione, ossia l’esplicazione delle ragioni poste a fondamento della decisione concernente la questione controversa della misura dell’imposta di registro cui assoggettare il decreto ingiuntivo.
Va, tuttavia, ribadito che la mancanza di motivazione su questione di diritto e non di fatto deve ritenersi irrilevante, ai fini della cassazione della sentenza, qualora il giudice del merito sia comunque pervenuto ad un’esatta soluzione del problema giuridico sottoposto al suo esame. In tal caso, la Corte di cassazione, in ragione della funzione nomofilattica ad essa affidata dall’ordinamento, nonché dei principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111, comma 2, Cost., ha il potere, in una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 384 c.p.c., di correggere la motivazione anche a fronte di un error in procedendo , quale la motivazione omessa, mediante l’enunciazione delle ragioni che giustificano in diritto la decisione assunta, sempre che si tratti di questioni che non richieda ulteriori accertamenti in fatto (tra varie, Cass., Sez. Trib., Sentenza n. 29538 del 2024, punto 2.1.; Cass. Sez. U., Sentenza n. 2731 del 2017).
Orbene, il quarto motivo è destituito di fondamento; il che priva di rilevanza il primo e il secondo.
4.1. Il punto centrale della controversia risiede nell’applicabilità, nel caso in esame, del principio di alternatività tra iva e imposta di registro e sulla combinazione fra le seguenti disposizioni:
art. 40 del d.P.R. n. 131/86, secondo cui «Per gli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’imposta sul valore aggiunto,
l’imposta si applica in misura fissa» (comma 1);
– art. 8, comma 1, lett. b), della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. n. 131/86, che si riferisce, tra l’altro, ai «decreti ingiuntivi esecutivi…recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura», per i quali prevede l’aliquota pari al 3% del valore della condanna;
nota II in calce all’art. 8, a norma della quale «gli atti di cui al comma 1, lettera b) non sono soggetti all’imposta proporzionale per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del testo unico».
Occorre premettere che il principio di alternatività mira ad evitare interferenze tra iva e imposta di registro in relazione alla medesima operazione e a scongiurare fenomeni di doppia imposizione. Ne consegue che è esclusa l’applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale, qualora la condanna sia volta ad assicurare l’adempimento di obbligazioni scaturenti da operazioni soggette a iva.
Nella fattispecie in esame è incontestato che la SPV Project 1503, in nome e per conto della quale ha agito la All Reserved, è una società veicolo dedicata ad operazioni di cartolarizzazione dei crediti, disciplinate dalla legge n. 130/1999.
4.2. Ciò debitamente premesso, l’Agenzia fa leva sul fatto che il decreto ingiuntivo si riferisce a operazioni poste in essere tra soggetti diversi dalle parti coinvolte ne ll’atto giudiziario.
Indubbiamente, la cessione di credito comporta il subentro del cessionario in un altro rapporto giuridico, intercorrente tra il cedente e il debitore ceduto. In generale, dunque, il pagamento del credito ceduto attiene a questo rapporto, non al sottostante rapporto obbligatorio tra cedente e cessionario, che ha avuto adempimento proprio attraverso l’atto di cessione di credito. Si è quindi ritenuto incongruo fare riferimento al trattamento fiscale della prestazione resa dal cedente al cessionario (in questi termini, Cass., Sez. Trib., Sentenza n. 11312 del 2000).
Nel caso in esame, tuttavia, il credito ceduto è oggetto di operazione di
cartolarizzazione, come la stessa Agenzia espone argomentando il secondo motivo del proprio ricorso. Al riguardo, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 10296 del 2022, in una fattispecie analoga e con argomentazioni pienamente condivise da questo Collegio, ha escluso la fondatezza dell’argomento sul quale è calibrato il ricorso, e ha affermato che il principio di alternatività tra iva e imposta di registro si applica anche alle operazioni le quali, ex art. 3, comma 2, n. 3 del d.p.r. n. 633 del 1972, sono qualificabili come prestazioni di servizi, tra le quali il legislatore include «i prestiti di denaro e di titoli non rappresentativi di merci, comprese le operazioni finanziarie mediante la negoziazione, anche a titolo di cessione pro soluto, di crediti, cambiali o assegni (…)». In quanto tali rientrano nel campo di applicazione dell’iva, anche se sono soggette al particolare regime di esenzione ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 1), dello stesso d.p.r. n. 633 del 1972.
Nel novero di queste operazioni rientra anche quella in esecuzione della quale è stato chiesto e ottenuto il decreto ingiuntivo del quale si discute.
In effetti, l’art. 1 della legge 130 del 1999, nella versione vigente dal 29 maggio 1999 al 2014, applicabile al caso in esame, prevede che: «La presente legge si applica alle operazioni di cartolarizzazione realizzate mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, individuabili in blocco se si tratta di una pluralità di crediti, quando ricorrono i seguenti requisiti: a) il cessionario sia una società prevista dall’art. 3; b) le somme corrisposte dal debitore o dai debito ri ceduti siano destinate in via esclusiva, dalla società cessionaria, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi, dalla stessa o da altra società, per finanziare l’acquisto di tali crediti, nonché al pagamento dei costi dell’operazione».
L’art. 1, comma primo, lettera b), pertanto, individua un «patrimonio separato» destinato, in via esclusiva, dalla società veicolo, cessionaria dei crediti, al soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi dalla società cessionaria o da altra s ocietà, al fine di finanziare l’acquisto di tali crediti, oltre che al pagamento dei costi dell’operazione. Gli investitori in titoli non sono, dunque, creditori verso la società emittente, ma
esclusivamente verso il «portafoglio titoli». L’emittente, quindi, si obbliga giuridicamente, come evidenziato dalla dottrina, negli esatti limiti in cui riscuoterà dai debitori ceduti, senza garantire alcunché con il proprio patrimonio. I sottoscrittori dei titoli riceveranno solo le somme che emergeranno dalla attività di gestione dei crediti.
Per conseguenza, il finanziatore «scommette» sulla bontà dell’affare finanziato, in quanto potrà conseguire la restituzione delle somme solo in relazione ai flussi di cassa positivi dell’operazione commerciale finanziata (in tal senso Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 18896 del 2021).
Emerge, quindi, la funzione preminente della cartolarizzazione dei crediti che consiste, soprattutto, nel finanziamento della società che promuove l’operazione (l’Originator). Si è notato in dottrina che la società veicolo (SPV) che emette i titoli «finanz ia» l’Originator, attribuendogli la liquidità che raccoglie presso i prenditori delle ABS (Asset Backed Securities), ossia dei titoli emessi: la società veicolo, infatti, non è proprietaria di tali somme, derivanti dalla realizzazione dei crediti ceduti, ma gestisce i crediti sino al termine della procedura di cartolarizzazione (in termini, da ultimo, Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 18454 del 2024).
E allora, il decreto ingiuntivo afferisce giustappunto a una prestazione di servizi riguardante negoziazione e gestione di crediti e comunque un’operazione di finanziamento. Ne consegue che esso va registrato a tassa fissa (e non con aliquota proporzionale), in base al combinato disposto dell’art. 40 del d.p.r. n. 131 del 1986 e della nota II dell’art. 8 della Parte I della Tariffa (Cass. n. 3316 del 2004).
Sul piano generale, d’altronde, questa Corte (Cass. n. 2809 del 2005) ha affermato che risulta decisiva ai fini della tassazione la natura del creditore (ovvero della banca o società finanziaria), in quanto, se quest’ultimo ha la qualità di soggetto iva e se l’adempimento reclamato è riconducibile nell’ambito di una fattispecie che potenzialmente implichi l’insorgenza dell’obbligo di pagare l’iva, il provvedimento giudiziale in oggetto assume la consistenza di condanna ad un pagamento sottoposto all’IVA.
Così riportato il quadro normativo di riferimento va osservato che risulta
non contestato che il credito originario era vantato dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti di NOME COGNOME; credito che successivamente veniva acquisito dalla società RAGIONE_SOCIALE e poi fatto valere, in sede monitoria, dalla mandataria con rappresentanza RAGIONE_SOCIALE
Discende da tutto quanto sopra esposto che, diversamente da quanto ritenuto dell’Agenzia, nel caso di specie il credito riportato nel decreto ingiuntivo trae origine da cessioni di beni e prestazioni di servizi che rientrano tra le operazioni soggette alla disciplina iva. Di talché deve ribadirsi il principio secondo cui, in tema di imposta di registro, la registrazione del decreto ingiuntivo ottenuto dal creditore per il pagamento di somme assoggettate ad iva fruisce, in base al principio dell’alternatività sancito dall’art. 40 del d.p.r. n. 131 del 1986, dell’applicazione dell’imposta in misura fissa.
5. Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 112 e 7 d.lgs. n. 546/1992, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4), c.p.c., per non aver la CTR considerato che, anche nel caso in cui l’applicazione dell’imp osta di registro in misura proporzionale fosse stata ritenuta illegittima, avrebbe dovuto dichiarare la debenza dell’imposta in misura fissa, come del resto riconosciuto dalla stessa contribuente.
5.1. Il motivo è fondato.
Il processo tributario non è diretto alla mera eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma ad una pronuncia di merito, sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento dell’ufficio. Ne consegue che il giudice tributario, ove ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi di ordine sostanziale (e non meramente formali), è tenuto ad esaminare nel merito la pretesa tributaria e a ricondurla, mediante una motivata valutazione sostitutiva, alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 6918 del 2013; Cass., Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 26157 del 2013; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 19750 del 2014).
Nel caso di specie, la doglianza si rivela fondata, atteso che la contestazione della contribuente era limitata all’applicabilità dell’imposta di registro nella
misura proporzionale, non estendendosi altresì alla debenza della medesima imposta, sempre nella misura fissa, al decreto ingiuntivo.
6. Alla stregua delle considerazioni che precedono, in accoglimento del terzo motivo, la sentenza impugnata va cassata senza rinvio, ex art. 382 c.p.c., perché il processo non poteva essere proseguito con riguardo alla debenza, non impugnata, dell’imposta di registro nella misura fissa sul decreto ingiuntivo.
L’esito complessivo della controversia e l’essersi formata la giurisprudenza di questa Corte sulla questione principale nel 2022 giustificano la compensazione integrale delle spese relative ai gradi di merito e l’irripetibilità di quelle concernenti il pre sente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il terzo motivo del ricorso e rigetta i restanti;
cassa senza rinvio la sentenza impugnata in relazione alla debenza dell’imposta di registro in misura fissa relativa al decreto ingiuntivo; compensa le spese concernenti le fasi di merito e dichiara irripetibili quelle inerenti al giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 29.11.2024,