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Imposta regionale su concessioni: legittima la tassa

Una società concessionaria di aree portuali ha contestato la legittimità di un’imposta regionale su concessioni demaniali, eccependo l’irregolarità della notifica dell’atto e la violazione del principio di legalità. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la notifica via PEC, sebbene non prevista all’epoca, è sanata se raggiunge il suo scopo. Inoltre, ha confermato la piena legittimità dell’imposta, chiarendo che la Regione ha il potere di tassare l’uso dei beni demaniali sul proprio territorio, indipendentemente dall’ente che rilascia la concessione.

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Pubblicato il 2 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta regionale su concessioni portuali: legittima secondo la Cassazione

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 4453 del 2024, ha affrontato una questione cruciale in materia di tributi locali, confermando la piena legittimità dell’imposta regionale su concessioni demaniali marittime. La decisione chiarisce importanti principi sulla potestà impositiva delle Regioni, sulla validità delle notifiche fiscali e sul rispetto della riserva di legge in ambito tributario, anche quando la base imponibile è determinata da un’autorità diversa dalla Regione stessa.

I Fatti di Causa: Dalla Notifica PEC alla Contestazione del Tributo

Una società che gestisce aree in un importante porto italiano si è vista notificare un avviso di accertamento da parte della Regione per il mancato pagamento dell’imposta regionale relativa a una concessione demaniale per l’anno 2014. La società ha impugnato l’atto, sollevando due principali obiezioni:

1. Inesistenza della notifica: L’atto era stato notificato tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) nel 2016, una modalità che, secondo la difesa, sarebbe stata introdotta per gli atti impositivi solo a partire dal luglio 2017. Di conseguenza, la notifica doveva considerarsi giuridicamente inesistente.
2. Illegittimità dell’imposta: La società sosteneva che l’imposta fosse incostituzionale per violazione del principio di riserva di legge (art. 23 Cost.). Poiché il canone di concessione (che costituisce la base imponibile del tributo) era determinato discrezionalmente dall’Autorità Portuale e non fissato direttamente dalla legge, la prestazione tributaria sarebbe stata rimessa all’arbitrio di un ente amministrativo.

Dopo la soccombenza nei primi due gradi di giudizio, la società ha presentato ricorso in Cassazione.

L’Analisi della Corte e la legittimità dell’imposta regionale su concessioni

La Suprema Corte ha esaminato e rigettato tutti i motivi di ricorso, fornendo una dettagliata analisi delle questioni sollevate.

Validità della Notifica e il Principio del “Raggiungimento dello Scopo”

Sul primo punto, la Corte ha chiarito che l’irregolarità della notifica non ne determina l’inesistenza giuridica, ma al massimo una nullità. Poiché la legge tributaria all’epoca dei fatti rinviava alle norme del codice di procedura civile, trova applicazione il principio della “sanatoria per raggiungimento dello scopo” (art. 156 c.p.c.). La società ha dimostrato di aver ricevuto l’atto, di averne compreso il contenuto e di aver esercitato pienamente il proprio diritto di difesa impugnandolo. Pertanto, la notifica, pur se eseguita con una modalità non ancora formalmente prevista, aveva raggiunto il suo scopo e la sua nullità era stata sanata.

La Piena Potestà Impositiva Regionale

Il cuore della sentenza riguarda la legittimità dell’imposta. La Cassazione ha ricostruito l’evoluzione normativa, evidenziando come l’imposta sulle concessioni statali, originariamente un tributo statale devoluto alle Regioni, sia stata trasformata in un “tributo proprio” regionale con il federalismo fiscale (d.lgs. 68/2011). Questo conferisce alle Regioni un’ampia autonomia impositiva.

La Corte ha stabilito che il presupposto del tributo è l’occupazione e l’uso di un bene demaniale situato nel territorio regionale, a prescindere da quale ente (Stato, Regione o Autorità Portuale) abbia rilasciato la concessione. La potestà impositiva della Regione sorge dal collegamento del bene con il suo territorio.

Rispetto del Principio di Legalità (Art. 23 Cost.)

Infine, la Corte ha respinto la censura di incostituzionalità. Il principio della riserva di legge in materia tributaria è da intendersi in senso “relativo”. Ciò significa che la legge deve definire gli elementi essenziali del tributo (soggetti passivi, presupposto, base imponibile e aliquota), ma può demandare a un atto amministrativo la determinazione di aspetti specifici.

Nel caso di specie:
– La legge statale e regionale definisce chiaramente il presupposto (l’occupazione del bene), i soggetti passivi (i concessionari) e l’aliquota.
– La base imponibile è il canone di concessione.

Il fatto che il canone sia determinato dall’Autorità Portuale non viola la riserva di legge, poiché tale determinazione non è arbitraria ma segue criteri e procedure amministrative soggette al controllo giurisdizionale. La stipula stessa della concessione implica un’accettazione delle condizioni da parte del privato, escludendo un’imposizione arbitraria.

Le Motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un consolidato orientamento giurisprudenziale, sia della Cassazione che della Corte Costituzionale. La decisione ribadisce che il federalismo fiscale ha attribuito alle Regioni una concreta autonomia, permettendo loro di legiferare in materia di tributi propri, come l’imposta regionale su concessioni. Il presupposto impositivo non è l’atto di concessione in sé, ma il vantaggio economico che il concessionario ottiene dall’utilizzo esclusivo di un bene pubblico. La Corte sottolinea che la scelta sull’istituzione del tributo (an) è del legislatore (prima nazionale, poi regionale), mentre la determinazione del suo ammontare (quantum) può essere legittimamente collegata a un valore, il canone, determinato secondo procedure amministrative che offrono garanzie contro l’arbitrio.

Le Conclusioni

La sentenza n. 4453/2024 consolida la legittimità dell’imposta regionale sulle concessioni demaniali, rafforzando la potestà impositiva delle Regioni. Per le imprese concessionarie, ciò significa che la debenza del tributo è un fatto acclarato e non può essere messa in discussione sulla base della natura dell’ente concedente o delle modalità di determinazione del canone. La decisione offre anche un importante spunto processuale, confermando che i vizi di notifica sono sanabili se l’atto raggiunge il suo destinatario e gli consente di difendersi, secondo il principio di strumentalità delle forme.

Una notifica di un atto tributario via PEC, prima della sua previsione normativa esplicita, è valida?
Sì, è valida se l’atto raggiunge il suo scopo. Secondo la Corte, anche se la modalità non era formalmente prevista, la notifica è da considerarsi al più nulla e non inesistente. Tale nullità è sanata se il destinatario riceve l’atto, ne comprende il contenuto e può esercitare il proprio diritto di difesa, come avvenuto nel caso di specie attraverso l’impugnazione dell’atto stesso.

L’imposta regionale su concessioni demaniali è legittima anche se la concessione è rilasciata da un’Autorità Portuale e non dalla Regione?
Sì, è pienamente legittima. Il presupposto del tributo non è l’atto di concessione in sé, ma l’occupazione e l’uso di un bene demaniale situato nel territorio della Regione. La potestà impositiva della Regione deriva da questo collegamento territoriale, indipendentemente dall’autorità che ha rilasciato la concessione.

La determinazione del canone di concessione da parte dell’Autorità Portuale viola il principio di riserva di legge in materia tributaria?
No, non lo viola. La riserva di legge in materia tributaria (art. 23 Cost.) è “relativa”, il che significa che la legge deve fissare gli elementi essenziali del tributo (soggetto, oggetto, aliquota), ma può rinviare a fonti secondarie per la determinazione di aspetti specifici, come la base imponibile. In questo caso, la legge identifica la base imponibile nel canone, la cui determinazione da parte dell’Autorità Portuale segue procedure amministrative che non sono arbitrarie e sono soggette a controllo giurisdizionale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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