Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20854 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20854 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 23/07/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 26/03/2025
IMPOSTA DI PUBBLICITÀ RAGIONE_SOCIALE STAZIONE RAGIONE_SOCIALE
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25807/2022 del ruolo generale, proposto
DA
SOCIETÀ RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , amministratore unico, rag. NOME COGNOME -concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni dei Comuni di Castelfranco Piandiscò (AR) rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste a margine del ricorso dall’avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE LSN 69R08 E463 M).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALEcodice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del rappresentante legale pro tempore, dr. NOME COGNOME
Numero registro generale 25807/2022
rappresentata e difesa, anche in forma disgiunta ed in forza di procura speciale e nomina poste in calce al controricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE. Numero sezionale 2194/2025 Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 518/1/2022 della Commissione tributaria regionale della Toscana depositata in data 5 aprile 2022.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 26 marzo 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è la pretesa contenuta nell’avviso di accertamento in atti con il quale la società unipersonale RAGIONE_SOCIALE -Imposte RAGIONE_SOCIALE (da ora solo I.C.A.), nella suindicata qualità, liquidava l’imposta sulla pubblicità per l’anno 2017 in relazione al messaggio pubblicitario apposto sulla cornice della pensilina di un distributore di carburante a marchio ‘RAGIONE_SOCIALE‘.
La Commissione tributaria regionale della Toscana rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE. avverso la sentenza n. 163/1/2019 della Commissione tributaria provinciale di Arezzo, premettendo che con la sentenza di primo grado « veniva accolto il ricorso della società RAGIONE_SOCIALE con la motivazione che la tassazione dei cartelli pubblicitari deve essere determinata in base alla superficie della minima figura piana geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario con il logo della società e non sull’intera superficie del fascione della pensilina del distributore»
Il Giudice regionale confermava la pronuncia appellata sulla base della seguente motivazione: «Secondo il consolidato orientamento della Suprema Corte, invero, deve aversi riguardo, nel determinare l’imposta sulla pubblicità, al messaggio
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pubblicitario riferito all’azienda o all’impresa commerciale e non anche ai supporti su cui tali messaggi sono applicati. Tanto è vero che la medesima Corte di cassazione ha affermato che quando più messaggi pubblicitari sono contenuti in un unico supporto più grande che ne raggruppi più di uno la tassa deve essere calcolata solo in base alle dimensioni di ciascun messaggio pubblicitario e non relativamente all’intero supporto»: Data pubblicazione 23/07/2025
Avverso tale pronuncia I.C.A. proponeva ricorso per cassazione, notificandolo in data 4 novembre 2022, formulando due motivi d’impugnazione, successivamente illustrati con memoria ex art. 380bis .1. c.p.c. depositata in data 14 marzo 2025.
RAGIONE_SOCIALE resisteva con controricorso notificato il 1° dicembre 2022, depositando il 12 marzo 2025 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’istante ha eccepito, secondo il parametro dell’art. 360, primo comma, num. 4 c.p.c., la nullità della sentenza per violazione dell’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c. e 36, comma 2, d.lgs. n. 546/1992, oltre che per violazione dell’art. 115 c.p.c., contestando la sussistenza di una motivazione del tutto apparente, richiamando sul punto le ordinanze di questa Corte nn. 21652/2020 e 21653/2020, rese tra le stesse parti, che avevano cassato le decisioni impugnate sul rilievo secondo il quale non era possibile ricostruire con sufficiente chiarezza il percorso argomentativo seguito dal giudice di appello alla luce di una valutazione astratta, del tutto avulsa dal caso concreto, senza aver offerto spiegazione delle ragioni per le quali, sulla base del disposto dell’art. 7 d.lgs. n. 507/1993, dovrebbe essere assoggettato ad imposizione il solo messaggio pubblicitario
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(denominazione e logo) e non anche il mezzo, disposto dell’art. 7 d.lgs. n. 507/1993. Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
1.1. Il motivo non è fondato.
Come sopra esposto, nella sentenza impugnata si è dato conto nella parte narrativa di essa delle ragioni per le quali il primo Giudice aveva accolto il ricorso della contribuente, ritenendo che la tassazione dovesse essere determinata in base alla figura piana geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario con il logo della società e non sull’intera superficie del fascione della pensilina del distributore.
Poi, sul motivo di appello avente ad oggetto il rilievo secondo l’art. 7 d.lgs. n. 507/1993 va interpretato nel senso che per mezzo pubblicitario non si intende solo il messaggio, ma anche lo strumento attraverso cui esso è veicolata, vale a dire «tutto il fascione che regge la pubblicità», la Commissione ha richiamato l’orientamento della Corte di cassazione secondo occorrerebbe aver riguardo al messaggio pubblicitario riferito all’azienda o all’impresa commerciale e non anche ai supporti su cui tali messaggi sono applicati.
Sul piano dei principi va ricordato che questa Corte (a partire da Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053) ha ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perchè munita di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, in modo tale da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, non potendosi lasciare
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all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture: Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Risulta, invece, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (v., tra le tante, Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, n. 14430; Cass., Sez. U., 19 giugno 2018, n. 16159; Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, n. 2689; e da ultimo Cass., Sez. T., 29 luglio 2024, n. 21174).
Va aggiunto sul punto che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, non è tenuto cioè a discutere ogni singolo elemento o a argomentare sulla condivisibilità o confutazione di tutte le deduzioni difensive, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c., che esponga gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma considerati subvalenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr. Cass., Sez. T, 19 maggio 2024, n. 12732; Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2013, n. 12123 e anche Cass., Sez. I, 31 luglio 2017, n. 19011, Cass., Sez. I, 2 agosto 2016, n. 16056 e Cass., Sez. T., 24 giugno 2021, n. 18103).
Ciò posto, nella specie emerge, con sufficiente chiarezza, che le ragioni della decisione si sono basate sulla considerazione secondo
la quale per minima figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario va inteso, riduttivamente, solo il segmento del fascione che contiene la scritta, vale a dire il cuore del messaggio pubblicitario, restandone fuori la restante parte del fascione, che non assolva tale funzione, ma solo quella di mero supporto. Numero sezionale 2194/2025 Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
In tali termini, la motivazione della Commissione per quanto lapidaria, manifesta la sua ratio e, diversamente dai casi considerati dalle pronunce richiamate dalla ricorrente (in cui la Corte aveva ravvisato la sussistenza di una motivazione astratta, senza riferimento agli elementi addotti dalle parti) va considerata compatibile con il minimo costituzionale esigibile.
2. Con il secondo motivo di censura la ricorrente ha eccepito, in base al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e 7, comma 1, d.lgs. 15.11.1993, n. 507, assumendo che «È indubbio come il marchio in sé, in questo caso formato dalla figura del cane a sei zampe e dalla scritta ‘ENI’, non costituisca affatto una figura piana geometrica, altrimenti definibile in geometria come ‘poligono’, essendo piuttosto riconducibile al cosiddetto “grafo”, ossia ad un insieme di linee, rette e curve, spigoli ed angoli che tutte insieme vengono a formare il marchio, che peraltro, secondo la corretta applicazione del comma primo dell’articolo 7, d.lgs. 15.11.1993, n.507, non costituisce il mezzo imponibile che è invece costituito appunto dalla minima figura piana in cui esso è circoscritto» (v. pagina n. 8 del ricorso).
Ne consegue -a dire della concessionaria -che « la corretta applicazione della norma non può che condurre al calcolo della superficie della minima figura piana geometrica ‘reale’ in cui il mezzo pubblicitario è circoscritto, palesemente riconducibile all’intero rettangolo costituito dal fascione della pensilina, essendo invece impensabile che ai fini del calcolo della minima figura piana
geometrica si proceda mediante la surrettizia operazione di creazione di una figura piana geometrica ‘ideale’, che non può certo corrispondere, in modo del tutto fittizio, all’ipotetico poligono nel quale il grafo sarebbe astrattamente inseribile, trattandosi di una figura dal contorno irregolare non riconducibile ad alcuna figura piana geometrica» (v. pagina n. 8 del ricorso). Numero sezionale 2194/2025 Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
2.1. Il motivo è inammissibile.
Questa Corte ha reiteratamente affermato che la verifica dell’individuazione minima figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario e dell’effettivo impiego della cornice dell’impianto è accertamento di fatto riservato al giudice di merito ed incensurabile in cassazione, se non con riferimento al vizio di motivazione (cfr. Cass., Sez. VI-T., 3 marzo 2020 nn. 5930 e 5931, rese tra le stesse parti, che richiamano Cass., Sez. T., 21 gennaio 2008, n. 1161, nonché Cass., Sez. T., 22 dicembre 2016, n. 26727/2016 e Cass., Sez. T., 15 marzo 2017, n. 6713).
2.2. Sul piano dei principi va poi ricordato che:
-in tema d’imposta comunale sulla pubblicità effettuata mediante strutture piane, l’art. 7, comma primo, del d.lgs 15 novembre 1993 n. 507 stabilisce che l’imposta va determinata in base alla superficie della minima figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario. L’imposta, pertanto, deve essere pagata con riferimento alla superficie utilizzabile per i messaggi e, conseguentemente, se la faccia dell’impianto si compone di uno spazio destinato alla pubblicità e di una cornice da esso distinta ed oggettivamente inidonea ad essere utilizzata per la diffusione dei messaggi, l’imposta dovrà essere commisurata soltanto in relazione al predetto spazio, mentre se l’impianto è strutturato in modo tale che l’intera sua faccia è utilizzata per la pubblicità, l’imposta andrà ragguagliata alla totalità della superficie (cfr. Cass., Sez. VI-T., 3
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marzo 2020 nn. 5930 e 5931, rese tra le stesse parti, che richiamano Cass., Sez. T., 21 gennaio 2008, n. 1161); Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
la misura dell’imposta relativa alla pubblicità contenente la riproduzione del marchio commerciale, va calcolata, ai sensi dell’art. 7, primo comma, d.lgs. n. 507/1993, sulla base delle dimensioni dell’intera superficie dell’installazione pubblicitaria, comprensiva anche della parte non coperta dal marchio, solo se quest’ultima abbia, per dimensioni, forma, colore, ovvero per mancanza di separazione grafica rispetto all’altra, le caratteristiche proprie o della componente pubblicitaria aggiuntiva vera e propria ovvero quelle di una superficie estensiva del messaggio pubblicitario; pertanto, anche le fasce o cassonetti di copertura e completamento degli impianti di distribuzione possono costituire la base per il computo dell’imposta se le superfici ulteriori, rispetto alla parte coperta dal marchio, abbiano, per dimensioni, forme, colori o altre caratteristiche, una rilevante consistenza pubblicitaria oppure se, per mancanza di separazione grafica, abbiano la valenza di componente aggiuntiva di un messaggio pubblicitario unitario (cfr. Cass., Sez. T., 31 marzo 2017, n. 8427; Cass., Sez. T., 6 agosto 2004, n. 15201; Cass., Sez. V/T, 15 maggio 2002, n. 7031; nello steso senso Cass. 30 ottobre 2009, n. 23024; Cass. 20 luglio 2012 n. 12684; Cass. 30 dicembre 2002, n. 21393);
-in tema d’imposta comunale sulla pubblicità effettuata mediante strutture piane, l’art. 7, comma 1. d.lgs. citato stabilisce che l’imposta va determinata in base alla superficie della minima figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario. L’imposta, pertanto, deve essere pagata con riferimento alla superficie utilizzabile per i messaggi e, conseguentemente, se la faccia dell’impianto si compone di uno spazio destinato alla pubblicità e di una cornice da esso distinta ed oggettivamente inidonea ad essere utilizzata per la diffusione dei messaggi,
l’imposta dovrà essere commisurata soltanto in relazione al predetto spazio, mentre se l’impianto è strutturato in modo tale che l’intera sua faccia è utilizzata per la pubblicità, l’imposta andrà ragguagliata alla totalità della superficie (Cass., Sez. T., 28 gennaio 2008, n. 1161 cit.; Cass., Sez. T., 28 giugno 2012, n. 10835; Cass., Sez. T., 22 dicembre 2016, n. 26727; Cass., Sez. T., 15 marzo 2017, n. 6713); Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
rileva, in definitiva, accertare se vi sia (anche sul piano cromatico) continuità o discontinuità evocativa del segno tra la porzione in cui riposa il messaggio pubblicitario rappresentato dalla scritta e/o marchio e la restante parte della pensilina dell’impianto di distribuzione (cfr. Cass., Sez. T., 31 marzo 2017, n. 8427.
2.3. Nella fattispecie il Giudice regionale si è attenuto a tali principi, affermando -lo si ripete che « deve aversi riguardo, nel determinare l’imposta pubblicitaria, al messaggio pubblicitario riferito all’azienda e non anche ai supporti su cui tali messaggi sono applicati» (così nella sentenza impugnata), applicando, per tale via, il citato orientamento secondo cui l’imposta va pagata con riferimento alla superficie utilizzabile per il messaggio pubblicitario e ritenendo, in fatto, che essa fosse contenuta nella parte in cui era apposta il logo della società e non anche nella restante parte della cornice, reputata, invece, non avere una connotazione pubblicitaria, nemmeno per estensione.
Ne deriva che non può essere censurato sotto il profilo della violazione di legge l’accertamento in fatto compiuto dalla Commissione secondo cui la pensilina sulla quale erano infisse le targhe pubblicitarie costituiva mero supporto.
Detta valutazione in fatto compiuta dal Giudice regionale avrebbe potuto essere censurata solo sotto il profilo del vizio di motivazione, nei limiti consentiti dall’art. 360, primo comma, num.
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5 c.p.c., perché, per consolidata giurisprudenza, il vizio di violazione di legge consiste nella deduzione di un’erronea ricognizione, da parte del provvedimento impugnato, della fattispecie astratta recata da una norma di legge e quindi implica necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta a mezzo delle risultanze di causa è esterna all’esatta interpretazione della norma di legge ed attiene alla tipica valutazione del giudice di merito, la cui censura è possibile, in sede di legittimità, sotto l’aspetto del vizio di motivazione. Data pubblicazione 23/07/2025
Il discrimine tra l’una e l’altra ipotesi – violazione di legge in senso proprio a causa dell’erronea ricognizione dell’astratta fattispecie normativa, ovvero erronea applicazione della legge in ragione della carente o contraddittoria ricostruzione della fattispecie concreta è segnato, in modo evidente, dal fatto che solo quest’ultima censura, e non anche la prima, è mediata dalla contestata valutazione delle risultanze di causa (coì Cass., Sez. T., 15 marzo 2017, n. 6713 cit., che richiama Cass., Sez. U, 5 maggio 2006, n.. 10313; Cass. 11 gennaio 2016, n. 195; Cass. 30 dicembre 2015, n. 26110; Cass. 16 luglio 2010, n. n. 16698; Cass. 26 marzo 2010., n. 7394).
In definitiva, non vi è stata violazione di legge, ma solo un accertamento fattuale compiuto in linea coerente con i principi enucleati da questa Corte, mentre la censura disvela un uso improprio del parametro censorio dell’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., mirando, realtà, a conseguire dalla Corte un inammissibile riesame di merito.
Alla stregua delle riflessioni sopra svolte, il ricorso va respinto.
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Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza. Numero di raccolta generale 20854/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Va, infine, dato atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso. Condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore di RAGIONE_SOCIALE nella misura di 2.000,00 € per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Dà atto che ricorrono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente, di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per la proposizione del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME