Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20849 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20849 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 26/03/2025
IMPOSTA DI PUBBLICITÀ RAGIONE_SOCIALE STAZIONE DI RAGIONE_SOCIALE
ha deliberato di pronunciare la seguente
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 36592/2019 del ruolo generale, proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del rappresentante legale pro tempore, dr. NOME COGNOME rappresentata e difesa, anche in forma disgiunta ed in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dagli avv.ti NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALEcodice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore , amministratore unico, rag. NOME
COGNOME -concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità in nome e per conto del Comune di Borgonovo Val Tidone (PC) – rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina poste a margine del controricorso dall’avv. NOME COGNOMEcodice fiscale CODICE_FISCALE. Numero sezionale 2192/2025 Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 1782/1/2019 della Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna depositata in data 3 ottobre 2019, non notificata.
LETTE le conclusioni scritte della Sostituta Procuratrice Generale, NOME COGNOME depositate il 14 febbraio 2025, la quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 26 marzo 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia è la pretesa contenuta in tre avvisi di accertamento con i quali la società unipersonale RAGIONE_SOCIALE (da ora solo I.C.A.), nella suindicata qualità, liquidava l’imposta sulla pubblicità per gli anni 2012/2014 in relazione alla scritta ‘AGIP’ apposta sulla cornice della pensilina di un distributore di carburante.
La Commissione tributaria regionale dell’Emilia -Romagna, rigettava l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso la sentenza n. n. 124/2/2016 della Commissione tributaria provinciale di Piacenza, considerando l’avviso motivato nella sua mera funzione di prelievo fiscale, dal contenuto non articolato, né complesso, come tale comprensibile senza necessità di particolari argomentazioni, osservando poi nel merito che:
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-ai sensi dell’art. 7, comma 1, d.lgs. n. 507/1993 l’imposta sulla pubblicità si determina in base alla superficie della minima figura geometrica in cui è circoscritto il mezzo pubblicitario indipendentemente dal numero dei messaggi in esso contenuti, restando sottratte dall’imposizione le altre parti della struttura che circondano la figura; Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
nella fattispecie, dalla documentazione fotografica prodotta emergeva che la fascia della pensilina di copertura dell’impianto di distribuzione costituiva la base per il computo dell’imposta, avendo caratteristiche di colore (lo stesso giallo che caratterizza l’insegna e le varie infrastrutture dello stabilimento come le colonne) tale da conferire valenza di componente aggiuntiva di un messaggio pubblicitario unitario e mancante di separazione grafica rispetto all’insegna riportante la denominazione ed il logo della società gestrice;
«la pensilina (ed il fascione di contorno costituente parte integrante), pur installata con la finalità di consentire agli utenti di usufruire del servizio di distribuzione di carburante al riparo dagli agenti atmosferici, assumeva nel caso specifico la funzione di messaggio pubblicitario» (così nella sentenza impugnata), sottolineando che seppure «non può esservi un monopolio sul colore giallo che caratterizzava il fascione, è altrettanto vero che nel caso specifico quel colore richiamava l’attenzione degli utenti, raggiungendoli, anche a distanza, sul fatto che il distributore appartenesse proprio a quel marchio che utilizzava lo stesso colore giallo quale base dell’insegna pubblicitaria» (così nella sentenza impugnata).
Tutto ciò, negando che potesse ricevere applicazione la soluzione fornita dalla Corte di cassazione con la pronuncia n. 8427/2017, che aveva confermato la decisione di merito la quale aveva ravvisato discontinuità cromatica (colore rosso) tra il
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fascione della pensilina ed il cartello riportante il marchio (RAGIONE_SOCIALE, giacchè nella specie «il colore giallo era l’unico a caratterizzare il marchio ed aveva una innegabile capacità di attrarre l’attenzione degli utenti laddove nel caso vagliato dalla SRAGIONE_SOCIALE. il colore non costituiva l’unica opzione cromatica dell’insegna» (così nella sentenza impugnata). Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Avverso tale pronuncia RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, notificandolo in data 3 dicembre 2019, formulando cinque motivi d’impugnazione, successivamente illustrati con memoria ex art. 380bis .1. c.p.c. depositata in data 12 marzo 2025.
I.C.A. resisteva con controricorso notificato il 10 gennaio 2020, depositando il 13 marzo 2025 memoria ex art. 380bis .1. c.p.c.
Come sopra esposto, la Sostituta Procuratrice Generale ha rassegnato in data 14 febbraio 2025 conclusioni scritte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’istante ha eccepito, secondo il parametro dell’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 2909 c.c., in ragione del giudicato esterno formatosi, nelle more del giudizio di merito, sui medesimi fatti costitutivi della fattispecie in rassegna, rappresentato dalla sentenza n. 246/9/2011, pronunciata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio e confermata dalla Corte di cassazione con l’ordinanza n. 6713/2017, con cui si era ritenuto, con riferimento alla stessa pensilina RAGIONE_SOCIALE, che la relativa cornice o fascione, sulla quale erano infisse le targhe pubblicitarie, non dovesse essere conteggiata ai fini del calcolo dell’imposta di pubblicità.
1.1. La censura non può essere accolta, per due ordini di motivi.
Intanto, perché il predetto giudicato non può utilmente essere invocato per la dirimente ed assorbente ragione che il citato giudizio si è svolto tra parti diverse, essendo stata Roma Capitale il contraddittore di ENI S.p.A., non potendosi dubitare che l’efficacia del giudicato “esterno” presuppone necessariamente l’identità, oltre che del petitum e della causa petendi , anche delle parti dei due giudizi (cfr., tra le tante, Cass., Sez. T., 11 marzo 2025, n. 6405; Cass., Sez. T., 15 luglio 2020, n. 15026 e Cass., Sez. L., 25 giugno 2018, n 16688). Numero sezionale 2192/2025 Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
In secondo luogo, perché la sentenza n. 246/9/2011 della Commissione regionale del Lazio, passata in giudicato all’esito della pronuncia n. 6713/2017 di questa Corte, è divenuta non più controvertibile in epoca di gran lunga precedente la data di decisione (3 luglio 2019) e di pubblicazione (3 ottobre 2019) della sentenza impugnata e non risulta aver costituito oggetto di tempestiva e rituale eccezione di giudicato, ma solo -da quanto risulta dal ricorso – di una tardiva segnalazione in sede di udienza di trattazione (v. pagina n. 15 del ricorso), di cui peraltro il Giudice regionale non ha dato atto, senza che l’istante abbia censurato la sentenza impugnata per omessa pronuncia sull’ipotetica eccezione di giudicato esterno.
Ricorre, allora, il principio secondo cui l’eccezione di giudicato esterno non può essere dedotta in cassazione se il giudicato si è formato nel corso del giudizio di merito, attesa la non deducibilità, in tale sede, di questioni nuove (cfr., tra le tante, Cass., Sez. I, 29 febbraio 2024).
Con il secondo motivo di censura la ricorrente ha eccepito, in base al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., non avendo il Giudice regionale posto a fondamento della decisione
le prove fornite dalle parti e non avendo operato una logica valutazione delle stesse, tenuto conto che: Numero sezionale 2192/2025 Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
-« la targa lenticolare, recante il marchio RAGIONE_SOCIALE, apposta su ogni fascione di copertura della stazione di servizio attenzionata, non ricopre l’intera superficie del fascione medesimo, bensì spazi ben delimitati e ristretti di esso. Sicché, quest’ultimo fa semplicemente da mero supporto strumentale e cornice ornamentale del mezzo pubblicitario ed è nettamente distinto da esso, e, quindi, non riveste, come asserito dai giudici della CTR, una funzione pubblicitaria aggiuntiva della targa medesima».
«Essa, sia nel colore (tutta gialla nel suo fondo), sia nella forma (leggermente bombata) sia nella luminosità, crea una vera e propria discontinuità con il fascione della pensilina, che è bianco e giallo, non luminoso e piatto.
Il fascione della pensilina, infatti, non è luminoso, come si evince chiaramente dalle foto « di cui se ne raffigura qui di seguito una a titolo esemplificativo» (v. pagina n. 21 del ricorso);
-«L’illuminazione proviene dai fari inseriti nel soffitto della pensilina stessa.
Ad essere luminosa è, invece, solo la targa lenticolare, recante il marchio RAGIONE_SOCIALE, sullo stesso apposta.
Quest’ultima è talmente evidente nel suo contrasto cromatico rispetto al supporto tecnico costituito dalla pensilina, che a tutti gli effetti è da considerare mezzo pubblicitario a sé stante oggetto di tassazione.
In quanto non luminoso, pertanto, il fascione è inidoneo a essere utilizzato per la diffusione dei messaggi, soprattutto nelle ore notturne» (v. pagina n. 22 del ricorso);
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-«il logo ‘RAGIONE_SOCIALE con cane a sei zampe’ si compone della scritta RAGIONE_SOCIALE e della raffigurazione del cane a sei zampe, entrambi di colore nero, su sfondo giallo » (v. pagina n. 24 del ricorso); Numero sezionale 2192/2025 Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
-« Un semplice colore specifico difetta, di regola, della proprietà tipica di distinguere i prodotti di una determinata impresa» (v. pagina n. 25 del ricorso).
In tali termini, la ricorrente ha richiamato il principio secondo cui la parte non coperta dal marchio può essere conteggiata, ai fini dell’imposta sulla pubblicità, solo se abbia, per dimensioni, forma, colore, ovvero per mancanza di separazione grafica rispetto all’altra, le caratteristiche proprie o della componente pubblicitaria aggiuntiva vera e propria ovvero quelle di una superficie estensiva del messaggio pubblicitario.
2.1. Ricondotto il dedotto vizio di norme processuali al parametro dell’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., va ricordato, sul piano dei principi, che la Corte ha più volte precisato che con il ricorso per cassazione può essere dedotta la violazione dell’art. 115 c.p.c. qualora il giudice, in contraddizione con la prescrizione della norma, abbia posto a fondamento della decisione prove inesistenti e, cioè, quando la motivazione si basi su mezzi di prova mai acquisiti al giudizio o qualora da una fonte di prova sia stata tratta un’informazione che è impossibile ricondurre a tale mezzo, ipotesi queste da tenere distinte dall’errore nella valutazione dei mezzi di prova – non censurabile in sede di legittimità – che attiene, invece, alla selezione da parte del giudice di merito di una specifica informazione tra quelle astrattamente ricavabili dal mezzo assunto (cfr., ex plurimis , Cass, Sez. III, 26 aprile 2022, n. 12971; Cass., Sez. V, 7 novembre 2022, n. 32656, che richiama Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 14 febbraio 2020, n. 3796; Cass., Sez. III, 21 gennaio 2020, n. 1163; Cass., Sez. I, 25
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maggio 2015, n. 10749; Cass., Sez. Un., 30 settembre 2020, n. 20867; Cass., Sez. L., 3 novembre 2020, n. 24395). Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
2.2. Quanto, poi, alla dedotta violazione dell’art. 116 c.p.c., va, inoltre, ricordato che secondo la lezione delle Sezioni Unite di questa Corte (cfr. Cass., Sez. U, 30 settembre 2020, n. 20867) la relativa doglianza è ammissibile solo ove si alleghi che il giudice, nel valutare una prova non abbia operato – in assenza di una diversa indicazione normativa -secondo il suo “prudente apprezzamento”, attribuendo al risultato di prova il valore che il legislatore attribuisce ad una differente risultanza probatoria (come, ad esempio, quelle aventi valore di prova legale), oppure quando il giudice abbia dichiarato di valutare la stessa secondo il suo prudente apprezzamento, laddove la prova sia, invece, soggetta ad una specifica regola di valutazione. Diversamente, ove si deduca che il giudice ha solamente male esercitato il proprio prudente apprezzamento della prova, la censura è ammissibile, ai sensi del novellato art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., solo nei rigorosi limiti in cui esso ancora consente il sindacato di legittimità sui vizi di motivazione (cfr. sul punto, tra le tante, Cass., Sez. VI-I, 23 novembre 2022, n. 34472).
Alla luce di tali principi, deve osservarsi che la Commissione regionale ha ritenuto, sulla scorta di un accertamento fattuale, che il fascione della pensilina ed il suo colore (giallo) caratterizzante svolgessero, in ragione della loro capacità attrattiva, la funzione di mezzo pubblicitario, come tale soggetto ad imposta.
Si tratta di una valutazione fondata sugli elementi probatori acquisiti al processo rispetto alle quali le deduzioni della contribuente, articolate peraltro tramite una nemmeno consentita parcellizzazione degli elementi istruttori (v. il riferimento al colore nero su sfondo giallo ed illuminazione solo del logo RAGIONE_SOCIALE e del cane
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a sei zampe), mirano solo a conseguire un diverso apprezzamento fattuale, non consentito nella sede che occupa. Numero sezionale 2192/2025 Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Il motivo va, dunque, rigettato.
Con la terza doglianza RAGIONE_SOCIALE ha dedotto, in base al canone censorio di cui all’art. 360, primo comma, num. 3 c.p.c., ancora la violazione e falsa applicazione degli artt. 115 e 116 c.p.c., assumendo che, nella parte in cui ha ritenuto gli avvisi impugnati motivati (per aver indicato il soggetto passivo, l’ente impositore, l’anno e la normativa di riferimento, l’ubicazione la tipologia dei mezzi pubblicitari), « la sentenza impugnata è affetta da vizio di motivazione, in quanto inficiata da una non corretta valutazione delle risultanze di causa, come emerse alla luce della produzione documentale delle parti» (v. pagina n. 26 della sentenza), non avendo detti avvisi indicato le ragioni giuridiche che hanno determinato la tassazione.
3.1. Anche questa censura è palesemente infondata per le ragioni sopra esposte.
Qui addirittura è lo stesso ricorrente a lamentare il vizio di motivazione della sentenza, « in quanto inficiata da una non corretta valutazione delle risultanze di causa » (v. pagina n. 26 della sentenza), con ciò quindi dolendosi dell’interpretazione fornita dal giudice circa il contenuto motivazionale dell’atto impugnato, confondendo peraltro -la contribuente -il piano della motivazione della pronuncia con quello della valutazione offerta sul contenuto dell’avviso di accertamento.
In ogni caso, non sussiste alcun deficit motivazionale avendo il Giudice regionale correttamente ritenuto che gli elementi fattuali sopra ricordati dalla stessa contribuente fossero idonei a far comprendere le ragioni della semplice pretesa concernente il pagamento dell’imposta di pubblicità affissa sul fascione della
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pensilina della stazione di servizio di carburanti, attenendo invece al merito della controversia stabilire la correttezza dell’imposizione per essere stata applicata sull’intera cornice della pensilina e non solo sulla parte in cui risultava apposto il marchio ed il logo (cfr. Cass., Sez. T., 14 maggio 2024, n. 13305, che richiama Cass., Sez. T., 21 febbraio 2020, n. 4639 sul distinguo tra la motivazione dell’avviso e la fondatezza della pretesa). Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Con la quarta ragione di contestazione la contribuente ha addebitato al Giudice regionale, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver omesso di pronunciarsi sul motivo riproposto in sede di appello con cui si richiedeva la rideterminazione del quantum debeatur, in quanto l’avviso era stato emesso erroneamente per omessa denuncia dell’imposta sulla pubblicità con l’accertamento del totale dell’imposta e l’irrogazione della sanzione pari al 100% dell’imposta accertata, mentre la contribuente aveva denunciato il messaggio pubblicitario costituito dalla denominazione e dal logo della ricorrente, per cui non aveva omesso alcuna denuncia, versando regolarmente l’imposta, per cui la presunta violazione non consisterebbe nell’omessa denuncia, bensì nell’infedele denuncia circa la superficie tassabile con la conseguenza che andrebbe in ogni caso riconosciuta l’imposta già versata a scomputo della maggiore imposta accertata.
Con il quinto motivo la ricorrente ha rimproverato al Giudice regionale, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, c.p.c. la violazione dell’art. 112 c.p.c., per aver omesso di pronunciarsi sul motivo riproposto in sede di appello con cui si richiedeva la disapplicazione delle sanzioni in considerazione dell’oggettiva controversa interpretazione delle norme in questioni ed in ogni caso la loro commisurazione al 50% prevista per l’infedele denuncia.
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I motivi possono essere esaminati congiuntamente in quanto connessi. Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Ai fini dell’autosufficienza del ricorso va dato conto che l’istante ha ricordato (v. pagine nn. 28 e 29 del ricorso) di aver riproposto in sede di appello i citati temi della riduzione del quantum debeatur in relazione ad una contestazione da derubricarsi come infedele dichiarazione, nonché della disapplicazione o riduzione delle sanzioni.
Sul punto la Commissione regionale non si è pronunciata, risultando quindi palese l’omissione di pronuncia.
6.1. Sostiene sul punto la difesa della società concessionaria che la stessa ricorrente aveva precisato ed indicato minuziosamente nella parte narrativa del ricorso (v. pagina n. 4) che con gli avvisi impugnati era stata richiesta la maggiore imposta di pubblicità in relazione ai vari anni considerati (1.124,84 € per gli anni 2012 e 2014 e 1.499,80 € per l’anno 2013 per l’imposta e le stesse somme per sanzioni), per cui si sarebbe già tenuto conto dell’imposta corrisposta ed assoggettata, quindi, a superfice solo l’eccedenza, con conseguente difetto di interesse all’impugnazione da parte della contribuente.
6.2. L’osservazione della società concessionaria va in parte condivisa, dovendo però osservarsi quanto segue.
Da quanto precede emerge che l’importo preteso a titolo di imposta e di sanzioni è il medesimo, il che significa che si è applicata una sanzione pari al 100% della maggiore imposta (essendo quella prevista per l’intero ricompresa nella forbice dal 100% al 200% dell’imposta dovuta), nei limiti previsti dall’art. 23 d.lgs. n. 507/1993 che prevede l’applicazione della sanzione dal 50% al 100%.
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Tutto ciò presuppone che la concessionaria abbia tenuto conto della differenza dell’imposta non versata, contestando, quindi, alla fine un’infedele dichiarazione, con applicazione delle sanzioni al 100%. Data pubblicazione 23/07/2025
E tuttavia, l’istante ha reclamato l’applicazione delle sanzioni nella ridotta misura del 50% della maggiore imposta dovuta ed al riguardo la Commissione regionale è restata silente
Per tale motivo, la sentenza impugnata va sul punto cassata con rinvio, competendo al giudice del merito la determinazione della sanzione ove la norma indichi un minimo e un massimo (cfr., tra le tante, Cass., Sez. II., 11 settembre 2024, n. 24370).
6.3. L’impugnazione è, invece, infondata nella parte in cui rivendica la disapplicazione delle sanzioni per l’incertezza normativa, ove si consideri che l’interpretazione della Corte di cassazione sulla portata applicativa dell’art. 7 d.lgs. n. 507/1993 era stata espressa in termini compiuto già con le pronunce nn. 7031/2002, 15201/2004 e n. 4908/2005, il che esclude la dedotta incertezza, laddove le diverse pronunce dei giudici di merito si giustificano per una diversa valutazione degli elementi fattuali considerati.
Alla stregua delle riflessioni sopra svolte, il ricorso va accolto in relazione al suo quinto motivo nella parte relativa all’omessa pronuncia sulla richiesta di rideterminazione delle sanzioni e rinviato alla Corte di giustizia tributaria dell’Emilia -Romagna – in diversa composizione -per detto accertamento, nonché per regolare le spese di giudizio del presente giudizio di legittimità.
Deve solo aggiungersi che non può essere utile alle aspettative della contribuente il richiamo, contenuto nella memoria ex art. 380bis .1. c.p.c., all’art. 1, comma 816, della legge n. 1690/2019 che ha previsto, a decorrere dal 2021, la totale
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sostituzione del tributo con il “canone unico” o “canone unico patrimoniale”, nonché all’art. 1, comma 825, della citata legge, a seguito della novella introdotta dall’art. 1, comma 757, della legge n. 207/2024 secondo cui « per la diffusione di messaggi pubblicitari di cui al comma 819, lettera b), il canone è determinato in base alla superficie complessiva del mezzo pubblicitario, esclusa quella relativa agli elementi privi di carattere pubblicitario, calcolata in metri quadrati, indipendentemente dal tipo e dal numero dei messaggi ». Numero di raccolta generale 20849/2025 Data pubblicazione 23/07/2025
Ebbene, detto precetto normativo, non solo è inapplicabile ratione temporis alla fattispecie in rassegna, ma esprime un criterio che risulta in linea con il principio interpretativo offerto da questa Corte.
P.Q.M.
la Corte accoglie, per quanto di ragione, il quinto motivo di ricorso e rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia di secondo grado dell’Emilia -Romagna -in diversa composizione -anche per regolare le spese del presente grado di giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 26 marzo 2025.
IL PRESIDENTE NOME COGNOME