Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20871 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20871 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20546/2021 R.G., proposto
DA
RAGIONE_SOCIALE, con sede in Perugia, in persona del presidente del consiglio di amministrazione pro tempore , in qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni per conto del Comune di Taranto, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con stud io in Taranto, elettivamente domiciliata presso l’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni del presente procedimento: EMAIL, giusta procura in calce al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (già ‘ RAGIONE_SOCIALE), con sede in Ariccia (RM), in persona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata (indirizzo pec per comunicazioni e notifiche del presente procedimento:
IMPOSTA COMUNALE SULLA PUBBLICITÀ ACCERTAMENTO ART. 17 D.LGS. 507/1993
COGNOMEEMAIL ), giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Puglia il 22 gennaio 2021, n. 206/29/2021; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 26 marzo 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
La RAGIONE_SOCIALE, in qualità di concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta comunale sulla pubblicità e dei diritti sulle pubbliche affissioni per conto del Comune di Taranto, ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Puglia il 22 gennaio 2021, n. 206/29/2021, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione di avviso di accertamento n. 043419.A del 16 giugno 2003 nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (poi ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) per omesso versamento dell’imposta comunale sulla pubblicità per l’anno 2002 nella misura totale di € 2.6 71,18, in relazione ad una serie di esposizioni pubblicitarie poste su alcune cabine per foto automatiche dislocate in vari punti della città, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (poi ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) avverso la sentenza depositata dalla Commissione Tributaria Provinciale di Taranto il 31 febbraio 2012, n. 61/05/2012, con condanna alla rifusione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha confermato la decisione di prime cure
-che aveva accolto il ricorso originario della contribuente – sul
presupposto che « la contribuente (appellata) non sia soggetta all’imposta di pubblicità rivendicata dalla RAGIONE_SOCIALE perché, sulla base di una corretta interpretazione dell’articolo 17, comma 1bis , del d.lgs. n. 507/1992, non sussistendo alcun messaggio pubblicitario e non essendo quelli ivi riportati superiori a mq 5 per cabina, la decisione della Commissione Tributaria Provinciale di Taranto è risultata immune dalle doglianze rivendicate dall’app ellante. Va ribadito che la sentenza impugnata va confermata, perché, nel caso di specie, mancando del tutto i messaggi pubblicitari, non sussiste affatto il presupposto per sottoporre all’imposta della pubblicità le cabine in cui realmente ed effettivamente la società RAGIONE_SOCIALE svolgeva nell’anno 2007 la sua attività di impresa, avendo diritto, essendo un’azienda (riferimento all’articolo 2555 c.c.), di utilizzare i propri segni distintivi, così come disposto, inequivocabilmente, dagli articoli 2563-2574 c.c .». 3. La ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (già ‘ Dedem RAGIONE_SOCIALE) ha
resistito con controricorso.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a due motivi.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 124 e 111, sesto comma, Cost., 112 e 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ., 36 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, 118 disp. att. cod. proc. civ., in relazione all’art. 3 60, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., per essere stato rigettato l’appello dal giudice di secondo grado con motivazione carente o apparente.
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Secondo la ricorrente, la motivazione sarebbe carente a causa della relatio ad una inesistente decisione di prime cure. A suo dire: « Il percorso motivazionale che si legge nella
sentenza gravata è quello di aderire, per un verso, a quanto disposto dai primi giudici, sicché, nel ritenere che i mezzi accertati non avessero natura pubblicitaria e, quindi, nel riconoscere la spettanza dell’esenzione in parola, questi si rifanno alla pronuncia di primo grado, assumendo che ‘ i messaggi situati sulle cabine sono da ritenersi, come già, tra l’altro, affermato dalla C.T.P. di Taranto ‘indispensabili al potenziale utente per conoscere le modalità di uso corretto del dispositivo di autoscatto per ottenere le foto in formato tessera’. La CTR evidentemente fa riferimento ad altra sentenza, e non certamente a quella di primo grado, nella quale laconicamente il motivo della decisione risiedeva, testualmente, nel fatto che ‘ ciascun impianto debba essere considerato luogo di produzione dei servizi offerti e pertanto poiché la superficie di ciascuno di essi è inferiore a mq. 5 e non contenente la prova del prodotto aziendale, accoglie il ricorso e per l’effetto annulla l’avviso impugnato ‘. I primi giudici non avevano quindi affatto sostenuto che i messaggi situati sulle cabine fossero indispensabili in quanto illustravano le modalità di utilizzo delle cabine per fototessera. La natura di ‘informativa tecnica dei mezzi accertati non solo non era stata presa in considerazione dalla CTP, ma non era neanche stata eccepita dalla Società contribuente. Ne consegue che la sentenza oggi gravata adotta come sua motivazione, attraverso un rinvio per relationem , un passo inesistente della sentenza di primo grado ».
2.3 Come è noto l’art. 36, comma 2, n. 4), del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, sulla falsariga dell’art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. (nel testo modificato dall’art. 45, comma 17, della legge 18 giugno 2009, n. 69), dispone che la
sentenza: « (…) deve contenere: (…) 4) la concisa esposizione delle ragioni di fatto e di diritto della decisione; (…) ».
Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^-5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. Trib., 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘ motivazione apparente ‘, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del ‘ minimo costituzionale ‘ richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. Trib., 18 aprile 2023, n. 10354; Cass., Sez. Trib., 22 maggio 2024, n. 14337; Cass., Sez. Trib., 5 marzo 2025, n. 5882).
In particolare, poi, il vizio di motivazione contraddittoria o perplessa è rinvenibile soltanto in presenza di un contrasto
insanabile ed inconciliabile tra le argomentazioni addotte nella sentenza impugnata, che non consenta la identificazione del procedimento logico-giuridico posto a base della decisione (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 17 agosto 2020, n. 17196; Cass., Sez. 6^-5, 14 aprile 2021, n. 9761; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, n. 36831; Cass., Sez. 6^-5, 14 dicembre 2021, n. 39885; Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2022, nn. 13214, 13215 e 13220; Cass., Sez. Trib., 23 agosto 2023, n. 25079; Cass., Sez. Trib., 2 settembre 2024, n. 23530).
2.4 Ora, nel processo tributario, la motivazione di una sentenza può essere redatta per relationem rispetto ad altra sentenza non ancora passata in giudicato, purché resti ‘ autosufficiente ‘, riproducendo i contenuti mutuati e rendendoli oggetto di autonoma valutazione critica nel contesto della diversa, anche se connessa, causa, in modo da consentire la verifica della sua compatibilità logico -giuridica; la sentenza è, invece, nulla, ai se nsi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., qualora si limiti alla mera indicazione della fonte di riferimento e non sia, pertanto, possibile individuare le ragioni poste a fondamento del dispositivo (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 8 gennaio 2015, n. 107; Cass., Sez. 6^-5, 6 marzo 2018, n. 5209; Cass., Sez. 6^-5, 15 febbraio 2021, n. 3867; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 11; Cass., Sez. Trib., 7 dicembre 2023, n. 34252; Cass., Sez. Trib., 25 ottobre 2024, n. 27718).
In particolare, la sentenza di appello può essere motivata per relationem , purché il giudice del gravame dia conto, sia pur sinteticamente, delle ragioni della conferma in relazione ai motivi di impugnazione ovvero della identità delle questioni prospettate in appello rispetto a quelle già esaminate in primo grado, sicché dalla lettura della parte motiva di entrambe le sentenze possa ricavarsi un percorso
argomentativo esaustivo e coerente, mentre va cassata la decisione con cui la corte territoriale si sia limitata ad aderire alla pronunzia di primo grado in modo acritico senza alcuna valutazione di infondatezza dei motivi di gravame (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., Sez. 3^, 3 febbraio 2021, n. 2397; Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, n. 36895; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40697; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 478; Cass., Sez. Trib., 7 dicembre 2023, n. 34252; Cass., Sez. Trib., 19 novembre 2024, n. 29779).
Dunque, si deve considerare nulla la sentenza di appello motivata per relationem alla sentenza di primo grado, qualora la laconicità della motivazione non consenta di appurare che alla condivisione della decisione di prime cure il giudice d’appello sia pervenuto attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza dei motivi di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, degli elementi di prova e dei motivi di appello (tra le tante: Cass., Sez. 6^-5, 30 novembre 2021, n. 37486; Cass., Sez. 5^, 4 gennaio 2022, n. 11); per cui, si deve valutare l’adeguatezza della sentenza impugnata che, nel dare atto dei motivi di appello proposti dalla parte e delle ragioni del decisum di prime cure, per un verso, abbia mostrato di condividere le conclusioni raggiunte dal primo giudice, così risultando legittimamente motivata per relationem e, per il resto, abbia disatteso implicitamente il motivo di gravame in trattazione, fondando la decisione su una costruzione logico-giuridica con detto motivo incompatibile (tra le tante: Cass., Sez. Un., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass. Sez. Un., 20 marzo 2017, n. 7074; Cass., Sez. 6^-5, 21 settembre 2017, n. 22022; Cass., Sez. Lav., 25 ottobre 2018, n. 27112; Cass., Sez. Lav., 5 novembre 2018,
28139; Cass., Sez. 1^, 5 agosto 2019, n. 20883; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40697; Cass., Sez. 6^-5, 30 novembre 2021, n. 37486; Cass., Sez. 5^, 11 gennaio 2022, n. 478; Cass., Sez. Trib., 12 dicembre 2023, n. 34764; Cass., Sez. Trib., 11 dicembre 2024, n. 31935), ovvero abbia reso proprie le argomentazioni del primo giudice e, così, espresso, sia pure sintetim , le ragioni della conferma della pronuncia in relazione ai motivi di impugnazione proposti (Cass., Sez. 5^, 26 novembre 2021, nn. 36895 e 36896).
2.5 Nella specie, però, l’inciso censurato dalla ricorrente non inficia ( vitiatur sed non vitiat ) la motivazione della sentenza impugnata, che si fonda sulla mancanza di messaggi pubblicitari e sulla natura di insegne dei cartelli sormontanti le cabine.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17, comma 1 -bis , del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che le insegne poste sulla cabina fotografica dovevano essere ritenute esenti dall’applicaz ione dell’imposta comunale sulla pubblicità.
3.1 Il predetto motivo è fondato.
3.2 Secondo la giurisprudenza costante di questa Corte, in tema di imposta sulla pubblicità, l’esenzione di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, non opera con riferimento alle scritte ed ai cartelli affissi su apparecchiature automatiche di scatto e stampa di foto collocate in luogo pubblico o aperto al pubblico, atteso che esse non sono riconducibili alla nozione di ‘ insegna ‘, ma hanno l’inequivoca funzione di rendere noti al pubblico l’attività e, soprattutto, i prodotti che tali apparecchiature sono in grado di
offrire così svolgendo un’attività pubblicitaria nel senso indicato dall’art. 5 del citato decreto (Cass., Sez. 5^, 20 marzo 2019, n. 7783; Cass., Sez. 5^, 21 giugno 2021, n. 17622 -con la stessa contribuente: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2019, nn. 11450, 11454 e 11455; Cass., Sez. 5^, 7 giugno 2019, nn. 15460, 15461, 15462, 15463, 15464 e 15465; Cass., Sez. 6^5, 9 dicembre 2019, nn. 32086 e 32087; Cass., Sez. 6^-5, 21 ottobre 2021, n. 29621; Cass., Sez. 6^-5, 25 ottobre 2022, n. 31441).
Tale orientamento della giurisprudenza di legittimità si estende anche all’esenzione specificamente prevista dall’art. 17, comma 1bis , del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, quale introdotto dall’art. 10, comma 1, lett. c), del d.lgs. 28 dicembre 2001, n. 448, e modificato dall’art. 1, comma 311, lett. a) e b), della legge 27 dicembre 2006, n. 296, la quale comprende « le insegne di esercizio di attività commerciali e di produzione di beni o servizi che contraddistinguono la sede ove si svolge l’attività cui si riferiscono, di superficie complessiva fino a 5 metri quadrati », essendosi ritenuto che si deve escludere l’applicabilità della norma in esame in quanto la cabina fotografica automatica, sulla quale sono posti i pannelli pubblicitari, non può essere identificata come sede dell’impresa, essendo la contribuente una soc ietà di capitali, e pertanto per sede effettiva deve intendersi il luogo in cui hanno concreto svolgimento le attività di amministrazione e di direzione dell’ente ed ove operano i suoi orga ni amministrativi o i suoi dipendenti (Cass., Sez. 6^-5, 9 dicembre 2019, nn. 32086 e 32087; Cass., Sez. 6^-5, 21 ottobre 2021, n. 29621; Cass., Sez. 6^-5, 25 ottobre 2022, n. 31441).
Tanto meno, poi, potrebbe ipotizzarsi un rapporto pertinenziale di ciascuna delle postazioni delle relative apparecchiature con
la sede della società, in ragione dell’ampia diffusione territoriale che impedisce a monte la stessa configurabilità di un rapporto durevole di servizio del singolo distributore con la sede sociale. Invero, le varie postazioni di distribuzione delle fototessere vanno qualificate come singoli beni, dislocati, fuori dalla sede sociale, in diversi punti del territorio nazionale, facenti parte di quel « complesso di beni organizzati dall’imprenditore per l’esercizio dell’impresa » che, ex art. 2555 cod. civ., costituisce l’azienda.
Né può ritenersi che tale argomentazione costituisca « una valutazione in punto di fatto (…) che, come tale, non è censurabile in sede di legittimità », trattandosi a ben vedere, di un mero errore di sussunzione della fattispecie concreta da parte del giudice di merito nello schema astrattamente tipizzato dal legislatore, che è denunciabile dinanzi al giudice di legittimità come vizio di falsa applicazione di legge (art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ.) e che consiste o nell’assumere la fattispecie concreta giudicata sotto una norma che non le si addice, perché la fattispecie astratta da essa prevista – pur rettamente individuata e interpretata – non è idonea a regolarla, o nel trarre dalla norma, in relazione alla fattispecie concreta, conseguenze giuridiche che contraddicano la pur corretta sua interpretazione (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 14 gennaio 2019, n. 640; Cass., Sez. 3^, 4 marzo 2022, n. 7187; Cass., Sez. 2^, 25 novembre 2024, n. 30291; Cass., Sez. Trib., 2 aprile 2025, n. 8753).
Il nucleo centrale del motivo proposto dalla ricorrente, infatti, non concerne la fattispecie concreta oggetto di ricognizione da parte del giudice di appello, che resta indiscussa (e sostanzialmente pacifica) nei suoi contorni essenziali, ma
l’individuazione della norma deputata a disciplinarne gli effetti giuridici.
3.3 Pertanto, il giudice di appello si è palesemente discostato dai principi enunciati, avendo ritenuto che: « Va ribadito che la sentenza impugnata va confermata, perché, nel caso di specie, mancando del tutto i messaggi pubblicitari, non sussiste affatto il presupposto per sottoporre all’imposta della pubblicità le cabine in cui realmente ed effettivamente la società RAGIONE_SOCIALE svolgeva nell’anno 2003 la sua attività di impresa, avendo il diritto, essendo un’azienda (riferimento all’articolo 2555 c.c.), di utilizzare i propri segni distintivi, così come disposto, inequivocabilmente, dagli articoli 2563 – 2574 c.c.. ». 4. In definitiva, valutandosi la fondatezza del motivo dedotto, alla stregua delle suesposte argomentazioni il ricorso può trovare accoglimento e la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio della causa -per la decisione dell’appello -alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia (ai sensi dell’art. 1, comma 1, lett. a), della legge 31 agosto 2022, n. 130), in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 26 marzo