Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20904 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20904 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 11246/2022 R.G. proposto da: COMUNE DI SAN PAOLO D’COGNOME, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, e rappresentata e difesa dall’ Avv. COGNOME (CODICE_FISCALE ;
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4240/2021 depositata il 23/11/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Lombardia, con la sentenza n. 4240/20/2021, rigettava l’appello proposto dal Comune di San Paolo D’Argon confermando la sentenza di primo grado che aveva accolto l’impugnazione proposta dalla società RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di accertamento emesso dal predetto Comune in data 22/11/2018 relativo all’imposta comunale sulla pubblicità, anno 2016 riguardante un impianto di carburante.
1.1. I giudici di appello ritenevano corrette le argomentazioni della sentenza di primo grado secondo cui l’uso del marchio, per un impianto di distribuzione carburante, non costituisce ostentazione ma esprime un’esigenza di distinzione del prodotto rispetto ad altri similari, osservando che, sulla scorta del disposto di cui all’art. 5 d.lgs. 507/1993, non poteva ritenersi assoggettato ad imposizione l’uso dei segni distintivi comunque attuato, quando non abbia la finalità di promuovere la domanda di beni e servizi ovvero di migliorare l’immagine del soggetto pubblicizzato, finalità, ad avviso dei giudici territoriali, assente nel mero uso del marchio negli impianti di distribuzione carburante avente il fine specifico di distinguere i prodotti distribuiti rispetto ai prodotti similari forniti da altre compagnie.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione l’ente impositore cui resiste, con controricorso, la società RAGIONE_SOCIALE
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il Comune di San Paolo D’Argon, con un unico motivo, lamenta violazione dell’art. 5 d.lgs. 507/1993, assumendo che i giudici di appello avevano omesso di considerare che nel caso in esame, riguardante insegne e logo indicanti il marchio di un impianto di carburante, sussistevano i presupposti impositivi in quanto risultava
palese che i messaggi de quibus erano stati diffusi nell’esercizio di una attività economica al fine della promozione della domanda di beni o servizi, elemento questo sufficiente per ritenere dovuta l’imposta in questione.
Il ricorso deve essere accolto per le ragioni appresso specificate.
2.1. Va premesso che i giudici di appello, muovendo dalla considerazione che i mezzi pubblicitari oggetto di causa riguardano un impianto di distribuzione carburanti, hanno sottolineato la distinzione, sul piano della rilevanza tributaria, fra l’uso del segno distintivo in chiave semplicemente identificativa dei prodotti e servizi all’impresa, dall’uso dal segno distintivo in chiave pubblicitaria, precisando che, per gli impianti di distribuzione carburanti ubicati ai margini della strada, l’utilizzo del marchio per far conoscere agli utenti l’attività ed il prodotto di impresa appare ‘un’esigenza ontologica’, occorrendo per il riconoscimento di una finalità pubblicitaria un quid pluris, nella fattispecie, a loro dire, insussistente.
d.lgs. n. 507/1993 -‘
il quale così dispone:
i 5 metri quadrati. I comuni, con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 15 dicembre 1997, n. 446, possono prevedere l’esenzione dal pagamento dell’imposta per le insegne di esercizio anche di superficie complessiva superiore al limite di cui al primo periodo del presente comma’.
2.4. Osserva questa Corte che i giudici territoriali, senza soffermarsi in alcun modo sullo specifico oggetto dell’imposizione, sono
pervenuti a conclusioni non aderenti alla normativa di riferimento in ordine alla ritenuta carenza, tout court, dei presupposti impositivi. Invero da un lato la CTR ha fatto riferimento alla nozione di insegna senza rendersi conto che l’insegna è sottoposta a tassazione ( d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 12, 14, art. 17 -che le esenta alle ivi prescritte condizioni -); per altro verso ha omesso di considerare che l’uso del marchio in chiave identificativa può concorrere a determinare una insegna (d.l. 22 febbraio 2002, n. 13, art. 2-bis, commi 1 e 6, conv. in l. 24 aprile 2002, n. 75; d.P.R. 16 dicembre 1992, n. 495, art. 47, comma 1: Si definisce “insegna di esercizio” la scritta in caratteri alfanumerici, completata eventualmente da simboli e da marchi, realizzata e supportata con materiali di qualsiasi natura, installata nella sede dell’attività a cui si riferisce o nelle pertinenze accessorie alla stessa. Può essere luminosa sia per luce propria che per luce indiretta) e può essere, dunque, componente di un messaggio pubblicitario.
Occorre, del resto, distinguere tra messaggio pubblicitario, in senso proprio ed avviso al pubblico ; e proprio su questa distinzione si sofferma Cass., 21 giugno 2021, n. 17624 (v. altresì, su detta distinzione Cass., 17 gennaio 2019, n. 1169; Cass., 16 ottobre 2014, n. 21966) rilevando quando, all’interno di una stazione di servizio, può parlarsi di mere informazioni (cd. avvisi al pubblico) ovvero di messaggi pubblicitari.
La sentenza impugnata pretermette, invero, ogni considerazione sul contenuto e sulla composizione dell’impianto sottoposto a tassazione, omette di considerare che l’insegna è esente solo alle prescritte condizioni (art. 17, comma 1-bis, cit.) e non opera alcuna verifica della distinzione (in funzione, per l’appunto, di contenuto e composizione del messaggio) tra messaggio pubblicitario e avviso al pubblico.
I giudici di appello, incorrendo nella lamentata violazione di legge, hanno, in sostanza, del tutto trascurato di verificare se, in concreto, l’uso del segno distintivo era stato effettuato in chiave semplicemente identificativa dei prodotti e dei servizi dell’impresa o se vi era stato un uso del segno distintivo in chiave pubblicitaria, con la precisazione che quel che conta, ai fini della imposta comunale sulla pubblicità, al di là delle intenzioni soggettive, è l’oggettivo risultato conseguito con il messaggio dal soggetto interessato alla pubblicità.
2.5. in tema di imposta comunale sulla pubblicità, l’uso del segno distintivo dell’impresa o del prodotto (ditta, ragione sociale, marchio) non è escluso dall’ambito delle forme pubblicitarie imponibili quando, per il luogo (pubblico, aperto o esposto al pubblico) ove è situato, per le sue caratteristiche strutturali o per le modalità con cui viene utilizzato, il segno risulti obiettivamente idoneo a far conoscere ad un numero indeterminato di possibili acquirenti o utenti il nome, l’attività o il prodotto dell’impresa, e non abbia, quindi, soltanto una mera finalità distintiva (Cass. Sez. 5, 11/05/2018, n. 11530; vedi anche Cass. n. 9580 del 1994 n. 15654 del 2004; n. 20830 del 2005, n. 8658 del 2015).
Deve, ancora, richiamarsi l’orientamento per cui in tema di imposta di pubblicità, non rientrano nell’ambito di applicazione del tributo previsto dall’art. 5 d.lgs. n. 507 del 1993 i cartelli situati all’interno delle stazioni di servizio che, in prossimità dei diversi distributori, indicano il tipo di carburante somministrato, trattandosi di messaggi privi di contenuto pubblicitario, che esplicano una funzione essenzialmente informativa e segnaletica rivolta alla clientela che entra nell’area di rifornimento dei combustibili. (vedi Cass. Sez. 5, 21/06/2021, n. 17624, sopra richiamata).
richiamato art. 5 d.lgs. cit. si evince che l’imposta in questione ha ad
oggetto la diffusione comunicativa di messaggi pubblicitari in luogo pubblico o aperto al pubblico, intendendosi per tali i messaggi, ad oggetto economico, aventi finalità promozionale e di miglioramento dell’immagine dell’operatore di mercato.
Si impone, quindi, l’esigenza di distinguere fra le scritte che non sono destinate a promuovere la domanda di beni o servizi, e nemmeno a migliorare l’immagine dell’impresa fornitrice di carburante ma solo di indicare all’utenza il luogo in cui dirigersi per ottenere le prestazioni per le quali ha fatto ingresso nella stazione di distribuzione del carburante, scritte che esplicano, dunque, una funzione essenzialmente informativa e segnaletica rivolta all’utenza che intenda procedere all’acquisto dei prodotti offerti e scritte che, invece, mirano a far conoscere ad un numero indeterminato di possibili utenti il nome, l’attività o il prodotto dell’impresa.
Orbene, la sentenza impugnata da un lato ha svolto considerazioni astratte e generiche e, sotto altro profilo, non si è conformata alle suddette disposizioni ed ai suindicati principi; la stessa va, pertanto, cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, che dovrà riesaminare la fattispecie in esame uniformandosi ai principi sopra richiamati, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data