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Imposta pubblicità carrelli spesa: quando si paga?

Una nota società del settore alimentare ha contestato un avviso di accertamento per l’imposta pubblicità carrelli spesa, sostenendo che i messaggi sui carrelli in un centro commerciale fossero esenti. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’imposta è dovuta perché i carrelli circolano nel parcheggio, luogo aperto al pubblico, raggiungendo un pubblico indiscriminato. Tuttavia, ha annullato le sanzioni, riconoscendo l’incertezza normativa basata su precedenti risoluzioni ministeriali che avevano indotto in errore il contribuente.

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Pubblicato il 25 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta Pubblicità Carrelli Spesa: La Cassazione Chiarisce

L’applicazione dell’imposta pubblicità carrelli spesa rappresenta un tema di grande interesse per le aziende che utilizzano questo veicolo promozionale. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali, distinguendo tra pubblicità interna, esente da imposta, e quella esterna, soggetta a tassazione. Questo articolo analizza la decisione, le sue motivazioni e le implicazioni pratiche per i contribuenti, con un focus particolare sul principio di legittimo affidamento in materia di sanzioni.

I Fatti di Causa

Una nota società produttrice di caffè impugnava un avviso di accertamento relativo all’imposta comunale sulla pubblicità per l’anno 2016. L’imposta era stata applicata ai messaggi pubblicitari veicolati tramite i carrelli della spesa di un centro commerciale situato nel Comune di Rescaldina. La società sosteneva che tale pubblicità dovesse essere esente, in quanto rivolta a consumatori già presenti nel perimetro commerciale e quindi non dissimile dalla pubblicità interna ai locali di vendita. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le ragioni dell’azienda, portando la questione dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Debenza dell’Imposta Pubblicità Carrelli Spesa

Il cuore della controversia risiedeva nel definire se il messaggio pubblicitario sui carrelli potesse beneficiare dell’esenzione prevista per la pubblicità effettuata all’interno dei locali di vendita. La società ricorrente argomentava che i carrelli, pur transitando nel parcheggio, erano destinati a persone che avevano già deciso di fare acquisti, rendendo il messaggio pubblicitario visibile solo occasionalmente e per un tempo brevissimo all’esterno. Inoltre, il parcheggio, in quanto area pertinenziale del centro commerciale, doveva essere considerato un unicum con la struttura di vendita.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato i motivi relativi alla debenza dell’imposta, confermando la decisione dei giudici di merito, ma ha accolto il motivo relativo all’annullamento delle sanzioni.

Il Principio della Visibilità al Pubblico

Secondo la Corte, il presupposto per l’applicazione dell’imposta è l’astratta possibilità che il messaggio raggiunga un numero indeterminato di destinatari. Il parcheggio di un centro commerciale, essendo liberamente accessibile a chiunque, costituisce un luogo aperto al pubblico. Di conseguenza, i pannelli pubblicitari sui carrelli che circolano in tale area sono idonei a raggiungere una massa indiscriminata di potenziali acquirenti, non solo coloro che sono già clienti del supermercato. La relazione funzionale tra il negozio e il parcheggio non è sufficiente a trasformare quest’ultimo in un’area ‘interna’ ai fini dell’esenzione fiscale. La capacità diffusiva del messaggio prevale sulla durata o l’occasionalità della percezione da parte del singolo individuo.

L’Annullamento delle Sanzioni per Legittimo Affidamento

Nonostante la conferma della debenza dell’imposta, la Cassazione ha accolto il ricorso sul punto delle sanzioni. La Corte ha riconosciuto che la società aveva agito in un contesto di ‘obiettiva incertezza’ normativa. Tale incertezza era stata alimentata da alcune Risoluzioni ministeriali (in particolare la n. 48696 del 2014) che, interpretando la normativa, avevano suggerito l’esenzione per messaggi pubblicitari occasionalmente visibili all’esterno, come quelli sui carrelli nel parcheggio.

Quando un contribuente si conforma a un’interpretazione, seppur errata, fornita dall’Amministrazione finanziaria, si applica il principio di tutela dell’affidamento incolpevole, sancito dallo Statuto del Contribuente (L. 212/2000). Questo principio, espressione di principi costituzionali, esclude l’applicazione di sanzioni e interessi, pur non eliminando l’obbligo di versare il tributo dovuto.

Le Conclusioni

La Corte di Cassazione, decidendo nel merito, ha dichiarato non dovute le sanzioni, compensando integralmente le spese di giudizio. La sentenza stabilisce un importante punto fermo: l’imposta sulla pubblicità è dovuta per i messaggi su carrelli della spesa visibili in aree pertinenziali aperte al pubblico, come i parcheggi. Tuttavia, ribadisce con forza la tutela del contribuente in buona fede, affermando che le sanzioni non possono essere irrogate quando l’errore del contribuente è causato da un’incertezza interpretativa generata dalla stessa Amministrazione finanziaria.

La pubblicità sui carrelli della spesa è sempre soggetta a imposta?
No, non sempre. Secondo la sentenza, è soggetta a imposta quando i carrelli circolano in luoghi aperti al pubblico, come il parcheggio di un centro commerciale, dove il messaggio pubblicitario può raggiungere un numero indeterminato di persone. Se la pubblicità fosse visibile solo all’interno dei locali di vendita, potrebbe essere esente.

Il parcheggio di un centro commerciale è considerato un luogo aperto al pubblico ai fini fiscali?
Sì, la Corte di Cassazione ha confermato che un parcheggio adiacente a un centro commerciale, se liberamente accessibile a chiunque, è considerato un luogo aperto al pubblico. La sua natura pertinenziale rispetto all’edificio non lo trasforma in un’area ‘interna’ ai fini dell’esenzione dall’imposta sulla pubblicità.

Si possono evitare le sanzioni se si è in errore sulla debenza di un’imposta?
Sì, è possibile. In questo caso, la Corte ha annullato le sanzioni perché il contribuente si era conformato a indicazioni fornite in precedenti risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria. Quando esiste una condizione di ‘obiettiva incertezza’ sulla portata di una norma tributaria, il principio di tutela dell’affidamento incolpevole protegge il contribuente dall’applicazione delle sanzioni.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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