Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20831 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20831 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 34287/2019 R.G. proposto da:
NOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE;
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE‘ RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
avverso SENTENZA della C.T.R. della Lombardia n. 1736/2019 depositata il 15/04/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della C.T.R. della Lombardia, che ha respinto l’appello della medesima proposto avverso la sentenza della C.T.P. di Milano di rigetto del ricorso per l’annullamento dell’avviso di accertamento relativo all’imposta comunale sulla pubblicità per l’anno 2016.
La C.T.R., superati gli errores in procedendo addebitati alla sentenza di primo grado, nel merito ha ritenuto integrati i presupposti di applicabilità dell’art. 5 d. lgs. 507 del 1993, in relazione al messaggio pubblicitario riferito ai prodotti della società contribuente veicolato dai carrelli della spesa del centro commerciale sito nel Comune di Rescaldina, per essere l’accesso ed il parcheggio nello spazio adiacente al supermercato accessibile a chiunque. Considerata la pubblicità idonea a far conoscere il prodotto reclamizzato ad una massa indiscriminata di possibili acquirenti, la C.T.R. ha, inoltre, escluso la fondatezza della doglianza relativa all’applicazione delle sanzioni, non essendovi la prova che il Comune avesse emanato un atto relativo all’esenzione dall’imposta per la pubblicità esposta sui carrelli della spesa, né alcuna incertezza circa l’interpretazione delle norme applicabili.
La RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso, depositando successivamente nota di variazione del domicilio eletto.
Con memoria ex art. 380 bis cod. proc. civ. la controricorrente ribadisce le conclusioni assunte.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La soc. RAGIONE_SOCIALE formula tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 comma 1 lett. a) del d. lgs. 507 del 1993. Lamenta che la sentenza impugnata, trattando unitariamente i motivi quarto, quinto e sesto dell’atto di appello non abbia affrontato la questione della sussistenza dei presupposti dell’invocata esenzione. Ricorda che a mente dell’art. 17, comma 1 lett. a) cit. sono esenti dall’imposta i messaggi pubblicitari che sono potenzialmente in grado di raggiungere solo i consumatori che si trovano all’interno o nelle immediate adiacenze dei locali di vendita dei beni o servizi pubblicizzati, perché essi hanno già deciso di acquistarli. In questi casi, infatti, il messaggio pubblicitario è talmente labile da non avere alcun effetto, non esprimendo, pertanto, alcuna capacità contributiva, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità. Ed invero, se la disposizione esclude la pubblicità realizzata all’interno dei locali di vendita, altrettanto deve ritenersi per quella esposta all’esterno solo occasionalmente e per un brevissimo lasso di tempo. I carrelli, infatti, come dimostra la documentazione fotografica prodotta sono ricoverati in modo tale che il messaggio non risulta visibile dall’esterno. In questo senso, d’altro canto, stabiliscono le Risoluzioni ministeriali adottate sul punto.
Con il secondo motivo si duole, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., della violazione e della falsa applicazione dell’art. 5 d. lgs. 507 del 1993. Sostiene che la percepibilità del messaggio è condizione di esistenza dell’effetto pubblicitario che la norma intende colpire e che essa deve essere valutata in base al rapporto tra ubicazione del mezzo ed il luogo in cui il messaggio è percepito nel tempo e nello spazio. In questo caso
la pubblicità esposta sui carrelli è percepibile solo occasionalmente da chi, per ventura o necessità, passi momentaneamente accanto alla pensilina esterna ove sono riposti i carrelli nel parcheggio pertinenziale del centro commerciale, non essendo, dunque, idoneo a promuovere la domanda di prodotti reclamizzati. La pertinenza, infatti, costituisce un unicum con l’immobile cui appartiene, e cioè con il centro commerciale, dovendo di conseguenza escludersi che essa costituisca un luogo pubblico o come tale percepibile, anche ai sensi del previgente art. 6 d.P.R. 639 del 1972. Se è aperto al pubblico il luogo accessibile a chiunque e che renda impossibile distinguere i potenziali destinatari del messaggio pubblicitario, tale non può dirsi il parcheggio del supermercato, essendo frequentato solo da coloro che abbiano già deciso di ivi recarsi a fare acquisti.
4. Con il terzo motivo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 10, comma 2 l. 212 del 2000, secondo il quale non sono irrogate sanzioni al contribuente che si sia conformato ad indicazioni contenute in atti dell’Amministrazione finanziaria. Richiama le Risoluzioni del Ministero dell’Economia e delle Finanze, ed in particolare la Risoluzione 48696 del 23 dicembre 2014 che esclude dai fatti tassabili le ipotesi in cui il messaggio è occasionalmente percepito nelle immediate adiacenze dei locali di vendita, fattispecie in cui si deve inscrivere quella delle targhette affisse sui carrelli della spesa che transitano momentaneamente e per un breve tratto nel parcheggio del supermercato. Sottolinea che, qualora vi fosse stato un provvedimento di esenzione del Comune di Rescaldina, non sarebbe sorto il contenzioso, ciò dimostrando l’inconferenza delle affermazioni della C.T.R.
Per dare soluzioni ai quesiti posti con il ricorso, conviene muovere dal secondo motivo, relativo alla stessa sussistenza del presupposto impositivo.
Il motivo deve essere rigettato.
La censura si basa sostanzialmente sull’assunto che il parcheggio esterno al centro commerciale, in quanto area pertinenziale, comporti il rientro di detto spazio nel perimetro della struttura commerciale. Ovverosia sulla presupposizione che la relazione funzionale fra il bene immobile (esercizio commerciale) e quello pertinenziale (parcheggio), trasformi il secondo in un’area interna, ai sensi dell’art. 17, comma 1 lett. a) d. lgs. 507 del 1993, così esentando i messaggi pubblicitari ivi veicolati dall’imposizione.
Va premesso che, in generale: ‘È soggetto ad imposta sulla pubblicità, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. 16 dicembre 1993 n. 507, qualsiasi mezzo di comunicazione con il pubblico, il quale risulti – indipendentemente dalla ragione e finalità della sua adozione -obbiettivamente idoneo a far conoscere indiscriminatamente alla massa indeterminata di possibili acquirenti ed utenti cui si rivolge il nome, l’attività’ ed il prodotto di una azienda, non implicando la funzione pubblicitaria una vera e propria operazione reclamistica o propagandistica’ (Cass. Sez. 5, 04/11/2009, n. 23383; Sez. 5, 03/09/2004, n. 17852)
Ciò posto, deve rilevarsi che non è la relazione funzionale fra il bene immobile e quello pertinenziale a dimostrare l’esposizione al pubblico di un’area, ma la sua caratteristica intrinseca di visibilità esterna. Quello che va valutato, infatti, è la peculiarità del luogo, come spazio aperto di passaggio del centro commerciale per coloro che ivi transitano, essi essendo tutti possibili bersagli del messaggio pubblicitario veicolato attraverso i pannelli apposti sui carrelli della spesa all’interno del parcheggio del centro commerciale medesimo.
Proprio in questo senso è indirizzata la giurisprudenza di questa Corte, secondo la quale ‘In tema d’imposta sulla pubblicità, il presupposto dell’imponibilità va ricercato nell’astratta possibilità del messaggio pubblicitario, in rapporto all’ubicazione del mezzo, di avere un numero indeterminato di destinatari, divenuti tali per il solo fatto di trovarsi in quel luogo, sicché, ai fini dell’applicazione dell’imposta, costituisce luogo aperto al pubblico quello accessibile, sia pure nel rispetto di alcune condizioni, a chiunque si adegui al regolamento che disciplina l’ingresso’ (In applicazione di tale principio, la S.C. ha ritenuto luogo aperto al pubblico un centro commerciale accessibile a tutti i soggetti abilitati alle transazioni svolte al suo interno). (Cass. Sez. 5, 15/03/2017, n. 6714, richiamata dalla stessa sentenza impugnata).
D’altro canto -ed anche in questo sta l’infondatezza della censuradiversamente da quanto ritenuto dalla società ricorrente, il giudice ha valutato proprio la peculiarità del luogo, essendo lo spazio adiacente al centro commerciale aperto e libero all’accesso di chiunque, cosicché tutti coloro che ivi transitano possono essere raggiunti dal messaggio pubblicitario.
Anche il primo motivo di ricorso è infondato.
Oltre a quanto appena premesso, è sufficiente richiamare la decisione di questa Sezione, che, proprio in un caso analogo a quello in esame, ha chiarito come: ‘In tema di imposta sulla pubblicità, l’esenzione di cui all’art. 17, comma 1, lett. a), d.lgs. n. 507 del 1993 opera solo al ricorrere della doppia condizione dell’esercizio all’interno dei locali adibiti alla vendita del bene (o alla prestazione del servizio) tanto dell’attività pubblicizzata, quanto dell’attività di pubblicizzazione; condizioni che non ricorrono nel caso di messaggio pubblicitario collocato su carrelli della spesa di un bene in vendita all’interno di un supermercato, ma circolanti anche all’esterno dei relativi
locali ed, in particolare, nell’area dell’intero centro commerciale ove esso è ubicato e nel parcheggio di pertinenza, venendo in tali casi in rilievo l’attitudine degli stessi a raggiungere un numero indistinto di potenziali acquirenti’ (Cass. Sez. 5, 16/04/2021, n. 10095).
Non sussistono ragioni per discostarsi da detto condivisibile orientamento.
A queste considerazioni deve aggiungersi, in risposta alle contestazioni sulla mera occasionalità e brevità della percezione del messaggio pubblicitario da parte dei destinatari, che dovrebbero condurre all’applicazione dell’esenzione di cui all’art. 17, comma 1 lett. a) cit. che il presupposto dell’assoggettamento all’imposta del messaggio pubblicitario non è ancorato alla ‘durata’ soggettiva della percezione del pubblico del messaggio veicolato attraverso la forma comunicativa prescelta, che ovviamente può variare in modo consistente, a seconda dell’attenzione e dell’interesse di chi lo guarda, ma alla sua capacità diffusiva di richiamo dell’attenzione del pubblico sul prodotto o sul servizio reclamizzato, come potenzialmente idoneo a incrementare il risultato positivo dell’attività commerciale del contribuente, in quanto strettamente correlato a un vantaggio immediato e diretto dell’imprenditore beneficiario, rispetto alla risonanza del messaggio pubblicitario nella platea dei consumatori destinatari.
La valutazione di siffatta potenzialità, nondimeno, è oggetto di apprezzamento del giudice di merito, che deve soffermarsi sulla capacità astratta del messaggio di raggiungere una serie indeterminata di soggetti, richiamandone l’attenzione, indipendentemente dal tempo dedicato dal singolo alla percezione del medesimo.
Non può dubitarsi che la C.T.R. abbia svolto un simile vaglio, posto che si è soffermato sulla visibilità del messaggio
pubblicitario apposto sui carrelli di vendita ricoverati nel parcheggio del centro commerciale, ritenendoli esposti ‘alla massa indiscriminata di possibili acquirenti’, considerando, pertanto, il messaggio, astrattamente idoneo a raggiungere un numero indeterminato di destinatari, cioè tutti i possibili avventori dell’esercizio commerciale.
Il terzo motivo, inerente all’omessa pronuncia sulla violazione dell’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000, va accolto.
Seppure effettivamente la C.T.R. abbia omesso di pronunciarsi funditus sulla debenza delle sanzioni, il quesito posto può essere risolto in questa sede, trattandosi di una questione di diritto.
Ora, la società ricorrente richiamando l’art. 10 l. 212 del 2000, nella parte in cui dispone che le sanzioni non sono comunque irrogate quando la violazione dipende da obiettive condizioni di incertezza sulla portata e sull’ambito di applicazione della norma tributaria, sostiene che, nel caso di specie, mancherebbe il presupposto applicativo delle sanzioni per avere la medesima agito nel rispetto delle indicazioni dell’Amministrazione finanziaria fa riferimento.
La ricorrente fa riferimento ad alcune Risoluzioni ministeriali dei primi anni Ottanta (afferenti al previgente art. 20 del d.P.R. n. 639 del 1972) ed alla risoluzione n. 48696 del 23 dicembre 2014, per la quale l’esenzione in parola si applicherebbe anche nel caso di visibilità del messaggio dai clienti di altri esercizi facenti parte del medesimo centro commerciale.
Invero, la Risoluzione n. 3/901 del 16 luglio 1982, con cui si risponde ad un quesito formulato nella vigenza dell’art. 20 d.P.R. 639 del 1972, premesso che il contenuto della disposizione ‘esonera dal tributo tutte le forme pubblicitarie effettuate all’interno dei locali adibiti alla vendita di prodotti di dettaglio,
imponendo quale unica condizione di godimento del beneficio che la pubblicità sia connessa con l’attività esercitata nei locali stessi’, afferma che ‘ non sono rilevanti ai fini dell’assoggettabilità al tributo né le dimensioni, né le caratteristiche del mezzo, né tantomeno la momentanea assenza del prodotto o l’occasionale ricettività all’esterno del messaggio pubblicitario diffuso dalla circolazione interna del carrello dei supermercati’
La Risoluzione n. 48696 del 3 dicembre 2014, a sua volta, rispondendo in relazione alle esenzioni di cui all’art. 17 d. lgs. 507 del 1993, riprendendo la Risoluzione del 1982, precisa che ‘non sono rilevanti ai fini della assoggettabilità al tributo né le dimensioni, né le caratteristiche del mezzo, né tantomeno l’occasionale visibilità all’esterno del messaggio pubblicitario diffuso mediante la circolazione del carrello all’interno del centro commerciale o del parcheggio’.
Secondo la giurisprudenza di legittimità le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti e obblighi, sicché, ove il contribuente si sia conformato a un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, non è esonerato dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, essendo esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dall’art. 10, comma 2, della l. n. 212 del 2000 (Cass., Sez. 5 del 30/09/2020, n. 20819; Cass., Sez. 5, del 11/07/2019, n. 18618; Cass., Sez. 5, del 18/05/2016, n. 10195).
La tutela dell’affidamento incolpevole del contribuente, sancita dall’art. 10, commi 1 e 2, della l. n. 212 del 2000, costituisce -infatti’espressione di un principio generale dell’ordinamento tributario, che trova origine nei principi affermati dagli artt. 3, 23, 53 e 97 Cost., sicché deve ritenersi
che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da risoluzioni dell’Amministrazione finanziaria, anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve essere valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni’ (Cass. Sez. 5, 09/01/2019, n. 370).
Le Risoluzioni ministeriali riprese dalla parte fanno riferimento alla possibilità di veicolazione esterna ed occasionale del messaggio come ipotesi di esenzione dall’assoggettamento al tributo, con la conseguenza che l’essersi la società contribuente uniformata alla prassi amministrativa, non corrispondendo il tributo per la pubblicità esposta sui carrelli della spesa, non può che condurre all’esclusione dell’applicazione delle sanzioni, in conformità con l’orientamento richiamato.
L’accoglimento del terzo motivo di ricorso, rigettati gli altri, comporta la cassazione della impugnata sentenza limitatamente al motivo accolto. Non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa può essere decisa nel merito, ex art. 384, comma 2 cod. proc. civ., dichiarando non dovute le sanzioni.
Le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità possono essere integralmente compensate, sussistendo giusti motivi.
P.Q.M.
La Corte, accoglie il terzo motivo di ricorso e rigetta i residui motivi; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo la causa nel merito, dichiara non dovute le sanzioni; compensa integralmente le spese dei gradi di merito e del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26 marzo 2025.