Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20951 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20951 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 23/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29395/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE;
-ricorrente-
contro
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Veneto, sede di VENEZIA n. 514/2021 depositata il 08/04/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 26/03/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento, la società concessionaria per la riscossione ha chiesto alla odierna controricorrente il pagamento dell’imposta sulla pubblicità di euro 2.438,53, per l’anno il 2016, ritenuta dovuta al Comune di Adra, in relazione all’esposizio ne di cartelli nelle vetrine ove veniva svolta l’attività di intermediazione immobiliare che riportano gli annunci di vendita/acquisto di immobili per i quali aveva ricevuto il mandato di vendita.
Il contribuente, impugnando il provvedimento innanzi alla CTP, ha sostenuto, con unico motivo, che i cartelli utilizzati per la pubblicità sono di varie forme e misure e che, nella stragrande maggioranza, avessero una superficie non superiore a un quarto di metro e quindi esenti da imposta, fornendo dimostrazione delle misure dei cartelli in esposizione.
La CTP ha accolto il ricorso, ritenendo non applicabile l’imposta sulla pubblicità sui cartelli in contestazione.
Con atto di appello, il concessionario ha contestato le conclusioni dei primi giudici per violazione dell’art.17, c. 1, lett. b) del D.Lgs. 507/1993.
La CTR, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello , affermando che l’articolo 17, comma 1, lettera b) del D.Lgs 507/1993 prevede l’esenzione dall’imposta per i cartelli di superficie non superiore a un quarto di metro quadrato, e che il fatto che i cartelli contenessero anche il marchio dell’agenzia non fosse sufficiente per assoggettarli all’imposta. La Commissione ha rilevato inoltre che alcuni cartelli presentavano errori di identificazione e non potevano essere tassati, mentre altri non erano stati contestati nel ricorso introduttivo.
Avverso la suddetta sentenza di gravame, la società concessionaria ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 2 motivi, cui ha resistito con controricorso il contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, la violazione e falsa applicazione del d. lgs. n. 507/1993, artt. 5,6 e 7, commi 1 e 2, la violazione e falsa applicazione dell’art. 17 comma 1, lettera b), del d.lgs 507/1993. La sentenza resa dalla CTR del Veneto sarebbe erronea ed illegittima in quanto fornirebbe un’interpretazione estensiva della norma di esenzione tributaria di cui all’art. 17, comma 1, lett. b) del d.lgs. n. 507/1993, violando così anche il disposto degli artt. 5, 6 e 7 del D. Lgs. n. 507/93. La esistenza del logo e del marchio della agenzia immobiliare determinerebbe, in particolare, la non inclusività nella fattispecie di esenzione applicata.
1.1. Il motivo è infondato.
1.2. Con riferimento alle deduzioni della società concessionaria, deve ritenersi infatti che, se non ci fosse né il logo né il marchio, non si rientrerebbe in alcun modo nel precetto di cui alla invocata lettera b) dell’art. 17, comma 1, del d.lgs. n. 507/1993, in quanto non si tratterebbe, di per sé, di un messaggio di natura pubblicitaria.
La ipotesi in analisi rientra quindi nella disciplina applicata. Invero, per essere ricondotto a ll’ art. 5 (che disciplina il presupposto di imposta) ed al successivo art. 17 del d.lgs. 507/1993, è necessario che il cartello esposto abbia di per sé un carattere pubblicitario, vertendosi altrimenti del tutto al di fuori della ipotesi normativa.
Nel caso di specie, il cartello, contenendo il logo ed il marchio della agenzia immobiliare, deve perciò ritenersi rientrante, in astratto, nel presupposto impositivo. Ne consegue che si applicano gli invocati artt. 5 e 7 lett. b) del d.lgs. 507/1993.
Tuttavia, una volta che si applica la detta lettera b), non essendo contestato che non fossero superate le dimensioni massime utili per fruire della esenzione, ne consegue il diritto alla fruizione della esenzione in contestazione.
1.3. La censura va dunque respinta.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3, l’illegittimità della sentenza per vizio di motivazione in fatto e diritto, ex art. 132 secondo comma n. 3 e art. 118 disp. att. c.p.c. nonché dell’art. 36 secondo comma n. 2 e 4 del d.lgs. 546/1993. La sentenza resa dalla CTR del Veneto sarebbe illegittima per vizio di motivazione, in quanto, pur riconoscendo che cartelli indicati nelle tabelle E) non sono stati contestati con il ricorso introduttivo’, senza ulteriore approfondimento non ne fa salva la relativa ripre sa tributaria e conferma l’annullamento integrale dell’avviso di accertamento anche in parte qua .
2.1. L’affermazione della CTR appare effettivamente erronea nella parte in cui afferma che ‘i cartelli indicati nelle tabelle E non sono stati contestati con il ricorso introduttivo’. Invero, come rilevato da parte controricorrente, i cartelli di cui alle tabelle E) sono stati oggetto di contestazione sotto il profilo della quantificazione, e la mancata contestazione concerne il solo profilo dimensionale degli stessi (superiore al quarto di metro quadrato, come riconosciuto da contribuente), sicché la decisione della CTR appare errata nella motivazione.
2.2. Il contribuente aveva infatti contestato il frazionamento delle superfici da tassare, che riteneva producesse una moltiplicazione della base imponibile.
La CTR non ha fornito risposta alla doglianza, ma ha, invece, contraddicendosi, erroneamente ritenuto non contestati tali cartelli.
Va soggiunto che la Corte ha rimarcato in più occasioni che dalla natura del processo tributario, – il quale non è annoverabile tra quelli di “impugnazione-annullamento”, ma tra i processi di “impugnazionemerito”, in quanto non è diretto alla sola eliminazione giuridica dell’atto impugnato, ma alla pronuncia di una decisione di merito sostitutiva sia della dichiarazione resa dal contribuente che dell’accertamento
dell’ufficio, – discende che ove il giudice tributario ritenga invalido l’avviso di accertamento per motivi non formali, ma di carattere sostanziale, non può limitarsi ad annullare l’atto impositivo, ma deve esaminare nel merito la pretesa tributaria e, operando una motivata valutazione sostitutiva, eventualmente ricondurla alla corretta misura, entro i limiti posti dalle domande di parte (v., ex plurimis , Cass., 30 ottobre 2018, n. 27574; Cass., 19 novembre 2014, n. 24611; Cass., 21 novembre 2013, n. 26157; Cass., 12 luglio 2006, n. 15825; Cass., 2 dicembre 1993, n. 11958; Cass., 4 maggio 1990, n. 3718; Cass., 18 giugno 1987, n. 5352).
2.3. Ne consegue che sussiste la violazione di legge invocata.
2.4. Il secondo motivo va conseguentemente accolto.
In conclusione, alla luce delle considerazioni che precedono, il primo motivo va rigettato ed il secondo va accolto.
La sentenza impugnata va conseguentemente cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e rigetta il primo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, il 26/03/2025.