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Imposta di successione: si paga sulla chiamata?

La Corte di Cassazione, con una recente sentenza, ha stabilito un principio fondamentale in materia di imposta di successione. Il caso riguardava un erede deceduto il giorno dopo l’apertura della successione, prima di poter accettare l’eredità. I suoi eredi sostenevano di dover essere considerati eredi diretti del primo defunto. La Corte ha invece chiarito che, ai fini fiscali, il presupposto per l’imposta di successione è la semplice “chiamata all’eredità” e non la successiva accettazione. Questo ha comportato una “doppia delazione” e una conseguente doppia tassazione, poiché il diritto di accettare l’eredità è entrato nel patrimonio del secondo defunto per poi essere trasmesso ai suoi eredi.

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Pubblicato il 2 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di Successione: la Chiamata all’Eredità è il Momento Decisivo

L’accettazione dell’eredità è un passo fondamentale nel diritto civile, ma quando si parla di imposta di successione, le regole cambiano. Molti credono che le tasse siano dovute solo dopo aver formalmente accettato il patrimonio del defunto. Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha però ribadito un principio cruciale e spesso frainteso: ai fini fiscali, il presupposto dell’imposizione è la semplice “chiamata all’eredità”, a prescindere dall’accettazione. Vediamo insieme questo caso emblematico.

I Fatti di Causa

La vicenda trae origine dal decesso di una signora, avvenuto l’8 maggio 2016. Tra i suoi eredi testamentari figura il fratello. Tuttavia, il destino gioca un ruolo cruciale: il fratello muore il giorno successivo, il 9 maggio 2016, senza aver avuto il tempo di accettare l’eredità della sorella.

Di conseguenza, il diritto di accettare tale eredità si trasferisce ai figli del fratello defunto. L’Agenzia delle Entrate, nel liquidare l’imposta, considera i figli come eredi del padre, il quale a sua volta era erede (seppur solo “chiamato”) della sorella. Questo approccio comporta una doppia tassazione: una sulla successione dalla zia al fratello, e una seconda sulla successione dal padre ai figli, che include anche il diritto di accettare la prima eredità.

I nipoti impugnano l’avviso di liquidazione, sostenendo di dover essere considerati eredi “diretti” della zia, poiché il loro padre non aveva mai formalmente accettato l’eredità. I giudici di primo e secondo grado accolgono la loro tesi. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo la decisione, propone ricorso in Cassazione.

La Questione Giuridica: quando scatta l’imposta di successione?

Il cuore del problema è stabilire quale sia il momento fiscalmente rilevante nella successione ereditaria. È la formale accettazione, con cui si acquista la qualità di erede secondo il codice civile, oppure è sufficiente la “delazione”, ovvero l’offerta dell’eredità che avviene automaticamente al momento della morte del de cuius?

La difesa dei contribuenti si basava sui principi civilistici, secondo cui nessuno può essere considerato erede senza una sua esplicita o tacita accettazione. L’Agenzia delle Entrate, invece, si appellava alla normativa specifica in materia tributaria (D.Lgs. 346/1990), che delinea un quadro autonomo.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, ribaltando le sentenze precedenti. I giudici supremi chiariscono che in materia di imposta di successione vigono regole speciali, non sempre coincidenti con quelle del diritto civile.

Il punto cardine della decisione si trova nell’articolo 7 del Testo Unico sull’imposta di successione, il quale stabilisce che “fino a quando l’eredità non è stata accettata… l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato”. Questa norma, secondo la Corte, dimostra in modo inequivocabile che il presupposto del tributo non è l’acquisto della qualità di erede (che avviene con l’accettazione), ma la semplice chiamata all’eredità che sorge con l’apertura della successione.

La Corte afferma il seguente principio di diritto: “In tema di imposta sulle successioni, presupposto dell’imposizione tributaria è la chiamata all’eredità e non già l’accettazione. Ne consegue che, allorché la successione riguardi anche l’eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l’erede è tenuto al pagamento dell’imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell’art. 479 c.c.”

In pratica, la morte del fratello ha causato l’apertura della sua successione, nel cui patrimonio è rientrato non un bene specifico, ma il diritto di accettare l’eredità della sorella. Questo diritto, avente un valore economico, è stato poi trasmesso ai suoi figli (i nipoti). Si verifica quindi una doppia delazione che legittima una doppia tassazione, seppur con i limiti previsti dalla legge.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento fondamentale: la disciplina fiscale della successione ha una sua autonomia rispetto a quella civilistica. Per l’Erario, ciò che conta è l’oggettivo trasferimento di ricchezza potenziale che si verifica al momento della morte del de cuius. Il soggetto passivo dell’imposta è il “chiamato all’eredità”, a meno che non vi rinunci formalmente nei termini di legge.

Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche. Gli eredi di un soggetto che, a sua volta, era chiamato a un’altra eredità non ancora accettata, devono essere consapevoli del rischio di una doppia imposizione fiscale. Diventa quindi cruciale valutare attentamente e in tempi rapidi se accettare o rinunciare all’eredità, considerando l’intero carico fiscale che ne potrebbe derivare.

Qual è il presupposto per l’applicazione dell’imposta di successione?
Secondo la Corte di Cassazione, il presupposto per l’applicazione dell’imposta di successione è la chiamata all’eredità, che avviene al momento della morte del defunto, e non la successiva accettazione da parte dell’erede.

Cosa succede, ai fini fiscali, se un chiamato all’eredità muore prima di aver accettato?
Se un chiamato all’eredità muore prima di averla accettata, il diritto di accettare quell’eredità si trasmette ai suoi eredi. Questo genera un doppio passaggio tassabile: il primo dalla persona originariamente deceduta al chiamato, e il secondo dal chiamato (deceduto a sua volta) ai suoi eredi.

La presentazione della dichiarazione di successione equivale ad accettazione dell’eredità?
No. La sentenza chiarisce che la denuncia di successione è un atto di natura meramente fiscale e non comporta di per sé l’assunzione della qualità di erede, la quale consegue solo all’accettazione espressa o tacita secondo le norme del codice civile.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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