Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18252 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 18252 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 04/07/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20756/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ex lege
-ricorrente-
contro
COGNOME elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOMECODICE_FISCALE che la rappresenta e difende
-controricorrente-
nonchè contro NOME COGNOME
-intimato-
avverso la SENTENZA di COMM.TRIB.REG. VENETO n. 150/2022 depositata il 16/03/2022.
Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 09/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Uditi difensori delle parti che hanno concluso come da rispettivi atti. Sentito il P.G. il quale ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado.
FATTI DI CAUSA
A seguito del decesso in data 8/05/2016 di NOME COGNOME la quale aveva disposto in parte dei suoi averi giusta testamento olografo pubblicato in data 20/05/2016, NOME COGNOME in qualità di erede testamentaria di NOME COGNOME presentava una prima dichiarazione di successione incompleta quanto al contenuto del testamento pubblicato, indicando, in qualità di eredi, il fratello della de cuius NOME COGNOME (già deceduto, in precedenza, in data 09/05/2016 il giorno successivo alla morte della sorella) ed i nipoti in linea collaterale. In relazione a tale dichiarazione, le imposte dovute venivano correttamente versate. In data 27/04/2017, venivano presentate due ulteriori dichiarazioni di successione: – la n. 1360, vol. 9990, modificativa, con la rettifica del quadro A, sostituendo l’erede NOME COGNOME (deceduto) con i di lui figli NOME, NOME NOME COGNOME e NOME COGNOME; – la n. 1362, vol. 9990, integrativa, con la quale veniva aumentato l’asse ereditario. Successivamente venivano presentate ulteriori dichiarazioni integrative.
L’Ufficio liquidava l’imposta di successione e provvedeva alla notifica ad eredi e legatari dell’avviso di liquidazione n. 17/09990/001426/001, nel quale veniva indicata l’imposta complessivamente dovuta, allegando un prospetto riepilogativo con l’indicazione delle quote d’imposta relative a ciascun erede/legatario.
2.1. L’avviso veniva notificato, tra gli altri, a NOME COGNOME e NOME COGNOME in qualità di eredi di NOME COGNOME, erede della de cuius NOME COGNOME.
Avverso il predetto avviso di liquidazione NOME Cristiano COGNOME e NOME COGNOME proponevano ricorso invocando l’errata loro qualificazione quali responsabili del pagamento dell’imposta in quanto eredi del sig. NOME COGNOME, a sua volta erede della de cuius NOME COGNOME anziché quali eredi diretti di quest’ultima. Sostenevano che essendo NOME COGNOME deceduto il giorno seguente alla morte della sorella NOME COGNOME egli non avrebbe potuto accettare l’eredità di quest’ultima, sicché ai suoi figli, NOME e NOME COGNOME non sarebbe stata devoluta la quota di eredità della zia bensì il diritto di accettazione dell’eredità stessa: essi avrebbero, quindi, dovuto essere considerati eredi ‘diretti’ della Sig.ra NOME COGNOME
La CTP di Venezia, con la sentenza n. 867/2019, accoglieva il ricorso dei contribuenti ritenendo fondata la tesi dei medesimi secondo cui, in ragione della mancata accettazione dell’eredità da parte di NOME COGNOME deceduto il giorno successivo alla morte della sorella, il quale non aveva mai assunto la qualità di erede, NOME e NOME NOME COGNOME dovevano essere considerati eredi diretti di NOME COGNOME.
Tale pronunzia veniva confermata dalla CTR del Veneto con la sentenza n. 150/04/2022.
Avverso detta sentenza propone ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, l’Ufficio.
NOME COGNOME resiste con controricorso e successiva memoria.
NOME NOME COGNOME è rimasto intimato.
La Procura Generale ha depositato memoria chiedendo l’accoglimento del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo l’Agenzia delle Entrate lamenta, ai sensi dell’art. 360, primo comma n. 3 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 e 28 del d.lgs. 346/1990 con riferimento alla erronea individuazione del soggetto passivo dell’imposta di successione da parte della C.T.R.
Assume che la sentenza era da ritenere errata atteso che, nel caso di specie, rileva, anzitutto, l’art. 28, comma 2, del d. lgs. 346/1990 (c.d. T.U.S.), ai sensi del quale ‘Sono obbligati a presentare la dichiarazione: i chiamati all’eredità e i legatari …’. Il successivo comma 5 del medesimo articolo dispone altresì che ‘I chiamati all’eredità e i legatari sono esonerati dall’obbligo della dichiarazione se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito nell’art. 31, hanno rinunziato all’eredità o al le gato o, non essendo nel possesso di beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell’eredità a norma dell’art. 528, primo comma, del codice civile, e ne hanno informato per raccomandata l’ ufficio del registro, allegando copia autentica della di chiarazione di rinunzia all’eredità o copia dell’istanza di nomina autenticata dal cancelliere della pretura’.
Precisa, altresì, che l’art. 7, comma 4, del T.U.S., d’altro canto, stabilisce che ‘fino a quando l’eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinun ziato’.
Dal quadro normativo delineato, osserva l’Ufficio, emerge che l’obbligo di presentazione della dichiarazione di successione grava anche sul chiamato che non abbia ancora accettato l’eredità, mentre è esonerato unicamente il chiamato che, anteriormente alla scadenza del termine di cui all’articolo 31 del T.U.S., provi di aver rinunciato all’eredità stessa. In ambito tributario, infatti, lo status di chiamato assume connotazioni peculiari e, per consolidata giurisprudenza, ai fini dell’applicazione del tribut o successorio, la delazione determina, di per sé, l’acquisto dell’eredità, in ciò differenziandosi dalla disciplina civilistica. L’obbligo tributario,
quindi, grava sul soggetto che è chiamato all’eredità, ancorché questi goda ancora del diritto di accettare l’eredità e da ciò deriva che il presupposto del tributo successorio va individuato nell’apertura della successione che coincide con la morte del soggetto, a prescindere dall’accettazione dell’eredità.
Osserva questa Corte che il ricorso è fondato.
2.1. Appare necessario richiamare la normativa di riferimento ratione temporis vigente.
L’art. 7, comma 4., d.lgs. 346/1990 così dispone: ‘Fino a quando l’eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato’.
Il successivo art. 28, al comma 2, prevede che ‘Sono obbligati a presentare la dichiarazione: i chiamati all’eredità e i legatari , stabilendo poi, al comma 5, che: ‘ I chiamati all’eredità e i legatari sono esonerati dall’obbligo della dichiarazione se, anteriormente alla scadenza del termine stabilito nell’art. 31, hanno rinunziato all’eredità o al legato o, non essendo nel possesso di beni ereditari, hanno chiesto la nomina di un curatore dell’eredità a norma dell’art. 528, primo comma, del codice civile, e ne hanno informato per raccomandata l’ufficio del registro, allegando copia autentica della dichiarazione di rinunzia all’eredità o copia dell’istanza di nomina autenticata dal cancelliere della pretura’.
L’art. 36, nell’ individuare i soggetti obbligati al pagamento dell’imposta dispone: ‘ 1. Gli eredi sono obbligati solidalmente al pagamento dell’imposta nell’ammontare complessivamente dovuto da loro e dai legatari. 2. Il coerede che ha accettato l’eredità col beneficio d’inventario è obbligato solidalmente al pagamento, a norma del comma 1, nel limite del valore della propria quota ereditaria. 3. Fino a quando l’eredità non sia stata accettata, o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all’eredità, o quelli che non hanno ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla
dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti’.
Questa Corte, con la pronunzia n. 22175/2020, ha osservato: «Come statuito da questa Corte, dal d.lgs. n. 346 del 1990 è dato desumere che, ai fini dell’imposta di successione, il presupposto dell’imposizione tributaria è costituito dalla chiamata all’eredità, non già dall’accettazione, così che «allorché la successione riguardi anche l’eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l’erede è tenuto al pagamento dell’imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza a favore del suo autore, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell’art. 479 cod. civ.» (così Cass., 9 ottobre 2014, n. 21394 cui adde Cass., 23 marzo 2016, n. 5750; v. altresì, con riferimento alla previgente disciplina, Cass., 28 ottobre 1995, n. 11320 nonché Cass., 10 marzo 2008, n. 6327, per il rilievo che «nell’ambito della legge tributaria delle successioni non sono del tutto applicabili i principi del codice civile che regolano l’acquisto della qualità di erede” atteso che in detto ambito già la sola delazione determina per sé stessa l’acquisto dell’eredità.)».
3.1. Con la pronunzia del 09/11/2021, n. 32611, questa Corte ha, ancora, ribadito che in tema di imposta sulle successioni, presupposto dell’imposizione tributaria è la chiamata all’eredità e non già l’accettazione. Ne consegue che, allorché la successione riguardi anche l’eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l’erede è tenuto al pagamento dell’imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell’art. 479 c.c.
Orbene simili conclusioni, nel senso che il presupposto dell’imposta è individuato nell’apertura della successione a prescindere dall’accettazione dell’eredità, meritano piena condivisione apparendo pienamente coerenti con le disposizioni di cui al citato d.lgs. 346/90 da cui è dato desumere che, in campo
fiscale e, segnatamente in materia di successione, vigono regole non coincidenti con quelle civilistiche.
4.1. Ed, invero, l’art.7, comma 4, citato stabilisce, in modo chiaro ed univoco, che fino a quando l’eredità non è stata accettata, o non è stata accettata da tutti i chiamati, l’imposta è determinata considerando come eredi i chiamati che non vi hanno rinunziato e l’art.28, dispone che anche il chiamato è, in linea generale e salve le eccezioni previste nello stesso articolo (comma 5), tenuto a presentare la dichiarazione di successione. L’art. 36 prevede, infine, che il chiamato è responsabile del pagamento dell’imposta, se in possesso dei beni ereditari e nel limite del valore di questi ultimi.
Tali previsioni normative inducono a ritenere non decisive le considerazioni svolte da Cass. 8053/2017 la quale, nell’affermare che in ipotesi di debiti del de cuius di natura tributaria, l’accettazione dell’eredità è una condizione imprescindibile affinché possa affermarsi l’obbligazione del chiamato all’eredità a risponderne, ha precisato che ‘ l’assunzione della qualità di erede non può certamente desumersi dalla mera chiamata all’eredità, né dalla denuncia di successione trattandosi di un atto di natura meramente fiscale (Cass. Sez. 2, n. 10729 del 2009) che non ha rilievo ai fini dell’assunzione della qualità di erede che consegue solo all’accettazione dell’eredità, espressa o tacita, la cui ricorrenza rappresenta un elemento costitutivo del diritto azionato nei confronti del soggetto evocato in giudizio quale successore del de cuius (Cass. n. 6479 del 2002, Cass. n. 2849 del 1992): occorre, infatti, considerare che in questa sede viene esclusivamente in rilievo la disciplina della imposta di successione, con le sue peculiarità alla luce delle norme sopra richiamate.
5.1. Né a conclusioni di segno diverso può pervenirsi sulla scorta dei principi fissati da questa Corte con l’ordinanza n. 19030 del 2018 la quale, dopo avere precisato che «Secondo l’orientamento, che può dirsi consolidato, di questa Suprema Corte “la delazione che segue
l’apertura della successione, pur rappresentandone un presupposto, non è di per sé sola sufficiente all’acquisto della qualità di erede, perché a tale effetto è necessaria anche, da parte del chiamato, l’accettazione mediante ” aditio ” oppure per effetto di ” pro herede gestio ” oppure per la ricorrenza delle condizioni di cui all’art. 485 c.c.” (Cass. n. 6479/2002; n. 11634/1991; n. 1885/1988; 2489/1987; n. 4520/1984; n. 125/1983)» nel premettere che rispetto a questo chiaro principio, ‘sembrerebbe fare eccezione la disciplina relativa all’imposta di successione’ ha posto l’accento sulla portata dell’art. 36, comma 3, secondo cui “fino a quando l’eredità non sia stata accettata, o non sia stata accettata da tutti i chiamati, i chiamati all’eredità, o quelli che non hanno ancora accettato, e gli altri soggetti obbligati alla dichiarazione della successione, esclusi i legatari, rispondono solidalmente dell’imposta nel limite del valore dei beni ereditari rispettivamente posseduti”.
Tuttavia nel richiamare, ritenendole condivisibili, le conclusioni della circolare ministeriale n. 17 del 15 marzo 1991 – che in relazione al citato art. 36, ha affermato che “fino all’accettazione dell’eredità, chi non è in possesso di beni ereditari non deve rispondere dell’imposta e chi ne è possessore non deve risponderne oltre il limite del valore dei beni posseduti” – ha finito per trascurare la portata generale delle disposizioni normative sopra richiamate -da leggere in modo sistematico- riguardanti l’ imposta di successione di cui si è fatto sopra cenno.
6. Alla luce delle considerazioni che precedono va affermato il seguente principio di diritto: ‘ In tema di imposta sulle successioni, presupposto dell’imposizione tributaria è la chiamata all’eredità e non già l’accettazione. Ne consegue che, allorché la successione riguardi anche l’eredità devoluta al dante causa e da costui non ancora accettata, l’erede è tenuto al pagamento dell’imposta anche relativamente alla successione apertasi in precedenza, la cui delazione sia stata a lui trasmessa ai sensi dell’art. 479 c.c. ‘
Quindi, occorrendo ai fini che occupano, la semplice chiamata all’eredità vi è stata, nel caso in esame, una doppia delazione con conseguente doppia tassazione, sebbene limitatamente ‘ai beni posseduti’.
Deve, infine, precisarsi che a conclusioni differenti non può pervenirsi sulla scorta dell’affermazione di NOME COGNOME di cui in memoria secondo cui ‘l’eventuale accoglimento del ricorso, con il conseguente rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Veneto, non determinerebbe alcun diverso risultato, in considerazione dell’avvenuta liquidazione dell’ imposta -già corrisposta, come confermato dall’Agenzia delle Entrate – dovuta da COGNOME COGNOME quale soggetto chiamato all’eredità d i COGNOME NOME, e da NOME quale erede di NOME NOMECOGNOME, paventando una sorta di cessazione del contendere: tale prospettazione costituisce una mera allegazione, in sé irrilevante, specie ove si ponga mente alla assenza di ogni adeguata dimostrazione al riguardo.
Pertanto, in accoglimento del ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata con rinvio per nuovo esame alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione che dovrà riesaminare la vicenda in questione, alla luce dei principi di diritto sopra richiamati, provvedendo anche in ordine alle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto in diversa composizione, cui demanda anche la regolamentazione delle spese di questo grado di giudizio.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data