Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5893 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5893 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 05/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso 16412/2022 proposto da:
Prof. Avv. NOME COGNOME nato a Palermo il 26.11.1932 e residente in Firenze, alla INDIRIZZO (C.F.: CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso nel presente ricorso dagli Avv.ti NOME COGNOME del Foro di Firenze (C.F.: CODICE_FISCALE e NOME COGNOME del Foro di Roma (C.F.: CODICE_FISCALE; pec: EMAIL), anche disgiuntamente fra loro ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultima in Roma, alla INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (C.F.: 06363391001), in persona del Direttore Generale pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (C.F.: NUMERO_DOCUMENTO) e presso la stessa domiciliata in Roma alla INDIRIZZO
Avviso liquidazione imposta registro – Usucapione immobili
– controricorrente –
-avverso la sentenza 5194/2022 emessa dalla CTR Sicilia l’08 /06/2022 e non notificata;
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
COGNOME NOME impugnava davanti alla CTP di Palermo un avviso di liquidazione dell’imposta di registro ed irrogazione di sanzioni, per un importo complessivo richiesto di € 50.631,25, in relazione all’omessa registrazione di una sentenza pronunciata dalla Corte d’ Appello, con la quale era stata dichiarata l’intervenuta usucapione di immobili in favore di alcuni acquirenti dal compratore dello COGNOME.
L’adìta CTP rigettava il ricorso, affermando che la lettura dell’art. 57 dPR n. 131/1986, invocato dal ricorrente, conduceva alla solidarietà, nei confronti dello Stato, di tutte le parti in causa.
Sull’impugnazione del contribuente, la CTR della Sicilia rigettava il gravame, affermando che, sulla base dell’art. 57 del TUR (secondo cui ‘…sono solidalmente obbligati al pagamento dell’imposta … le parti in causa.’), nessuna esclusione o esenzione veniva formulata e, pertanto, le parti in causa erano solidalmente tenute nei confronti dello Stato, che, nel caso di registrazione di atti giudiziari, l’imposta di registro è dovuta ‘in solido’ solo dalle parti in causa titolari del rapporto sostanziale, non estendendosi l’obbligo di pagamento a chi è intervenuto nel processo come semplice litisconsorte facoltativo, che nel caso di specie non poteva configurarsi la sussistenza di un litisconsorzio facoltativo nel soggetto che aveva subìto l’accertamento della compiuta usucapione e che la solidarietà nei confronti dello Stato, per la debenza della tassa di registro, sussiste anche se non si concretizza alcun indice di capacità contributiva nella parte soccombente.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione COGNOME NOME sulla base di tre motivi. L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
In prossimità dell’adunanza camerale il ricorrente ha depositato memoria
illustrativa.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo il ricorrente deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 57, comma 1, del d.P.R. 26.4.1986, n. 131, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. e 362 d.lgs. n. 546/1992, nonché dell’art. 53 Cost., per aver la CTR ritenuto che un’obbligazione tributaria (nel caso di specie, a carico del soggetto usucapito) possa esistere anche senza un indice di capacità contributiva.
Con il secondo motivo il ricorrente lamenta la violazione o falsa interpretazione del comma 8 dell’art. 57 del d.P.R. 26.4.1986, n. 131, in relazione agli artt. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. e 362 d.lgs. n. 546/1992, per non aver la CTR considerato che, in base al comma 8 menzionato, <>.
Con il terzo motivo il ricorrente denuncia la erronea, a suo dire, dichiarazione di manifesta infondatezza della eccezione subordinata di illegittimità costituzionale, per non aver la CTR ritenuto, limitatamente al caso di sentenze che accertano l’usuca pione, costituzionalmente illegittima l’interpretazione delle norme indicate come giustificative di un’obbligazione tributaria solidale a carico del soggetto che ha subito l’usucapione, per il solo fatto di essere stato ‘parte’ del relativo giudizio.
Preliminarmente, occorre rilevare l’inammissibilità del ricorso per mancata esposizione dei fatti.
Anche di recente questa Corte (Cass., Sez. 3, Ordinanza n. 1352 del 12/01/2024) ha ribadito che il disposto dell’art. 366, comma 1, n. 3, c.p.c. – secondo cui il ricorso per cassazione deve contenere, a pena di inammissibilità, l’esposizione sommaria dei fatti di causa – non risponde ad un’esigenza di mero formalismo, bensì a consentire alla S.C. di conoscere dall’atto, senza attingerli aliunde , gli elementi indispensabili per una precisa
cognizione dell’origine e dell’oggetto della controversia, dello svolgimento del processo e delle posizioni in esso assunte dalle parti; per soddisfare tale requisito occorre che il ricorso per cassazione contenga, in modo chiaro e sintetico, l’indicazione delle reciproche pretese delle parti, con i presupposti di fatto e le ragioni di diritto che le hanno giustificate, delle eccezioni, delle difese e delle deduzioni di ciascuna parte in relazione alla posizione avversaria, dello svolgersi della vicenda processuale nelle sue articolazioni e, dunque, delle argomentazioni essenziali, in fatto e in diritto, su cui si è fondata la sentenza di primo grado, delle difese svolte dalle parti in appello e, infine, del tenore della sentenza impugnata.
Orbene, nel caso di specie, l’esposizione dei fatti di causa si limita a riportare lo stralcio di una norma di legge e ad esporre, in termini estremamente sintetici, le ragioni per le quali il contribuente avrebbe impugnato l’avviso , senza fare minimamente cenno alle ragioni poste alla base della sentenza di primo grado, ai motivi di gravame sviluppati avverso la stessa e alle ragioni per le quali anche il suo atto di appello era stato rigettato.
Il ricorso per cassazione in cui manchi completamente l’esposizione dei fatti di causa e del contenuto del provvedimento impugnato è inammissibile; tale mancanza non può essere superata attraverso l’esame delle censure in cui si articola il ricorso, non essendone garantita l’esatta comprensione in assenza di riferimenti alla motivazione del provvedimento censurato, né attraverso l’esame di altri atti processuali, ostandovi il principio di
autonomia del ricorso per cassazione (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 6611 del 01/03/2022).
5. In ogni caso, i tre motivi, da trattarsi congiuntamente, siccome strettamente connessi, si sarebbero rivelati infondati.
E’ da premettere che l’art. 8, nota II-bis, della Tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 (Approvazione del testo unico delle disposizioni concernenti l’imposta di registro) equipara le sentenze che accertano l’avvenuta usucapione agli atti di trasferimento a titolo oneroso. L’art. 57 dello stesso d.P.R. prevede, a sua volta, che le parti in causa sono solidalmente obbligate al pagamento dell’imposta di registro.
Non è applicabile, nel caso di specie, il precedente di questa Corte (Cass., Sez. 2, Sentenza n. 473 del 11/01/2017) invocato dal ricorrente secondo cui, qualora la parte, in favore della quale sia stato giudizialmente pronunciato l’acquisto della proprietà di un bene immobile per usucapione, abbia provveduto a pagare l’imposta di registro afferente al conseguente trasferimento immobiliare, la stessa non può agire in regresso nei confronti delle altre parti processuali, condebitrici solidali nei confronti dell’amministrazione finanziaria, ex art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, a ciò ostando la previsione contenuta nell’art. 1298 c.c., norma applicabile anche alle obbligazioni solidali sorte ex lege , versandosi in presenza di obbligazione tributaria assunta nell’esclusivo interesse di chi ha usucapito. Invero, tale indirizzo trova applicazione allorquando il soggetto usucapente abbia pagato l’imposta ed intenda, nei rapporti interni, recuperare il versamento nei confronti del soggetto usucapito. Tuttavia, il riportato indirizzo conferma, ove mai ve ne fosse bisogno, che, nei rapporti esterni verso l’amministrazione finanziaria vale, ai sensi dell’art. 57 del d.P.R. n. 131 del 1986, il principio di solidarietà, potendosi la stessa rivolgersi nei confronti di ogn uno dei condebitori per conseguire il pagamento dell’intero. Del resto, la pronuncia invocata si riferisce ad un caso in cui l’unico usucapente aveva chiesto, nei confronti dell’usucapito e con procedimento monitorio, la ripetizione del 50% di quanto pagato a titolo di imposta di registro della sentenza di usucapione ed il ricorrente (usucapito), con il
motivo accolto, aveva dedotto che, essendo il rapporto sostanziale cui ineriva la sentenza dichiarativa del trasferimento della proprietà per usucapione il trasferimento della proprietà stessa, ‘le obbligazioni tributarie afferenti alla registrazione della sentenza – ferma la solidarietà nei confronti dell’amministrazione finanziaria – avrebbero dovuto gravare totalmente sull’usucapente’ (la sottolineatura è dello scrivente). Inequivoca è in tal senso la stessa sentenza di questa Corte, secondo cui la <>.
Solo nei rapporti interni tra le parti in causa l’obbligazione tributaria afferente al “trasferimento” immobiliare conseguente alla sentenza che ha accertato l’intervenuta usucapione in favore di una parte processuale deve ritenersi sorta nell’interesse esclusivo del soggetto a vantaggio del quale è stato accertato l’acquisto della proprietà del bene: ciò ai sensi dell’art. 1298 c.c., norma applicabile non soltanto alle obbligazioni solidali nascenti da contratto, ma altresì alle obbligazioni ex lege venute ad esistenza, non nell’interesse comune, ma in quello di taluno dei coobbligati in solido (Cass., Sez. 2, Ordinanza n. 22369 del 2017).
E’, pertanto, evidente che poi l’usucapito potrà, nei rapporti interni, recuperare (con l’azione di regresso), dall’usucapente, quanto versato, per l’intero, se ha solo ‘subìto’ l’usucapione, e pro quota , se ha anch’egli usucapito dei beni.
4.1. Né si potrebbe invocare, in senso contrario (come, invece, l’odierno ricorrente ha fatto con il secondo motivo), il comma 8 dell’art. 57 del d.P.R. 26.4.1986, n. 131, a mente del quale <>.
Invero, nel condividere quanto affermato dalla CTR (secondo cui con l’istituto dell’usucapione si ha un acquisto della proprietà a titolo originario e la sentenza accerta il compimento del titolo acquisitivo in forza del possesso e del decorso del tempo, nonché, per quella abbreviata, con l’ulteriore presenza di un atto astrattamente idoneo. Il perfezionamento dell’acquisto a titolo originario potrebbe essere paralizzato da tempestive iniziative del proprietario precedente. Nell’ipotesi dell’usucapione non si compie alcuna espoliazione forzosa della proprietà, così come nell’espropriazione, che rimane logicamente e giuridicamente ben differente), va qui aggiunto che, trattandosi di fattispecie tassativa, la stessa presuppone che espropriante o acquirente sia lo Stato, e non un privato. Senza tralasciare che, se è pacifico che le sentenze con le quali il giudice dichiara l’avvenuta usucapione della proprietà di beni immobili sono da qualificarsi come “sentenze di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale”, ove accertano una proprietà che trae origine dal possesso pluriennale ed incontestato dell’immobile, è altrettanto pacifico che tali sentenze non rientrino nell’alveo dei trasferimenti coattivi della proprietà. Ragion per cui si è in presenza di fattispecie difformi che in nessun modo, se trattate diversamente sul piano tributario, potrebbero determinare una violazione dell’art. 3 della Costituzione.
4.2. Né è configurabile una violazione dell’art. 53 Cost., sia per le ragioni esposte in precedenza, sia in quanto, in tema di imposta di registro, l’obbligazione solidale prevista dall’art. 57 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 per il pagamento dell’imposta dovuta in relazione ad una sentenza emessa in un giudizio con pluralità di parti non grava, solo quando si tratti di litisconsorzio facoltativo, indiscriminatamente su tutti i soggetti che hanno preso parte al procedimento unico, essendo oggetto dell’imposta, quale indice di capacità contributiva, non la sentenza in quanto tale, ma il rapporto sostanziale cui essa inerisce, con la conseguenza che il vincolo di solidarietà resta escluso nei confronti dei soggetti estranei a detto rapporto (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 14305 del 19/06/2009; Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16891 del 21/07/2009). Invero, solo in caso di litisconsorzio facoltativo
diversamente dal litisconsorzio necessario -pur nell’identità delle questioni, permane l’autonomia dei rispettivi titoli, dei rapporti giuridici e delle singole causae petendi , con la conseguenza che le cause, per loro natura scindibili, restano distinte (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 16745 del 16/07/2010).
Al di fuori della detta ipotesi, l’art. 57, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che prevede che sono tenute al pagamento dell’imposta di registro le parti in causa, deve intendersi riferito a tutti coloro che abbiano preso parte al giudizio, nei cui confronti la pronuncia giurisdizionale si è espressa nella parte dispositiva e la cui sfera giuridica sia in qualche modo interessata dagli effetti della pronuncia, avendo detta norma come sua precipua finalità quella di rafforzare la posizione dell’erario nei confronti dei contribuenti in vista della proficua riscossione delle imposte, salvo il diritto per ciascuno di essi di rivalersi nei confronti della parte civilmente tenuta al pagamento (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 1925 del 29/01/2008; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 29158 del 13/11/2018). In quest’ottica va letta la sentenza della Corte costituzionale n. 120 del 1972, a mente della quale <>. Sulla stessa lunghezza d’onda. Corte cost. n. 215 del 2000 ha dichiarato manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 57, comma 1, e 58, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, censurato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nelle parti relative alla previsione della solidarietà nel pagamento dell’imposta di registro tra le parti in causa e alla mancata
previsione della surrogazione a favore delle parti in causa che hanno pagato l’imposta stessa nelle ragioni, azioni e ai privilegi spettanti all’amministrazione finanziaria. Ha, infatti, osservato la Consulta che: a) la solidarietà risulta perfettamente conforme ai principi più volte affermati da questa Corte in ordine alle disposizioni legislative prevedenti la solidarietà in materia di imposte indirette in quanto è giustificata da rapporti giuridicoeconomici tra gli obbligati idonei alla configurazione di motivazioni unitarie e che, quindi, ben possono ragionevolmente comportare il suddetto vincolo, in evidente parallelismo con quanto si verifica per le parti del contratto; b) il rischio per l’attore vittorioso di dover pagare l’imposta di registro, se rientra nel generale calcolo di convenienza dell’esercizio dell’azione giudiziaria, non si traduce, perciò solo, in un impedimento alla tutela giurisdizionale dei propri diritti; c) l’inapplicabilità alle parti in causa della surrogazione non rende incostituzionale la previsione della solidarietà, di cui si è detto, restando comunque salva la possibilità per le stesse parti di avvalersi dell’azione di regresso accordata in generale per le obbligazioni solidali dall’art. 1299 c.c.
Nel caso di specie, come si desume da quanto trascritto a pagina 14 del controricorso, il contribuente ha proposto espresse domande nel giudizio a quo , in particolare chiedendo la declaratoria di illegittimità dell’occupazione di alcuni immobili da parte dei convenuti, con conseguente loro condanna al rilascio immediato degli stessi.
4.4. Ciò a tacer del fatto che, avuto riguardo al terzo motivo, è inammissibile il motivo di ricorso per cassazione diretto unicamente a prospettare una questione di legittimità costituzionale di una norma, non potendo essere configurato a riguardo un vizio del provvedimento impugnato idoneo a determinarne l’annullamento da parte della Corte. E’ infatti riservata al potere decisorio del giudice la facoltà di sollevare o meno la questione dinanzi alla Corte costituzionale, ben potendo la stessa essere sempre proposta, o riproposta, dall’interessato, oltre che prospettata d’ufficio, in ogni stato e grado del giudizio, purché essa risulti rilevante, oltre che non manifestamente infondata, in connessione con la decisione di
questioni sostanziali o processuali ritualmente dedotte nel processo (Cass., Sez. 1, Ordinanza n. 14666 del 09/07/2020; conf. Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 8033 del 20/03/2023).
Alla stregua delle considerazioni che precedono, il ricorso va dichiarato inammissibile
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso;
condanna il ricorrente al rimborso delle spese del presente giudizio, che si liquidano in € 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio tenutasi in data 28.2.2025.