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Imposta di registro su interessi moratori: la guida

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha stabilito che gli interessi moratori liquidati in una sentenza sono soggetti all’imposta di registro in misura proporzionale e non fissa. Poiché tali interessi hanno natura risarcitoria e sono esclusi dalla base imponibile IVA, non si applica il principio di alternatività IVA-Registro. Di conseguenza, anche se il capitale è soggetto a IVA, la parte della sentenza relativa agli interessi moratori sconta l’imposta proporzionale.

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Pubblicato il 31 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di Registro su Interessi Moratori: La Cassazione Fa Chiarezza

L’applicazione dell’imposta di registro su interessi moratori liquidati in una sentenza è un tema che genera spesso contenzioso tra contribuenti e Amministrazione Finanziaria. Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione è intervenuta per chiarire in modo definitivo la corretta qualificazione fiscale di tali somme, stabilendo che esse sono soggette a tassazione proporzionale e non fissa, anche quando il debito principale rientra nel campo di applicazione dell’IVA.

I Fatti del Caso: Una Cessione di Credito e il Ritardo nel Pagamento

La vicenda trae origine da un contratto di cessione di crediti, attraverso cui una società di servizi aveva trasferito a un istituto di credito un ingente credito vantato nei confronti di un Ente Locale per prestazioni soggette a IVA. A seguito del mancato pagamento da parte dell’Ente, la banca cessionaria aveva ottenuto una sentenza di condanna al pagamento non solo della quota capitale, ma anche degli interessi moratori maturati per il ritardo.

L’Amministrazione Finanziaria, in sede di registrazione d’ufficio della sentenza, applicava l’imposta di registro in misura proporzionale (3%) sulla somma liquidata a titolo di interessi di mora. L’istituto di credito impugnava l’avviso di liquidazione, sostenendo che, essendo l’operazione originaria soggetta a IVA, l’intera sentenza dovesse scontare l’imposta di registro in misura fissa, in virtù del principio di alternatività IVA-Registro. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le ragioni della banca.

La Questione Giuridica: Tassazione Fissa o Proporzionale?

Il cuore della controversia ruotava attorno all’interpretazione del rapporto tra IVA e imposta di registro. Secondo il contribuente, il credito per interessi moratori era accessorio a un’operazione principale soggetta a IVA, e quindi doveva seguirne il regime fiscale ai fini del registro.

L’Amministrazione Finanziaria, al contrario, proponeva ricorso per cassazione, sostenendo che gli interessi moratori non costituiscono il corrispettivo di una prestazione di servizi, bensì una somma dovuta a titolo di risarcimento del danno per il ritardato adempimento. In quanto tali, essi sarebbero esclusi dalla base imponibile IVA, come previsto dall’art. 15 del d.P.R. 633/1972. Venendo meno l’assoggettamento a IVA, non potrebbe operare il principio di alternatività, con la conseguente applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale.

L’imposta di registro su interessi moratori secondo la Cassazione

La Corte Suprema ha accolto pienamente la tesi dell’Amministrazione Finanziaria, cassando la sentenza d’appello e confermando la legittimità dell’avviso di liquidazione. La decisione si fonda su un principio consolidato e di fondamentale importanza nel diritto tributario.

Le Motivazioni della Corte

I giudici di legittimità hanno ribadito che l’imposta di registro su interessi moratori segue una logica autonoma rispetto al capitale. La natura giuridica degli interessi di mora è risarcitoria, non corrispettiva. Essi non remunerano una prestazione, ma ristorano il creditore per il danno subito a causa del ritardo nel pagamento.

L’articolo 15, comma 1, n. 1, del d.P.R. 633/1972 (Decreto IVA) esclude esplicitamente dalla base imponibile IVA “le somme dovute a titolo di interessi moratori o di penalità per ritardi o altre irregolarità nell’adempimento degli obblighi del cessionario o del committente”.

Poiché tali somme sono per legge fuori dal campo di applicazione dell’IVA, non può trovare applicazione il principio di alternatività sancito dall’art. 40 del d.P.R. 131/1986 (Testo Unico dell’Imposta di Registro). Tale principio si applica solo agli atti relativi a cessioni di beni e prestazioni di servizi soggetti all’IVA. Di conseguenza, la condanna al pagamento di interessi moratori, contenuta in un provvedimento giudiziale, rientra nella previsione dell’art. 8 della Tariffa, Parte I, allegata al d.P.R. 131/1986, che prevede l’applicazione dell’imposta proporzionale per le condanne al pagamento di somme di denaro.

La Corte distingue nettamente questa fattispecie da quella degli interessi convenzionali, i quali, rappresentando la remunerazione di un finanziamento, sono considerati prestazioni di servizi (ancorché esenti IVA) e quindi beneficiano dell’imposta di registro fissa.

Le Conclusioni

La pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: quando una sentenza condanna al pagamento di un capitale e di interessi moratori, è necessario operare una distinzione ai fini fiscali. Mentre la condanna relativa al capitale (se derivante da operazione soggetta a IVA) sconta l’imposta di registro fissa, la parte relativa agli interessi moratori deve essere assoggettata a imposta di registro proporzionale. Questa decisione ha importanti implicazioni pratiche per i creditori, che devono tenere conto di questo onere fiscale nel calcolo del netto ricavo dal recupero dei propri crediti in via giudiziale.

Gli interessi moratori sono soggetti a IVA?
No. Secondo l’art. 15, comma 1, n. 1, del d.P.R. 633/1972, le somme dovute a titolo di interessi moratori sono escluse dalla base imponibile ai fini dell’IVA, in quanto hanno natura risarcitoria e non costituiscono il corrispettivo di una prestazione.

Come si tassa una sentenza che condanna al pagamento di un capitale soggetto a IVA e di interessi moratori?
La sentenza deve essere tassata in modo distinto. La parte relativa al capitale, se l’operazione originaria era soggetta a IVA, sconta l’imposta di registro in misura fissa. La parte che liquida gli interessi moratori, invece, è soggetta all’imposta di registro in misura proporzionale.

Perché si applica l’imposta di registro proporzionale agli interessi moratori?
Si applica l’imposta proporzionale perché gli interessi moratori sono esclusi dal campo di applicazione dell’IVA. Di conseguenza, non opera il principio di alternatività IVA-Registro, che riserva l’imposta fissa solo agli atti relativi a operazioni soggette a IVA.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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