Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4613 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4613  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13448/2018 R.G., proposto
DA
l a ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ (già ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) , con sede in Amsterdam (Paesi Bassi), in persona del l’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO, dall’AVV_NOTAIO e dall’AVV_NOTAIO, tutti con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura a mezzo di scrittura privata redatta il 16 aprile 2018, munita di apostille dal civil-law notary NOME COGNOME da Amsterdam (Paesi Bassi) il 18 aprile 2016, in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
lRAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE,  con  sede  in  Roma,  in  persona  del Direttore RAGIONE_SOCIALE pro  tempore , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
CONTRORICORRENTE
REGISTRO ACCERTAMENTO ART. 20 T.U.R.
avverso  la  sentenza  depositata  dalla  Commissione  tributaria regionale del Lazio il 30 ottobre 2017, n. 6282/37/2017; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16 febbraio 2024 dal AVV_NOTAIO NOME COGNOME AVV_NOTAIO;
RILEVATO CHE:
la ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ (già ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale del Lazio il 30 ottobre 2017, n. 6280/37/2017, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione per imposta di registro nella misura di € 2.430.000,00 (pari al 3% sul corrispettivo di € 81.000.000,00) in relazione alla riqualificazione ex art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del la cessione dell’intera partecipazione al capitale della ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ alla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘, con atto notarile del 3 maggio 2011, nei termini complessivi di cessione indiretta di ramo aziendale, ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti dell ‘RAGIONE_SOCIALE a vverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Roma il 19 marzo 2015, n. 6276/39/2015, con compensazione RAGIONE_SOCIALE spese giudiziali;
 la  Commissione  tributaria  regionale  ha  confermato  la decisione  di  primo  grado,  sul  presupposto  che  l ‘ imposta  di registro dovesse applicarsi in relazione al risultato finale RAGIONE_SOCIALE operazioni complessive, senza tener conto degli effetti particolari dei singoli atti;
l ‘RAGIONE_SOCIALE ha resistito con controricorso;
la ricorrente ha depositato memoria;
CONSIDERATO CHE:
il ricorso è affidato a cinque motivi;
1.1 con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1362, 2555, 2697 e 2729 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per essere stata accolta dal giudice di secondo grado la tesi dell’amministrazione finanziaria in ordine alla sussistenza di un nesso funzionale tra i beni senza che esso abbia assolto all’onere della prova sul medesimo gravante, ritenendo che, per riqualificare la cessione di singoli beni come cessione di azienda, sarebbe necessario dimostrare la complementarietà e interdipendenza degli stessi e non il mero collegamento;
1.2 con il secondo motivo si denuncia la nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., per essere stato omesso dal giudice di secondo grado di pronunciarsi sul motivo di appello circa il conferimento nella società ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ della partecipazione nella ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ e del cavo sottomarino, transazioni che sarebbero state assoggettate all’imposta di registro in misura fissa, la prima ai sensi del combinato disposto dell’art. 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e dell’art. 10, n. 4, del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, e la seconda in quanto operazione soggetta ad IVA;
1.3 con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’art. 360, primo comma, cod. proc. civ., per essere stata ritenuta possibile dal giudice di secondo grado la riqualificazione dell’operazione de qua in termini di cessione di azienda sulla base del risultato complessivo perseguito dalle parti, valutando che l’unico presupposto per l’applicazione dell’imposta di registro sarebbe la stipulazione di uno degli atti indicati nella tariffa allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, mentre l’eventuale collegamento tra più atti distinti sarebbe
irrilevante; tale interpretazione avrebbe trovato conferma nelle modifiche  apportate  al  citato  art.  20  dall’art.  1,  comma  87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che esclude la rilevanza di elementi extratestuali ed atti collegati;
1.4 con il quarto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 176, comma 3, del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., per essere stato erroneamente rigettate dal giudice di secondo grado le doglianze della contribuente dal momento che l’avviso di liquidazione riguarderebbe una fattispecie esclusa da ogni possibilità di sindacato antielusivo, dal momento che l’art. 176 del d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, deve ritenersi esteso anche alle imposte indirette;
1.5 con il quinto motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 56bis del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, e 37bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 cod. proc. civ., per essere stata erroneamente rigettata dal giudice di secondo grado la doglianza relativa alla nullità dell’avviso di liquidazione per violazione del contraddittorio endo-procedimentale, dovendo ogni contestazione circa la natura elusiva di un’operazione essere preceduta dall’instaurazione del contraddittorio;
RITENUTO CHE:
 ragioni  di  priorità  logico-giuridica  inducono  a  discostarsi dall’ordine  di  prospettazione  in  ricorso,  esaminando  in  via preventiva il quarto motivo ed il quinto motivo;
1.1  i  suddetti  motivi -la  cui  stretta  ed  intima  connessione consiglia la trattazione congiunta -sono infondati;
1.2  disciplinando i diritti e le  garanzie  del  contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l ‘art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dispone che: « Nel rispetto del principio di
cooperazione  tra  amministrazione  e  contribuente,  dopo  il rilascio  della  copia  del  processo  verbale  di  chiusura  RAGIONE_SOCIALE operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valut ate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non  può  essere  emanato  prima  della  scadenza  del  predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza »;
1.3 secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di tributi ” non armonizzati ” (come l’IRPEF, l’IRAP o le imposte di registro, ipotecaria e catastale), l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti c.d. ‘ a tavolino ‘ , per cui non si pone la questione di un’eventuale inosservanza de l termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212; tuttavia, tale principio non vale per i tributi ” armonizzati ” come l’IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6^-5, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. 6^-5, 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2020, n. 29726; Cass., Sez. 5^, 6 luglio 2021, nn. 19176 e 19177; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. 5^, 4 dicembre 2023, n. 33699);
1.4 viceversa, l’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n.  212,  prevede,  nel  triplice  caso  di  accesso,  ispezione  o verifica nei locali destinati all’esercizio dell’attività, una valutazione ex  ante in  merito  al  rispetto  del  contraddittorio operata  dal  legislatore,  attraverso  la  previsione  di  nullità
dell’atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che  già,  a  monte,  assorbe  la  ” prova  di  resistenza “,  senza distinguere  tra  tributi  armonizzati  e  non  armonizzati  (Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2019, nn. 701 e 702; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8718; Cass., Sez. 6^-5, 23 novembre 2021, n. 36118; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481);
1.5 q uanto al contenuto dell’obbligo documentale, questa Corte ha affermato che il termine dilatorio di cui all’art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 2 luglio 2014, n. 15010; Cass., Sez. 5^, 23 gennaio 2020, n. 1497; Cass., Sez. 5^, 4 marzo 2021, nn. 5942, 5943, 5944, 5945 e 5946; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n., 16140; Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 17916; Cass., Sez. 5^, 14 dicembre 2021, n. 39922);
1.6 n e consegue che, rispetto all’imposta di registro, la quale si applica « secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici de ll’atto presentato alla reg istrazione , (…) sulla base degli elementi desumibili » (art. 20, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), in assenza di una specifica previsione di legge, l’amministrazione finanziaria non ha alcun obbligo di instaurare un contraddittorio preventivo col contribuente prima dell’emanazione dell’avviso di liquidazione, limitandosi la sua funzione alla v alutazione della rilevanza fiscale dell’atto negoziale o giudiziale, al momento della registrazione su richiesta o d’ufficio (artt. 10, 11, 12 e 15 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), mediante la determinazione della base
imponibile (artt. 43 -53 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), l’applicazione dell’imposta nella misura (fissa o proporzionale) stabilita secondo le prescrizioni tariffarie corrispondenti alla tipizzazione RAGIONE_SOCIALE fattispecie negoziali (art. 41 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131) ed il recupero dell’imposta non versata o versata in misura inferiore all’importo dovuto (artt. 54, 55 e 56 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131); ed altrettanto vale nel caso di riqualificazione dell’atto presentato alla registrazione (a rt. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), trattandosi di una mera operazione ermeneutica del testo negoziale (Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3456), che, comunque, non può travalicare gli elementi desumibili dal suo contenuto intrinseco (anche alla luce RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145);
1.7 per cui, non essendo ipotizzabile un accesso dell’amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente esercente un’attività professionale o imprenditoriale anche per la sola assunzione di informazioni o l’acquisizione  di  documenti,  non  può  venire  in rilievo la violazione dell’obbligo del contraddittorio endo -procedimentale n ell’accertamento dei presupposti per la liquidazione dell’imposta di registro ;
1.8 ad ogni modo, si è chiarito che l’ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, concerne l’oggettiva portata effettuale dei negozi e non contiene quindi una disposizione antielusiva strictu sensu , come quella del l’art. 37 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sicché l’avviso di liquidazione ex art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non soggiace all’obbligo di contraddittorio preventivo ex art. 37bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 19 giugno
2013, n. 15319; Cass., Sez. 6^-5, 8 giugno 2016, n. 11694; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2017, nn. 6758 e 6759; Cass., Sez. 5^, 23 febbraio 2018, n. 4404; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2019, n. 1962; Cass., Sez. 6^-5, 7 ottobre 2020, nn. 21616 e 21618; Cass., Sez. 5^, 21 dicembre 2021, nn. 41041, 41106, 41110, 41116 e 41119; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 366), pure aggiungendosi che il ricordato art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non esprime una regola antielusiva, bensì una regola interpretativa (Cass., Sez. 5^, 10 febbraio 2017, n. 3562; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2017, nn. 6758 e 6759; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2018, n. 2009; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2019, n. 1962; Cass., Sez. 6^-5, 7 ottobre 2020, nn. 21616 e 21618; Cass., Sez. 5^, 21 dicembre 2021, nn. 41041, 41106, 41110, 41116 e 41119; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 366);
1.9 per cui, pur rimanendo fermo che in materia tributaria il divieto di abuso del diritto costituisce principio generale antielusivo, volto a sanzionare ogni operazione economica che mira al conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l’uso distorto, ancorché non contrastante con alcuna disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d’imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l’operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente, si richiede che tali pratiche elusive vengano correttamente contestate e perseguite dall’amministrazione finanziaria, attraverso gli strumenti all’uopo previsti dall’ordinamento (ad esempio, l’art. 37bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, poi sostituito dall’art. 10bis della legge 27 luglio 2000, n. 212). (Cass., Sez. 5^, 19 novembre 2021, n. 35556; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481);
1.10 risultano, dunque, prive di rilievo decisivo, nell’applicazione dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, le questioni concernenti sia la sussistenza o meno di un intento elusivo o simulatorio in capo alle parti contraenti, che l’amministrazione finanziaria non è tenuta a dimostrare, sia per quanto già detto – il difetto di contraddittorio preventivo in sede di procedimento amministrativo (Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34405; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2021, n. 34488; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481); né, in senso contrario, appare uti le richiamare la previsione dell’art. 53bis del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, atteso che, nel caso di specie, la disposizione si applica nel testo vigente prima RAGIONE_SOCIALE modifiche apportate dall’art. 1, comma 87, lett. b, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, che ha esteso al campo RAGIONE_SOCIALE imposte di registro, ipotecaria e catastale le ” attribuzioni ” ed i ” poteri ” riconosciuti agli uffici finanziari dagli artt. 31, 32 e 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per l’accertamento RAGIONE_SOCIALE imposte dirette, ma senza contemplare alcun richiamo alla disposizione di cui al l’art. 37 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, norma che non riguarda suddette ” attribuzioni ” e ” poteri “, ma incide sull’oggetto dell’imposizione (Cass., Sez. 5^, 19 giugno 2013, n. 15319; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34405; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2021, n. 34488; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481);
1.11 sotto tale aspetto, quindi,  il  giudice  di  appello  ha  fatto corretta applicazione dei principi enunciati, ritenendo in modo implicito -con  l’affermazione  onnicomprensiva  che:  « Gli argomenti  di  doglianza  non  espressamente  esaminati  sono stati ritenuti dal Collegio non rilevanti i fini della decisione e comunque  inidonei  a  supportare  una  conclusione  di  tipo diverso » -che l’emissione dell’avviso di liquidazione ex art. 20
del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non esigeva l’osservanza del contraddittorio preventivo, trattandosi di adempimento prescritto  soltanto  dall’art. 37bis del  d.P.R.  29  settembre 1973, n. 600;
viceversa, il  primo  motivo,  il  secondo  motivo  ed  il  terzo motivo -la  cui  stretta  ed  intima  connessione  consiglia  la trattazione congiunta -sono fondati;
2.1 al riguardo, si osserva che, in tema di imposta di registro, ai sensi dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali, l’amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l’atto risulta inquadrabile; invero, l ‘art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, prevede che: « Al testo unico RAGIONE_SOCIALE disposizioni concernenti l’imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all’articolo 20, comma 1: 1) le parole: «degli atti presentati» sono sostituite dalle seguenti: «dell’atto presentato»; 2) dopo la parola: «apparente» sono aggiunte le seguenti: «, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi »;
2.2 l’art.  1,  comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: « L’articolo 1, comma 87, lettera a), della legge  27  dicembre  2017,  n.  205,  costituisce  interpretazione
autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto  del  Presidente  della  Repubblica  26  aprile  1986,  n. 131 »;
2.3 di recente, la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui prevede che, ai fini dell’imposta di registro, l’interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali;
2.4 secondo il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, « il legislatore, con la denunciata norma ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di ‘imposta d’atto’ dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza co n la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medesimo, salvo le ipotesi espress amente regolate dal testo unico »; per altro verso, un’interpretazione della norma in chiave antielusiva provocherebbe « incoerenze nell’ordinamento, quantomeno a partire dall’introduzione dell’art. 10-bis della Legge 212 del 2000 » e « consentirebbe all’amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale e, dall’altro, di svincolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni
«prive di sostanza  economica», precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell’ordinamento tributario nazionale e dell’Unione Europea)» ;
2.5 da ultima, poi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 39 del 16 marzo 2021 ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall’art. 1, comma 87, lett . a, nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost., che è stata dichiarata manifestamente infondata con specifico riguardo all’efficacia retroattiva della disposizione interpretativa; secondo il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, « si deve escludere che possa essere considerato irragionevole attribuire efficacia retroattiva a un intervento che, come quello descritto, ha assunto un carattere di sistema »;
2.6 in tale prospettiva, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la retroattività conseguente alla natura di interpretazione autentica riconosciuta all’art. 1, comma 87, lett. a, nn. 1 e 2, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, trova adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasta con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, avendo riguardo al carattere di sistema assunto dall’intervento legislativo oggetto di scrutinio, che, per tale motivo, si sottrae al dubbio sollevato dal remittente. Inoltre, la medesima ragione impone di disattendere la censura di irragionevolezza della disposizione anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei « motivi imperativi di interesse generale » desumibili dall’art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo , sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e della Pubblica
Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065);
2.7 adeguandosi a tale interpretazione, anche questa Corte ha ribadito che l’imposta colpisce l’atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 dispone che « l’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi » (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, nn. 16482 e 16483; Cass., Sez. 5^, 13 dicembre 2023, n. 34901);
2.8 va aggiunto, per completezza, che, in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea sulla questione « se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n. 2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall’art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all’Amministrazione
finanziaria di qualificare l’operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l’Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d’azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni -, con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell’Unione Europea » (Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283), il giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, « non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l’interpretazione dell’articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere » (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, RAGIONE_SOCIALE contro RAGIONE_SOCIALE );
2.9 dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l’art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti;
2.10 invero, è pacifico che la qualificazione di una disposizione di legge come norma di interpretazione autentica – al di là del carattere effettivamente interpretativo della previsione -esprime univocamente l’intento del legislatore di imporre un determinato significato a precedenti disposizioni di pari grado, così da far regolare dalla nuova norma fattispecie sorte anteriormente alla sua entrata in vigore, dovendosi escludere, in applicazione del canone ermeneutico che impone all’interprete di attribuire un senso a tutti gli enunciati del precetto legislativo, che la disposizione possa essere intesa come diretta ad imporre una determinata disciplina solo per il futuro (in termini: Cass., Sez. Un., 29 aprile 2009, n. 9941; Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, nn. 18565, 18566, 18567, 18568, 18569, 18570, 18571, 18572, 18573, 18574, 18575, 18576, 18577, 18578, 18579, 18580, 18581 e 18582);
2.11 ne discende che la sentenza impugnata ha palesemente contravvenuto ai principi enunciati, laddove il thema decidendum è stato delimitato nel senso che: « La controversia concerne la qualificazione da dare, ai fini fiscali, alle cessioni frazionate e/o progressive di beni fra aziende, per stabilire se le stesse vadano considerate singolarmente ovvero nella loro sostanziale unitarietà, concretizzando così una cessione di ramo d’azienda » e la ratio decidendi è stata individuata nel principio che: « Nella nozione di cessione d’azienda ai fini tributari assume (…) rilevanza centrale l’elemento funzionale, ossia il legame fra il singolo elemento aziendale e l’impresa, cosicché solo in assenza di questo legame il bene potrà essere considerato autonomamente, circostanza che nella vicenda in esame non si ravvisa con sufficiente certezza »;
2.12 nel caso di specie, stante l’applicabilità retroattiva dell’art. 20 del d.P.R.  26  aprile  1986,  n.  131,  nel  testo  novellato
dall’art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nel l’art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018 n. 145, l’amministrazione finanziaria non aveva facoltà di riqualificare la cessione dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ alla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ della partecipazione integrale al capitale della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (atto no tarile del 3 maggio 2011) nei termini di cessione indiretta di ramo aziendale attraverso il riferimento esplicito ad atti collegati, che sono costituiti dagli atti negoziali prodromici, come la costituzione unilaterale della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ da parte della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (atto notarile del 10 marzo 2011) e la deliberazione di aumento del capitale della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (atto notarile del 3 maggio 2011) con la contestuale liberazione da parte della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ m ediante il conferimento di beni in natura (il portale di telecomunicazioni www.libero.it , la partecipazione integrale al capitale della ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ed il cavo sottomarino Italia -Grecia), dovendo limitarsi a verificare la corretta liquidazione dell ‘ imposta di registro in relazione alla sola operazione di cessione, i cui effetti giuridici dovevano essere singolarmente e separatamente valutati ai fini fiscali;
2.13 da ciò consegue  che  la individuazione del  regime tributario  applicabile,  quanto  all ‘ imposta  di  registro  avrebbe dovuto  essere  operata  dall’ amministrazione  finanziaria  con autonomo, distinto e separato riferimento alla cessione totalitaria della quota  di  compartecipazione  nella  società unipersonale di nuova  costituzione, dovendo  avallarsi la tassazione isolata del negozio veicolato dall’atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili;
2.14  peraltro ,  prendendo  atto  dell’evoluzione  normativa  e giurisprudenziale, anche l’RAGIONE_SOCIALE ha
recentemente  finito  per  ritenere  che  « (…) la  complessiva operazione descritta, comprendente la cessione totalitaria RAGIONE_SOCIALE quote sociali preceduta dal conferimento del ramo d’azienda, non possa essere riqualificata come cessione d’azienda unitaria ai sensi dell’art. 20 del T.U.R. , così come modificato dalla Legge di bilancio 2018» (vedasi la risposta ad interpello n. 371 del 17 settembre 2020);
2.15 nella specie, peraltro, ponendo a fondamento della ripresa a tassazione l’inserimento della cessione della partecipazione totalitaria al capitale sociale nel contesto di una più complessa operazione  di  cessione  indiretta  di  azienda,  non  ha  fatto corretta applicazione di tale criterio interpretativo, con conseguente illegittimità dell’avviso di liquidazione (da ultima: Cass., Sez. 5^, 26 aprile 2022, n. 13006);
2.16 giova ricordare che, con riferimento agli atti di cessione di quote societarie, l’art 11 della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 prevede che gli « (…) atti pubblici e scritture private autenticate aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società o enti di cui al precedente art. 4 o di titoli di cui all’art. 8 della tabella o aventi per oggetto gli atti previsti nella stessa tabella, esclusi quelli di cui agli artt. 4, 5, 11, 11-bis e 11-ter; atti di ogni specie per i quali è prevista l’applicazione dell’imposta in misura fissa »;
2.17  questa  Corte  (Cass.,  Sez.  5^,  27  novembre  2006,  n. 25087; Cass., Sez. 6^-5, 16 aprile 2015, n. 7809; Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 18037; Cass., Sez. 5^, 26 aprile 2022, n. 13006) ha già affermato che le scritture private autenticate, aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società di qualunque tipo, sono assoggettate all’imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell’art. 11 della tariffa – parte
prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ; l’ affermazione che all’atto di cessione di quota societaria si applica, ex art 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l’imposta di registro in misura fissa risulta, poi, conforme anche ai principi comunitari, ed in particolare ai principi stabiliti dalla Direttiva n. 69/335/CEE del Consiglio del 17 luglio 1969. Tale Direttiva, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, aveva lo scopo di fissare una armonizzazione nella Comunità sulla tassazione indiretta dei conferimenti societari, precisando all’art. 11 che « Gli Stati membri non sottopongono ad alcuna imposizione, sotto qualsiasi forma: a) la creazione l’emissione, l’ammissione in borsa, la messa in circolazione o la negoziazione di azioni, di quote sociali o titoli della stessa natura, nonché di certificati di tali titoli, quale che sia il loro emittente (…) »;
2.18 tale ultima disposizione è stata abrogata dall’art. 16 della Direttiva n. 2008/7/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, ma la previsione in essa contenuta è stata sostanzialmente riprodotta dall’art. 5 ( ‘ Operazioni non soggette all’imposta indiretta ‘ ) della medesima Direttiva; l’esenzione da imposta proporzionale stabilita dall’art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 non è, quindi, una disposizione meramente nazionale, ma è una disposizione di diretta applicazione di principi comunitari ispirati al principio della libera circolazione dei capitali in ottica di sviluppo del mercato comune (Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 18037); 2.19 ne discende che il giudice di appello ha fatto malgoverno del principio enunciato, ritenendo che l ‘ imposta di registro dovesse applicarsi in relazione al risultato finale dell’operazione complessiva, senza tener conto degli effetti particolari dei singoli atti;
dunque, alla stregua RAGIONE_SOCIALE suesposte argomentazioni, valutandosi l’infondatezza del quarto motivo e del quinto motivo, nonché la fondatezza del primo motivo, del secondo motivo e del terzo motivo, il ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione ai motivi accolti; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell’art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di accoglimento del ricorso originario della contribuente;
l e spese dell’intero giudizio possono essere compensate in considerazione  dell’evoluzione  normativa  e  della  incertezza giurisprudenziale  risolta  solo  a  seguito  dell’intervento  della Corte Costituzionale.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo, il secondo motivo ed il terzo motivo; rigetta il quarto motivo ed il quinto motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e, decidendo nel  merito,  accoglie  il  ricorso  originario  della  contribuente; compensa le spese dell’intero giudizio.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 16 febbraio