Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14808 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14808 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12583/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’ AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende ex lege
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, sede di NAPOLI n. 8713/2017 depositata il 18/10/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate ha notificato alla società “RAGIONE_SOCIALE un avviso di liquidazione per il pagamento dell’imposta di registro relativa alla sentenza del Tribunale di Napoli n. 466/2013 – con la quale RAGIONE_SOCIALE NOME era stato condannato al pagamento di una somma per concorrenza sleale -con imposta pari al 3% dell’importo della condanna, includendo sanzioni e interessi.
Tale provvedimento è stato impugnato, eccependo la esistenza di una sentenza di Corte d’Appello che avrebbe riformato quella del Tribunale, costituente il presupposto per l’applicazione del tributo, con ciò facendo venir meno il valore economico e l’oggetto stesso della controversia.
Con sentenza n. 6983/14/16, depositata il 19/04/2016, la C.T.P. di Napoli ha accolto il ricorso, dichiarando illegittimo l’atto perché successivo alla sentenza d’appello che aveva sostanzialmente ribaltato la decisione contenuta nell’atto tassato.
Avverso tale decisione ha proposto appello l’Agenzia delle Entrate ma la CTR, con sentenza n. 8713/25/17, depositata il 18/10/2017, ha rigettato l’appello , rilevando che si era verificato il passaggio in giudicato della sentenza n. 2767/15/17 della Commissione Regionale stessa, che riguardava i coobbligati ed annullava l’avviso di liquidazione, venendo così meno i presupposti impositivi.
Avverso la suddetta sentenza di gravame l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui ha resistito con controricorso la società contribuente.
Parte controricorrente ha presentato istanza di sospensione per pendenza della domanda di definizione agevolata ex art. 6 del D.L. n. 119/2018, e successivamente la difesa erariale ha comunicato che la detta domanda di definizione della controversia è stata oggetto di diniego.
Successivamente parte controricorrente ha depositato memoria illustrativa con difese nel merito.
RAGIONI DELLA DECISIONE
In via preliminare deve essere analizzata la eccezione della controricorrente, la quale sostiene che la difesa erariale proponga una tesi difensiva totalmente nuova rispetto a quelle svolte nei precedenti gradi di giudizio, con conseguente sua inammissibilità.
L”eccezione di inammissibilità per asserita novità delle questioni trattate va disattesa. I motivi, infatti, si collocano nell’alveo dell’originaria impugnazione come descritta in ricorso ed attingono la sentenza impugnata, contestandone profili di diritto.
Si deve anche dare atto che parte controricorrente non ha impugnato il diniego pronunciato sull’istanza di definizione agevolata ex art. 6 del D.L. n. 119/2018.
Con il primo motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art . 37 DPR 131/86 ed art. 8, comma 1, lett. b), parte prima, della tariffa allegata al medesimo dpr 131/86, in relazione all’ art.360, comma 1, n.3 c.p.c.. L’Agenzia delle Entrate sostiene che la decisione violi l’art. 37 del dpr 131/86, che prevede il pagamento dell’imposta di registro anche se la sentenza è impugnata o impugnabile, mentre la CTR non ha verificato se la sentenza fosse passata in giudicato.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la v iolazione e falsa applicazione dell’art. 37 dpr 131/1986, nonché degli arti. 2909 e 2697 c.c e124 disp. att. c.p.c. in relazione all’ art.360, comma 1, n.3 c.p.c., atteso che la Commissione tributaria del regionale della Campania ha fondato principalmente la propria decisione sulla base dell’ erronea convinzione del passaggio in giudicato della sentenza 2767/15/17 della medesima Commissione che aveva riguardato i coobbligati in solido.
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli artt. 37 dpr 131/1986, 2909 e 2697 c.c. e 124 disp. att. c.p.c. in relazione all’ art.360, comma 1, n.3 c.p.c. . In particolare, si deduce l’erroneità della decisione della CTR nella parte in cui il giudice d’appello ha implicitamente ritenuto sussistente e provato il giudicato, mentre riguardo alla detta sentenza della Corte d’Appello di Napoli pendeva ancora ricorso per cassazione rubricato al n. 22786/15, come da attestazione della Cancelleria della Corte di Appello di Napoli.
Tutti i motivi possono essere trattati insieme, in quanto strettamente connessi.
Deve darsi atto che, nelle more della decisione, la Corte di Cassazione ha pronunciato sentenza di rigetto (Cass. 6/12/2019, n. 31936, su ricorso rg n. 22786/2015 indicato dalle parti) del ricorso per cassazione menzionato dalla difesa erariale, e che l’Agenzia pone a fondamento della propria pretesa, invocando la circostanza che non fosse ancora intervenuto il giudicato, sicché la pretesa imposta di registro era esigibile ai sensi dell’art. 37 TUIR .
7.1. La Corte di legittimità, difatti, è stata chiamata a pronunciarsi sulla sentenza n. 2470 del 30/5/2015, con la quale la Corte di appello di Napoli aveva accolto gli appelli (riformando integralmente la decisione posta a fondamento dell’imposta di registro oggi in discussione), e per l’effetto rigettando le domande proposte da RAGIONE_SOCIALE nei confronti di RAGIONE_SOCIALE e da NOME COGNOME nei confronti di NOME COGNOME e, per esso, dei suoi eredi, e conseguentemente condannando RAGIONE_SOCIALE e NOME COGNOME alla rifusione delle spese del doppio grado di giudizio in favore dei soggetti rispettivamente convenuti.
7.2. Ne deriva che è venuto meno il presupposto impositivo.
7.3. Le censure della difesa erariale sono dunque da disattendere, in ragione dell’intervenuta pronuncia che ha determinato il venir meno del titolo. Va poi per completezza segnalato che nelle
more del presente procedimento è altresì intervenuta l’ordinanza di questa Corte di legittimità n. 34746/24 che ha dichiarato l’inammissibilità del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate nel giudizio introdotto dai co-obbligati eredi NOME COGNOME
Il ricorso va quindi rigettato.
Considerato che la sentenza di questa Corte – che ha posto fine al contezioso oggetto dell’imposta di registro – è intervenuta nelle more del giudizio, si ritiene sussistere giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025 .