Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 7535 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 7535 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 21/03/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 29939/2020 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) , che lo rappresenta e difende unitamente all’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE).
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che ex lege lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. RAGIONE_SOCIALE n. 3285/2020 depositata il 02/11/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/03/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udite le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto del ricorso.
Uditi l’AVV_NOTAIO, che ha chiesto l’accoglimento del ricorso e l’AVV_NOTAIO che ha chiesto il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava l’avviso di liquidazione dell’imposta di registro, ipotecaria e catastale, con relative sanzioni, pin relazione alla sentenza n. 322/2008, emessa dal Tribunale Civile di Roma – Sezione Distaccata di Ostia, che aveva riconosciuto il trasferimento, in favore dei promissari acquirenti, della proprietà di un appartamento, in esecuzione del contratto preliminare di compravendita intercorso con il COGNOME, promissario venditore.
L’adita CTP di Roma, con la sentenza n. 10855/2016, accoglieva il ricorso del contribuente ritenendo non dovuta l’imposizione, in ragione del fatto che era stata riformata la sentenza tassata, a seguito di gravame, dalla Corte d’Appello di Roma, che aveva dichiarato risolto il contratto preliminare.
La CTR del Lazio, con la sentenza n. 3285/17/2020, accoglieva l’appello dell’RAGIONE_SOCIALE e condannava il contribuente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del grado di giudizio, osservando che avverso la sentenza della Corte d’Appello era stato proposto ricorso per cassazione, per cui la decisione non era affatto passata in giudicato e, quindi, l’imposta di registro era dovuta, potendo il contribuente chiedere, ai sensi dell’art. 37, d.P.R. n. 131 del 1986, il rimborso di quanto versato solo a seguito di definitività della pronuncia giudiziale.
Il contribuente ha chiesto la cassazione della sentenza della CTR del Lazio sulla base di un articolato motivo d’impugnazione, illustrato con memoria. L’RAGIONE_SOCIALE si è costituita resistendo con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, comma primo, n.3, n.5 e n. 4, cod. proc.civ., il contribuente lamenta la violazione di plurime norme di legge sostanziali e processuali, nonché la nullità della sentenza ed errores in iudicando ed in procedendo del giudice di secondo grado, che ha travisato la decisione di primo grado (del AVV_NOTAIO) la quale aveva disposto il «DIVIETO DI TRASCRIZIONE SENTENZA se NON PREVIO PAGAMENTO PREZZO», ed ha omesso di considerare fatti decisivi per il giudizio, compresa la «QUERELA DI FALSO», nonché si è pronunciato oltre i limiti della domanda. Deduce, altresì, che la decisione di fonda sull’errata affermazione dell’esistenza di una compravendita immobiliare «MAI AVVENUTA, per totale DOLO, COLPA dei promissari acquirenti, resisi insolventi…», i quali «hanno ILLEGITTIMAMENTE registrato la sentenza n. 322/2008 del AVV_NOTAIO.» Ribadisce che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE pretende il pagamento di imposte non dovute «stante che nessuna compravendita è avvenuta, ma solo una ILLECITA ed ILLEGITTIMA trascrizione per LEGGE inutilizzabile … .»
La censura è in parte inammissibile e in parte infondata.
Parte ricorrente confonde sovente il piano civilistico della vicenda contrattuale con quello propriamente tributario sul quale la Corte è chiamata a pronunciarsi. Ciò detto, risulta dagli atti allegati al ricorso e dagli scritti difensivi RAGIONE_SOCIALE parti che la sentenza tassata ha disposto il trasferimento della proprietà dell’appartamento promesso in vendita dal COGNOME «previo versamento … del prezzo residuo della compravendita, pari a Euro 103.291,37», da parte dei promissari acquirenti, cui l’immobile era stato anticipatamente consegnato.
La Corte di Appello di Roma, con la sentenza n. 4735/2015, ha riformato la decisione, dichiarando risolto di diritto il preliminare per l’inadempimento dei promissari acquirenti, e condannato gli stessi al rilascio dell’immobile ordinando,
nel contempo, al Conservatore dei RR.II. di Roma 1, la cancellazione della trascrizione eseguita il 27/2/2009.
Orbene, secondo un ormai consolidato orientamento della Corte in materia d’imposta di registro, la sentenza emessa ai sensi dell’art. 2932 cod. civ., «che abbia disposto il trasferimento di un immobile in favore del promissario acquirente, subordinatamente al pagamento del corrispettivo pattuito, è soggetta ad imposta proporzionale e non in misura fissa, anche se ancora impugnabile, trovando applicazione l’art. 27 del d.P.R. n. 131 del 1986.
Alla stregua di tale disposizione, infatti, non sono considerati sottoposti a condizione sospensiva gli atti i cui effetti dipendano dalla mera volontà dell’acquirente ovvero dall’iniziativa unilaterale del promittente acquirente (Cass. n. 27902/2018; n. 14470/2018; n. 18006/2016; n. 23043/2016; n. 8544/2014).
Quanto all’ulteriore profilo censorio con cui il contribuente contesta l’esistenza del presupposto impositivo in conseguenza dell’intervenuta riforma della sentenza tassata, va richiamato l’art. 37 del d.P.R. n. 131 del 1986, secondo il quale ‘Gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio, i decreti ingiuntivi esecutivi, i provvedimenti che dichiarano esecutivi i lodi arbitrali e le sentenze che dichiarano efficaci nel territorio dello Stato sentenze straniere, sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato’.
Detta norma condiziona il conguaglio d’imposta, ovvero il rimborso della stessa, alla sentenza passata in giudicato ed a siffatto principio regolatore la CTR del Lazio si è attenuta allorché, dato atto che l’invito a depositare l’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza della Corte di Appello di Roma non era stato adempiuto dalle parti, ha confermato la debenza dell’imposta di registro liquidata dall’Ufficio.
Nella fattispecie in esame, non si tratta affatto di tassare un provvedimento giudiziario definitivamente riformato, per il quale sarebbe «illogico continuare a pretendere il pagamento», da parte dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, di importi che, ove pagati, «dovrebbero essere immediatamente restituiti.» (v. Cass. n. 15645/2019; n. 29004/2017; v. anche Cass. n. 3617/2020 e n. 15203/2021).
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza del ricorrente e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alle spese del presente giudizio che liquida in euro 3.000,00 oltre rimborso spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, se dovuto, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto per il r orso, a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 13 marzo 2024.