Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25641 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25641 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/09/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 24302/2021 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, COGNOME NOME, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) che li rappresenta e difende unitamente all’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA, SEZ.DIST. RAGIONE_SOCIALE n. 722/2021 depositata il 22/02/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/06/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che
La C.T.R. Lombardia, sez. dist. Brescia, con la sentenza in epigrafe indicata, in parziale riforma della decisione di primo grado, ha rideterminato l’imposta di registro dovuta in euro 44.460,78 (originariamente euro 76.277,00), con il ricalcolo RAGIONE_SOCIALE sanzioni sul nuovo importo e la compensazione RAGIONE_SOCIALE spese per entrambi i gradi del giudizio di merito;
ricorrono in cassazione NOME COGNOME e NOME COGNOME con due motivi di ricorso (1violazione dell’art. 37, d.P.R. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.; 2- violazione degli art. 15, d. lgs. 546 del 1992, 91, 92 e 96 cod. pro c. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.);
resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE che ha chiesto il rigetto del ricorso.
…
Considerato che
Le ricorrenti con il primo motivo prospettano una violazione di legge in quanto la RAGIONE_SOCIALE.T.R. riducendo l’importo dell’imposta di registro avrebbe dovuto annullare la cartella impugnata, invitando l’ufficio ad emettere un nuovo atto, di modo tale che le sanzioni non sarebbero dovute.
Il motivo è manifestamente infondato. L’art. 37, d.P.R. n. 311 del 1986 prevede che l’imposta di registro è dovuta anche nell’ipotesi di impugnazione del provvedimento giudiziario. Nel caso in giudizio, come accertato dalla sentenza impugnata e, del resto, pacifico tra le parti, la Corte di appello di Brescia, con sentenza divenuta definitiva, riduceva la base imponibile, in riforma della decisione del Tribunale
di Brescia (euro 1.482.026,04, invece di euro 2.542.564,54 della sentenza di primo grado). Conseguentemente la sentenza oggi impugnata ha tenuto conto di questa riduzione della base imponibile rideterminando l’imposta di registro in euro 44.460,78 (invece di euro 76.277,00) e ricalcolando le sanzioni sul nuovo ammontare.
In relazione al citato art. 37 d. P. R. n. 131 del 1986: «Gli atti dell’autorità giudiziaria in materia di controversie civili che definiscono anche parzialmente il giudizio sono soggetti all’imposta anche se al momento della registrazione siano stati impugnati o siano ancora impugnabili, salvo conguaglio o rimborso in base a successiva sentenza passata in giudicato; alla sentenza passata in giudicato sono equiparati l’atto di conciliazione giudiziale e l’atto di transazione stragiudiziale in cui è parte l’amministrazione dello Stato. Il contribuente che ha diritto al rimborso deve chiederlo ai sensi dell’art. 77 all’ufficio che ha riscosso l’imposta».
In sostanza l’imposta di registro andrebbe liquidata sulle somme di cui alla decisione del Tribunale di Brescia. Le ricorrenti avrebbero dovuto, pertanto, chiedere la restituzione della somma versata in più come previsto da ll’art. 37 e 77, d.P.R. 131 del 1986.
Tuttavia, correttamente la sentenza impugnata, in considerazione della riforma della decisione del Tribunale di Brescia ha rideterminato l’imposta sulla base imponibile risultante dalla sentenza definitiva della Corte di appello, in quanto sarebbe illogico far pagare una somma da ripetere, immediatamente, con certezza: «In tema di registro, l’art. 37 del d.P.R. n. 131 del 1986, laddove assoggetta a tassazione l’atto dell’autorità giudiziaria anche se al momento della registrazione è stato impugnato o è ancora impugnabile, salvo conguaglio o rimborso a seguito del passaggio in giudicato della decisione, esclude che l’imposta continui ad essere dovuta in conseguenza della definitiva riforma dell’atto, posto che una diversa interpretazione determinerebbe l’irragionevole conseguenza di obbligare ad un pagamento che dovrebbe essere
immediatamente restituito e contrasterebbe con i principi di uguaglianza e di capacità contributiva, equiparando l’ipotesi di presenza, ancora non definitiva ma comunque attuale, del presupposto impositivo a quella di definitivo accertamento della sua insussistenza» (Sez. 5-, Ordinanza n. 3617 del 13/02/2020; conf., Sez. 5-, Ordinanza n. 32626 del 9/11/2021).
La RAGIONE_SOCIALE non doveva, quindi, annullare la cartella come sostenuto dalle ricorrenti, nel ricorso in cassazione, ma ha logicamente applicato la base imponibile per il calcolo dell’imposta di registro come risultante dalla sentenza definitiva della Corte di appello.
Infatti, «Il processo tributario ha ad oggetto il rapporto e non la mera illegittimità dell’atto, di talché quest’ultima non comporta sempre ed automaticamente l’accoglimento integrale del ricorso del contribuente, dovendo il giudice esercitare i propri poteri estimativi e anche sostitutivi, provvedendo se del caso a rettificare gli importi richiesti. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha cassato la sentenza d’appello che aveva annullato integralmente gli avvisi di accertamento, senza procedere alla correzione del risultato dell’accertamento, pur avendo riconosciuto la deducibilità di oneri per canoni di leasing)» (Sez. 5-, Ordinanza n. 22770 del 20/07/2022; vedi anche Sez. 5-, Sentenza n. 22035 del 13/10/2020).
Ne consegue, logicamente, che le sanzioni e gli interessi sono dovuti, come disposto dalla sentenza impugnata, in relazione al nuovo importo, in quanto comunque le ricorrenti non hanno pagato la somma definitivamente accertata.
Con il primo motivo le ricorrenti prospettano anche la violazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., senza ulteriori specificazioni.
Tuttavia, in presenza di una doppia conforme di merito (come nel caso in giudizio) risulta inammissibile il ricorso ex art. 360, primo
comma, n. 5 cod. proc. civ.: «Nell’ipotesi di doppia conforme, prevista dall’art. 348-ter, comma 5, c.p.c., il ricorso per cassazione proposto per il motivo di cui al n. 5) dell’art. 360 c.p.c. è inammissibile se non indica le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse» (Sez. 3-, Ordinanza n. 5947 del 28/02/2023, Rv. 667202 – 01).
Anche il secondo motivo, sulla compensazione RAGIONE_SOCIALE spese dei giudizi di merito, e sulla mancata condanna ex art. 96, cod. proc. civ. dell’RAGIONE_SOCIALE, risulta infondato. La RAGIONE_SOCIALE.T.RAGIONE_SOCIALE. ha adeguatamente motivato sia per la compensazione sia per l’insussistenza di una responsabilità ex art. 96, cod. proc. civ.
La sentenza evidenzia la correttezza dell’iscrizione a ruolo del credito tributario in relazione all’art. 37, d.P.R. 131 del 1986 e alla decisione della Commissione tributaria provinciale che, in altro giudizio, con sentenza definitiva aveva riconosciuto la correttezza dell’avviso di liquidazione impugnato dalle ricorrenti.
In considerazione della rideterminazione della somma dovuta (da 76.277,00 ad euro 44.460,78) la sentenza ha ritenuto di compensare le spese. Si tratta di una valutazione di merito insindacabile in questa sede in quanto adeguatamente motivata.
Le ricorrenti sostengono che i ricorsi sono stati accolti (quantomeno per la domanda subordinata di riduzione dell’importo dovuto); invece, anche per la somma di euro 44.460,78 le ricorrenti risultano parzialmente soccombenti in quanto, si legge a pag. 11 del ricorso, in via subordinata era stata richiesto sì lo sgravio parziale, ‘ma comprensivo dell’integrale annullamento RAGIONE_SOCIALE sanzioni perché non più dovute sulla base di quel titolo’.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza; consegue il raddoppio del contributo unificato.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna le ricorrenti al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte RAGIONE_SOCIALE ricorrenti , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25/06/2024.