Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11846 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11846 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 06/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 35530/2018 R.G. proposto da :
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE ENNA, in persona del legale rappresentante, domiciliata in Palestrina INDIRIZZO presso l’avv. NOME COGNOME, rappresentata e difesa dall’avvocato NOME (CODICE_FISCALE; pec: EMAIL
-ricorrente-
COGNOME NOMECOGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME SNC, NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME SNC, NOME COGNOME NOMECOGNOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME NOME COGNOME NOMECOGNOME
elettivamente domiciliati in Roma INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentati e difesi dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrenti- contro
AGENZIA DELLE ENTRATE UFFICIO PROVINCIALE DI ENNA
-intimata- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. SICILIA n. 2343/2018 depositata il 04/06/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del l’ 08/04/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.L’ Azienda sanitaria provinciale di Enna impugnava l’avviso di liquidazione che l’Agenzia delle Entrate le aveva notificato per il recupero dell’imposta di registro concernente la sentenza civile n. 16/12 del tribunale di Enna – in esito al giudizio di opposizione al decreto ingiuntivo non provvisoriamente esecutivo emesso in favore di alcune farmacie creditrici dell’azienda sostenendo di aver corrisposto le somme in corso di giudizio e che, pertanto, le sentenze registrate non contenevano una pronuncia di condanna, nonché la non debenza in ragione del principio di alternatività Iva-registro.
I giudici di primo grado, disposta la riunione del giudizio a quello proposto dai farmacisti indicati in epigrafe, annullava l’avviso opposto con sentenza che veniva appellata dalla Azienda.
I giudici regionali, nel riformare la decisione di prime cure, affermavano che le sentenze civili sottoposte a registrazione avevano riconosciuto il diritto dell’opposta di ricevere le somme ingiunte, dichiarando al contempo improcedibile, per l’intervenuto pagamento nelle more del giudizio, la domanda di condanna. Escludeva inoltre l’applicazione del regime Iva, in mancanza della condanna al pagamento del corrispettivo della prestazione soggetta ad Iva.
Avverso detta decisione r icorre l’ Azienda sulla base di quattro motivi.
Avverso la medesima decisione n. 2343/2018 ricorrono i farmacisti indicati in epigrafe sulla base di tre motivi.
L’amministrazione è rimasta intimata.
MOTIVI DI DIRITTO
In via preliminare, si osserva che l ‘ Azienda sanitaria ha proposto ricorso per cassazione notificato il 4 dicembre 2018, mentre i farmacisti hanno notificato il ricorso in data 18 dicembre 2018.
1.1.Ebbene, il principio dell’unicità del processo di impugnazione contro una stessa sentenza comporta che, una volta avvenuta la notificazione della prima impugnazione, tutte le altre debbono essere proposte in via incidentale nello stesso processo e perciò, nel caso di ricorso per cassazione, con l’atto contenente il controricorso; quest’ultima modalità, tuttavia, non può considerarsi essenziale, per cui ogni ricorso successivo al primo si converte in ricorso incidentale, indipendentemente dalla forma assunta e ancorché proposto con atto a sé stante, la cui ammissibilità è condizionata al rispetto del termine di quaranta giorni (venti più venti) risultante dal combinato disposto degli artt. 370 e 371 cod. proc. civ., indipendentemente dai termini (l’abbreviato e l’annuale) di impugnazione in astratto operativi (Cass. n 448/2020; n. 2516/2016; n. 5695/2015). Nel caso di specie, trattandosi di ricorsi tutti già iscritti al medesimo numero di ruolo generale e come tali chiamati alla medesima decisione, neppure sussistono i presupposti per la formale riunione.
2.Con il primo motivo di ricorso principale , proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si denuncia la violazione dell’art. 2697 c.c.; si imputa alla Corte territoriale di aver fondato il proprio dictum sull’erroneo presupposto che vi fosse incertezza in merito all’intervenuto pagamento del corrispettivo in corso di giudizio, mentre dall’intero corpo della pronuncia impugnata emerge con certezza l’intervenuta estinzione del debito nelle more del processo, il che avrebbe imposto l’applicazione dell’ Iva alle prestazioni farmaceutiche che al momento della registrazione della sentenza risultava pari a zero.
Si soggiunge che il pagamento è avvenuto spontaneamente in quanto il decreto ingiuntivo non era esecutivo e che la sentenza aveva annullato il provvedimento monitorio, sostituendolo.
3.La seconda censura reca il vizio di violazione e falsa applicazione degli artt. 37 e 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, nonché dell’art. 635 c.p.c.; per avere il decidente erroneamente ritenuto che la sentenza resa sull’opposizione a decreto ingiuntivo con pronunzia ricognitiva dell’esistenza del credito ingiunto fosse soggetta all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’uno per cento, anziché ad imposta di registro in misura fissa. In particolare, si assume che
avendo la sentenza revocato il decreto ingiuntivo, trovano applicazione i criteri di cui agli artt. 37 e 41 del citato d.P.R., sostenendo che, a mente dell’art. 52 medesimo TUIR, se la sentenza interviene prima che l’Agenzia abbia liquidato l’imposta e notificato l’avviso, le parti sono liberate dal pagamento dell’imposta proporzionale relativa al decreto ingiuntivo revocato con sentenza.
4.Con il terzo motivo di ricorso, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 40 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, nonché della nota II all’art. 8 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, c.p.c.; per avere il decidente erroneamente escluso che la sentenza resa sull’opposizione a decreto ingiuntivo con pronunzia ricognitiva dell’esistenza del credito ingiunto riguardasse prestazioni soggette ad I.V.A..
Con il quarto mezzo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 91 cod. proc. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.; per avere la corte distrettuale erroneamente condannato la contribuente alla refusione delle spese giudiziali del giudizio di merito, in considerazione dei difformi orientamenti in materia e tenuto conto della legittimità della impugnazione.
I farmacisti indicati in epigrafe denunciano con il primo motivo del ricorso incidentale la violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 37 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nonchè 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. menzionato, tariffa parte prima allegata, in relazione agli artt. 115, 633 e 645 c.p.c., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n.3, c.p.c.; per avere il decidente erroneamente ritenuto che la sentenza resa sull’opposizione a decreto ingiuntivo con pronunzia ricognitiva dell’esistenza del credito ingiunto fosse soggetta all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’uno per cento, anziché ad imposta di registro in misura fissa . Si assume che l’imposta va applicata, ai sensi dell’art. 20 Tur , secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, il quale avrebbe il contenuto di una revoca del decreto ingiuntivo, avendo il tribunale di Enna accolto nel merito la domanda svolta dall’opposta, in seguito ai pagamenti disposti in corso di causa, il che dunque non muterebbe la natura condannatoria della sentenza.
Con la seconda censura si deduce la violazione e falsa applicazione degli artt. 20 e 37 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nonchè 8, comma 1, lett. c) del d.P.R. menzionato, tariffa – parte prima allegata, ex art. 360, primo comma, n.3, c.p.c., reiterando le difese svolte con il primo mezzo di ricorso. Si soggiunge che il pagamento dei crediti derivanti da operazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ha già comportato l’erogazione di detta imposta, cui si aggiungerebbe l’imposta di registro in misura proporzionale, con ciò implicando una duplicazione di imposta.
8 . Il terzo strumento di ricorso denuncia la violazione dell’art. 91 c.p.c. , per essersi l’Agenzia avvalsa per la costituzione in giudizio di funzionari interni, il che esonera dalla condanna alle spese di lite.
9.Le prime tre censure del ricorso proposto dall’azienda sanitaria, sovrapponibili alle prime due censure del ricorso per cassazione proposto dai farmacisti, la cui stretta ed intima connessione suggerisce l’esame congiunto, sono infondate.
9.1. La ricorrente contesta l’applicazione dell’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1% ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c, della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, in relazione alla pronunzia di accertamento dell’esistenza del credito ingiunto, che era stata (a suo dire, impropriamente) adottata dal Tribunale di Enna, contestualmente alla revoca del decreto ingiuntivo, a seguito del pagamento effettuato in corso di causa, con la sentenza resa all’esito del giudizio di opposizione. Secondo la, peraltro non lineare, prospettazione contenuta nel ricorso introduttivo, la sentenza del T ribunale di Enna (di cui non si trascrive l’integrale motivazione né il dispositivo e neppure la si allega al ricorso) avrebbe revocato il decreto ingiuntivo; mentre alla pagina 8 del ricorso si assume che la decisione d’appello ha dichiarato il diritto dell’opposta a percepire le somme di cui al decreto ingiuntivo, il che trova conferma nella sentenza impugnata. La ricorrente deduce che detta pronunzia dovrebbe intendersi alla stregua di una mera absolutio ab instantia, sulla base del sopravvenuto pagamento del debito in corso di causa e della conseguente revoca del decreto ingiuntivo, per cui l’imposta di registro va applicata in misura fissa a norma dell’art. 8, comma 1, lett. d, della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131.
9.2.Ora, per quanto il pagamento del debito in corso di causa – che, come accertato dal giudice d’appello , è stato effettuato nelle more del giudizio comporti normalmente la pronunzia della revoca del decreto ingiuntivo e della cessazione della materia del contendere sulla domanda originaria, non si può declassare, con un’operazione di pura e semplice ermeneutica, la dichiarazione di accertamento del credito (il cui tenore è riportato sia alle pagine 8 e 9 del ricorso, che alla pagina 5 del controricorso), ancorché adottata dal giudice dell’opposizione a decreto ingiuntivo in carenza di una specifica ed autonoma domanda ( ultra petitum ), ad una statuizione di carattere meramente processuale, anche in considerazione dell’eterogeneità funzionale delle tipologie provvedimentali.
9.3.Per cui, era onere delle parti impugnare in parte qua la sentenza per ottenere la riforma della pronuncia erroneamente adottata nel merito, non risultando dalla trascrizione del contenuto della decisione soggetta a
registrazione l’espressa revoca del decreto ingiuntivo (nello stesso senso , Cass. n. 3459/2021).
10. Ciò posto, la pronunzia di accertamento del credito non si prestava ad una diversa imposizione, anche considerando la soggezione ad I.V.A. delle prestazioni eseguite in corso di causa. Infatti, la nota II all’art. 8 della tariffa parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 limita ai soli «atti di cui al comma 1, lettera b)», cioè agli atti giudiziari «recanti condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura», l’esonero dall’imposta proporzionale di registro «per la parte in cui dispongono il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto ai sensi dell’art. 40 del Testo unico». Per cui, è evidente l’eccezionalità della disposizione derogatoria, che non può essere estesa in via interpretativa agli «atti di cui al comma 1, lettera c)», cioè agli atti giudiziari «di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale» né ai pagamenti effettuati spontaneamente sebbene nel corso di un giudizio introdotto da decreto ingiuntivo non esecutivo.
10.1. Ed in tal senso questa Corte si è espressa con riguardo all’opposizione allo stato passivo del fallimento ex art. 98 del R.D. 16 marzo 1942 n. 267 (prima della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 8, comma 1, lett. c, della tariffa parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 da parte della sentenza della Corte Costituzionale n. 177 del 13 luglio 2017, nella parte in cui assoggetta all’imposta di registro proporzionale, anziché in misura fissa, anche le pronunce che definiscono i giudizi di opposizione allo stato passivo del fallimento con l’accertamento di crediti derivanti da operazioni soggette all’imposta sul valore aggiunto – in tema: Cass., Sez. 5^, 5 dicembre 2018, n. 31409), affermando che la tariffa agevolata non può trovare applicazione, poiché essa è governata dal principio di alternatività nei soli casi indicati all’art. 8, comma 1, lett. b, della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 e questo principio, ancorché di natura generale, opera in relazione all’imposta controversa solo con riguardo agli specifici atti individuati tassativamente nella norma citata, e non è suscettibile di applicazione al di fuori delle ipotesi contemplate, stante, peraltro, il suo contenuto agevolativo, che lo rende di stretta interpretazione, alla strenua del chiaro disposto dell’art. 15 disp. prel. cod. civ. che esclude l’interpretazione estensiva delle norme speciali (in termini: Cass., Sez. 5^, 27 settembre 2017, n. 22502).
10.2.In tale direzione, si è anche affermato che la sentenza che accerta l’esistenza o l’ammontare del credito pignorato, definendo il giudizio di cognizione instaurato, a norma dell’art. 548 cod. proc. civ., in caso di mancata o contestata dichiarazione del terzo, è compresa fra gli atti dell’autorità giudiziaria «di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale», di cui all’art. 8, comma 1,
lett c) della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, assoggettati all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%, e non all’imposta nella misura fissa, riferendosi la norma non soltanto all’accertamento costitutivo, ma anche a quei provvedimenti privi di contenuto traslativo o ablatorio, che si risolvono in un accertamento dell’esistenza di ricchezza (in termini: Cass., Sez. 5^, 26 giugno 2009, n. 15159). Analogamente, si è detto che la sentenza di accertamento dell’obbligo del terzo nei confronti del debitore esecutato ex art. 549 cod. proc. civ., è assoggettata, ex art. 8, comma 1, lett. c), della tariffa – parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, ad imposta di registro in misura proporzionale e non fissa, in quanto è una decisione di mero accertamento e non di condanna sottoposta, in via alternativa, ad I.V.A. (in termini: Cass., Sez. 5^, 19 aprile 2019, n. 11036).
10.3.Né si profila una irragionevole disparità di trattamento tra le distinte fattispecie di cui all’art. 8, lett. b e lett. c, della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (pronunzie di condanna e pronunzie di accertamento) ai fini dell’eventuale prospettazione di una questione di legittimità costituzionale per violazione dell’art. 3 Cost.. Difatti, secondo l’apprezzamento già manifestato dal giudice delle leggi (sempre con riguardo all’opposizione allo stato passivo del fallimento, ma con argomentazione perfettamente attagliantesi alla vicenda in esame), «il fatto che l’accertamento del diritto di credito costituisca il necessario antecedente logico-giuridico della condanna non rende omogenee le fattispecie messe a confronto, neppure ai fini del regime tributario agevolato. E evidente, infatti, la diversità degli effetti che derivano dai due tipi di pronunce, quanto alla realizzazione degli interessi del creditore, perché solo quelle di condanna sono suscettibili di esecuzione forzata, rientrando così nell’ambito di applicazione dell’I.V.A. qualora dispongano il pagamento di corrispettivi o prestazioni soggetti a tale imposta» (sentenza della Corte Costituzionale n. 177 del 13 luglio 2017).
10.4. Su fattispecie sovrapponibile si vedano Cass. n. 3459/2021 e Cass. n. 15159/2019.
11. Quanto, poi, alla dedotta violazione dell’art. 20 Tur di cui al primo motivo di ricorso incidentale proposto dai farmacisti, si osserva che la sentenza del tribunale, dopo aver affermato che il pagamento imponeva la revoca, ha aggiunto che occorreva accertare la sussistenza del credito vantato con il procedimento monitorio, in considerazione della improcedibilità dello stesso per sopravvenuta carenza di interesse all’esito dell’intervenuto pagamento del debito; statuendo, di poi, il diritto degli opposti a percepire le somme ingiunte a titolo di rimborso della spesa farmaceutica, concludendo nel dispositivo per la revoca del decreto ingiuntivo e per l’improcedibilità della domanda avanzata
dagli opposti ed infine per l’accertamento del diritto degli opposti a percepire le somme ingiunte. Dalla lettura della pronuncia in rassegna emerge che il giudice di Enna ha sindacato in merito alla sussistenza dell’obbligazione creditoria, ritenendo di dover scrutinare la fondatezza delle ragioni dell’ingiungente. Né si versa in ipotesi di duplicazione di imposta, esclusa solo laddove si sia in presenza di una sentenza di condanna al pagamento del corrispettivo soggetto ad iva.
12.Va, quindi, ribadito il principio per cui gli atti giudiziari «di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale» sono soggetti ad imposta di registro in misura proporzionale dell’1 %, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c, della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 – anche nel caso in cui essi riguardino corrispettivi o prestazioni soggetti ad I.V.A., non applicandosi il principio di alternatività di cui all’art. 40 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131.
12.1. Sotto tale aspetto, dunque, la Commissione Tributaria Regionale si è attenuta al principio enunciato, valutando che la statuizione dichiarativa dell’esistenza del credito era riconducibile alla sfera applicativa dell’art. 8, lett. c, della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131.
13 . Va disatteso anche l’ultimo motivo proposto dai farmacisti.
13.1. Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte «nel processo tributario, alla parte pubblica (nella specie, un Comune) assistita in giudizio da propri funzionari o da propri dipendenti, in caso di vittoria della lite spetta la liquidazione delle spese, la quale deve essere effettuata mediante applicazione della tariffa ovvero dei parametri vigenti per gli avvocati, con la riduzione del venti per cento dei compensi ad essi spettanti, atteso che l’espresso riferimento ai compensi per l’attività difensiva svolta, contenuto nell’art. 15, comma 2 bis , del d.lgs. n. 546 del 1992, conferma il diritto dell’ente alla rifusione dei costi sostenuti e dei compensi per l’assistenza tecnica fornita dai propri dipendenti, che sono legittimati a svolgere attività difensiva nel processo (Cass. 11/10/2021, n. 27634; Cass. 10/01/2024, n. 1019, con riferimento specifico alle spese sostenute dall’Amministrazione finanziaria). Pertanto, nella specie correttamente la CTR ha liquidato le spese in favore dell’ADE, nonostante questa fosse assistita in giudizio da propri funzionari (Corte di Cassazione, sez. trib., ord. 28 febbraio 2025, n. 5319).
Nulla va disposto in ordine alle spese del giudizio di cassazione in favore dell’Agenzia delle Entrate poiché la medesima non ha svolto attività difensiva.
15.Ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, si dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta i primi tre motivi di ricorso principale , assorbito l’ ultimo; rigetta il ricorso incidentale;
ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del D.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, dà atto dell’obbligo, a carico della ricorrente principale e dei ricorrenti incidentali, di pagare l’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, se dovuto.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio della Sezione Tributaria della Corte