Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 15314 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 15314 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 31/05/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 18475/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 4185/2019 depositata il 24/10/2019, udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 17/05/2024 dal
Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
RAGIONE_SOCIALE ha impugnato l’avviso di liquidazione emesso dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE con riferimento al decreto ingiuntivo del Tribunale di Monza, n. 5316 del 2014, deducendo l’illegittimità della doppia imposizione, in quanto le fatture poste a fondamento del decreto ingiuntivo erano già state assoggettate ad i.v.a., e la carenza di motivazione dell’atto impugnato.
2.Il ricorso è stato accolto in primo grado. Nella sentenza di primo grado si legge che «le fatture .. rappresentano l’unica documentazione commerciale necessaria ai fini processuali, senza che vi sia enunciazione di alcun rapporto» e «che l’atto impugnato si appalesa illegittimo anche sotto il profilo del vizio di motivazione».
All’esito dell’appello dell’RAGIONE_SOCIALE, la sentenza di primo grado è stata riformata. Nella sentenza di appello, previo rigetto dell’eccezione di inammissibilità, si conclude «quando sia enunciato che le fatture derivano da operazioni di fornitura di merci soggette ad i.v.a., operazioni negoziali da registrare in caso di uso ai sensi degli artt. 22 e 40 del d.P.R. n. 131 del 1986, anche tale enunciazione deve essere tassata».
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, affidato a due motivi, la contribuente.
Si è costituita con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE, che ha eccepito la tardività del ricorso e ne ha chiesto, comunque, il rigetto del ricorso.
La contribuente ha depositato istanza di rimessione in termini, allegando di aver avviato il procedimento di notificazione del ricorso per cassazione prima della scadenza del termine, ma di
non essere riuscita a completarlo per le modalità organizzative dell’ente destinatario, che, a causa dell’emergenza sanitaria, ha disposto la chiusura dell’ufficio e lo svolgimento dell’attività lavorativa dei dipendenti da casa.
Risultano depositate la memoria della contribuente e le conclusioni scritte della Procura Generale, che ha chiesto rigettarsi il ricorso.
8.La causa è stata trattata e decisa all’udienza pubblica del 17 maggio 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.La contribuente ha dedotto: 1) la violazione e falsa applicazione, ai sensi all’art. 360, primo comma 1, n. 3, cod.proc.civ., degli artt. 22 e 40 del d.P.R. n. 131 del 1986, atteso che il concetto di enunciazione non si esaurisce nella allegazione, quale antefatto, della generica esistenza di un rapporto giuridico, sotteso alle fatture commerciali poste a fondamento del decreto ingiuntivo e che una diversa conclusione non può basarsi sulla circolare n. 34/E del 2001 dell’RAGIONE_SOCIALE, che non è un atto normativo; 2) l’omesso esame, ai sensi all’art. 360, primo comma, n. 5, cod.proc.civ., di un fatto decisivo per il giudizio e, cioè, della carenza di motivazione dell’atto impositivo, che non consente di comprendere la quantificazione della somma pretesa -fatto dedotto in primo grado ed oggetto di un motivo del ricorso introduttivo accolto, ma di cui il giudice di appello non ha tenuto conto, nonostante la censura di appello sul punto.
In primo luogo la ricorrente va rimessa in termini, ai sensi dell’art. 155 cod.proc.civ. Difatti, le circostanze di fatto allegate e non contestate dalla controricorrente, oltre che confermate dalla documentazione relativa al procedimento di notificazione, hanno
determinato la sua decadenza dall’impugnazione per causa ad essa non imputabile. Più precisamente il primo procedimento di notificazione (tempestivamente avviato ed immediatamente rinnovato) non si è positivamente concluso in conseguenza della chiusura al pubblico degli uffici dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, destinataria dell’atto, in considerazione dell’emergenza sanitaria del 2020. Non è, tuttavia, necessaria la concessione di un termine per rinnovare la notifica, essendosi concluso positivamente il secondo procedimento di notificazione immediatamente avviato dalla ricorrente ed essendosi, difatti, costituita la controricorrente.
3. In ordine al primo motivo, avente ad oggetto l’imposta di registro sul rapporto sottostante al decreto ingiuntivo, occorre premettere che la mera enunciazione di un atto soggetto a registrazione in caso d’uso in altro atto registrato, pur non configurandosi, di per sé, come ipotesi di uso ai sensi dell’art. 6 del d.P.R. n. 131 del 1986, ne comporta l’assoggettamento ad imposta a prescindere dall’uso, ai sensi del successivo art. 22 (così Cass., Sez. 5, 29 gennaio 2024, n. 2684, che ha confermato la decisione impugnata, secondo cui andava assoggettato ad imposta il contratto di prestazione d’opera richiamato in un decreto ingiuntivo, pur non costituendo ipotesi di uso del predetto). Va, però, precisato che, per potersi configurare l’enunciazione, è necessario che nell’atto sottoposto a registrazione vi sia espresso richiamo al negozio posto in essere, sia che si tratti di atto scritto o di contratto verbale, con specifica menzione di tutti gli elementi costitutivi di esso che servono ad identificarne la natura ed il contenuto in modo tale che lo stesso potrebbe essere registrato come atto a sé stante. Pertanto, la tassazione per enunciazione non può operare se nell’atto soggetto a registrazione siano menzionate circostanze dalle quali possa solo dedursi che esiste tra le parti il rapporto giuridico non denunciato, essendo sempre necessario che le circostanze enunciate siano idonee di per sé stesse, e, cioè,
senza necessità di ricorrere ad elementi non contenuti nell’atto, a dare certezza di quel rapporto giuridico.
Nel caso di specie, il giudice di merito ha accertato l’avvenuta enunciazione, precisando che dal decreto ingiuntivo risulta che le fatture derivano da un rapporto di fornitura di merci, i cui elementi sono specificati, sicché il motivo non merita accoglimento e deve essere rigettato. Solo per completezza deve sottolinearsi che l’accertamento di fatto effettuato dal giudice di merito non può essere rimesso in discussione in sede di legittimità e che sul punto non è stata formulata alcuna doglianza riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ.
4 . Il secondo motivo di ricorso, formulato ai sensi all’art. 360, primo comma, n. 5 cod.proc.civ., deve essere riqualificato e ricondotto nell’ambito applicativo dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod.proc.civ., visto che denuncia l’omessa motivazione della sentenza impugnata in ordine all’accoglimento (implicito) del motivo di appello formulato dall’RAGIONE_SOCIALE relativamente alla motivazione dell’atto impositivo.
In proposito occorre ribadire che il ricorso, che denunci l’apparente o omessa motivazione, in violazione dell’art. 132 cod.proc.civ., non può essere accolto qualora la questione giuridica sottesa sia comunque da disattendere, non essendovi motivo per cui un tale principio, formulato rispetto al caso di omesso esame di un motivo di appello, e fondato sui principi di economia e ragionevole durata del processo, non debba trovare applicazione anche rispetto al caso, del tutto assimilabile, in cui la motivazione resa dal giudice dell’appello sia, rispetto ad un dato motivo, sostanzialmente apparente, ma suscettibile di essere corretta ai sensi dell’art. 384 cod.proc.civ. (Cass., Sez. L., 1° marzo 2019, n. 6145).
La censura deve essere, pertanto, rigettata in applicazione dell’orientamento di questa Corte, secondo cui, in tema di imposta
di registro su atti giudiziari, l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione, gravante sull’Amministrazione, è assolto con l’indicazione della data e del numero della sentenza civile o del decreto ingiuntivo, senza necessità di allegazione dell’atto, purché i riferimenti forniti lo rendano agevolmente individuabile, e conseguentemente conoscibile senza la necessità di un’attività di ricerca complessa, realizzandosi in tal caso un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (Cass., Sez. 5, 7 aprile 2022, n. 11283).
5.In conclusione, il ricorso deve essere rigettato. Le spese del presente giudizio devono essere integralmente compensate, in considerazione RAGIONE_SOCIALE specifiche circostanze del caso concreto e del rigetto dell’eccezione pregiudiziale di rito di tardività del ricorso.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso;
dichiara integralmente compensate le spese di questo giudizio; ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 17/05/2024.