Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14791 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14791 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 498/2018 R.G., proposto DA
‘ RAGIONE_SOCIALE, con sede in Cagliari, in p ersona dell’amministratore unico pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, e dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliata, giusta procura in margine al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
Agenzia delle Entrate, con sede in Roma, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, con sede in Roma, ove per legge domiciliata;
RESISTENTE
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia il 17 maggio 2017 n. 2112/30/2017;
IMPOSTA DI REGISTRO ACCERTAMENTO ART. 20 T.U.R.
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 23 gennaio 2025 dal Dott. NOME COGNOME.
RILEVATO CHE:
La ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Lombardia il 17 maggio 2017 n. 2112/30/2017, che, in controversia su impugnazione di avviso di liquidazione n. 20101T001756000 per imposta di registro in relazione alla riqualificazione ex art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, del collegamento tra la costituzione con atto unilaterale della ‘ RAGIONE_SOCIALE da parte della ‘ RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE‘ (atto del 13 gennaio 2010), la sottoscrizione di aumento di capitale deliberato dalla ‘ RAGIONE_SOCIALE mediante conferimento di ramo aziendale da parte della ‘ RAGIONE_SOCIALE‘ (atto del 15 gennaio 2010) e la cessione della quota di compartecipazione nella ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ da parte della ‘ RAGIONE_SOCIALE alla ‘ RAGIONE_SOCIALE ‘ (atto del 19 gennaio 2010), nei termini complessivi di ‘ cessione indiretta di ramo aziendale ‘ , ha rigettato l’appello proposto dalla medesima nei confronti dell ‘Agenzia delle Entrate a vverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Milano il 30 ottobre 2014 n. 9266/46/2014, con compensazione delle spese giudiziali.
La Commissione tributaria regionale ha confermato la decisione di primo grado -che aveva rigettato il ricorso originario della contribuente – sul presupposto che le imposte di registro, ipotecaria e catastale dovessero applicarsi in
relazione al risultato finale delle operazioni complessive, senza tener conto degli effetti particolari dei singoli atti.
L ‘Agenzia delle Entrate si è tardivamente costituita al solo fine di partecipare all’eventuale udienza di discussione.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380bis .1 cod. proc. civ.
CONSIDERATO CHE:
Il ricorso è affidato a tre motivi.
Con il primo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 24 e 97 Cost., 41 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, 37bis , comma 4, del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, e 53bis del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che l’emanazione dell’avviso di liquidazione non esigesse l’osservanza del contraddittorio endoprocedimentale.
2.1 Il predetto motivo è infondato.
2.2 Disciplinando i diritti e le garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l ‘art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, dispone che: « Nel rispetto del principio di cooperazione tra amministrazione e contribuente, dopo il rilascio della copia del processo verbale di chiusura delle operazioni da parte degli organi di controllo, il contribuente può comunicare entro sessanta giorni osservazioni e richieste che sono valutate dagli uffici impositori. L’avviso di accertamento non può essere emanato prima della scadenza del predetto termine, salvo casi di particolare e motivata urgenza ».
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, in tema di tributi ” non armonizzati ” (come l’IRPEF, l’IRAP , le imposte di registro, ipotecaria e catastale, i tributi locali), l’obbligo dell’amministrazione finanziaria di instaurare
il contraddittorio nel corso del procedimento non sussiste per gli accertamenti c.d. ‘ a tavolino ‘, per cui non si pone la questione di un’eventuale inosservanza del termine dilatorio di cui all ‘ art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212; tuttavia, tale principio non vale per i tributi ” armonizzati ” come l ‘ IVA, ipotesi nella quale, tuttavia, il contribuente che faccia valere il mancato rispetto di detto termine è in ogni caso onerato di indicare, in concreto, le questioni che avrebbe potuto dedurre in sede di contraddittorio preventivo (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 dicembre 2015, n. 24823; Cass., Sez. 6^-5, 29 ottobre 2018, n. 27420; Cass., Sez. 6^-5, 5 novembre 2020, n. 24793; Cass., Sez. 5^, 29 dicembre 2020, n. 29726; Cass., Sez. 5^, 6 luglio 2021, nn. 19176 e 19177; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. Trib., 4 dicembre 2023, n. 33699; Cass., Sez. Trib., 6 marzo 2024, n. 6094).
Viceversa, l ‘ art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, prevede, nel triplice caso di accesso, ispezione o verifica nei locali destinati all ‘ esercizio dell ‘ attività, una valutazione ex ante in merito al rispetto del contraddittorio operata dal legislatore, attraverso la previsione di nullità dell’atto impositivo per mancato rispetto del termine dilatorio, che già, a monte, assorbe la ‘ prova di resistenza ‘ , senza distinguere tra tributi armonizzati e non armonizzati (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 15 gennaio 2019, nn. 701 e 702; Cass., Sez. 5^, 30 marzo 2021, n. 8718; Cass., Sez. 6^-5, 23 novembre 2021, n. 36118; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. Trib., 17 novembre 2023, n. 31997; Cass., Sez. Trib., 28 febbraio 2024, n. 5269).
Q uanto al contenuto dell’obbligo documentale, questa Corte ha affermato che il termine dilatorio di cui all ‘ art. 12, comma 7, della legge 27 luglio 2000, n. 212, decorre da tutte le possibili tipologie di verbali che concludono le operazioni di accesso, verifica o ispezione, indipendentemente dal loro contenuto e denominazione formale, essendo finalizzato a garantire il contraddittorio anche a seguito di un verbale meramente istruttorio e descrittivo (in termini: Cass., Sez. 6^-5, 2 luglio 2014, n. 15010; Cass., Sez. 5^, 23 gennaio 2020, n. 1497; Cass., Sez. 5^, 4 marzo 2021, nn. 5942, 5943, 5944, 5945 e 5946; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2021, n., 16140; Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 17916; Cass., Sez. 5^, 14 dicembre 2021, n. 39922; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481; Cass., Sez. Trib., 16 ottobre 2023, n. 28742; Cass., Sez. Trib., 6 marzo 2024, n. 6094).
Ne consegue che, rispetto all’imposta di registro, la quale si applica « secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici de ll’atto presentato alla reg istrazione , (…) sulla base degli elementi desumibili » (art. 20, comma 1, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), in assenza di una specifica previsione di legge, l’amministrazione finanziaria non ha alcun obbligo di instaurare un contraddittorio preventivo col contribuente prima dell’emanazione dell’avviso di l iquidazione, limitandosi la sua funzione alla valutazione della rilevanza fiscale dell’atto negoziale o giudiziale, al momento della registrazione su richiesta o d’ufficio (artt. 10, 11, 12 e 15 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), mediante la determinazione della base imponibile (artt. 43 -53 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131), l’applicazione dell’imposta nella misura (fissa o proporzionale) stabilita secondo le prescrizioni tariffarie corrispondenti alla tipizzazione delle fattispecie negoziali (art. 41 del d.P.R. 26
aprile 1986, n. 131) ed il recupero dell’imposta non versata o versata in misura inferiore all’importo dovuto (artt. 54, 55 e 56 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131).
Altrettanto vale nel caso di riqualificazione dell’atto presentato alla registrazione (art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131), trattandosi di una mera operazione ermeneutica del testo negoziale (Cass., Sez. 5^, 11 febbraio 2021, n. 3456; Cass., Sez. 5^, 6 aprile 2022, n. 11118; Cass., Sez. 5^, 7 aprile 2022, n. 11282; Cass., Sez. Trib., 20 maggio 2024, n. 13894), che, comunque, non può travalicare gli elementi desumibili dal suo contenuto intrinseco (anche alla luce delle modifiche apportate dall ‘ art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall ‘ art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145).
Per cui, non essendo ipotizzabile un accesso dell’amministrazione finanziaria presso la sede del contribuente esercente un’attività professionale o imprenditoriale anche per la sola assunzione di informazioni o l’acquisizione di documenti, non può venire i n rilievo la violazione dell’obbligo del contraddittorio endo -procedimentale n ell’accertamento dei presupposti per la liquidazione dell’imposta di registro.
Ad ogni modo, si è chiarito che l’ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 concerne l’oggettiva portata effettuale dei negozi e non contiene quindi una disposizione antielusiva strictu sensu , come quella del l’art. 37 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, sicché l’avviso di liquidazione ex art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non soggiace all’obbligo di contraddittorio preventivo ex art. 37bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 19 giugno 2013, n. 15319; Cass., Sez. 6^-5, 8 giugno 2016, n. 11694;
Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2017, nn. 6758 e 6759; Cass., Sez. 5^, 23 febbraio 2018, n. 4404; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2019, n. 1962; Cass., Sez. 6^-5, 7 ottobre 2020, nn. 21616 e 21618; Cass., Sez. 5^, 21 dicembre 2021, nn. 41041, 41106, 41110, 41116 e 41119; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 366; Cass., Sez. Trib., 20 luglio 2023, n. 21535; Cass., Sez. Trib., 21 giugno 2024, n. 17170), pure aggiungendosi che il ricordato art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non esprime una regola antielusiva, bensì una regola interpretativa (Cass., Sez. 5^, 10 febbraio 2017, n. 3562; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2017, nn. 6758 e 6759; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2018, n. 2009; Cass., Sez. 5^, 24 gennaio 2019, n. 1962; Cass., Sez. 6^-5, 7 ottobre 2020, nn. 21616 e 21618; Cass., Sez. 5^, 21 dicembre 2021, nn. 41041, 41106, 41110, 41116 e 41119; Cass., Sez. 5^, 10 gennaio 2022, n. 366; Cass., Sez. Trib., 20 luglio 2023, n. 21535; Cass., Sez. Trib., 28 giugno 2024, n. 17871).
Per cui, pur rimanendo fermo che in materia tributaria il divieto di abuso del diritto costituisce principio generale antielusivo, volto a sanzionare ogni operazione economica che mira al conseguimento di vantaggi fiscali ottenuti mediante l ‘ uso distorto, ancorché non contrastante con alcuna disposizione normativa, di strumenti giuridici idonei ad ottenere un risparmio d ‘ imposta, in difetto di ragioni economicamente apprezzabili che giustifichino l ‘ operazione, la cui ricorrenza deve essere provata dal contribuente, si richiede che tali pratiche elusive vengano correttamente contestate e perseguite dall ‘ amministrazione finanziaria, attraverso gli strumenti all ‘ uopo previsti dall ‘ ordinamento (ad esempio, l ‘ art. 37bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, poi sostituito dall’art. 10bis della legge 27 luglio 2000, n. 212). (Cass., Sez.
5^, 19 novembre 2021, n. 35556; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481).
Risultano, dunque, prive di rilievo decisivo, nell ‘ applicazione dell ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, le questioni concernenti sia la sussistenza o meno di un intento elusivo o simulatorio in capo alle parti contraenti, che l ‘ amministrazione finanziaria non è tenuta a dimostrare, sia – per quanto già detto – il difetto di contraddittorio preventivo in sede di procedimento amministrativo (Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34405; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2021, n. 34488; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481).
Né, in senso contrario, appare utile richiamare la previsione dell’art. 53 -bis del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, atteso che, nel caso di specie, la disposizione si applica nel testo vigente prima delle modifiche apportate dall’art. 1, comma 87, lett. b ), della legge 27 dicembre 2017 n. 205, che ha esteso al campo delle imposte di registro, ipotecaria e catastale le ‘ attribuzioni ‘ ed i ‘ poteri ‘ riconosciuti agli uffici finanziari dagli artt. 31, 32 e 33 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, per l ‘ accertamento delle imposte dirette, ma senza contemplare alcun richiamo alla disposizione di cui al l’art. 37 -bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, norma che non riguarda suddette ‘ attribuzioni ‘ e ‘ poteri ‘ , ma incide sull ‘ oggetto dell ‘ imposizione (Cass., Sez. 5^, 19 giugno 2013, n. 15319; Cass., Sez. 5^, 15 novembre 2021, n. 34405; Cass., Sez. 5^, 16 novembre 2021, n. 34488; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16481).
2.3 Nella specie, quindi, il giudice di appello ha fatto corretta applicazione del principio enunciato, ritenendo che l’emissione dell’avviso di liquidazione ex art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, non esigeva l’osservanza del contraddittorio
preventivo, trattandosi di adempimento prescritto soltanto dall’art. 37bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600.
Con il secondo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 1 e 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, 832, 2331, primo comma, 2462, 2463, terzo comma, e 2468, secondo comma e terzo comma, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di secondo grado che le imposte di registro, ipotecaria e catastale dovessero applicarsi in relazione al risultato finale dell’operazione complessiva, senza tener conto degli effetti particolari dei singoli atti.
3.1 Il predetto motivo è fondato.
3.2 Al riguardo, si osserva che, in tema di imposta di registro, ai sensi dell ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, quale modificato dall ‘ art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall ‘ art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui si prevede che, ai fini dell ‘ imposta di registro, l ‘ interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali, l ‘ amministrazione finanziaria non può travalicare lo schema negoziale tipico in cui l ‘ atto risulta inquadrabile.
Invero, l ‘art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, prevede che: « Al testo unico delle disposizioni concernenti l ‘ imposta di registro, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131, sono apportate le seguenti modificazioni: a) all ‘ articolo 20, comma 1: 1) le parole: «degli atti presentati» sono sostituite dalle seguenti: «dell ‘ atto presentato»; 2) dopo la parola: «apparente» sono aggiunte le seguenti: «, sulla base degli elementi desumibili dall ‘ atto medesimo, prescindendo da quelli
extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi ».
L ‘ art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, prevede che: « L ‘ articolo 1, comma 87, lettera a), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell ‘ articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 ».
3.3 Di recente, la sentenza della Corte Costituzionale n. 158 del 21 luglio 2020 ha statuito che non è fondata la questione di legittimità costituzionale, posta in relazione agli artt. 3 e 53 Cost., dell ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, quale modificato dall ‘ art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, e dall ‘ art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, nella parte in cui si prevede che, ai fini dell ‘ imposta di registro, l ‘ interpretazione degli atti presentati alla registrazione debba avvenire solo in base al loro contenuto, senza fare riferimento ad atti collegati o ad elementi extratestuali.
Secondo il giudice delle leggi, « il legislatore, con la denunciata norma ha inteso, attraverso un esercizio non manifestamente arbitrario della propria discrezionalità, riaffermare la natura di ‘imposta d’atto’ dell’imposta di registro, precisando l’oggetto dell’imposizione in coerenza co n la struttura di un prelievo sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, senza che assumano rilievo gli elementi extratestuali e gli atti collegati privi di qualsiasi nesso testuale con l’atto medes imo, salvo le ipotesi espressamente regolate dal testo unico ».
Per altro verso, un ‘ interpretazione della norma in chiave antielusiva provocherebbe « incoerenze nell ‘ ordinamento, quantomeno a partire dall ‘ introduzione dell ‘ art. 10-
bis della Legge 212 del 2000 » e « consentirebbe all ‘ amministrazione finanziaria, da un lato, di operare in funzione antielusiva senza applicare la garanzia del contraddittorio endoprocedimentale e, dall ‘ altro, di svincolarsi da ogni riscontro di «indebiti» vantaggi fiscali e di operazioni «prive di sostanza economica», precludendo di fatto al contribuente ogni legittima pianificazione fiscale (invece pacificamente ammessa nell ‘ ordinamento tributario nazionale e dell ‘ Unione Europea)».
Da ultima, poi, la sentenza della Corte Costituzionale n. 39 del 16 marzo 2021 ha avuto modo di tornare sulla questione di legittimità costituzionale dell ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, come modificato dall ‘ art. 1, comma 87, lett. a), nn. 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, in riferimento agli artt. 3 e 53 della Costituzione, che è stata dichiarata manifestamente infondata con specifico riguardo all ‘ efficacia retroattiva della disposizione interpretativa. Secondo il giudice delle leggi, « si deve escludere che possa essere considerato irragionevole attribuire efficacia retroattiva a un intervento che, come quello descritto, ha assunto un carattere di sistema ».
In tale prospettiva, la Corte Costituzionale ha ritenuto che la retroattività conseguente alla natura di interpretazione autentica riconosciuta all ‘ art. 1, comma 87, lett. a), nn. 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205, trova adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e non contrasta con altri valori e interessi costituzionalmente protetti, avendo riguardo al carattere di sistema assunto dall ‘ intervento legislativo oggetto di scrutinio, che, per tale motivo, si sottrae al dubbio sollevato dal remittente. Inoltre, la medesima ragione impone di disattendere la censura di irragionevolezza
della disposizione anche sotto il profilo della ipotizzata violazione dei « motivi imperativi di interesse generale » desumibili dall ‘ art. 6 della Carta Europea dei Diritti dell’Uomo , sottolineando che tali norme sono volte a tutelare i diritti della persona contro il potere dello Stato e della Pubblica Amministrazione e non viceversa (vedasi anche: Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065).
3.4 Adeguandosi a tale interpretazione, anche questa Corte ha ribadito che l ‘ imposta colpisce l ‘ atto sottoposto a registrazione quale risulta dallo scritto, senza tener conto di elementi extratestuali, poiché l ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dispone che « l ‘ imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell ‘ atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente, sulla base degli elementi desumibili dall ‘ atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi » (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 18 febbraio 2021, nn. 4315 e 4319; Cass., Sez. 5^, 1 aprile 2021, n. 9065; Cass., Sez. 6^-5, 25 maggio 2021, nn. 14318 e 14342; Cass., Sez. 5^, 21 settembre 2021, n. 25601; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, nn. 29620 e 29623; Cass., Sez. 5^, 18 novembre 2021, n. 35220; Cass., Sez. 6^-5, 2 dicembre 2021, nn. 38003 e 38005; Cass., Sez. 6^-5, 11 gennaio 2022, n. 590; Cass., Sez. 6^-5, 12 gennaio 2022, n. 715; Cass., Sez. 5^, 23 maggio 2022, n. 16483; Cass., Sez. Trib., 13 dicembre 2023, n. 34901; Cass., Sez. Trib., 12 agosto 2024, n. 22668).
Va aggiunto, per completezza, che, in risposta al rinvio pregiudiziale del giudice di legittimità alla Corte di Giustizia dell ‘ Unione Europea sulla questione « se gli artt. 5, numero 8, della direttiva n. 77/388/CEE e 19 della direttiva n.
2006/112/CE ostino ad una disposizione nazionale come l ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, modificato dall ‘ art. 1, comma 87, lettera a), numeri 1) e 2), della legge 27 dicembre 2017, n. 205 e dall ‘ art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, che impone all ‘ Amministrazione finanziaria di qualificare l ‘ operazione intercorsa tra le parti esclusivamente sulla base degli elementi testuali contenuti nel contratto con divieto del ricorso ad elementi extratestuali (ancorché essi siano oggettivamente esistenti e provati), derivandone la preclusione assoluta per l ‘ Amministrazione finanziaria di provare che la prestazione economica, integrante una cessione d ‘ azienda, in sé indissociabile, è stata in realtà artificialmente scomposta in una pluralità di prestazioni – le plurime cessioni dei beni -, con il conseguente riconoscimento della detrazione IVA in assenza dei requisiti previsti dal diritto dell ‘ Unione Europea » (Cass., Sez. 5^, 31 marzo 2022 n. 10283), il giudice eurounitario ne ha dichiarato la manifesta irricevibilità, « non avendo il giudice del rinvio esposto in modo sufficiente sotto quale profilo l ‘ interpretazione dell ‘ articolo 5, paragrafo 8, della sesta direttiva e dell’articolo 19 della direttiva IVA sia rilevante ai fini dell’applicazione dell’ articolo 20 del TUR, la Corte non può valutare in quale misura una risposta alla questione sollevata sia necessaria per consentire a tale giudice di decidere » (Corte Giust., 21 dicembre 2022, causa C-250/2022, Fallimento RAGIONE_SOCIALE contro Agenzia delle Entrate ) (così: Cass., Sez. Trib., 6 marzo 2024, n. 6094).
Dunque, ai fini della presente decisione, non resta che prendere atto della portata retroattiva della norma di interpretazione autentica di cui all ‘ art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, ritenendo applicabile l ‘ art.
20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall ‘ art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, anche agli atti stipulati in epoca antecedente alla sua entrata in vigore per i quali i processi dinanzi ai giudici tributari siano ancora pendenti.
Invero, è pacifico che la qualificazione di una disposizione di legge come norma di interpretazione autentica – al di là del carattere effettivamente interpretativo della previsione -esprime univocamente l ‘ intento del legislatore di imporre un determinato significato a precedenti disposizioni di pari grado, così da far regolare dalla nuova norma fattispecie sorte anteriormente alla sua entrata in vigore, dovendosi escludere, in applicazione del canone ermeneutico che impone all ‘ interprete di attribuire un senso a tutti gli enunciati del precetto legislativo, che la disposizione possa essere intesa come diretta ad imporre una determinata disciplina solo per il futuro (in termini: Cass., Sez. Un., 29 aprile 2009, n. 9941; Cass., Sez. Un., 21 agosto 2009, nn. 18565, 18566, 18567, 18568, 18569, 18570, 18571, 18572, 18573, 18574, 18575, 18576, 18577, 18578, 18579, 18580, 18581 e 18582; da ultima, Cass. Sez. Trib., 6 marzo 2024, n. 6094).
3.5 Nel caso di specie, stante l ‘ applicabilità retroattiva dell ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, nel testo novellato dall ‘ art. 1, comma 87, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, per effetto della precisazione contenuta nell ‘ art. 1, comma 1084, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, l’amministrazione finanziaria non aveva facoltà di riqualificare la sequenza di una pluralità di atti nei termini complessivi ed unitari di cessione indiretta di azienda, dovendo limitarsi a verificare la corretta liquidazione delle imposte di registro, ipotecaria e catastale in relazione a ciascuna delle predette operazioni, i cui effetti
giuridici dovevano essere singolarmente e separatamente valutati ai fini fiscali.
3.6 Da ciò consegue che la individuazione del regime tributario applicabile, quanto alle imposte di registro, ipotecaria e catastale, avrebbe dovuto essere operata dall’ amministrazione finanziaria con distinto e separato riferimento al conferimento di ramo aziendale nella società unipersonale di nuova costituzione, alla cessione totalitaria della quota di compartecipazione nella società unipersonale di nuova costituzione ed alla fusione per incorporazione della società unipersonale di nuova costituzione nella società cessionaria della quota totalitaria di compartecipazione nella medesima, dovendo avallarsi la tassazione isolata del negozio veicolato dall ‘ atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili.
3.7 Peraltro, prendendo atto dell ‘ evoluzione normativa e giurisprudenziale, anche l’Agenzia delle Entrate ha recentemente finito per ritenere che « (…) la complessiva operazione descritta, comprendente la cessione totalitaria delle quote sociali preceduta dal conferimento del ramo d’azienda, non possa essere riqualificata come cessione d’azienda unitaria ai sensi dell’art. 20 del T.U.R. , così come modificato dalla Legge di bilancio 2018» (vedasi la risposta ad interpello n. 371 del 17 settembre 2020).
3.8 Nella specie, peraltro, ponendo a fondamento della ripresa a tassazione l’inserimento della cessione della partecipazione totalitaria al capitale sociale nel contesto di una più complessa operazione di cessione indiretta di azienda, non ha fatto corretta applicazione di tale criterio interpretativo, con conseguente illegittimità dell ‘ avviso di liquidazione (da ultima: Cass., Sez. 5^, 26 aprile 2022, n. 13006).
Giova ricordare che, con riferimento agli atti di cessione di quote societarie, l ‘ art 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 prevede che gli « (…) atti pubblici e scritture private autenticate aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società o enti di cui al precedente art. 4 o di titoli di cui all ‘ art. 8 della tabella o aventi per oggetto gli atti previsti nella stessa tabella, esclusi quelli di cui agli artt. 4, 5, 11, 11bis e 11ter ; atti di ogni specie per i quali è prevista l ‘ applicazione dell ‘ imposta in misura fissa ». Questa Corte (Cass., Sez. 5^, 27 novembre 2006, n. 25087) ha già affermato che le scritture private autenticate, aventi per oggetto la negoziazione di quote di partecipazione in società di qualunque tipo, sono assoggettate all ‘ imposta di registro in misura fissa, ai sensi dell ‘ art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131. L ‘ affermazione che all ‘ atto di cessione di quota societaria si applica, ex art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, l ‘ imposta di registro in misura fissa risulta, poi, conforme anche ai principi comunitari, ed in particolare ai principi stabiliti dalla direttiva n. 69/335/CEE del Consiglio del 17 luglio 1969. Tale direttiva, concernente le imposte indirette sulla raccolta di capitali, aveva lo scopo di fissare una armonizzazione nella Comunità sulla tassazione indiretta dei conferimenti societari, precisando all ‘ art. 11 che « Gli Stati membri non sottopongono ad alcuna imposizione, sotto qualsiasi forma: a) la creazione l ‘ emissione, l ‘ ammissione in borsa, la messa in circolazione o la negoziazione di azioni, di quote sociali o titoli della stessa natura, nonché di certificati di tali titoli, quale che sia il loro emittente (…) ».
Tale ultima disposizione è stata abrogata dall ‘ art. 16 della direttiva n. 2008/7/CE del Consiglio del 12 febbraio 2008, ma
la previsione in essa contenuta è stata sostanzialmente riprodotta dall ‘ art. 5 ( ‘ Operazioni non soggette all ‘ imposta indiretta ‘ ) della medesima direttiva. L ‘ esenzione da imposta proporzionale stabilita dall ‘ art. 11 della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, non è, quindi, una disposizione meramente nazionale, ma è una disposizione di diretta applicazione di principi comunitari ispirati al principio della libera circolazione dei capitali in ottica di sviluppo del mercato comune (Cass., Sez. 5^, 23 giugno 2021, n. 18037). Questa esegesi è stata ulteriormente consolidata da successivi arresti di questa Corte, secondo i quali, in caso di cessione totalitaria di partecipazioni societarie, l ‘ imposta di registro è sempre liquidata in misura fissa, ai sensi dell ‘ art. 11 della tariffa – parte prima, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, poiché è preclusa all ‘ amministrazione finanziaria – in assenza di elementi extratestuali o atti collegati – la riqualificazione della fattispecie nei termini di cessione indiretta di azienda, in virtù dell ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, restando estraneo a tale contratto, in coerenza con la sua intrinseca natura ed i suoi effetti giuridici, il trasferimento dell ‘ azienda appartenente alla società di persone o di capitali (Cass., Sez. Trib., 20 marzo 2024, nn. 7470 e 7495), e, in caso di cessione totalitaria di partecipazioni societarie, l ‘ imposta di registro è liquidata in misura fissa, ai sensi dell ‘ art. 11 della tariffa – parte prima del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, anche in presenza della pattuizione di clausole di price adjustment o di indemnity -rivolte, rispettivamente, alla revisione del corrispettivo o a prestare una garanzia assicurativa, in ragione di sopravvenienze idonee ad incidere sul valore del patrimonio netto della società, per determinare il prezzo delle azioni o delle quote al momento della cessione – poiché all ‘ amministrazione
finanziaria, in assenza di elementi extratestuali o atti collegati, è preclusa la riqualificazione quale cessione indiretta di azienda, ai sensi dell ‘ art. 20 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, dal momento che la suddetta pattuizione non è idonea ad alterare la causa, né a mutare l ‘ oggetto del contratto di cessione di partecipazioni societarie (Cass., Sez. Trib., 21 marzo 2024, n. 7613).
3.9 Ne discende che il giudice di appello ha fatto malgoverno del principio enunciato, ritenendo che le imposte di registro, ipotecaria e catastale dovessero applicarsi in relazione al risultato finale dell’operazione complessiva, senza tener conto degli effetti particolari dei singoli atti.
Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt. 42, comma 1, e 56, comma 2, del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per aver erroneamente ritenuto che le maggiori imposte liquidate avessero natura complementare e che, pertanto, la maggiorazione degli interessi moratori fosse dovuta.
Il predetto motivo è assorbito dall’accoglimento del secondo motivo, rendendosene superfluo ed ultroneo lo scrutinio in questa sede.
Dunque, alla stregua delle suesposte argomentazioni, valutandosi l’infondatezza del primo motivo, la fondatezza del secondo motivo e l’assorbimento del terzo motivo, i l ricorso può trovare accoglimento entro tali limiti e la sentenza impugnata deve essere cassata in relazione al motivo accolto; non occorrendo ulteriori accertamenti in fatto, la causa può essere decisa nel merito, ai sensi dell ‘ art. 384, primo comma, ultima parte, cod. proc. civ., con pronuncia di accoglimento del ricorso originario della contribuente.
Le spese dell ‘ intero giudizio possono essere compensate tra le parti in considerazione dell’evoluzione normativa e della incertezza giurisprudenziale risolta solo a seguito dell’intervento della Corte Costituzionale .
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso, rigetta il primo motivo e dichiara l’assorbimento del terzo motivo; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e, decidendo nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente; compensa tra le parti le spese dell’intero giudizio.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 23 gennaio