Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 23944 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 23944 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 05/09/2024
REGISTRO SENTENZA CONDANNA
sul ricorso iscritto al n. 27821/2020 del ruolo generale, proposto
DA
COGNOME NOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), nata ad Apiro il DATA_NASCITA e residente in Recanati, al INDIRIZZO, rappresentata e difesa, in forza di procura speciale e nomina poste in calce al ricorso, dall’AVV_NOTAIO COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE), domiciliato, ai sensi dell’art. 366, secondo comma, cod. proc. civ. presso la cancelleria della Corte di cassazione.
– RICORRENTE –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello RAGIONE_SOCIALE (codice fiscale CODICE_FISCALE), domiciliata in Roma, alla INDIRIZZO.
per la cassazione della sentenza n. 318/3/2021 della Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE Marche, depositata il 26 marzo 2021, non notificata;
UDITA la relazione svolta all’udienza camerale del 29 aprile 2024 dal Consigliere NOME COGNOME;
RILEVATO CHE:
oggetto di controversia è l’avviso di liquidazione indicato in atti, con cui l’Ufficio chiedeva ad NOME COGNOME la somma di 11.914,86 € a titolo di imposta di registro (bollo ed altre entrate erariali) conseguenti alla mancata registrazione della sentenza n. 223 del 25 luglio 2012, emessa dal Tribunale di Macerata -Sezione distaccata di Civitanova Marche -ed avente ad oggetto la pronuncia di condanna al risarcimento del danno in favore della ricorrente nella misura di 316.300,00 €, oltre accessori, in ragione dell’inadempimento RAGIONE_SOCIALE controparti relativamente agli obblighi derivati da un contratto preliminare di compravendita;
con la sentenza impugnata la Commissione tributaria regionale RAGIONE_SOCIALE Marche rigettava -per quanto ora occupa l’appello proposto dalla contribuente, confermando sul punto la pronuncia di primo grado, assumendo, con riferimento ai motivi oggetto della presente impugnazione, che:
-« non è necessario allegare all’avviso di liquidazione l’atto (trattasi di sentenza civile) sottoposto ad imposizione fiscale dal momento che lo stesso atto, ove sono stati indicati anche i nominativi RAGIONE_SOCIALE parti nel processo, era già nella piena disponibilità della Sig.ra COGNOME NOME essendo stata costei a promuovere l’azione giudiziaria che si è conclusa con l’emissione della sentenza n. 223/2012 del 25/07/2012 emessa dal Tribunale di Macerata nella Sezione Distaccata di Civitanova Marche comunque favorevole a detta Sig.ra»;
«La sentenza che ha dato origine alla pretesa impositiva contiene la condanna del convenuto al pagamento in favore della Sig.ra COGNOME
NOME della somma di €. 316.300,00 oltre rivalutazione monetaria ed interessi ed oltre alle spese di lite il tutto come specificato in sentenza»;
«Orbene, l’art. 8, comma 1, della Tariffa cit. prevede soltanto ed esclusivamente alla lettera sub b ), con una aliquota da applicare del 3%, la ipotesi di tassazione di sentenze recanti la condanna al pagamento di somme, e questo in totale coincidenza con quanto statuito nella sentenza in questione»;
«Le altre ipotesi ivi contemplate nelle restanti lettere del comma 1 cit. riguardano differenti casi di emissione di provvedimenti giurisdizionali assolutamente non assimilabili alla fattispecie qui in esame»;
«Ne consegue che esiste un naturale collegamento tra il contenuto decisorio della sentenza (pagamento somme) e la corrispondente ipotesi di tassazione prevista dal comma 1 – lettera b ) cit., di talché tale coincidenza non può generare alcuna incertezza normativa circa l’applicazione dell’aliquota de qua alla fattispecie qui in esame»;
-« l’imposizione tributaria proporzionale al 3% applicata dall’Ufficio finanziario si palesa legittima in quanto nel caso di specie si è configurato il presupposto impositivo previsto dalla norma dedicata, ossia è stata emessa una condanna al pagamento di somme che costituisce proprio l’ipotesi di tassazione specificatamente prevista dalla surrichiamata lettera b ), comma1, art. 8 della Tariffa allegata al D.P.R. n. 131/1986»;
«La circostanza sollevata da parte appellante secondo cui l’imposta per la registrazione della sentenza non sarebbe applicabile stante la conclamata insolvenza del soggetto che ha subito la condanna al risarcimento del danno si palesa inconferente e non attinente alla presente contesa in quanto l’imposta di registro colpisce l’atto giudiziario emesso e ciò a prescindere dal fatto che le somme oggetto della condanna in sentenza possano essere effettivamente recuperate , vigendo, tra l’altro, il pacifico principio di solidarietà previsto dall’art. 57 del D.P.R. n. 13111986»;
-la non rilevanza RAGIONE_SOCIALE « eccezioni di illegittimità sollevate da parte appellante , giacchè « l’art. 37 del D.P.R. n. 131/1986, che
costituisce una RAGIONE_SOCIALE norme fondamentali del sistema impositivo che regola l’imposta di registro, ha già superato il vaglio della Corte Costituzionale. I Supremi Giudici di legittimità costituzionale, con Ordinanza n. 13 Anno 2008 hanno dichiarato la manifesta inammissibilità RAGIONE_SOCIALE questioni di legittimità costituzionale dell’art. 37 cit. in riferimento agli artt. 3, 24, 53 e 76 della Costituzione» (così nella sentenza impugnata);
NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione avverso la predetta pronuncia, con atto notificato il 27 ottobre 2021, sulla base di tre motivi, depositando in data 18 aprile 2024 memoria ex art. 380bis. 1. cod. proc. civ.;
l’RAGIONE_SOCIALE resisteva, notificando in data 3 dicembre 2021 controricorso, con cui chiedeva il rigetto dell’impugnazione;
CONSIDERATO CHE:
con il primo motivo di impugnazione, la ricorrente ha eccepito, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 e 54 d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, contestando la valutazione del Giudice regionale nella parte in cui ha ritenuto assolto l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione impugnato, con riferimento ad una imposta di registro applicata in misura proporzionale su di una pronuncia del Giudice civile, pur in assenza, nell’avviso stesso, di qualsiasi elemento da cui desumere il procedimento seguito per la determinazione RAGIONE_SOCIALE imposte liquidate, riportando l’atto impugnato solo gli estremi della sentenza registrata e le parti del giudizio, senza indicare a quali RAGIONE_SOCIALE numerose fattispecie di cui all’art. 8 della Tariffa Parte Prima -allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 abbia fatto riferimento, né il carattere della decisione registrata, la base imponibile in essa individuata, nonché l’aliquota ritenuta applicabile ;
con la seconda censura la contribuente ha dedotto, con riguardo all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 37, 57, 59 lett. d ) e 60 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, assumendo
che erroneamente il Giudice di appello aveva ritenuto corretta l’applicazione anche a carico della stessa dell’imposta in misura proporzionale, « benché la stessa sentenza civile avesse stabilito in favore della contribuente un risarcimento per fatti astrattamente costituenti reato, in specie quale truffa contrattuale (vendita ad altri di beni immobili già oggetto di contratto preliminare)» (così nel ricorso), poiché in tale ipotesi, seguendo gli indirizzi espressi dalla giurisprudenza di legittimità e del Giudice RAGIONE_SOCIALE leggi, « deve essere applicato il regime della registrazione a debito, di cui agli artt. 59, lett. d) e 60, D.P.R. n. 131/1986, al fine di non gravare il danneggiato dell’imposta proporzionale di registro, in solido con il condannato, con onere, quindi, di ripetere da quest’ultimo l’imposta eventualmente già riscossa in suo confronto» (così nel ricorso);
con la terza doglianza l’istante ha eccepito, in ragione dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione con degli artt. 33, 11, 24, 77 e 117 Cost., nonché degli artt. 37, 54, comma 3, e 57, comma 1, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ed art. 8 della Tariffa allegata, Parte Prima, censurando la valutazione del Giudice regionale nella parte in cui aveva ritenuto compatibile la predetta disciplina con i menzionati canoni costituzionali, laddove essa determina un rilevante ostacolo per l’esercizio della tutela giurisdizionale dei diritti e una grave discriminazione fondata sulla condizione economica del cittadino» (così nel ricorso);
il ricorso va respinto per le seguenti ragioni;
il primo motivo di censura non ha fondamento;
5.1. la doglianza riposa sul rilievo dell’insufficienza del mero richiamo agli estremi dell’atto da registrare ed alle disposizioni di legge applicate, ritenendo la contribuente necessario non solo l’allegazione dell’atto tassato (di cui non può presumersi la conoscenza), ma anche e soprattutto che venga esplicitato « il contenuto dell’atto registrato, riportando la base imponibile che si sia individuata e l’aliquota applicata, quest’ultima peraltro intimamente connessa alla qualificazione che dell’atto abbia compiuto l’Ufficio», fornendo, altresì, «l’inquadramento del provvedimento registrato in una RAGIONE_SOCIALE dodici fattispecie contemplate dal
combinato degli artt. 37, comma 1, D.P.R. n. 131/1 986 e dell’art. 8 della Tariffa, parte prima, ad esso allegata» (così nel ricorso);
5.2. tale ordine di idee non può, sul piano dei principi, essere condiviso, in presenza di una fattispecie non complessa, come quella in esame, nella quale la pretesa impositiva scaturisce dalla semplice obbligazione di pagamento dell’imposta di registro dovuta su di un atto giudiziario (sentenza) ben noto alla ricorrente, per essere stata parte del relativo giudizio;
5.3. deve, infatti, darsi seguito all’orientamento più volte espresso da questa Corte, secondo cui «in tema di imposta di registro su atti giudiziari, l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione, gravante sull’Amministrazione, è assolto con l’indicazione della data e del numero della sentenza civile o del decreto ingiuntivo, senza necessità di allegazione dell’atto, purché i riferimenti forniti lo rendano agevolmente individuabile, e conseguentemente conoscibile senza la necessità di un’attività di ricerca complessa, realizzandosi in tal caso un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (cfr. Cass. n. 11283 del 07/04/2022, Cass. n. 30084 del 26/10/2021)» (così, tra le tante, da ultimo, Cass., Sez. T, 23 gennaio 2024, n. 2294);
5.4. è stato inoltre chiarito che « l’obbligo di motivazione di cui all’art. 7, I. n. 212 del 2000, impone che sia comunque possibile per il contribuente individuare la base imponibile e l’aliquota tariffaria applicata dall’Ufficio, sia pure all’esito di una operazione di – mero – calcolo matematico, senza margini d’incertezza», affermandosi, quindi, « la necessità che l’Ufficio provveda ad esplicitare con chiarezza nell’avviso di liquidazione – indipendentemente dalla allegazione o non allegazione della sentenza – i criteri seguiti nel calcolo dell’imposta, in tutti i casi in cui, per la presenza di profili di complessità nella fattispecie oggetto del titolo giudiziario tassato, il contribuente sarebbe all’oscuro del criterio di liquidazione in concreto adottato dall’Amministrazione finanziaria e conseguentemente costretto “a basare la propria opposizione all’avviso di liquidazione su ipotesi ricostruttive meramente congetturali di
applicazione dell’imposta, il che è certamente contrario ai principi di tutela sostanziale ed effettiva.” (Cass. n. 26340/2021 cit.)» (così Cass., Sez. V, 7 aprile 2022, n. 11284);
5.5. la valutazione della Commissione regionale si è attenuta a tali principi, considerando, nella supposta linearità dell’atto tassato, non necessario allegare la sentenza originata dalla stessa iniziativa giudiziaria della contribuente, perché atto conosciuto e/o agevolmente conoscibile e dal contenuto chiaro (condanna al pagamento della somma di 316.300,00 € oltre accessori), come chiara si presentava la sua base imponibile (il citato ammontare della condanna), nonché facilmente e intuitivamente riconducibile alla previsione dell’art. 8, lett. b ) della Tabella, Parte Prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che prevede per l’appunto l’aliquota del 3% per gli atti giudiziari in materia di controversie civile «recanti condanna al pagamento di somme», in termini ritenuti così evidenti e così distinti dalle altre ipotesi considerate dalla citata disposizione da non creare alcuna incertezza normativa circa la base imponibile;
5.6. per tali ragioni, dunque, la doglianza non può essere accolta, appena aggiungendo sul punto che l’eventuale dedotta erroneità della somma richiesta (11.500,00 € in luogo di 9.489,00 €), a tacer d’altro coinvolge profili attinenti al merito della pretesa e non anche alla motivazione del relativo avviso;
la seconda doglianza va dichiarata inammissibile;
6.1. dal compiuto resoconto della vicenda processuale fornito dalla difesa della contribuente emerge che:
con il ricorso in primo grado l’istante contestava l’impugnato avviso di liquidazione facendo valere: «1. -Nullità della notifica per violazione essenziale del disposto della l. n. 890/1982 -inesistenza dell’atto amministrativo recettizio; 2. -Nullità dell’atto per difetto di elementi essenziali: mancanza di invito ad adempiere; 3. -Omissione di motivazione, e conseguente nullità dell’avviso di liquidazione; 4. Illegittima applicazione di imposta proporzionale» (così nel ricorso);
b. con il ricorso in appello l’istante articolava i seguenti motivi di gravame: «1. -Violazione degli artt. 3 L. n. 890/1982 e 156 c.p.c. -Ritenuta validità della notifica, anziché sua inesistenza (punto 4.1 della sentenza)» (pag. 6); «2. -Ritenuta sussistenza nell’avviso impugnato di ‘invito ad adempiere’. Travisamento RAGIONE_SOCIALE risultanze nonché violazione e falsa applicazione dell’art. 21 -septies della l. 241/1990 e dell’art. 54, comma 5, D.P.R. n. 131/1986» (pag. 8); «3. -Violazione dell’art. 7 L. n. 212/2000 e dell’art. 54 del D.P.R. n. 131/1986 per ritenuta sussistenza di motivazione dell’atto nonostante la mancata indicazione di elementi essenziali per la tassazione (effetti del provvedimento registrato, base imponibile) e l’omessa allegazione della sentenza registrata, contenente tali elementi» (pag. 10); «4. -Violazione dell’art. 7 L. n. 212/2000 e dell’art. 54 D.P.R. n. 131/1986 per ritenuto adempimento dell’obbligo di motivazione nonostante la mancata indicazione della disposizione di legge applicata» (pag. 15); «5. -Omessa pronuncia circa la eccepita illegittima applicazione di imposta proporzionale» (pag. 18); «6. -Omesso esame della questione di legittimità costituzionale dell’art. 37 del D.P.R. n. 131/1986 e dell’art. 8 Tariffa, parte prima, in ordine agli artt. 3, 24 e 53 e 77 della Costituzione» (pag. 22)» (così nel ricorso);
6.2. la sentenza impugnata non ha esaminato la questione ora contemplata nel secondo motivo di ricorso per cassazione (concernente -giova ripeterlo -la violazione degli artt. 37, 57, 59 lett. d ) e 60 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e la richiesta di applicazione del regime della registrazione a debito, in ragione di una sentenza di condanna al risarcimento di danni per fatti astrattamente costituenti reato, e cioè truffa contrattuale tramite vendita ad altri di beni immobili già oggetto di contratto preliminare), dando conto, con il quinto (rilevante ai presenti fini) motivo di appello, che « parte appellante eccepisce la omessa pronuncia da parte del giudice di prima istanza della contestata “Illegittima applicazione di imposta proporzionale” all’atto sottostante (sentenza) essendo per parte appellante medesima non corretta l’applicazione del trattamento tributario ivi applicato» (così nella sentenza appellata);
6.2.1. la Commissione regionale ha, quindi, deciso la suddetta ragione di impugnazione nel senso della legittimità dell’imposizione sul rilievo della non pertinenza del riferimento all’insolvenza della controparte, dell’inapplicabilità della disposizione dell’art. 27 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e dell’operatività, invece, dell’art. 57 del medesimo decreto, il che (diversamente da quanto opinato dalla difesa della contribuente) chiaramente esclude -per la diversa dei presupposti applicativi – che via stato un rigetto implicito della domanda che si assume basata sull’art. 59 T.U. registro, laddove tale previsione è stata, invece, considerata dal Giudice regionale, esaminando la questione di legittimità costituzionale sollevata, anche in relazione alla citata disposizione;
6.3. il motivo di impugnazione si rivela inammissibile perché nuovo, come pure fondatamente eccepito dalla difesa erariale, sia pure nei termini che seguono;
6.3.1. della dedotta violazione dell’art. 59 T.U. registro, infatti, non vi è traccia nel ricorso originario (in cui si lamentava con il quarto motivo di impugnazione l’illegittima applicazione dell’imposta proporzionale in ragione dell’asserita insolvenza RAGIONE_SOCIALE controparti, invocando l’applicazione dell’imposta in misura fissa o alla stregua di un atto sottoposto a condizione sospensiva);
6.3.2. con il quinto motivo di appello, invece, la contribuente eccepiva, ancora una volta, l’illegittima applicazione dell’imposta proporzionale, in considerazione dello stato di insolvenza della controparte, reclamando la misura fissa, ipotizzando, altresì, per la prima volta, l’impiego della prenotazione a debito di cui all’art. 59 T.U. registro, come si desume dal rilievo secondo cui «anche la prenotazione dell’imposta a debito avrebbe potuto essere impiegata, al fine di rendere il testo unico, in relazione all’ipotesi verificatasi, compatibile con la Costituzione» (v. pagina n. 21 dell’appello), ponendo, inoltre, il dubbio di costituzionalità, ai sensi dell’art. 3 Cost., di detta disposizione per la ritenuta limitazione del menzionato regime favorevole alle sole ipotesi in cui il risarcimento venga richiesto in conseguenza di un illecito penale (v. pagina n. 29 dell’appello);
6.3.3. risulta allora, in tal modo, evidente come il motivo esame, con cui si è denunciata direttamente la violazione dell’art. 59 T.U. registro per non aver l’Ufficio registrato a debito la sentenza riveli una diversa prospettiva di indagine ed una diversa domanda, non proposta in primo grado, ma (diversamente da quanto ritenuto dall’RAGIONE_SOCIALE), a tutto voler concedere, avanzata solo grado di appello, sottoponendo detta questione, per quanto in termini ipotetici, con il quinto motivo di gravame, il quale finiva con il prospettare una nuova ragione di impugnazione alla pretesa fiscale (fondata cioè non più solo sull’insolvenza della controparte, ma anche sul dedotto illecito civile di truffa contrattuale), così introducendo una nuova causa petendi anche sotto il citato profilo di incostituzionalità della norma per il menzionato diverso trattamento di situazioni (illecito penale e civile) ritenute analoghe tra loro;
6.3.4. in conclusione, il motivo di impugnazione non può essere accolto per una duplice ragione:
per aver ritenuto implicitamente rigettata una domanda, che in realtà non è stata proprio esaminata dal Giudice regionale, senza che l’omessa pronuncia abbia costituito oggetto di censura con l’appropriato canone censorio di cui agli artt. 112 e 360, primo comma, num. 4, cod. proc. civ.;
b. per la novità della domanda di annullamento dell’atto impositivo nella menzionata prospettiva di cui all’art. 59 T.U., siccome non coltivata nel ricorso originario, ma, nei termini sopra illustrati, proposta solo in grado di appello, sicchè correttamente il Giudice regionale non l’ha esaminata, dovendo sul punto la motivazione della sentenza impugnata essere solo integrata con le riflessioni in precedenza svolte, ai sensi dell’art. 384, ultimo comma, cod. proc. civ;
non ha pregio, infine, la dedotta questione di illegittimità costituzionale degli artt. 3, 54, comma 3, 57, comma 1 d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 e 8 dell’allegata Tariffa, Parte Prima, sotto il profilo dell’impedimento al diritto di difesa, dell’eccesso di delega, nella parte in cui dette disposizioni prevedono la responsabilità solidale nel pagamento
dell’imposta di registro anche per sentenza di condanna basate su fatti costituenti reati, incidentalmente accertati dal giudice civile;
7.1. questa Corte ha infatti precisato che, l’art. 59, comma 1, lett. d ), d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, riferendosi genericamente, per la prenotazione a debito, alle sentenze di condanna al risarcimento del danno derivante da fatti costituenti reato, comprende tutti quei fatti che possono “astrattamente” configurare ipotesi di reato, non richiedendosi che le sentenze siano pronunziate a seguito di un giudizio penale o che si tratti di fattispecie che abbiano dato origine in concreto ad un procedimento penale, chiarendo che:
«La medesima Corte costituzionale ha anche aggiunto che, col termine generico di sentenze, il D.P.R. cit., art. 59, lett. d ), si riferisce sia alle sentenze penali sia alle sentenze civili, ben potendo il giudice civile, in caso di estinzione del reato o di mancanza di querela, accertare incidenter tantum la sussistenza del reato al limitato fine della risarcibilità dei danni non patrimoniali ai sensi dell’art. 2059 cod. civ. (v. ancora Corte Cost., sentenza n. 414 del 18 luglio 1989)»;
«In linea con tale impostazione, la Corte di cassazione ha ribadito che la norma del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 59, lett. d ), si riferisce genericamente alle sentenze di condanna al risarcimento del danno derivante da fatti costituenti reato, aggiungendo che tale relazione deve essere intesa in senso ampio, in modo tale da comprendere tutti quei fatti che possono “astrattamente” configurare ipotesi di reato, non richiedendosi che le sentenze siano pronunziate solo a seguito di un giudizio penale o che si tratti di fattispecie che abbiano dato origine in concreto ad un procedimento penale (così Cass., Sez. 5, Sentenza n. 5952 del 14/03/2007; v. anche Cass., Sez. 5, Sentenza n. 24096 del 12/11/2014)»;
«Per determinare la prenotazione a debito, è infatti sufficiente che vi siano fatti obiettivamente rilevanti penalmente»;
-«In questo modo si evita che il danneggiato venga chiamato a pagare, in virtù del vincolo di solidarietà, l’imposta di registro e, in
applicazione del D.P.R. n. 131 del 1986, art. 60, tale imposta potrà poi essere recuperata, ma solo nei confronti dei convenuti che sono stati condannati al risarcimento del danno »;
«Ai fini della prenotazione a debito, infatti, ciò che rileva è la oggettiva riconducibilità a fattispecie di reato dei fatti posti a fondamento della domanda risarcitoria e non i titoli di responsabilità che, in relazione agli stessi fatti, siano configurabili» (Cass., Sez. T, 22 ottobre 2020, n. 1296);
7.2. detta previsione, quindi, solleva le menzionate norme dai dubbi di costituzionalità segnalati dalla ricorrente;
le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza;
sussistono, infine, i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso;
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento in favore dell’RAGIONE_SOCIALE della somma di 2.000,00 € per competenze ed all’importo che risulterà dai registri di cancelleria prenotato a debito.
Dà atto che sussistono i presupposti di cui all’art 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, per il versamento da parte della ricorrente di una somma pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato per il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 29 aprile 2024.