Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4781 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5   Num. 4781  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 22/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 17750/2020 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO,  presso  l’AVVOCATURA  RAGIONE_SOCIALE  DELLO STATO (P_IVAP_IVA, che la rappresenta e difende
-ricorrente-
 contro
RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliate in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME  (CODICE_FISCALE)  e  rappresentate  e  difese dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrenti- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.  LOMBARDIA n. 4549/2019 depositata il 14/11/2019,
udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/02/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
L’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, previa riqualificazione di una serie di operazioni poste in essere dalle società RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE quali cessioni di azienda, ha adottato un avviso di liquidazione di imposta di registro (più precisamente costituzione, in data 26 maggio 2014, da parte della RAGIONE_SOCIALE della RAGIONE_SOCIALE, con conferimento, in data 10 giugno 2014, nella stessa del ramo di azienda costituito dalla RAGIONE_SOCIALE idroelettrica Vertova, e successiva cessione alla RAGIONE_SOCIALE della partecipazione totalitaria nella società RAGIONE_SOCIALE).
Le contribuenti hanno impugnato l’avviso di liquidazione con ricorso rigettato in primo grado, ma accolto all’esito dell’appello.
Avverso tale sentenza della Commissione tributaria regionale  ha  proposto  ricorso  per  cassazione  l’RAGIONE_SOCIALE.
Si sono costituite con controricorso le contribuenti.
La causa è stata trattata e decisa all’adunanza camerale del 16 febbraio 2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.L’RAGIONE_SOCIALE ha dedotto: 1) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 53 Cost., dovendo l’imposta di registro essere riferita all’atto quale fatto espressivo di capacità contributiva e, quindi, necessariamente quale fatto di natura economica alla luce della sua causa reale e della regolamentazione di interessi effettivamente realizzata, per cui gli «elementi extra-testuali» che, in virtù della novella, non possono essere presi in considerazione, ai fini
dell’interpretazione dell’atto, devono essere intesi, in un’ottica costituzionale, in senso restrittivo, quali meri atti o fatti giuridici e non come negozi o contratti che contribuiscono a delineare lo scopo unitario dell’operazione posta in essere; 2) la violazione, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, dell’art. 1, comma 87, legge n. 205 del 2017 e 1, comma 1084, della legge n. 145 del 2018, dovendosi intendere, anche al fine di rendere compatibile la nuova disciplina con quella di cui agli art. 1362ss. cod.civ., oltre che con l’art. 53 Cost., gli elementi extra -testuali esclusivamente come elementi estranei dall’ambito della volontà ricostruibile in base alle regole interpretative ovvero come elementi extra-contestuali, mentre continuando ad avere rilevanza gli elementi extra-testuali ma infra-contestuali.
I motivi, che sono intimamente connessi e possono essere trattati congiuntamente, sono infondati.
Il  loro  esame impone  l’illustrazione  RAGIONE_SOCIALE  novità  legislative  e dell’interpretazione offerta dalla recente giurisprudenza costituzionale.
2.1. L’art.  20  del  d.P.R.  n.  131  del  1986,  anteriormente  alle modifiche  ad  esso  apportate  con  la  legge  di  Bilancio  2018, prevedeva  che:  ‘ l’imposta  è  applicata  secondo  la  intrinseca natura e gli effetti giuridici degli atti presentati alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente’.
Secondo  un  primo  orientamento,  la  disposizione  richiamata richiedeva che ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro si dovesse avere riguardo precipuamente al contenuto RAGIONE_SOCIALE clausole  negoziali  e  agli  effetti  giuridici  dell’atto  soggetto  a registrazione, indipendentemente dal nomen  iuris ad esso attribuito e aldilà  dalla volontà  RAGIONE_SOCIALE parti, a nulla rilevando gli effetti economici di tale atto e gli elementi esterni all’atto stesso
(Cass. n. 25005 del 2016; Cass. 2054 del 2017, Cass. n. 11959 del 1993, Cass. n. 75 del 1997).
Negli  ultimi  quindici  anni,  tuttavia,  si  era  formato  un  filone giurisprudenziale, secondo cui la norma in commento aveva una portata  più  ampia,  dandosi  rilievo,  ai  fini  della  determinazione dell’imposta applicabile, all’intera operazione economica realizzata mediante  il collegamento  dell’atto sottoposto a registrazione con elementi extratestuali.
In un primo momento, la prevalente giurisprudenza di legittimità faceva riferimento alla portata essenzialmente antielusiva dell’art. 20 T.U.R., il quale, pertanto, aveva una funzione analoga a quella dell’oggi abrogato art. 37 bis d.P.R. n. 600 del 1973 (Cass. n.14900 del 2001, n. 6835 del 2013, n. 10273 del 2007). Questa impostazione venne successivamente abbandonata, sicchè l’art. 20 T.U.R. non veniva più ritenuto espressione di una clausola antielusiva, anche se la norma poteva consentire, comunque, di oltrepassare il nomen iuris e gli effetti negoziali dell’atto sottoposto a registrazione, per ricostruire la ‘causa reale’ dell’intera operazione economica realizzata.
Pertanto, l’art. 20 T.U.R. non era solo ‘ una norma interpretativa degli atti registrati ‘, ma una ‘ disposizione intesa ad identificare l’elemento strutturale del rapporto giuridico tributario’ ( Cass. n. 25001 del 2015), che imponeva di dare rilevanza principale nell’imposizione di un negozio giuridico, alla causa reale e alla regolazione degli interessi realmente perseguita dalle parti anche se attraverso ulteriori accordi extratestuali, prescindendo però da ‘intenti elusivi’ che potevano eventualmente ricorrere ‘ ( Cass. n. 7335 del 2014, Cass. n. 19752 del 2013). Quindi l’art. 20 T.U.R. aveva natura di regola interpretativa e non di norma antielusiva, sicchè l’Amministrazione poteva procedere alla riqualificazione del
negozio senza necessità di un previo contraddittorio endoprocedimentale (Cass. n. 8619 del 2018).
Sulla base di questo indirizzo, ampiamente condiviso dalla giurisprudenza di legittimità, veniva sottoposto ad imposizione non già l’atto in sé, ma l’intera operazione economica che l’atto intendeva realizzare, operazione che veniva individuata anche mediante il collegamento negoziale con elementi extratestuali alla luce dell’obiettivo economico concretamente perseguito e RAGIONE_SOCIALE intenzioni RAGIONE_SOCIALE parti. Si riteneva, infatti, che : ‘ In tema di imposta di registro, l’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 (nella formulazione anteriore alla l. n. 205 del 2017), deve essere inteso nel senso che, nell’attività di qualificazione degli atti negoziali, l’Ufficio è tenuto ad attribuire rilievo preminente alla causa reale del negozio, ovvero alla regolamentazione degli interessi effettivamente perseguita dai contraenti, anche mediante una pluralità di pattuizioni non contestuali tra loro collegate (Nella specie, in applicazione del principio, la RAGIONE_SOCIALE ha ritenuto configurabile una cessione d’azienda nell’ipotesi di conferimento societario di un’azienda e di successiva cessione da parte del conferente a soggetti tersi RAGIONE_SOCIALE quote della società, avendo riguardo alla vicinanza temporale degli atti’ (Cass. n. 13610 del 2018).
2.2. Il Legislatore è, poi, intervenuto con l’art. 1, comma 87, della l. n. 205 del 2017 (la c.d. legge di bilancio 2018), disposizione che ha apportato significative modifiche agli artt. 20 e 53 bis del d.P.R. n. 131 del 1986 (T.U.R.), rubricati rispettivamente ‘ interpretazione degli atti ‘ e ‘ attribuzioni e poteri degli Uffici ‘, espressamente vietando di utilizzare elementi estranei all’atto ai fini dell’interpretazione di quest’ultimo. La conseguenza dell’intervento legislativo ha determinato l’impossibilità di utilizzare, ai fini dell’applicazione dell’imposta di registro, l’art. 20 T.U.R. quale parametro per
risolvere  le  eventuali  discrepanze  tra  effetti  negoziali  ed  gli effetti  sostanziali dell’atto da registrare.
L’art.  20  T.U.R.,  infatti,    a  seguito  RAGIONE_SOCIALE  modifiche  introdotte dalla  legge  Bilancio  2018, attualmente  recita:  ‘ L’imposta  è applicata  secondo  la  intrinseca  natura  e  gli  effetti  giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda  il  titolo  o  la  forma  apparente,  sulla  base  degli elementi  desumibili  dall’atto  medesimo,  prescindendo  da  quelli extra-testuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi ‘.
2.3. La Corte di cassazione, con indirizzo ampiamente condiviso,  ha  negato  la  natura  interpretativa  RAGIONE_SOCIALE  modifiche introdotte ( ex plurimis v. Cass. n. 4407 del 2018; Cass. n. 4589 del 2019) dalla legge di Bilancio 2018, sia perché non vi sarebbe stata una esplicita previsione dell’efficacia retroattiva all’interno della norma stessa, sia in ragione della mancanza di  ‘adeguati motivi di interesse generale’ per giustificare la retroattività della disposizione.
Il Legislatore, quindi, è intervenuto per superare le difficoltà interpretative della giurisprudenza in ordine alla retroattività della novità legislativa, affermando la natura di interpretazione autentica RAGIONE_SOCIALE modifiche normative introdotte nel 2017 ed, in particolare, con l’art. 1, comma 1084, l. 145 del 2018 (Legge di bilancio previsionale per l’anno 2019) precisando: ‘ l’art. 1, comma 87, lettera a) della legge 27 dicembre 2017, n. 205, costituisce interpretazione autentica dell’articolo 20, comma 1, del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 26 aprile 1986, n. 131 ‘, così definitivamente concludendo per portata pienamente retroattiva della norma in commento.
2.4. A  seguito  dell’intervento  legislativo,  questa  Corte,  con ordinanza n. 23549 del 2019, ha rimesso alla Corte costituzionale la questione della legittimità costituzionale dell’art.
20 del T.U.R., ritenendo che tale norma, come modificata dalle leggi di Bilancio 2018 e 2019,  contrastasse con agli art. 53 e 3 Cost.
La Corte costituzionale, con sentenza n. 158 del 2020, con riferimento alle argomentazioni espresse con la suddetta ordinanza, è intervenuta ad escludere i denunciati rilievi di incostituzionalità della l. n. 145 del 2018, precisando che con riferimento all’art. 10 bis l. n. 212 del 2000 il ricorso alla ‘causa reale’, tassando un negozio diverso da quello posto in essere, si sostanzierebbe in una applicazione antielusiva dell’art. 20 T.U.R., senza tuttavia che possano trovare applicazione le garanzie proprie dell’art. 10 bis
La Consulta ha rilevato che l’art. 20 T.U.R., nell’attuale formulazione censurata, dispone che, nell’applicare l’imposta di registro secondo l’intrinseca natura e secondo gli effetti giuridici dell’atto da registrare, indipendentemente dal titolo o dalla forma apparente, si debbano prendere in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso (intesi quali effetti giuridici del negozio veicolato in un documento) prescindendo da quelli ‘extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi’.
La Corte, infatti, afferma: ‘ Va però preliminarmente ribadito che il senso fatto palese dal significato proprio RAGIONE_SOCIALE parole della disposizione denunciata (secondo la loro connessione), i correlativi lavori preparatori (in particolare la relazione illustrativa all’art. 1, comma 87, della legge n. 25 del 2017) e tutti i comuni criteri ermeneutici (in particolare quello sistematico) convergono unicamente nel far ritenere la disposizione oggetto RAGIONE_SOCIALE questioni come intesa a imporre che, nell’interpretare l’atto presentato a registrazione, si debba prescindere dagli elementi ‘extratestuali e dagli atti ad esso collegati’, salvo quanto disposto dagli articoli successivi del
medesimo d.P.R. n. 131 del 1986′ (Corte cost. n. 158 del 2020). Afferma ancora il giudice RAGIONE_SOCIALE leggi che la Corte di Cassazione nell’ordinanza di rimessione esclude essa stessa ‘ decisamente (indicando a sostegno ‘l’indirizzo più recente’ della giurisprudenza di legittimità) che l’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 abbia una specifica funzione antielusiva’, e afferma conclusivamente che ‘ la disciplina censurata non si pone in contrasto né con il principio di capacità contributiva, né con quelli di ragionevolezza ed eguaglianza tributaria’.
Detta pronuncia è stata poi ribadita dalla medesima Corte con sentenza n. 39/2021, con la quale ha affermato che le questioni inerenti alla violazione degli artt. 3 e 53 Cost. sono manifestamente infondate, poiché prive di argomenti sostanzialmente  nuovi  rispetto  a  quelle  già  sollevate  con  la menzionata ordinanza del giudice di legittimità e dichiarate non fondate con sentenza n. 158 del 2020.
I principi espressi dalla Consulta sono stati condivisi dall’RAGIONE_SOCIALE nella recente risposta all’interpello n. 371 del 17.9.2020, riguardo a fattispecie relativa all’applicazione dell’art. 20 T.U.R. in ipotesi di conferimento di ramo d’azienda seguito da cessione della partecipazione. L’Ufficio ha chiarito che la ratio sottostante alla modifica normativa introdotta dalla legge n. 205 del 2017 è quella ‘ di circoscrivere l’ambito applicativo della stessa al contenuto del singolo atto sottoposto a registrazione, evitando così che elementi non espressi e/o desumibili anche da atti diversi possano essere presi in considerazione al fine di individuare il trattamento fiscale corretto ‘. Con riferimento alla specifica fattispecie relativa alla cessione di quote sociali preceduta dal conferimento del ramo d’azienda, l’RAGIONE_SOCIALE ha escluso che possa essere tassata alla stregua di una cessione d’azienda unitaria sulla base del
disposto  dell’art.  20  T.U.R.  come  modificato  dalla  legge  di bilancio 2018.
2.5. Venendo all’esame della fattispecie negoziale per cui è causa, sulla base dei rilievi espressi, devono essere condivise le conclusioni a cui è giunta la Commissione Tributaria Regionale, essendo chiara la statuizione dell’art. 20 T.U.R. , come recentemente interpretata dalla Consulta, secondo cui l’imposta di registro va applicata in relazione all’intrinseca natura ed agli effetti giuridici dell’atto da registrare, indipendentemente dal titolo o dalla forma apparente, prendendo in considerazione unicamente gli elementi desumibili dall’atto stesso (intesi quali effetti giuridici del negozio veicolato in un documento) prescindendo da quelli «extratestuali e dagli atti ad esso collegati».
Non può, pertanto, procedersi -come pretende di fare l’RAGIONE_SOCIALE ad una interpretazione restrittiva del nuovo periodo dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986, intendendo per elementi extra-testuali sono quelli non negoziali o, comunque, extracontestuali. L’eventuale collegamento negoziale con altri atti, così come gli eventuali elementi extratestuali, possono assumere rilievo solo ed esclusivamente ai sensi dell’art. 10 -bis dello Statuto del contribuente, con le relative garanzie procedurali e previa dimostrazione dei relativi presupposti applicativi -possibilità che consente di superare anche i dubbi di compatibilità dell’attuale formulazione dell’art. 20 del d.P.R. n. 131 del 1986 con il principio costituzionale di capacità contributiva e con la normativa comunitaria.
6. In definitiva, il ricorso deve essere rigettato. Le spese di lite devono  essere  integralmente  compensate,  in  considerazione RAGIONE_SOCIALE  modifiche  legislative  e  dei  chiarimenti  giurisprudenziali intervenuti  in  corso  di  causa.  L’obbligo  di  versare  un  ulteriore importo  a  titolo  di  contributo  unificato,  ai  sensi  dell’art.  13,
comma 1-quater, del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115 (introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012 n. 228), nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, non può trovare applicazione nei confronti  RAGIONE_SOCIALE  Amministrazioni  dello  Stato  che,  mediante  il meccanismo  della  prenotazione  a  debito,  sono  esentate  dal pagamento RAGIONE_SOCIALE imposte e tasse che gravano sul processo (tra le tante: Cass., Sez. civ. 5, 28 gennaio 2022, n. 2615).
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso; dichiara integralmente compensate le spese di lite.
Così  deciso  in  Roma,  nell’adunanza  camerale del  16  febbraio