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Imposta di registro indennità esproprio: la Cassazione

Un contribuente ha contestato una cartella di pagamento relativa all’imposta di registro su una sentenza che determinava l’indennità di esproprio. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale tipo di sentenza ha natura di accertamento e non di condanna, applicando quindi l’aliquota proporzionale dell’1% e non quella del 3%. La decisione chiarisce che l’ordine di deposito della somma non equivale a una condanna al pagamento diretto, ma è un atto funzionale al completamento della procedura espropriativa.

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Pubblicato il 20 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di registro indennità esproprio: la Cassazione sceglie l’1%

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha posto fine a un importante dibattito fiscale riguardante l’imposta di registro indennità esproprio. La questione centrale era determinare la corretta aliquota da applicare alle sentenze che definiscono l’ammontare di tale indennità. La Suprema Corte ha stabilito che la natura di questi provvedimenti è di mero accertamento e non di condanna, con significative conseguenze sul carico fiscale per il contribuente.

I Fatti di Causa

Il caso nasce dalla notifica di una cartella di pagamento a un contribuente, comproprietario di terreni espropriati da un ente pubblico. La cartella richiedeva il pagamento di una cospicua imposta di registro su una sentenza della Corte d’Appello. Tale sentenza aveva determinato l’esatto ammontare dell’indennità di esproprio dovuta ai proprietari, ordinando all’ente espropriante di depositare la somma presso la Cassa Depositi e Prestiti.

L’Agenzia delle Entrate aveva applicato aliquote elevate (9% e 12%), ritenendo che la sentenza avesse natura condannatoria. Il contribuente, invece, ha impugnato l’atto impositivo sostenendo che l’aliquota corretta fosse quella dell’1%, o al massimo del 3%, in quanto la sentenza aveva una funzione di mero accertamento di un diritto a contenuto patrimoniale.

Mentre la Commissione Tributaria Provinciale (CTP) aveva dato ragione al contribuente applicando l’1%, la Commissione Tributaria Regionale (CTR), in appello, aveva riformato la decisione applicando l’aliquota del 3%.

La qualificazione della sentenza e l’imposta di registro indennità esproprio

Il fulcro della controversia risiedeva nella qualificazione giuridica della sentenza che definisce l’indennità di esproprio. L’applicazione dell’imposta di registro, infatti, varia a seconda che l’atto giudiziario abbia natura di:
* Accertamento di diritti a contenuto patrimoniale: tassato con aliquota proporzionale dell’1%.
* Condanna al pagamento di somme di denaro: tassato con aliquota proporzionale del 3%.

La Corte di Cassazione, accogliendo il ricorso del contribuente, ha ribadito e consolidato un principio di legittimità fondamentale. Ha chiarito che l’oggetto del giudizio di opposizione alla stima dell’indennità non è ottenere una condanna al pagamento, ma verificare la congruità dell’importo stabilito dall’amministrazione secondo i criteri di legge.

Le Motivazioni

La Corte ha spiegato che la sentenza che accerta l’esatto ammontare dell’indennità e ne dispone il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti non ha natura di condanna. L’ordine di deposito non costituisce il petitum dell’azione, ovvero il bene della vita che il cittadino espropriato intende ottenere. Al contrario, il deposito è un adempimento funzionale e prodromico al completamento della complessa procedura espropriativa.

Questo meccanismo tutela l’interesse di eventuali terzi creditori (che possono vantare diritti sull’immobile) e della stessa parte pubblica espropriante, ma non realizza un trasferimento di ricchezza diretto e immediato a favore del proprietario. L’espropriato, infatti, dovrà attendere il completamento dell’iter amministrativo per poter ottenere lo svincolo e l’effettiva disponibilità delle somme.

Di conseguenza, la sentenza non ordina un pagamento diretto “a carico dell’espropriante da parte dell’espropriato”, ma si limita ad accertare un valore. Tale accertamento rientra pienamente nella categoria degli atti di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale, soggetti all’aliquota dell’1% ai sensi dell’art. 8, lett. c), della Tariffa allegata al d.P.R. 131/1986.

Le Conclusioni

La decisione della Suprema Corte è di grande importanza pratica. Essa consolida un orientamento giurisprudenziale che offre certezza giuridica ai contribuenti coinvolti in procedure di esproprio. Stabilendo che l’imposta di registro indennità esproprio su sentenze di questo tipo è dovuta nella misura dell’1%, si riduce significativamente l’onere fiscale e si allinea la tassazione alla reale natura giuridica dell’atto, che è di accertamento e non di condanna. La Corte ha quindi cassato la sentenza d’appello e, decidendo nel merito, ha annullato l’atto impositivo, riconoscendo dovuta l’imposta nella misura dell’1%.

Qual è l’aliquota corretta per l’imposta di registro su una sentenza che determina l’indennità di esproprio?
Secondo la Corte di Cassazione, l’aliquota corretta è quella proporzionale dell’1%, poiché la sentenza ha natura di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale e non di condanna.

Perché una sentenza che ordina il deposito dell’indennità di esproprio non è considerata una sentenza di condanna ai fini fiscali?
Perché l’ordine di deposito non costituisce un pagamento diretto a favore del proprietario espropriato, ma un adempimento funzionale a una più complessa procedura amministrativa. La sentenza accerta un valore, ma non trasferisce direttamente la ricchezza, che diventerà disponibile solo dopo lo svincolo delle somme.

Qual è lo scopo del giudizio di opposizione alla stima dell’indennità di esproprio?
Lo scopo del giudizio è accertare la congruità e la conformità ai criteri di legge dell’indennità di espropriazione, non quello di ottenere una condanna diretta al pagamento di tale somma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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