Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14807 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14807 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1036/2018 R.G. proposto da
:
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa da ll’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sede di MILANO n. 7227/2016 depositata il 21/12/2016. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 14/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1. Con sentenza n. 3248/2015 depositata il 13.04.2015, la Commissione Tributaria Provinciale di Milano ha accolto parzialmente il ricorso avanzato dalla Compagnia RAGIONE_SOCIALE (denominazione assunta da RAGIONE_SOCIALE avverso il silenzio rigetto dell’Agenzia delle Entrate all’istanza di rimborso delle somme versate dalla contribuente a titolo di imposta di registro sui decreti ingiuntivi in atti, emessi dai Tribunale di Milano a favore della società ricorrente in rivalsa verso il debitore principale. Nel dettaglio, la CTP ha disposto la restituzione della differenza tra l’importo della tassa d i registro pagata in modo proporzionale e quanto dovuto a titolo di imposta di registro in misura fissa, compensando le spese di lite tra le parti.
Avverso tale decisione ha proposto appello l ‘ Agenzia delle Entrate, eccependo l’erroneità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 8 comma 1 lett. b) della tariffa allegata al Dpr 131-1986, della norma sulla fideiussione ex art. 1936 c.c. e dell’art. 20 del DPR 131 -1986, secondo cui la misura dell’ imposta deve essere determinata alla luce dell’operazione economica complessivamente considerata e rilevando che, nella sentenza impugnata, la CTP aveva erroneamente applicato il principio di alternatività ex art. 40 c. 1 dei T UIR tra l’imposta di registro e la tassazione IVA, assimilando impropriamente il rapporto di garanzia tra debitore – fideiussore – creditore a quello, distinto e susseguente all’escussione, che si instaura tra fideiussore e debitore garantito. Inoltre ha e ccepito l’omessa pronuncia de i Giudici dei prime cure circa la tassazione del decreto ingiuntivo n. 9243/10, che conteneva un accordo fideiussorio che in base agli artt. 22 TUR e 6 della tariffa, parte I allegata al TUR, era stato correttamente sottoposto dall’Ufficio all’imposta proporzionale di registro nella misura dello 0,50%; che la
sentenza impugnata aveva quindi erroneamente disposto l’annullamento della tassazione proporzionale nella misura dello 0,50% applicato alla fideiussione; che vi era stata omessa pronuncia sulla legittimità dell’imposizione proporzionale sulla condanna al p agamento delle somme dovute a titolo di interessi, le quali sarebbero comunque escluse dall’ambito di applicazione dell’Iva in conformità all’art. 15 del DPR 633/1972.
La CTR ha confermato la sentenza di prime cure, ritenendo che l’ingiunzione di pagamento in esame, avendo ad oggetto una polizza fideiussoria prestata a garanzia di un’obbligazione già soggetta ad IVA, debba essere tassato in misura fissa in base al principio di alternatività tra Iva e Registro. Ha respinto altresì il motivo di appello inerente l’omessa pronuncia, ritenendo da un lato che fosse in violazione dello ius novorum e, dall’altro, che la CTP si fosse pronunciata, con conseguente infondatezza.
Avverso la suddetta sentenza di gravame l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato ad unico motivo, cui ha resistito con controricorso la contribuente.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La controricorrente ha eccepito, in via preliminare, la tardività del ricorso. Ha rilevato, in proposito, che la difesa erariale ha dichiarato di volersi avvalere della sospensione semestrale del termine di impugnazione ex art. 11 D.L. 24 aprile 2017, n. 50, ma sostiene che tale sospensione non sarebbe applicabile perché i termini per la impugnazione erano già decorsi al momento di entrata in vigore della disposizione.
1.1. In particolare, secondo la controricorrente il termine di impugnazione della sentenza n. 7227/2016, depositata il 21/12/2016, sarebbe venuto a scadenza (per decorso del termine semestrale di cui all’art. 327 c.p.c.) in data 19/6/2017 e quindi, alla data di entrata in vigore del D.L. citato (che la controricorrente individua nel 24/6/2017),
la sentenza era già divenuta definitiva, per cui non sarebbe richiamabile il comma 9 dell’art. 11 del D.L. , il quale prevede la sospensione di sei mesi dei termini di impugnazione delle sole sentenze ancora suscettibili di gravame alla data di entrata in vigore della norma, e sino al 30/9/2017. Ne deriva che il ricorso dell’Agenzia delle Entrate sarebbe inammissibile per tardività.
1.2. L’assunto è erroneo.
1.3. La disposizione è prevista in un decreto legge e, dunque, entra in vigore il giorno stesso della sua emissione, salvo successiva ratifica parlamentare nei sessanta giorni.
1.4. Il riferimento del 24/06/2017 prospettato dalla controricorrente è riferito alla entrata in vigore della legge di conversione (con modificazioni in altre parti) e non al decreto legge in sé, che già conteneva tale disposizione ab origine .
1.5. La eccezione è dunque infondata , poiché a quest’ultima data la sentenza della CTR non era ancora passata in giudicato.
Con unico motivo di ricorso, si deduce la violazione dell’art. 8, comma 1, lett. b) della Tariffa parte prima allegata al Dpr 131/1986 e falsa applicazione della relativa nota II, nonché dell’art. 37 e dell’art. 40 del medesimo d.P.R. e degli artt. 1936 e 1950 c.c. anche nel relativo combinato disposto, ex art. 360 1° co. n. 3) c.p.c.
2.1. Secondo la prospettazione del ricorrente, la motivazione adottata dalla CTR sarebbe censurabile in quanto la condanna in rivalsa ottenuta dal fideiussore nei confronti del debitore inadempiente produce l’effetto giuridico del recupero e realizza un trasferimento di ricchezza in favore del garante, che deve essere sottoposto a tassazione proporzionale.
2.2. Il motivo è fondato.
2.3. La giurisprudenza di questa Corte ha già avuto modo di chiarire che la natura accessoria del contratto di fideiussione in campo civilistico (artt. 1939 e 1941 cod. civ.) non può essere riportata
nell’ambito tributario, e segnatamente in quello della disciplina dell’imposta di registro, per la quale, ai sensi dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, vale invece il principio dell’autonomia dei singoli negozi; la relativa tassazione non resta, quindi, attratta nella disciplina tributaria dell’IVA per il solo fatto che il creditore sia un soggetto IVA (Cass. 12/07/2013, n. 17237(Rv. 627335 – 01)), e che in tema di imposta di registro, ove viene colpita la singola manifestazione di ricchezza e la connessa capacità contributiva, vale il principio dell’autonomia dei singoli negozi, come si desume in modo inequivoco dalla previsione dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la quale stabilisce che, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Ne consegue che va assoggettato ad imposta proporzionale il contratto di fideiussione enunciato in una sentenza intervenuta tra le stesse parti del negozio di garanzia (Cass. 08/09/2005, n. 17899 (Rv. 585479 01)).
Nella fattispecie da ultimo citata, in particolare, la Corte ha cassato la sentenza impugnata, nella quale il giudice d’appello, in considerazione della natura accessoria del negozio di fideiussione, aveva tratto la conseguenza che la relativa disciplina tributaria fosse attratta nel campo d’applicazione dell’IVA, cui era soggetta l’obbligazione principale.
2.4. Anche nel caso di specie andava quindi fatta applicazione del principio, già espresso da questa Corte, che in tema d’imposta di registro, il decreto ingiuntivo ottenuto nei confronti del debitore dal garante che abbia stipulato una polizza fideiussoria e che sia stato escusso dal creditore è soggetto all’imposta con aliquota proporzionale al valore della condanna, in quanto il garante non fa valere corrispettivi o prestazioni soggetti all’imposta sul valore aggiunto, ma esercita
un’azione di rimborso di quanto versato (Cass., Sez. U., 10/07/2019, n. 18520, Rv. 654578 – 01).
2.5. Alla luce di tale principio deve ritenersi fondata la censura prospettata dalla difesa erariale, avendo la CTR erroneamente concluso che ‘In forza del rapporto di surrogazione, la prestazione oggetto del decreto ingiuntivo è rappresentata, in sostanza, dall’esecuzione della prestazione portata dalla polizza fideiussoria che, in quanto soggetta ad Iva, avrebbe dovuto essere assoggettata all’imposta di registro in misura fissa, in forza del principio di alternatività di cui all’art. 40 DPR 131/1986 ‘.
Tale conclusione appare difatti in contrasto con i principi già enunciati da questa Corte.
2.6. Ne segue l’accoglimento del ricorso e la cassazione della sentenza impugnata. Non essendo necessari accertamenti fattuali, sussistono i presupposti per la decisione nel merito ex art.384 c.p.c., mediante rigetto del ricorso originario avverso il silenzio.
2.7. Le spese di lite vanno integralmente compensate per tutti i gradi di giudizio, stante il maturare dell’orientamento delle Sezioni Unite, sopra menzionato, nelle more del giudizio.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e, decidendo nel merito, rigetta l’originario ricorso della contribuente;
Spese dell’intero giudizio compensate.
Così deciso in Roma, il 14/05/2025 .