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Imposta di registro esproprio: tassazione all’1%

Una società ha contestato un avviso di liquidazione che applicava l’imposta di registro al 3% su una sentenza relativa a un’indennità di esproprio. La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, stabilendo che tali sentenze hanno natura di mero accertamento di un diritto patrimoniale e non di condanna al pagamento. Di conseguenza, l’aliquota corretta per l’imposta di registro esproprio è quella dell’1%, come previsto per gli atti di accertamento.

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Pubblicato il 11 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di Registro Esproprio: la Cassazione conferma l’aliquota dell’1%

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha messo un punto fermo su una questione fiscale di grande rilevanza: l’aliquota dell’imposta di registro esproprio da applicare alle sentenze che determinano l’indennità dovuta. La Suprema Corte ha chiarito che tali provvedimenti si tassano con l’aliquota proporzionale dell’1% e non con quella del 3%, consolidando un orientamento favorevole al contribuente.

I Fatti del Caso

La vicenda trae origine da un avviso di liquidazione notificato dall’Agenzia delle Entrate a una società per il pagamento dell’imposta di registro su una sentenza della Corte d’Appello. Tale sentenza aveva definito l’ammontare della giusta indennità di esproprio e di occupazione legittima, ordinando alla società di depositarne l’importo presso la Cassa Depositi e Prestiti.

L’Agenzia delle Entrate riteneva che la sentenza avesse natura di condanna al pagamento di una somma di denaro e, di conseguenza, applicava l’aliquota del 3%. La società, invece, sosteneva che si trattasse di un mero atto di accertamento di un diritto a contenuto patrimoniale, soggetto quindi all’aliquota dell’1%. Dopo decisioni contrastanti nei primi due gradi di giudizio, la questione è approdata in Cassazione.

La Questione dell’Imposta di Registro Esproprio

Il cuore del dibattito giuridico verteva sulla corretta interpretazione della natura della sentenza. È una condanna al pagamento o un semplice accertamento? La differenza non è solo terminologica, ma ha un impatto economico significativo, determinando l’applicazione di un’aliquota del 3% invece dell’1%.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione all’Agenzia delle Entrate, qualificando la sentenza come condanna, poiché ordinava il deposito di una somma e la controversia riguardava unicamente il ‘quantum’ dell’indennità, non il diritto a riceverla. La società ha impugnato questa decisione, portando la Corte di Cassazione a pronunciarsi in via definitiva.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso della società, ribaltando la decisione di secondo grado. I giudici hanno affermato un principio di diritto ormai consolidato: la sentenza che, all’esito di un giudizio di opposizione alla stima, accerta l’esatto ammontare dell’indennità di esproprio e ne dispone il deposito presso la Cassa Depositi e Prestiti, non ha natura di condanna, bensì di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale.

La Corte ha spiegato che l’ordine di deposito non costituisce il fine ultimo dell’azione legale intrapresa dal proprietario espropriato. Anzi, tale ordine non è pronunciato nel suo interesse diretto. Il deposito rappresenta un adempimento funzionale e intermedio all’interno del complesso procedimento espropriativo amministrativo. La sua finalità è tutelare i terzi creditori, che possono vantare diritti sull’immobile, e la stessa parte pubblica espropriante.

Non si verifica un trasferimento immediato di ricchezza al soggetto espropriato, il quale dovrà attendere la conclusione dell’intera procedura amministrativa per poter ottenere lo svincolo delle somme. Pertanto, la sentenza non è un titolo esecutivo per ottenere un pagamento, ma un atto che accerta un valore, propedeutico a fasi successive. Di conseguenza, è soggetta all’imposta di registro nella misura proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art. 8, lett. c), della Tariffa allegata al d.P.R. n. 131 del 1986.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. Le società e i cittadini coinvolti in procedure di esproprio per pubblica utilità hanno ora la certezza che le sentenze che definiscono l’ammontare dell’indennità sono soggette a un’aliquota di registro dell’1%. Questa decisione non solo riduce l’onere fiscale per i contribuenti ma fornisce anche una chiara linea guida per l’interpretazione della normativa fiscale in materia, superando precedenti incertezze e contrasti giurisprudenziali. La Corte, cassando la sentenza impugnata e decidendo nel merito, ha riaffermato la corretta applicazione dei principi tributari, accogliendo il ricorso introduttivo del contribuente.

Qual è l’aliquota dell’imposta di registro per una sentenza che determina l’indennità di esproprio?
L’aliquota corretta è quella proporzionale dell’1%, poiché la sentenza ha natura di accertamento di un diritto a contenuto patrimoniale e non di condanna.

Perché l’ordine di depositare l’indennità presso la Cassa Depositi e Prestiti non rende la sentenza un atto di condanna?
Perché il deposito non è un pagamento diretto a favore del creditore, ma un adempimento funzionale al procedimento amministrativo di esproprio, finalizzato a tutelare anche gli interessi di terzi e della pubblica amministrazione.

Una sentenza che stabilisce l’importo dell’indennità di esproprio è soggetta all’aliquota del 3%?
No. Secondo l’orientamento consolidato della Corte di Cassazione, tale sentenza non costituisce una condanna al pagamento di una somma di denaro e, pertanto, non rientra nell’ambito di applicazione dell’aliquota del 3%, ma in quello dell’1%.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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