Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 2534 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 2534 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
AVV_NOTAIO: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 26/01/2024
ORDINANZA
sul ricorso 5845-2020 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente domiciliata in Roma, presso lo «studio RAGIONE_SOCIALE», rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’RAGIONE_SOCIALE, che la rappresenta e difende ope legis
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 5699/2019 della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della CAMPANIA, depositata l’1/7/2019; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 18/1/2024 dal AVV_NOTAIO
RILEVATO CHE
1.RAGIONE_SOCIALE propone ricorso, affidato a quattro motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale della Campania aveva respinto l’appello della contribuente avverso la sentenza n. 1798/2018, emessa dalla RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale di Salerno in rigetto del ricorso avverso avviso di liquidazione dell’imposta di registro relativamente a decreto ingiuntivo n. 8090/2014 emesso dal Giudice di Pace di Nocera Inferiore a favore della ricorrente per credito vantato nei confronti di terzi («fatturazione per l’opera professionale non pagata») in cui era enunciato un negozio giuridico soggetto ad Iva secondo la tesi della contribuente;
l’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso ;
CONSIDERATO CHE
1.1. con il primo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ., « error in procedendo -nullità della sentenza impugnata per omessa pronunzia – violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ e 36 d.Lgs 31 dicembre 1992, n. 546» e lamenta che la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale abbia omesso di «pronunziarsi sulla censura di nullità dell’avviso di liquidazione per difetto di motivazione, il cui accertamento costituiva il fulcro della decisione di primo grado, e la cui contestazione era stata reiterata dalla società ricorrente nell’ambito RAGIONE_SOCIALE proprie difese»;
1.2. con il secondo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., error in iudicando e «violazione e falsa applicazione degli artt. 7, comma 1, legge 27 luglio 2000, n.212 e 52, comma 2 -bis, d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131», lamentando che la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale abbia erroneamente escluso la carenza motivazionale dell’avviso di liquidazione impugnato «per omessa allegazione degli atti sottoposti a tassazione»;
1.4. con il terzo motivo la ricorrente denuncia, in rubrica ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione degli artt. 22 e 40 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131» e lamenta che la RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale abbia confermato la fondatezza della pretesa fiscale sebbene l’Ufficio avesse «erroneamente determinato l’imposta di registro, applicando l’imposta di registro fissa sia sugli atti giudiziari che su l’atto enunciato; affermando, tuttavia, solo in corso di giudizio che la liquidazione concerneva il diverso rapporto negoziale sottostante, intercorso tra le parti, e che aveva, quindi, «originato i presupposti per la richiesta ed ottenimento del decreto ingiuntivo»;
1.5. con il quarto motivo la ricorrente denuncia, in rubrica ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., «violazione e falsa applicazione dell’art. 115 cod. proc. civ. e degli artt. 115 e 2697 cod. civ.» per avere i giudici territoriali ritenuto legittima la tassazione del rapporto negoziale relativo ad un atto asseritamente enunciato, non individuato, neppure allegato all’avviso di liquidazione o acquisito al fascicolo processuale del provvedimento monitorio;
2.1. la prima censura va disattesa;
2.2. nel caso in esame, non è dato rilevare omessa pronuncia, da parte della RAGIONE_SOCIALE tributaria regionale, circa il motivo di gravame relativo alla pretesa carenza di motivazione dell’atto impugnato, avendo, al contrario, i Giudici di appello espressamente respinto la doglianza sul rilievo che esso « reca(va)… in sé tutti gli elementi – anche di natura normativa -che lo rendevano sufficientemente motivato e intelligibile »;
2.3. la seconda censura è priva di pregio;
3.2. come già affermato da questa Corte, in tema di imposta di registro su atti giudiziari, l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione, gravante sull’Amministrazione, è assolto con l’indicazione della data e del numero della sentenza civile o del
decreto ingiuntivo, senza necessità di allegazione dell’atto, purché i riferimenti forniti lo rendano agevolmente individuabile, e conseguentemente conoscibile senza la necessità di un’attività di ricerca complessa, realizzandosi in tal caso un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente (cfr. Cass. n. 11283 del 07/04/2022, Cass. n. 30084 del 26/10/2021);
3.3. nella fattispecie, l’avviso di accertamento recava precisa indicazione degli estremi dell’atto tassato (decreto ingiuntivo) con indicazione dei criteri tariffari di applicazione dell’imposta di registro, con conseguente infondatezza della censura della contribuente;
4.il terzo ed il quarto motivo possono essere esaminati congiuntamente; il terzo motivo è in parte inammissibile e in parte infondato come l’ultimo;
4.1. la ricorrente attinge con la doglianza in esame direttamente l’atto impositivo, affermando che l’Ufficio avrebbe modificato la motivazione dell’avviso solo in corso di giudizio;
4.2.il motivo risulta formulato in violazione dell’art. 366, primo comma, n. 6, cod.proc.civ., atteso che la ricorrente pone a base RAGIONE_SOCIALE dedotte doglianze l’atto impositivo e le allegazioni difensive dell’Ufficio, limitandosi a meramente richiamarli, senza invero debitamente – per la parte strettamente d’interesse in questa sede – riprodurli nel ricorso ovvero, laddove ( in tutto o in parte ) riprodotti, senza fornire puntuali indicazioni necessarie ai fini della relativa individuazione con riferimento al contenuto dell’avviso opposto e RAGIONE_SOCIALE allegazioni svolte dall’RAGIONE_SOCIALE in sede di merito, al fine di renderne possibile l’esame, con precisazione (anche) dell’esatta collocazione nel fascicolo d’ufficio o in quello di parte, e se essi siano stati rispettivamente acquisiti o prodotti pure in sede di giudizio di legittimità: la mancanza anche di una sola di tali
indicazioni rendendo il ricorso inammissibile (cfr. Cass., Sez. Un., 27/12/2019, n. 34469; Cass., Sez. Un., 19/4/2016, n. 7701); nel corpo del ricorso, al di là RAGIONE_SOCIALE norme ritenute applicabili al caso di specie, non viene menzionato alcun elemento utile per verificare l’eventuale fondatezza del suo assunto, senza considerare che detta questione non risulta neppure esaminata dai giudici territoriali, rappresentando dunque una questione del tutto nuova proposta solo in sede di legittimità; né si può pretendere che questa Corte di legittimità, stante il principio di “autonomia del ricorso per cassazione” rispetto alle precedenti fasi del procedimento di merito, debba svolgere un ruolo suppletivo e integrativo di autonomo scrutinio degli atti del giudizio, soprattutto allorché essi non vengano specificamente riportati nel ricorso, posto che il giudizio di cassazione, previsto come libero e diretto, richiede pur sempre il rispetto dei requisiti minimi formali per accedervi, siccome indicati dalla legge processuale negli artt. 360 cod.proc.civ. e 366 cod.proc.civ. (S.U. del 27/12/2019, n. 34469; Cass. del 01/07/2021, n. 18695);
4.3. la ritenuta inammissibilità del motivo per mancanza dell’elemento di autosufficienza, ex art. 366, primo comma, n. 6 cod.proc.civ., che lo renda autonomamente scrutinabile non si pone in contrasto con i principi da ultimo fissati dalla Corte Edu, che in un recente caso che riguarda il procedimento che regola l’accesso alla Corte di legittimità nel sistema italiano ammesso per ogni violazione di legge ex art. 111 Cost.(espresso nel caso COGNOME e altri c. Italia nel 28 ottobre 2021 ove sono stati messi sotto attento scrutinio i filtri processuali di cui agli artt. 366. n. 3 e 366 n. 6 cod.proc.civ.), rifacendosi a numerosi precedenti resi dalla Corte di cassazione ammette che le condizioni di ammissibilità di un ricorso per cassazione possono essere più rigorose di quelle di un appello, richiamando la propria giurisprudenza sul punto (si veda RAGIONE_SOCIALE, sopra citata, § 45, COGNOME
Spagna, 19 dicembre 1997, § 37, Reports of Judgments and Decisions 1997- VIII, e Kozlica c. Croazia, no. 29182/03, § 32, 2 novembre 2006; si veda anche COGNOME c. Armenia, no. 18499/08, § 29, 7 luglio 2015) ( § 79). Sulla questione si vedano Cass. n. 18623 del 2016; Cass. del 04/03/2022, n. 7186; Cass. del 18/03/2022, n. 8950; Cass. del 19/04/2022, n. 12481; Cass. n. 1150 del 17/01/2019, n.1150; Cass. n. 8950 del 2022; S.U. n. 34469 del 2019);
richiamando i principi di diritto affermati da questa Corte (cfr. Cass. 06/11/2019, n. 28559), occorre evidenziare che è incontestato che il decreto ingiuntivo sia stato emesso sulla base del credito, soggetto ad IVA, riveniente dalla prestazione di attività professionale svolta dalla società ricorrente (contratto di fornitura d’opera);
5.1. l’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 recita come segue: «Se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate. Se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui all’art. 69. L’enunciazione di contratti verbali non soggetti a registrazione in termine fisso non dà luogo all’applicazione dell’imposta quando gli effetti RAGIONE_SOCIALE disposizioni enunciate sono già cessati o cessano in virtù dell’atto che contiene l’enunciazione. Se l’enunciazione di un atto non soggetto a registrazione in termine fisso è contenuta in uno degli atti dell’autorità giudiziaria indicati nell’art. 37, l’imposta si applica sulla parte dell’atto enunciato non ancora eseguita»;
5.2. ciò posto, per potersi configurare l’enunciazione, è necessario che nell’atto sottoposto a registrazione vi sia espresso richiamo al negozio posto in essere, sia che si tratti di atto scritto o di contratto verbale, con specifica menzione di tutti gli elementi
costitutivi di esso che servono ad identificarne la natura ed il contenuto in modo tale che lo stesso potrebbe essere registrato come atto a sé stante;
5.3. la tassazione per enunciazione, dunque, non può operare se nell’atto soggetto a registrazione siano menzionate circostanze dalle quali possa solo dedursi che esiste tra le parti il rapporto giuridico non denunciato, essendo sempre necessario che le circostanze enunciate siano idonee di per sé stesse, e quindi senza necessità di ricorrere ad elementi non contenuti nell’atto, a dare certezza di quel rapporto giuridico;
5.4. nel caso in esame è indubbio che nell’atto enunciante (decreto monitorio) erano indicati elementi tali da consentire di identificare l’operazione negoziale enunciata sia in ordine ai soggetti che al suo contenuto oggettivo e alla sua reale portata in modo da fornire non solo la prova della sua esistenza ma da costituirne il titolo, essendo stato richiesto dalla stessa società ricorrente, nel ricorso monitorio, il pagamento relativo alla «fatturazione per l’opera professionale non pagata da cui l’emissione del decreto ingiuntivo», come riportato nella sentenza impugnata e non contestato dalla contribuente nel giudizio di merito;
5.5. ne consegue, ai fini che qui rilevano, che la contribuente ben sapeva, sin dal ricorso proposto dinanzi alla RAGIONE_SOCIALE tributaria provinciale, che la doppia tassa di registro fissa, pretesa dall’ufficio, riguardava il decreto ingiuntivo emesso dall’autorità giudiziaria e il contratto di prestazione d’opera professionale in esso enunciato, sicché anche la motivazione dell’avviso di liquidazione deve ritenersi congrua ed idonea a rappresentare al contribuente le ragioni della ripresa a tassazione;
5.6. a seguire, richiamato il dettato dell’art. 22 del 1986, art. 22, dianzi trascritto, va altresì evidenziato che ai sensi, poi, del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, dianzi indicato, si ha caso d’uso
quando un atto si deposita, presso le cancellerie giudiziarie, nell’esplicazione di attività amministrative, o presso le amministrazioni dello Stato o degli enti pubblici territoriali e i rispettivi organi di controllo, per essere acquisito agli atti, salvo che il deposito avvenga ai fini dell’adempimento di un’obbligazione RAGIONE_SOCIALE suddette amministrazioni, enti o organi, ovvero sia obbligatorio per legge o regolamento;
5.7. occorre dunque stabilire se un atto soggetto a registrazione solo in caso d’uso, quale è l’atto in questione, è assoggettabile ad imposizione solo ed esclusivamente in tale ipotesi ovvero anche quando sia enunciato in altro atto registrato, ovvero ancora se tale enunciazione configuri o meno un caso d’uso;
5.8. rileva al riguardo la Corte che, alla stregua della stessa testuale dizione del richiamato d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, deve escludersi che il mero richiamo dell’atto non registrato in atto registrato possa configurare un’ipotesi d’uso (cfr. Cass. del 14.03.2007, n. 5946 in motivazione);
5.9. è d’uopo allora verificare se il d.P.R. n. 131 del 1986, art. 22, richiamato si riferisca anche all’enunciazione di atti soggetti a registrazione solo in caso d’uso;
5.10. il tenore letterale della norma in esame impone una risposta positiva al quesito atteso che, se il legislatore ha specificato, nella parte finale del comma 1, che «se l’atto enunciato era soggetto a registrazione in termine fisso è dovuta anche la pena pecuniaria di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, art. 69», è evidente che ha inteso includere anche gli atti soggetti a registrazione in caso d’uso e poiché l’enunciazione da tali ultimi atti non configura, ai sensi dello stesso d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, come innanzi rilevato, un «uso», deve concludersi per l’assoggettamento di tali atti all’imposta a prescindere dall’«uso» di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 6, cit. dei medesimi e sulla base della sola enunciazione;
5.11. in caso contrario, invero, come già precisato da questa Corte (cfr. Cass. n. 5956/2007 cit.), sarebbe da considerare inutiliter data la specificazione che assoggetta a pena pecuniaria solo gli atti soggetti a registrazione in termine fisso, in quanto, non concretando l’enunciazione un «uso», sarebbero stati imponibili solo gli atti soggetti a registrazione a termine fisso enunciati nell’atto registrato e quindi sarebbe stato superfluo specificare che solo per tali atti è dovuta oltre all’imposta anche la pena pecuniaria;
5.12. quest’orientamento ha trovato conferma nella successiva evoluzione giurisprudenziale essendosi affermato che «l’art. 22, comma primo, del d.P.R. n. 131 del 1986, stabilisce che se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere fra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene l’enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate; ne consegue che va assoggettato ad imposta di registro il finanziamento soci, già inserito tra le poste passive del bilancio, enunciato in un atto di ripianamento RAGIONE_SOCIALE perdite del capitale sociale e sua ricostituzione mediante rinuncia dei soci ai predetti finanziamenti in precedenza effettuati nei confronti della società, e ciò a prescindere dall’effettivo uso del finanziamento medesimo» (cfr. v. Cass. 21/09/2016, n. 18454; Cass. 30/10/2015, n. 22243; Cass 14/03/2012, n. 4096, secondo cui, «in tema di imposta di registro, ove viene colpita la singola manifestazione di ricchezza e la connessa capacità contributiva, vale il principio dell’autonomia dei singoli negozi, come si desume in modo inequivoco dalla previsione dell’art. 22 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, la quale stabilisce che, se in un atto sono enunciate disposizioni contenute in atti scritti o contratti verbali non registrati e posti in essere tra le stesse parti intervenute nell’atto che contiene la enunciazione, l’imposta si applica anche alle disposizioni enunciate»; sulla base di
tale orientamento, la sola enunciazione di un atto non registrato in un atto soggetto a registrazione è condizione sufficiente a legittimare la soggezione all’imposta di registro dell’atto enunciato e non registrato, nonostante si tratti di atto soggetto a registrazione in caso d’uso e l’enunciazione non possa ritenersi in sé una ipotesi di « uso dell’atto> (Cass. 08.11.2011, 32910);
5.13. con riguardo, poi, alla doglianza circa una pretesa errata doppia imposizione per lo stesso rapporto giuridico con riguardo all’atto enunciante ed a quello enunciato (decreto ingiuntivo ed contratto sotteso alla fattura di cui era stato richiesto il pagamento), va evidenziato che l”imposta di registro è una imposta d’atto, e dunque si applica a tutti gli atti previsti dalla legge come ad essa soggetti;
5.14. la circostanza che il decreto ingiuntivo sia stato emesso sulla base di un contratto di prestazione d’opera professionale non esclude la tassazione in misura fissa di quest’ultimo, nel caso in cui esso sia stato enunciato nel contesto del provvedimento giurisdizionale, in quanto tale eventualità è contemplata proprio nel terzo comma dell’art. 22 del d.P.R. n. 131 del 1986;
5.15. infine, è d’uopo evidenziare che, come indicato nell’avviso di accertamento impugnato riportato dalla stessa ricorrente, fu correttamente applicata la tassazione in misura fissa, e non proporzionale, sia con riguardo all’atto enunciante, che a quello enunciato;
6. sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va, dunque, integralmente respinto, affermando i seguenti principi di diritto: «Ai fini dell’imposta di registro, ai sensi del d.P.R. n. 131 del 1986, art. 6, deve escludersi che il mero richiamo dell’atto non registrato in atto registrato possa configurare un’ipotesi d’uso; la sola enunciazione degli atti, soggetti a registrazione in caso d’uso, è tuttavia assoggettata all’imposta di registro a prescindere
dall’«uso» di cui al d.P.R. n. 131 del 1986, ex art. 6, cit. dei medesimi»;
in conclusione, il ricorso va, dunque, integralmente respinto;
7.1. le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente al pagamento, in favore dell’RAGIONE_SOCIALE controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 650,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità