Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32323 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 32323 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 13/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 13750/2023 R.G. proposto da: BANCA MONTE DEI RAGIONE_SOCIALE DI SIENA S.P.RAGIONE_SOCIALE. rappresentata e difesa dell’avvocato NOME (CODICE_FISCALE elettivamente domiciliata all’indirizzo PECEMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. dell’ABRUZZO n. 762/2022 depositata il 21/12/2022.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il P.G. COGNOME COGNOME il quale ha concluso per la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Sentiti l’Avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’Avv. NOME COGNOME per parte ricorrente e l’Avv. dello Stato NOME COGNOME per l’Ufficio controricorrente i quali hanno concluso come da rispettivi scritti difensivi.
FATTI DI CAUSA
La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. proponeva ricorso, avanti la Commissione tributaria provinciale di Pescara, avverso l’avviso di liquidazione emesso dall’Agenzia delle Entrate relativo all’imposta di registro della sentenza n. 779/2019 emessa dal Tribunale di Pescara, ritenendo illegittimo il tributo proporzionale (aliquota 1%) per la sentenza di condanna dovendo al contrario essere assoggettato ad imposta fissa di € 200,00. Il Giudice adito di primo grado con sentenza n. 238 /1/2021 rigettava il ricorso.
La Corte di giustizia di II dell’Abruzzo, con la sentenza n. 762/6/2022 rigettava l’appello del contribuente ribadendo il principio per cui ‘gli atti giudiziari «di accertamento di diritti a contenuto patrimoniale» sono soggetti ad imposta di registro in misura proporzionale dell’1%, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. c, della tariffa -parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, anche nel caso in cui essi riguardino corrispettivi o prestazioni soggetti ad I.V.A., non applicandosi il principi o di alternatività di cui all’art. 40 del D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131. La statuizione dichiarativa dell’esistenza del credito (rideterminato sulla base dell’accertamento dell’illegittima di operazioni di addebito operati dalla Banca in relazione al contratto di finanziamento) è riconducibile alla sfera applicativa dell’art. 8, lett. c, della tariffa parte prima allegata al D.P.R. 26 aprile 1986 n. 131. ‘.
Contro detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione, sulla base di un unico motivo, la Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. cui ha resistito l’ufficio che ha eccepito, in via preliminare, l’inammissibilità del motivo di ricorso posto che la Banca ricorrente aveva dedotto, per la prima volta nel giudizio di legittimità,
l’applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. c), Tariffa, Parte I, TUR, chiedendo l’applicazione, invece, della lettera e) del medesimo comma.
3.1. La Banca Monte dei Paschi di Siena S.p.A. ha depositato memoria ex art. 378 c.p.c.
La Procura Generale ha depositato memoria con la quale ha chiesto dichiararsi la inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con un unico motivo parte contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3 c.p.c. violazione o falsa applicazione dell’art 8 lett. e) della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 131/86 non avendo i giudici territoriali tenuto conto del la circostanza che l’atto giudiziario oggetto dell’imposta di registro era una sentenza di accertamento del credito in seno ad un giudizio promosso dalla società correntista nei confronti della banca in forza del quale, dichiarata la nullità di alcune clausole contrattuali, rimanendo, comunque valido il rapporto, era stato rideterminato solamente per uno dei rapporti esaminati (contratto di conto corrente) un credito a favore della correntista di € 237.967,85, importo che costituiva la base imponibile, come indicato nell’avviso di liquidazione, sul quale, poi, l’Ufficio aveva calcolato l’aliquota dell’1%, ai sensi dell’art. 8 lett. c) della Tariffa Parte Prima allegata al D.P.R. 131/86. Assume che l’atto giudiziario aveva, quindi, determinato un effetto ripr istinatorio che non rappresentava manifestazione di trasferimento di capacità contributiva e, quindi, doveva trovare applicazione la lettera e) e non la lettera c) -come erroneamente statuito in grado d’appello -dell’art. 8 della Tariffa Parte Prima alle gata al d.P.R. 131/86, principio già stato esplicitato dalla Sezione Tributaria di questa Corte adita, con la pronuncia n. 25610 del 31.08.2022.
Osserva questa Corte che, come eccepito dall’Ufficio controricorrente e come correttamente sostenuto dal P.G. nelle proprie conclusioni scritte, il motivo è da ritenere inammissibile.
2.1. Deve rilevarsi che non coglie nel segno la tesi di parte ricorrente, dedotta in seno alla memoria ex art. 378 c.p.c., secondo cui si tratterebbe di ‘una semplice e legittima’ emendatio libelli essendo stato invocato ‘un presidio normativo ulteriore rispetto a quello originariamente richiamato, fermi i fatti (già narrati e documentalmente provati) che ne costituiscono il fondamento’.
2.2. Orbene è, in effetti, corretto affermare che la deduzione, per la prima volta nel giudizio di legittimità, di una diversa normativa rispetto a quella invocata nei gradi di merito è ammissibile ma ciò in tanto è possibile in quanto non comporti il necessario esame dei presupposti di fatto richiesti dalla differente disciplina per la riconoscibilità del diritto controverso (vedi Cass. n. 25863/2018).
Né è predicabile l’esercizio del potere di qualificare la domanda in modo diverso rispetto a quanto prospettato dalle parti, il quale richiede che la causa petendi rimanga identica (Cass., sez. 3, Ordinanza 17/04/2024, n. 10402).
Per giurisprudenza costante, difatti, la Corte di cassazione può ritenere fondata la questione sollevata dal ricorso e, così, accoglierla, per una ragione di diritto anche diversa da quella prospettata dal ricorrente, purché la riqualificazione operata sulla base dei fatti per come accertati nelle fasi di merito, fermo restando che l’esercizio del potere di qualificazione non deve confliggere con il principio del monopolio della parte nell’esercizio della domanda e delle eccezioni in senso stretto (Cass., 5 ottobre 2021, n. 26991; Cass., 13 ottobre 2020, n. 22037; Cass., 28 luglio 2017, n. 18775; Cass., 24 luglio 2014, n. 16867; Cass., 14 febbraio 2014, n. 3437; Cass., 22 marzo 2007, n. 6935; Cass., 29 settembre 2005, n. 19132).
2.3. Nel caso in esame la banca ricorrente propone, in realtà, una differente ricostruzione in punto di fatto, ora basata sulla nullità parziale di alcune clausole del contratto complessivamente rimasto in vita e non più sul dato relativo alla assoggettabilità ad IVA dei corrispettivi o prestazioni e assume, per la prima volta in questa
sede, la necessaria applicazione dell’imposta di registro in misura fissa anche quando la dichiarazione di nullità riguardi singole clausole ex art. 1419, secondo comma, c.c.) risultando evidente che nella fattispecie in esame si renderebbero necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto perché, a fronte della generica statuizione contenuta in sentenza in ordine alla ‘illegittimità’ degli addebiti, la banca, con il ricorso in esame, sostiene che vi fossero singole clausole nulle in materia capitalizzazione trimestrale indebita di interessi, commissione di massimo scoperto ed altro. E, conseguentemente, finisce con l’introdurre una diversa causa petendi .
3. Non può, peraltro, sottacersi che le considerazioni svolte in ricorso relative alla capitalizzazione degli interessi, alla commissione di massimo scoperto ed altro, oltre che nuove, sono anche irrilevanti, perché non risulta che sia stata proposta un’azione di nullità parziale secondo quanto è dato evincere dal tenore della allegata sentenza del Tribunale di Pescara, ove si evidenzia che non è stata espressamente avanzata una azione di nullità ma tale profilo è stato officiosamente rilevato dal giudice: si applica, allora, il principio fissato da Cass. n. 26561/22 che, in una fattispecie in cui alcuna caducazione (per nullità o annullamento) era conseguita dalla pronuncia giudiziale, ha ritenuto corretto l’operato dell’amministrazione finanziaria che aveva ascritto la pronuncia alla categoria degli atti giudiziari che recano «condanna al pagamento di somme o valori, ad altre prestazioni o alla consegna di beni di qualsiasi natura» .
Ed, in senso conforme, Cass. n. 25610/22, in una ipotesi in cui, invece, v’era stato l’esercizio cumulativo dell’azione di nullità parziale e di quella di ripetizione dell’indebito, ha ritenuto applicabile l’aliquota fissa. In particolare, in seno a tale ultima pronunzia, è stato chiarito che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, in tema di imposta di registro, i provvedimenti dell’autorità giudiziaria recanti condanna al pagamento di somme o valori o alla restituzione di
denaro devono essere assoggettati, ai sensi dell’art. 8, comma 1, lett. b), della tariffa parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131, ad imposta proporzionale, a meno che, oltre alla condanna al pagamento di una somma di denaro o all’imposizione di un obbligo restitutorio, non abbiano ad oggetto anche l’annullamento o la declaratoria di nullità di un atto: in quest’ultimo caso, infatti, l’imposta dovrà essere determinata in misura fissa, in applicazione dell’art. 8, comma 1, lett. e), della tariffa – parte prima allegata al d.P.R. 26 aprile 1986 n. 131 (vedi Cass. n. 16814/2017; Cass. n. 20315/2017; Cass. n. 32969/2018, Cass. n. 21702/2020).
Il ricorso è da ritenere, in conclusione, inammissibile.
4.1. Le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso; condanna parte ricorrente alla rifusione delle spese giudiziali in favore dell’ ufficio controricorrente, liquidandole nella misura di € 2.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data