Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21234 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21234 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 24/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso 306-2024 proposto da: NOME
rappresentati e difesi dall’Avvocato COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso;
-ricorrenti- contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO, che la rappresenta e difende ope legis ;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 2343/2023 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO DELLA PUGLIA, depositata il 28/7/2023;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 10/4/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME ed NOME COGNOME propongono ricorso, affidato a tre motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Puglia aveva accolto l’appello erariale avverso la sentenza n. 1689/2018 della Commissione tributaria provinciale di Lecce, in accoglimento del ricorso proposto avverso avvisi di liquidazione con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva richiesto il pagamento dell ‘ imposta di registro, ipotecaria e catastale in relazione alla sentenza n. 1282/2015 del Tribunale di Lecce, con cui era stato disposto lo scioglimento della comunione relativa a due cespiti immobiliari, assegnati in via esclusiva, attesa l’indivisibilità degli stessi, agli odierni ricorrenti, già comproprietari in ragione del 50% dell’intero dei rispettivi beni dedotti in giudizio, con onere, per i beneficiari, del versamento del conguaglio, pari al controvalore del residuo 50%, alla comproprietaria NOME COGNOME, non assegnataria.
Agenzia delle entrate resiste con controricorso.
I ricorrenti hanno da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4), c.p.c., violazione degli artt. 324, 327, 330 c.p.c. (per come richiamati dall’art. 49 del D.P.R. n. 546/1992) e 2909 c.c. per avere la Commissione tributaria regionale emesso la sentenza impugnata
pur in difetto di notifica del ricorso in appello al difensore degli appellati, odierni ricorrenti.
1.2. Il Collegio osserva che, pur in presenza di vizio del contraddittorio della sentenza impugnata, la nullità del giudizio di merito celebrato senza la partecipazione della parte interessata, non va dichiarata qualora il ricorso per cassazione della suddetta parte risulti inammissibile o prima facie infondato, atteso che in tal caso, non derivando alla parte pretermessa alcun danno dalla detta pronuncia, disporre la rimessione al giudice di primo grado contrasterebbe con i principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo, che hanno fondamento nell’art. 111, comma 2, Cost. e nell’art. 6, par. 1, CEDU (cfr. Cass. n. 10839 del 2019, che ha affermato il principio secondo cui la Corte di cassazione, ove sussistano cause che impongono di disattendere il ricorso, è esentata, in applicazione del principio della «ragione più liquida», dall’esaminare le questioni processuali concernenti la regolarità del contraddittorio o quelle che riguardano l’esercizio di attività defensionali delle parti poiché, se anche i relativi adempimenti fossero necessari, la loro effettuazione sarebbe ininfluente e lesiva del principio della ragionevole durata del processo).
1.3. Dovendo, dunque, essere il ricorso disatteso per le ragioni di cui in prosieguo, il Collegio ritiene superfluo verificare la fondatezza delle doglianze dei ricorrenti dianzi illustrate in ordine al difetto di instaurazione del contraddittorio tra le parti, con eventuale retrocessione del processo al Giudice d’appello, in quanto ciò si tradurrebbe, oltre che in un aggravio di spese, in un allungamento dei termini per la definizione del giudizio senza comportare alcun beneficio per la garanzia dell’effettività dei diritti processuali delle parti.
2.1. Con il secondo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3) e 5), c.p.c. violazione del combinato disposto di cui agli artt. 20 e 34, commi 1 e 2, del D.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 ed art. 3 della Tariffa, anche in relazione all’art. 720 c.c., e lamentano che i Giudici d’appello abbiano erroneamente individuato «il regime
fiscale relativo all’imposta di registro di sentenza avente ad oggetto lo scioglimento della comunione ereditaria, ritenuta … soggetta all’art. 34 del D.P.R. n. 131/1986, laddove … l’atto presupposto doveva scontare l’aliquota dell’1% prevista per gli atti di divisione ».
2.2. In particolare, i ricorrenti lamentano che la Corte di giustizia tributaria di secondo grado abbia erroneamente «ritenuto nella specie la sussistenza di una sentenza di accertamento della quota di diritto di ciascun comunista sulla massa comune ed un contestuale atto traslativo del diritto di proprietà», trattandosi al contrario di atto di divisione avente natura dichiarativa, poiché le porzioni concretamente assegnate ai condividenti, quote di fatto, corrispondevano alle quote di diritto.
2.3. È dirimente evidenziare che sul punto questa Corte si è già espressa con le ordinanze n. 27409 del 2020 e n. 4858 del 2024, alle cui argomentazioni, che il Collegio pienamente condivide, è sufficiente effettuare, ai sensi dell’art. 118 disp. att. c.p.c., un mero richiamo per assoluta identità di ratio della fattispecie odierna, tanto da potersi senz’altro anche qui ribadire che, ai fini dell’imposta di registro, l’eccedenza derivante al condividente dall’assegnazione ad esso di beni di valore superiore a quello spettantegli sulla massa comune è considerata, per effetto della presunzione assoluta iuris et de iure di cui all’art. 34 d.p.r. n. 131 del 1986, alla stregua di una vendita, senza che rilevi l’assunzione a conguaglio, da parte sua, di un’obbligazione pecuniaria, in favore degli altri condividenti, di ammontare corrispondente con funzione compensativa, atteso che la mutevole funzione delle pattuizioni intercorse al riguardo tra i condividenti è neutralizzata dalla predeterminazione normativa dell’unicità di trattamento tributario.
2.4. Ne consegue che non assume alcun rilievo, nella vicenda in esame, che con la sentenza del Tribunale di Lecce dianzi citata sia stato attribuito, in luogo della quota in natura spettante sui rispettivi beni a NOME COGNOME il controvalore delle rispettive quote, senza operare
alcun conguaglio ed attribuzione di beni in eccedenza la quota di diritto spettante alla condividente non assegnataria.
2.5. Risulta, infatti, chiaro da quanto precede che la diseguaglianza tra le predette quote di diritto e quella di fatto sia stata compensata dal Giudice della divisione con il meccanismo dei predetti conguagli, che costituisce per l’appunto rimedio volto a neutralizzare l’eccedenza di valore della quota di fatto assegnata ad un condividente rispetto alla sua quota di diritto, che l’art. 34 T.U. registro considera essere un trasferimento parziale (ovvero della sola eccedenza), sottoponendolo alla aliquote degli atti traslativi.
2.6. N on coglie, dunque, nel segno l’argomento fondante la difesa dei contribuenti, basato sull’assenza di trasferimento di beni tra gli stessi, giacché ciò che conta, ai fini che occupano, è che al condividente siano assegnati beni per un valore complessivo eccedente quello al medesimo spettante sulla massa comune -come accaduto nella specie – che viene considerata vendita limitatamente alla parte eccedente.
2.7. La mutevole funzione delle pattuizioni intercorse tra i condividenti è appunto neutralizzata dalla predeterminazione normativa dell’unicità di trattamento tributario ( cfr. Cass. n. 4858 del 2024, cit.; in termini, Cass. n. 4884 del 2024).
3.1. Con il terzo motivo i ricorrenti denunciano, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c., v iolazione dell’art. 52, commi 4 e 5, del D.P.R. n. 131/1986, laddove i giudici d’appello avevano ritenuto l’insussistenza dei presupposti per l’applicazione «delle agevolazioni “prima casa”, di cui all’art. 1 della Tariffa, Parte I allegata al D.P.R. n. 131/1986 o del sistema “prezzo-valore”, di cui al comma 497, dell’art. 1 della Legge 266/2005, in tema di imposte di registro, ipotecaria e catastale», in difetto della relativa dichiarazione da parte dei contribuenti circa la volontà di usufruire dei detti benefici.
3.2. Come già affermato da questa Corte con riferimento ad una pronuncia di divisione giudiziale di un compendio immobiliare in comunione (cfr. Cass. n. 23863 del 2020) in tema di imposta di registro,
il trasferimento dell’immobile a seguito di un atto del giudice non fa venire meno l’onere a carico del contribuente, che intende avvalersi dell’agevolazione «prima casa», di fare la relativa dichiarazione, comportando solo uno spostamento temporale della stessa dal momento dell’acquisto a quello della registrazione, in quanto è da quest’ultima che la parte, destinataria degli effetti del provvedimento giudiziario, può far valere il proprio diritto all’applicazione del beneficio potendo attivarsi per rendere la necessaria dichiarazione in ordine alle agevolazioni fiscali cui ritiene di avere diritto.
3.3. Più in generale è stato quindi affermato che dal fatto che il trasferimento dell’immobile derivi nei casi come quello in esame da un atto del giudice non può derivare un ‘ abrogazione della previsione che impone a carico del contribuente obbligatoriamente la predetta dichiarazione, ma solo uno spostamento temporale della stessa, dal momento dell’acquisto a quello della registrazione, poiché tale momento viene a porsi come quello a partire dal quale la parte destinataria degli effetti del provvedimento può far valere il proprio diritto all’applicazione del beneficio potendo attivarsi per rendere la necessaria dichiarazione in ordine alle agevolazioni fiscali cui ritiene di avere diritto.
3.4. Questa Corte ha dunque ribadito che, in tema di imposta di registro, anche l’opzione per l’applicazione della disciplina del cd. «prezzo valore» di cui all’art. 1, comma 497, della legge n. 266 del 2005, in ipotesi in cui il trasferimento immobiliare avvenga all’esito di un giudizio divisionale, deve essere esercitata prima che l’Amministrazione Finanziaria abbia notificato atti del procedimento di accertamento sul valore dei beni trasferiti (cfr. Cass. n. 31100 del 2023; Cass n. 2581 del 2023).
3.5. Le censure dei ricorrenti sono quindi parimenti infondate.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto.
Poiché gli orientamenti giurisprudenziali di questa Corte, in base al quale si è decisa la causa, si sono consolidati dopo la proposizione del
ricorso per cassazione, si ritiene opportuno compensare tra le parti le spese processuali di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; compensa, tra le parti, le spese processuali di legittimità.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater, del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso per cassazione, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, ove dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità da