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Imposta di registro decreto ingiuntivo: quando è dovuta?

Una società ha contestato l’applicazione dell’imposta di registro su un decreto ingiuntivo esecutivo, sostenendo che il successivo fallimento del debitore ne annullasse il presupposto impositivo. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l’imposta di registro sul decreto ingiuntivo è dovuta in base alla sua natura di atto esecutivo al momento dell’emissione, a prescindere da eventi successivi come il fallimento, che ne limitano solo la concreta eseguibilità ma non ne elidono la validità. La sentenza conferma che solo la revoca o l’annullamento definitivo del decreto possono giustificare un rimborso.

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Pubblicato il 27 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di Registro Decreto Ingiuntivo: la Cassazione chiarisce quando è dovuta, anche in caso di fallimento

L’applicazione dell’imposta di registro su un decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo è un tema che genera spesso dubbi, specialmente quando intervengono eventi complessi come il fallimento del debitore. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 2734 del 2024, ha fornito chiarimenti decisivi, stabilendo un principio fondamentale: la tassazione è legata alla natura dell’atto e non alla sua concreta e successiva eseguibilità. Analizziamo insieme la vicenda e le conclusioni della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una società creditrice otteneva un decreto ingiuntivo, munito di formula di provvisoria esecuzione, nei confronti di una società debitrice. Successivamente, l’Agenzia delle Entrate notificava alla società creditrice un avviso di liquidazione per il pagamento dell’imposta di registro in misura proporzionale su tale decreto.

La società creditrice impugnava l’avviso, sollevando due questioni principali:
1. Il decreto ingiuntivo aveva perso la sua esecutività a causa della successiva dichiarazione di fallimento della società debitrice, venendo meno così il presupposto stesso dell’imposta.
2. L’operazione sottostante (un finanziamento) era, a suo dire, soggetta ad IVA, e quindi si sarebbe dovuto applicare il principio di alternatività IVA/registro, con imposta fissa e non proporzionale.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale respingevano le tesi della società, la quale decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

La Questione Giuridica e l’Imposta di Registro su Decreto Ingiuntivo

Il cuore della controversia ruota attorno alla natura dell’obbligazione tributaria relativa all’imposta di registro sugli atti giudiziari. La domanda fondamentale è: l’imposta è dovuta per la sola esistenza di un atto dotato di esecutività, o è necessario che tale esecutività sia concretamente e permanentemente esercitabile?

L’impatto del Fallimento del Debitore

Il ricorrente sosteneva che il fallimento, bloccando le azioni esecutive individuali, avesse di fatto privato il decreto ingiuntivo della sua forza esecutiva, annullando il presupposto impositivo. La Corte doveva quindi stabilire se la perdita di ‘eseguibilità’ pratica equivalesse a una perdita di ‘esecutorietà’ giuridica ai fini fiscali.

Tassazione dell’Atto Enunciato

Un’altra questione riguardava la presunta doppia imposizione. Il decreto ingiuntivo si basava su un contratto di mutuo non registrato. Secondo il Fisco, la menzione (enunciazione) di tale contratto nel decreto faceva scattare l’obbligo di tassare anche l’atto enunciato, oltre al decreto stesso.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso, fornendo motivazioni dettagliate e chiarendo in modo definitivo i principi applicabili.

Secondo i giudici, l’articolo 37 del D.P.R. n. 131/1986 stabilisce che i decreti ingiuntivi esecutivi sono soggetti a imposta di registro per il solo fatto della loro esistenza come titoli idonei a fondare un’azione esecutiva. Il presupposto impositivo è la natura esecutiva del titolo, non la sua concreta eseguibilità in un dato momento.

Il fallimento del debitore non annulla il decreto ingiuntivo né lo priva della sua natura giuridica di titolo esecutivo. Esso introduce una limitazione soggettiva alla sua efficacia: il decreto non può essere eseguito contro la massa dei creditori, ma mantiene la sua validità e potrebbe tornare ad essere pienamente eseguibile nei confronti del debitore se questo dovesse tornare in bonis (cioè, uscire dalla procedura fallimentare).

La Corte ha formulato il seguente principio di diritto: “in tema di imposta di registro sugli atti dell’autorità giudiziaria, il decreto ingiuntivo provvisoriamente esecutivo emesso nei confronti di un debitore successivamente fallito è soggetto ad imposta di registro proporzionale… rilevando ai fini impositivi la natura esecutiva del titolo e non la sua concreta eseguibilità al momento dell’imposizione”.

L’unico modo per ottenere un rimborso dell’imposta pagata è attraverso una decisione definitiva che revochi, annulli o dichiari la nullità del decreto ingiuntivo, come all’esito di un giudizio di opposizione. Il fallimento non rientra in queste casistiche.

Infine, la Corte ha confermato la correttezza della tassazione anche per l’atto enunciato (il contratto di mutuo), in piena conformità con l’articolo 22 del Testo Unico sull’Imposta di Registro.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un orientamento fondamentale in materia fiscale: la tassazione degli atti giudiziari si basa su criteri formali e sulla loro potenzialità giuridica al momento della loro formazione. L’imposta di registro su un decreto ingiuntivo è dovuta perché l’atto, nel momento in cui viene emesso con formula esecutiva, manifesta una capacità contributiva che la legge intende colpire. Eventi successivi, che attengono alla fase di esecuzione e non alla validità del titolo, non sono sufficienti a far venir meno l’obbligazione tributaria già sorta. Questa decisione offre certezza agli operatori del diritto, ribadendo che solo la rimozione giuridica dell’atto tramite un giudizio può incidere sulla tassazione applicata.

L’imposta di registro su un decreto ingiuntivo è dovuta anche se il debitore fallisce successivamente?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’imposta è dovuta in base alla natura giuridica esecutiva del decreto al momento della sua emissione. Il fallimento successivo del debitore limita solo la concreta possibilità di esecuzione contro la massa fallimentare, ma non annulla la validità del titolo né il presupposto per la tassazione.

Quando è possibile ottenere il rimborso dell’imposta di registro pagata su un decreto ingiuntivo?
Il diritto al rimborso (o al conguaglio) sorge solo se il decreto ingiuntivo viene definitivamente revocato, annullato o dichiarato nullo all’esito di un giudizio di opposizione concluso con una sentenza passata in giudicato. La semplice dichiarazione di fallimento del debitore non è una causa sufficiente per ottenere il rimborso.

La menzione di un contratto non registrato in un decreto ingiuntivo comporta una tassazione aggiuntiva?
Sì. Se un atto presentato per la registrazione, come un decreto ingiuntivo, contiene la menzione (enunciazione) di disposizioni di un altro atto non registrato stipulato tra le stesse parti (ad esempio un contratto di mutuo), la legge prevede che si debba pagare l’imposta di registro anche sull’atto enunciato, oltre a quella dovuta per l’atto che lo contiene.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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