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Imposta di registro concordato: ecco la base imponibile

Una società ha impugnato avvisi di liquidazione per l’imposta di registro su un concordato fallimentare. La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 5880/2025, ha parzialmente accolto il ricorso, stabilendo un principio fondamentale: nel calcolo dell’imposta di registro concordato, il valore dei debiti accollati dal terzo assuntore non deve essere incluso nella base imponibile. Quest’ultima è costituita esclusivamente dal valore dei beni e dei diritti trasferiti.

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Pubblicato il 12 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di registro concordato: la Cassazione esclude il debito accollato dalla base imponibile

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha affrontato una questione cruciale in materia di imposta di registro concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore. La decisione chiarisce definitivamente come deve essere calcolata la base imponibile per l’applicazione dell’imposta proporzionale, stabilendo un principio a favore del contribuente. Vediamo nel dettaglio i fatti e le conclusioni dei giudici.

I Fatti di Causa

Una società contribuente, in qualità di assuntore in un concordato fallimentare di una nota azienda alimentare, ha ricevuto dall’Amministrazione finanziaria tre avvisi di liquidazione relativi all’imposta di registro. Il primo avviso, di importo notevole, applicava l’imposta in misura proporzionale sul decreto di omologazione del concordato. Gli altri due, di importo fisso, riguardavano i successivi decreti di trasferimento dei beni.

La società ha impugnato gli avvisi, sollevando diverse eccezioni, tra cui la decadenza del potere impositivo dell’Agenzia, l’errore nel calcolo dell’imposta e, soprattutto, l’illegittima inclusione dei debiti accollati nella base imponibile, in violazione del principio di alternatività IVA-Registro.

Dopo un primo grado favorevole al contribuente, la Commissione Tributaria Regionale aveva riformato la decisione, accogliendo le tesi dell’Amministrazione finanziaria. La società ha quindi proposto ricorso per cassazione.

L’Analisi della Corte e il Calcolo dell’Imposta di Registro Concordato

La Corte di Cassazione ha esaminato i vari motivi di ricorso, rigettandone alcuni ma accogliendo quelli decisivi relativi al calcolo dell’imposta. In particolare, i giudici hanno respinto la doglianza sulla decadenza, chiarendo che il termine triennale per la liquidazione dell’imposta decorre non dalla data del provvedimento giudiziario, ma dalla data in cui l’atto viene materialmente trasmesso all’Ufficio per la registrazione.

Il punto centrale della decisione, tuttavia, riguarda i motivi 5 e 6, trattati congiuntamente. La società lamentava che l’imposta proporzionale fosse stata calcolata sull’intero importo dei debiti accollati, senza escludere quelli derivanti da prestazioni soggette a IVA. La Corte ha colto l’occasione per ribadire un principio consolidato e di fondamentale importanza.

La Base Imponibile Corretta

La Cassazione ha affermato che, in tema di imposta di registro concordato fallimentare con intervento di un terzo assuntore, l’imposta va applicata in misura proporzionale, ma il suo calcolo deve basarsi esclusivamente sul valore dei beni e dei diritti fallimentari trasferiti. Di conseguenza, l’importo del debito che il terzo assuntore si accolla non partecipa alla formazione della base imponibile ai fini della liquidazione dell’imposta.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha motivato la sua decisione richiamando la propria giurisprudenza consolidata (Cass. n. 11925/2021 e Cass. n. 31530/2023). Il decreto di omologa del concordato con assuntore produce effetti traslativi immediati, simili a una compravendita, giustificando l’applicazione dell’imposta proporzionale ai sensi dell’art. 8 della Tariffa, Parte Prima, allegata al d.P.R. 131/1986. Tuttavia, la base su cui calcolare tale imposta non è il corrispettivo complessivo (comprensivo dei debiti), ma unicamente il valore dei beni e diritti ceduti. L’accollo dei debiti, pur essendo parte dell’operazione economica, viene fiscalmente ‘sterilizzato’ e non contribuisce ad aumentare l’imponibile per l’imposta di registro. La censura della società è stata quindi ritenuta fondata e meritevole di accoglimento.

Conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha cassato la sentenza impugnata, rinviando la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado del Molise in diversa composizione. Quest’ultima dovrà ricalcolare l’imposta dovuta attenendosi al principio di diritto enunciato: la base imponibile per l’imposta di registro proporzionale è data dal valore dei beni trasferiti, con esclusione dell’importo dei debiti accollati. Questa ordinanza rappresenta un’importante conferma per gli operatori del settore, fornendo certezza giuridica su come determinare il carico fiscale nelle complesse operazioni di concordato fallimentare con assunzione.

Come si calcola la base imponibile dell’imposta di registro in un concordato fallimentare con terzo assuntore?
La base imponibile per l’applicazione dell’imposta proporzionale è costituita esclusivamente dal valore dei beni e dei diritti fallimentari che vengono trasferiti al terzo assuntore.

L’importo dei debiti che il terzo si accolla rientra nel calcolo dell’imposta di registro?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito, in base a un principio consolidato, che l’importo del debito accollato dal terzo assuntore non partecipa al calcolo della base imponibile ai fini della liquidazione dell’imposta di registro.

Da quale momento inizia a decorrere il termine di decadenza per la liquidazione dell’imposta di registro su atti giudiziari?
Il termine di tre anni per la liquidazione dell’imposta non decorre dalla data di emissione dell’atto giudiziario, ma dalla data della richiesta di registrazione, ovvero quando l’amministrazione finanziaria ha la visione materiale degli atti trasmessi dalla cancelleria del tribunale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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