Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14307 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 14307 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 2660/2021 R.G. proposto da: AGENZIA DELLE ENTRATE, rappresentata e difesa dall’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO -ricorrente e intimata per il ricorso incidentale- contro
CONSORZIO COGNOME LODIGIANA, rappresentato e difeso dall’Avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che unitamente all’Avv. COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
– controricorrente e ricorrente incidentale- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 2549/2020 depositata il 06/11/2020.
Udita la relazione svolta in pubblica udienza del 26/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La CTR con la sentenza in epigrafe indicata rigettava l’appello dell’Agenzia delle entrate e quello della contribuente, con la conferma della decisione di primo grado, che aveva accolto parzialmente il ricorso della ricorrente contribuente (con possibilità di pagare annualmente l’imposta di registro sul canone di concessione di volta in volta quantificato);
ricorre in cassazione l’Agenzia delle entrate con tre motivi di ricorso (1- falsa applicazione degli art. 35 e 43, d.P.R. n. 131 del 1986, e dell’art. 6, comma 3 -ter 1 legge Regione Lombardia n. 10 del 2009; violazione dell’art. 1362 del cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; 2violazione dell’art. 17, d.P.R. 131 del 1986, e dell’art. 3, comma 16, d. l. n. 95 del 2012, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; 3 -violazione degli art. 35, commi 3 e 43, d.P.R., n. 131 del 1986, e dell’art. 6, legge Regione Lombardia n. 10 del 2009 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.);
resiste con controricorso, il consorzio di bonifica, con proposizione di ricorso incidentale; chiede il rigetto del ricorso principale dell’Agenzia delle entrate; il ricorso incidentale è affidato a due motivi (1- motivazione apparente della decisione, violazione e falsa applicazione degli art. 1 e 3, della Tabella n. 5, del d.P.R. n. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 e n. 5, cod. proc. civ.; 2motivazione apparente con violazione dell’art. 2, della Tariffa, del d.P.R. n. 131 de l 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.);
la Procura generale della Cassazione, sostituta procuratrice generale NOME COGNOME, ha depositato conclusioni scritte,
ribadite in udienza di accoglimento dei primi due motivo del ricorso principale, assorbito il terzo motivo, e di rigetto del ricorso incidentale;
la contribuente ha depositato memoria di replica;
l’Agenzia delle entrate è rimasta intimata per il ricorso incidentale.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Entrambi i ricorsi sono infondati e devono rigettarsi; le spese per la reciproca soccombenza si possono compensare interamente, consegue il raddoppio del contributo unificato per il rigetto del ricorso incidentale.
Nei confronti dell’amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura dello Stato, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato, non si applica l’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2022 n. 115 («Nei casi di impugnazione respinta integralmente o dichiarata inammissibile o improcedibile, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1-quater, del d.p.r. n. 115 del 2002, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della l. n. 228 del 2012, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, non può trovare applicazione nei confronti delle Amministrazioni dello Stato che, mediante il meccanismo della prenotazione a debito, sono esentate dal pagamento delle imposte e tasse che gravano sul processo. (In applicazione di tale principio, la S.C. ha escluso la sussistenza dei presupposti per il raddoppio, pur avendo dichiarato inammissibile un ricorso del Ministero dell’Interno per l’inapplicabilità dello speciale regime impugnatorio di cui all’art. 11 della l. n. 206 del 2004)», Sez. 6 – L, Ordinanza n. 1778 del 29/01/2016, Rv. 638714 – 01).
Il fatto risulta pacifico tra le parti; la Regione Lombardia concede al controricorrente Consorzio la derivazione d’acqua del
fiume Adda, per la durata di 40 anni, con decorrenza dal 2017. Il concessionario Consorzio di anno in anno dovrà corrispondere il canone che, per gli anni successivi al 2017, sarà determinato per una parte in misura fissa e in misura variabile nel resto, in base a legge regionale. L’Agenzia liquida l’imposta per il 2017 nella misura dello 0,5 % e poi recupera con avviso di liquidazione l’imposta di registro per tutta la durata della concessione-contratto.
I primi due motivi del ricorso principale, che si trattano congiuntamente essendo logicamente connessi, risultano infondati. La concessione riguarda la derivazione d’acqua e concerne il demanio idrico (statale, ex art. 822 cod. civ., Appartengono allo Stato e fanno parte del demanio pubblico il lido del mare, la spiaggia, le rade e i porti; i fiumi, i torrenti, i laghi e le altre acque definite pubbliche dalle leggi in materia»); deve, quindi, applicarsi l’art. 17, terzo comma, d.P.R. n. 131 del 1986 (come modificato dal d. l. 6 luglio 2012 n. 95), e l’imposta può essere corrisposta anno per anno (o su richiesta del contribuente anche per l’intera durata del rapporto). Infine, nel caso in giudizio il canone non è in misura fissa, ma dopo il primo anno, lo stesso varia di anno in anno. Del resto, la concessione dei diritti d’acqua deve ritenersi sostanzialmente equiparabile alla concessione di beni immobili (vedi Sez. 5 – , Sentenza n. 11853 del 02/05/2024, Rv. 671232 -01).
1. Per l’art. 117 della costituzione per il demanio idrico le competenze risultano concorrenti tra lo Stato e le Regioni (vedi Corte costituzionale n. 112 del 2022), conseguentemente legittima deve ritenersi la integrazione del canone variabile anno per anno con legge regionale; quindi, il canone variabile rafforza la vista soluzione della diretta applicazione dell’art. 17, d.P.R. n. 131 del 1986, come, del resto, disposto espressamente dal d. l. n. 95 del 2012 (art. 3, comma 16).
Il terzo motivo risulta assorbito, in quanto concerne il quantum dell’imposta di registro da calcolare per l’intera durata del rapporto.
Con il ricorso incidentale il Consorzio prospetta l’insussistenza dell’obbligo di registrazione e della relativa imposta, trattandosi di atto della Regione in favore di ente pubblico e, comunque, l’imposta sarebbe dovuta in misura fissa per la demanialità del bene oggetto della concessione. Entrambi i motivi, che si analizzano congiuntamente per evidente connessione logica, risultano infondati.
4.1 -il r.d. 13 febbraio 1933, n. 215, dispone nei seguenti termini:
«Alla bonifica integrale si provvede per scopi di pubblico interesse, mediante opere di bonifica e di miglioramento fondiario.
Le opere di bonifica sono quelle che si compiono in base ad un piano generale di lavori e di attività coordinate, con rilevanti vantaggi igienici, demografici, economici o sociali, in comprensori in cui cadano laghi, stagni, paludi e terre paludose, o costituiti da terreni montani dissestati nei riguardi idrogeologici e forestali, ovvero da terreni, estensivamente utilizzati per gravi cause d’ordine fisico e sociale, e suscettibili, rimosse queste, di una radicale trasformazione dell’ordinamento produttivo.
Le opere di miglioramento fondiario sono quelle che si compiono a vantaggio di uno o più fondi, indipendentemente da un piano generale di bonifica . (art. 1; v. altresì l’art. 857 cod. civ.);
«I consorzi di bonifica sono persone giuridiche pubbliche e svolgono la propria attività entro i limiti consentiti dalle leggi e dagli statuti.
Per l’adempimento dei loro fini istituzionali essi hanno il potere d’imporre contributi alle proprietà consorziate, ai quali si applicano le disposizioni dell’art. 21» (art. 59; v., altresì, gli artt. 1, 3, 16 e ss. della l. regione Veneto, 8 maggio 2009, n. 12, che ha abrogato la previgente legge regionale 13 gennaio 1976, n. 3);
4.2 -in relazione a dette disposizioni, ed a quelle che hanno riguardo alla realizzazione, ed alla consegna, delle opere di bonifica di competenza dello Stato (r.d. n. 215/1933, cit., artt. 16, 18, 54 e 100; v., altresì, Corte Cost., 24 luglio 1998, n. 326), la Corte, secondo un consolidato orientamento interpretativo, ha statuito che il rapporto tra i consorzi di bonifica ed i beni del demanio loro affidati deve essere declinato secondo lo schema della concessione a titolo gratuito, concessione che consegue dalla stessa legge istitutiva dei consorzi (il r.d. n. 215 del 1933), in correlazione con la funzione specifica, ivi loro assegnata, di «esecuzione, manutenzione ed esercizio delle opere di bonifica» (art. 54 del r.d. cit.); derivando il titolo direttamente dalla legge, non è necessaria l’emanazione di un conseguente atto amministrativo propriamente concessorio, ed il possesso dei beni è qualificato da detto titolo concessorio, dovendosi escludere la mera detenzione (Cass., 24 luglio 2014, n. 16867 e Cass., 10 settembre 2014, n. 19053 cui adde Cass., 7 aprile 2022, n. 11328; Cass., 13 febbraio 2019, n. 4186; Cass., 13 febbraio 2019, n. 4186; Cass., 11 ottobre 2017, n. 23833; Cass., 29 ottobre 2014, n. 22904);
4.3 – quanto, poi, alla relativa qualificazione giuridica, la Corte ha ripetutamente statuito che ai Consorzi di bonifica va riconosciuta natura di enti pubblici economici (v., tra le tante, Cass., 4 marzo 2021, n. 6086; Cass., 15 ottobre 2019, n. 26038; Cass., 5 dicembre 2017, n. 29061; Cass., 17 luglio 2012, n. 12242; Cass., 8 marzo 2004, n. 4664); in particolare, si è rilevato, i consorzi di bonifica svolgono attività di tipo imprenditoriale perseguendo le relative finalità mediante risorse di provenienza privata, ovvero, direttamente dai consorziati, in quanto tali enti, per lo svolgimento delle proprie finalità istituzionali, utilizzano i contributi di bonifica richiesti ai privati proprietari di immobili ricompresi nell’ambito del comprensorio che traggono beneficio dall’attività consortile e che, appunto, assumono la qualifica di consorziati (v. Cass. Sez. U., 20
gennaio 2017, n. 1548; v., altresì, Cass. Sez. U., 18 gennaio 1991, n. 456);
-avuto riguardo, poi, alla relativa struttura, se n’è rilevata la natura associativa in quanto i Consorzi sono costituiti tra i proprietari degli immobili compresi in un determinato comprensorio di bonifica e si amministrano a mezzo di organi i cui componenti sono scelti dai consorziati (v. il d.P.R. 23 giugno 1962, n. 947, la l. regione Veneto 8 maggio 2009, n. 12, artt. 5 e ss. nonché il Protocollo di intesa Stato-Regioni concluso il 18 settembre 2008 per l’attuazione dell’art. 27 l. 28 febbraio 2008, n. 31; v., altresì, Corte Cost., 28 luglio 2004, n. 282; Consiglio di Stato, sez. V, 10 ottobre 2023, n. 8853);
-e la Corte costituzionale ha, più specificamente, rilevato che «… i consorzi hanno un doppio volto e una duplice funzione. Da un lato, essi sono espressione, sia pure legislativamente disciplinata e resa obbligatoria, degli interessi dei proprietari dei fondi coinvolti nella attività di bonifica o che da essa traggono beneficio: strumenti normativamente previsti, attraverso i quali i proprietari adempiono ad obblighi su di loro gravanti in relazione alle opere di bonifica e si ripartiscono fra loro gli oneri relativi. Pertanto, coerentemente, i consorzi sono amministrati da organi espressi dagli stessi proprietari (cfr. artt. 1-4 d.P.R. 23 giugno 1962, n. 947, contenente. “Norme sui consorzi di bonifica in attuazione della delega prevista dall’art. 31 della legge 2 giugno 1961, n. 454”: ancorché più di recente le leggi di molte regioni abbiano innovato tale disciplina, inserendo negli organi di amministrazione dei consorzi rappresentanti della stessa regione o di enti territoriali). Dall’altro lato, essi si configurano come soggetti pubblici titolari o partecipi di funzioni amministrative, in forza di legge o di concessione dell’autorità statale (ora regionale).»; nonché che «Fanno parte senza dubbio dei principi fondamentali tuttora vigenti nella materia, non derogabili ad opera del legislatore regionale nell’esercizio della potestà legislativa concorrente, sia la distinzione fra opere di bonifica di competenza pubblica (già statale),
caratterizzate da una preminente finalizzazione agli interessi pubblici legati alla bonifica, e opere di competenza privata, in quanto di interesse particolare dei fondi inclusi nel comprensorio di bonifica; sia il connesso duplice carattere dei consorzi, e in particolare la loro qualificazione come enti a struttura associativa. Onde solo il legislatore statale potrebbe sciogliere definitivamente l’intreccio di pubblico e di privato che nei consorzi si esprime, per separare in modo netto le manifestazioni dell’autonomia privata dai caratteri pubblicistici impressi a tali enti dalla legislazione pre-costituzionale.» (Corte Cost., 24 luglio 1998, n. 326, cit.; v., altresì, Corte Cost., 28 luglio 2004, n. 282);
4.3.1 – il giudice delle leggi ha, poi, rilevato che i consorzi di bonifica non sono enti locali ai sensi del previgente art. 130 Cost. (ora art. 118 Cost.) «difettando di caratteristiche come la territorialità e la rappresentatività diretta o indiretta degli interessi comunitari (cfr. sentenza n. 164 del 1990); ma appartengono piuttosto, nel loro profilo pubblicistico, alla categoria degli “enti pubblici locali” operanti nelle materie di competenza regionale, e dunque degli “enti amministrativi dipendenti dalla regione”» (così Corte Cost., 24 luglio 1998, n. 326, cit.; v., altresì, Corte Cost., 19 ottobre 2018, n. 188; Corte Cost., 25 luglio 1994, n. 346);
e, in particolare, si è rimarcata la pluralità dei profili di competenza ascrivili all’azione dei Consorzi di bonifica che anche in relazione al riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni involgono il settore agricolo, la «tutela dell’ambiente» e «dell’ecosistema» nonché il «governo del territorio» (Corte Cost., 19 ottobre 2018, n. 188, cit.);
Le considerazioni in esame comportano l’inapplicabilità del regime di esenzione dall’imposta di registro, previsto dall’art. 1 della Tabella relativa agli ‘atti per i quali non vi è obbligo di chiedere la registrazione’ per gli ‘…atti posti in essere dalla amministrazione
dello Stato, dalle regioni, province e comuni diversi da quelli relativi alla gestione dei loro patrimoni’, di stretta interpretazione.
Non spetta neanche l’aliquota fissa dell’imposta, in quanto l’art 17, terzo comma, d.P.R. n. 131 del 1986, determina l’imposta in misura variabile, disposizione che prevale (in quanto specifica) sulla tariffa fissa (generale).
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso principale e il ricorso incidentale.
Compensa integralmente le spese processuali.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente incidentale , dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 26/09/2024.