Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11181 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 20114/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.CAMPANIA SEZ.DIST. SALERNO n. 1109/2022 depositata il 28/01/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 18/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale Campania, Sez. dist. Salerno, con la sentenza indicata in epigrafe, ha rigettato l’appello della contribuente società proposto contro la decisione di primo grado, che aveva respinto il ricorso avverso l’avviso di liquidazione per imposta di registro, per un decreto ingiuntivo emesso dal Giudice di Pace di Nocera Inferiore;
ricorre in cassazione la società RAGIONE_SOCIALE con 5 motivi di ricorso (1- omessa pronuncia in violazione degli art. 112 cod. proc. civ. e 36, d.lgs. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; 2- insufficienza o apparenza della motivazione in violazione degli art. 132 cod. proc. civ. e 36, d.lgs. 546 del 1992, art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.; 3- violazione e falsa applicazione degli art. 7, primo comma, l. 212 del 2000 e 52, comma 2bis , d.P.R. 131 del 1986 , in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; 4- violazione e falsa applicazione degli art. 22 e 40, d.P.R. 131 del 1986, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.; 5violazione e falsa applicazione dell’art. 115 , cod. proc. civ. e degli art. 115 e 2697, cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.);
resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE che ha evidenziato l’inammissibilità del ricorso per mancanza di autosufficienza e, comunque, lo stesso risulta infondato nel merito, in quanto è stata applicata la tassa di registro in misura fissa sia per il decreto ingiuntivo sia per l’atto ivi enunciato.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso è infondato e deve rigettarsi con condanna della società ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese con il raddoppio del contributo unificato.
Con l’avviso di liquidazione, oggetto del giudizio, l’RAGIONE_SOCIALE ha chiesto il pagamento dell’imposta di registro per un decreto ingiuntivo emesso dal giudice di pace su ricorso della ricorrente, per un credito verso un cliente; il pagamento dell’imposta in m isura fissa era richiesto sia per il decreto ingiuntivo sia per l’atto enunciato nello stesso (il contratto tra la ricorrente e il cliente sulla base del quale veniva emesso il decreto ingiuntivo).
Il primo motivo di ricorso risulta generico e non riporta neanche l’avviso di liquidazione; per la ricorrente la Commissione regionale avrebbe omesso di pronunciarsi sulla eccezione di nullità, dell’avviso impugnato, per difetto di motivazione. Tuttavia, la sentenza impugnata evidenzia, in sintesi, che la censura del difetto di motivazione dell’atto impugnato risulta infondata, in quanto «l’atto soggetto a registrazione, D.I., è stato emesso dall’autorità giudiziaria su richiesta della società ricorrente e, pertanto, la fattispecie è ben conosciuta dalla stessa». Non sussiste, conseguentemente nessuna omessa pronuncia.
Con il secondo motivo la ricorrente prospetta il vizio della motivazione della sentenza.
Sul punto, questa Corte di Cassazione ha costantemente ritenuto che il vizio della motivazione ricorre, esclusivamente, nelle ipotesi di assenza del minimo costituzionale, richiesto dall’art. 111 della Costituzione: «In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1°, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6°, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni
inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali» (Sez. 1 – , Ordinanza n. 7090 del 03/03/2022, Rv. 664120 -01).
Nel caso in giudizio le decisioni di merito rispettano il minimo costituzionale in quanto la motivazione risulta chiara e affronta i problemi posti dal ricorso introduttivo, con completezza di analisi.
Con il terzo motivo la ricorrente denuncia la violazione o falsa applicazione dell’art. 7, l. 212 del 2000 per omessa allegazione nell’avviso di liquidazione degli atti sottoposti a tassazione.
Il motivo è infondato in quanto gli atti sottoposti a tassazione erano conosciuti dalla ricorrente, poiché, come ritenuto dalla sentenza impugnata, il decreto ingiuntivo era stato richiesto ed ottenuto dalla stessa contribuente.
Infatti, questa Corte di Cassazione ha costantemente ritenuto che per la tassazione degli atti giudiziari (registro) basta indicare il numero del provvedimento per la sua individuazione da parte del contribuente: «In tema di imposta di registro su atti giudiziari, l’obbligo di motivazione dell’avviso di liquidazione, gravante sull’Amministrazione, è assolto con l’indicazione della data e del numero della sentenza civile o del decreto ingiuntivo, senza necessità di allegazione dell’atto, purché i riferimenti forniti lo rendano agevolmente individuabile, e conseguentemente conoscibile senza la necessità di un’attività di ricerca complessa, realizzandosi in tal caso un adeguato bilanciamento tra le esigenze di economia dell’azione amministrativa ed il pieno esercizio del diritto di difesa del contribuente» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 11283 del 07/04/2022, Rv. 664341 -01; vedi anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 239 del 12/01/2021, Rv. 660232 – 01).
Del resto, la tassazione, anche per l’atto enunciato, è avvenuta in misura fissa e la stessa ricorrente aveva richiesto il decreto ingiuntivo.
Nel quarto motivo la ricorrente prospetta una violazione di legge (art. 22 e 40, d.P.R. n. 131 del 1986) per l’imposta richiesta anche per l’alternatività tra IVA e imposta di Registro. Nessuna violazione sussiste in quanto sia per il decreto ingiuntivo sia per l’atto enunciato è stata applicata l’imposta di registro in misura fissa (200,00 più 200,00 euro), come puntualmente rilevato dalle due decisioni di merito.
Del tutto generico l’ultimo motivo di ricorso. La ricorrente prospetta una violazione di legge (art. 115 e 2697 cod. civ. e 115 cod. proc. civ.) in quanto non sarebbe noto l’atto enunciato nel decreto ingiuntivo. Mancherebbe la prova dell’esistenza dell’atto enunciato.
La sentenza di primo grado, comunque, evidenzia l’enunciazione di un contratto di fornitura, sulla base del quale è stato emesso il decreto ingiuntivo.
Si tratta di una evidente valutazione di merito RAGIONE_SOCIALE prove non sindacabile da questa Corte di Cassazione: «Il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e RAGIONE_SOCIALE prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione» (Sez. 5 – , Ordinanza n. 32505 del 22/11/2023, Rv. 669412 – 01).
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 650,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in Euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 , comma 1quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 18/01/2024.