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Imposta di registro art. 20: No a riqualificazione

La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso dell’Agenzia delle Entrate, stabilendo che la cessione totalitaria di quote societarie non può essere riqualificata come cessione d’azienda ai fini dell’imposta di registro. La Corte ha chiarito che, in base all’attuale formulazione dell’art. 20 del d.P.R. 131/1986, la tassazione deve basarsi esclusivamente sulla natura e sugli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione, senza considerare elementi extratestuali o la finalità economica complessiva. L’eventuale abuso del diritto deve essere contestato tramite la procedura specifica dell’art. 10-bis dello Statuto del Contribuente.

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Pubblicato il 21 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Imposta di registro art. 20: la Cassazione conferma i limiti alla riqualificazione fiscale

Con una recente ordinanza, la Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di imposta di registro art. 20, ponendo chiari limiti al potere dell’Amministrazione Finanziaria di riqualificare gli atti giuridici. La Corte ha stabilito che la cessione della totalità delle quote di una società non può essere assimilata a una cessione d’azienda basandosi su elementi esterni all’atto stesso. Questa decisione consolida un orientamento ormai granitico, offrendo maggiore certezza giuridica ai contribuenti.

I fatti del caso: da cessione di quote a presunta cessione d’azienda

Il caso trae origine da un’operazione societaria con cui una società acquirente aveva comprato l’intero capitale sociale di un’altra società. L’atto di cessione quote era stato regolarmente registrato e assoggettato all’imposta di registro in misura fissa, come previsto per questo tipo di operazioni.

Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate, ritenendo che l’operazione celasse, nella sostanza economica, una vera e propria cessione d’azienda, aveva emesso un avviso di liquidazione. Secondo l’Agenzia, poiché la società ceduta possedeva come unico asset un’azienda, il trasferimento del 100% delle sue quote equivaleva di fatto al trasferimento di quell’azienda. Di conseguenza, l’Amministrazione aveva riqualificato l’atto, applicando le più onerose aliquote proporzionali previste per la cessione d’azienda.

La controversia legale: l’interpretazione dell’imposta di registro art. 20

Il cuore della controversia risiede nell’interpretazione dell’imposta di registro art. 20 del d.P.R. 131/1986. Questa norma stabilisce i criteri per l’applicazione dell’imposta. Per anni, la giurisprudenza ha oscillato tra due approcci:

1. Approccio formalistico: La tassazione deve basarsi esclusivamente sulla natura giuridica e sugli effetti dell’atto presentato per la registrazione (instrumentum).
2. Approccio sostanzialistico: La tassazione deve guardare alla ‘causa reale’ e all’effettiva operazione economica voluta dalle parti, potendo considerare anche elementi esterni all’atto (elementi extratestuali) e atti collegati.

L’Agenzia delle Entrate, nel caso di specie, aveva seguito il secondo approccio. La Commissione Tributaria Regionale, invece, aveva dato ragione al contribuente, annullando l’avviso di liquidazione sulla base di un’interpretazione letterale della norma, che non consentirebbe di considerare elementi esterni all’atto. Contro questa decisione, l’Agenzia ha proposto ricorso in Cassazione.

La decisione della Corte di Cassazione e i principi cardine

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso dell’Agenzia, confermando la sentenza di secondo grado e consolidando l’interpretazione restrittiva dell’art. 20.

L’evoluzione normativa e giurisprudenziale dell’art. 20

La Corte ha ripercorso l’evoluzione della norma, evidenziando come il legislatore, con interventi del 2017 e del 2018 (quest’ultimo di interpretazione autentica), abbia voluto porre fine all’incertezza. L’attuale testo dell’art. 20 stabilisce in modo inequivocabile che l’imposta si applica ‘secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione (…) prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati’.

Questa modifica, validata anche dalla Corte Costituzionale, ha sancito la natura di ‘imposta d’atto’ dell’imposta di registro. Ciò significa che l’oggetto della tassazione è l’atto giuridico in sé e per sé, non l’operazione economica complessiva che le parti intendono realizzare.

La distinzione tra interpretazione dell’atto e clausola antiabuso

La Cassazione ha chiarito un punto cruciale: il potere di interpretazione conferito dall’art. 20 non è uno strumento antielusivo. Se l’Amministrazione Finanziaria ritiene che un’operazione sia ‘priva di sostanza economica’ o finalizzata a ottenere ‘indebiti vantaggi fiscali’, deve utilizzare lo strumento specifico previsto dalla legge: la clausola generale antiabuso di cui all’art. 10-bis dello Statuto dei diritti del contribuente (L. 212/2000). Tale procedura, a differenza della riqualificazione ex art. 20, prevede garanzie procedurali per il contribuente, come l’obbligo di un contraddittorio preventivo.

Le motivazioni

La Corte ha motivato la sua decisione sulla base di una solida ricostruzione sistematica. L’imposta di registro colpisce gli effetti giuridici diretti dell’atto registrato. In una cessione di quote, l’effetto giuridico è il trasferimento della titolarità della partecipazione sociale dal venditore al compratore. La proprietà dell’azienda, invece, rimane in capo alla società, che non muta la propria soggettività giuridica. Pertanto, tassare l’atto come una cessione d’azienda significherebbe andare oltre i suoi effetti giuridici, basandosi su una valutazione economica che la norma, nella sua attuale formulazione, vieta espressamente. La Corte ha sottolineato che l’interpretazione evolutiva, che in passato permetteva di guardare alla ‘causa reale’, è stata superata dal legislatore. L’attuale sistema impone una tassazione isolata del singolo negozio giuridico, coerentemente con la natura dell’imposta di registro come ‘imposta d’atto’. Qualsiasi tentativo di contrastare l’elusione fiscale deve passare per le vie procedurali garantite dall’art. 10-bis, non attraverso un’interpretazione estensiva dell’art. 20.

Le conclusioni

La decisione in esame rappresenta un punto fermo per la pianificazione fiscale e le operazioni di M&A. I contribuenti possono fare affidamento sul fatto che la tassazione di un atto, ai fini dell’imposta di registro, sarà determinata dalla sua forma e dai suoi effetti giuridici diretti, senza il rischio di riqualificazioni arbitrarie basate su elementi esterni. Viene così rafforzata la certezza del diritto, un valore fondamentale per l’ordinamento tributario. Resta fermo il potere dell’Amministrazione di contestare operazioni abusive, ma solo nel rispetto delle garanzie e delle procedure previste dalla specifica normativa antielusiva.

L’Agenzia delle Entrate può riqualificare una cessione totalitaria di quote in una cessione d’azienda ai fini dell’imposta di registro?
No. Secondo l’attuale interpretazione dell’art. 20 del d.P.R. 131/1986, confermata dalla Cassazione, la riqualificazione non è permessa se basata su elementi esterni all’atto o sulla sostanza economica dell’operazione. La tassazione deve aderire agli effetti giuridici dell’atto presentato, che nel caso di una cessione di quote è il trasferimento della partecipazione sociale, non dell’azienda posseduta dalla società.

Cosa stabilisce l’attuale versione dell’art. 20 del Testo Unico sull’Imposta di Registro?
La norma stabilisce che l’imposta deve essere applicata in base alla natura intrinseca e agli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione. L’interpretazione deve prescindere da elementi extratestuali e da atti collegati, salvo che la legge non disponga diversamente. Questo consacra l’imposta di registro come una ‘imposta d’atto’.

Come può l’Amministrazione Finanziaria contestare un’operazione che ritiene elusiva?
Se l’Amministrazione ritiene che un’operazione sia abusiva, ovvero posta in essere senza valide ragioni economiche al solo fine di ottenere un vantaggio fiscale indebito, deve utilizzare la procedura prevista dall’art. 10-bis della Legge 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente). Questa procedura prevede specifiche garanzie per il contribuente, tra cui il contraddittorio preventivo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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