Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 31841 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 31841 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/12/2024
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 14163/2022 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALEPHIL) RAGIONE_SOCIALE , elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE che la rappresenta e difende unitamente agli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) e COGNOME NOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE ENTRATE elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
avverso la SENTENZA della COMM.TRIB.REG. del LAZIO n. 5455/2021 depositata il 30/11/2021.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 26/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Sentito il P.G. COGNOME COGNOME il quale ha concluso per l’accoglimento del primo e del secondo motivo di ricorso, assorbiti i restanti.
Sentiti l’Avv. NOME COGNOME per parte ricorrente e l’Avv. dello Stato NOME COGNOME per l’ Ufficio controricorrente i quali hanno concluso come da rispettivi scritti difensivi;
FATTI DI CAUSA
Con scrittura privata autenticata veniva data efficacia in Italia, agli effetti dell’art. 2470 c.c., al trasferimento dell’intero capitale sociale di una RAGIONE_SOCIALE italiana, RAGIONE_SOCIALE (di seguito: PFI), dalla RAGIONE_SOCIALE (di seguito: RAGIONE_SOCIALE) in favore della controllante RAGIONE_SOCIALE (di seguito: PILSA), entrambe di diritto lussemburghese, per un valore di € 1.765.709.000 di cui oltre il 99% a titolo di distribuzione di riserve e dividendi in na tura per € 1.755.709.000 ed il residuo a fronte di un corrispettivo di € 10.000.000. Successivamente, in data 16 novembre 2016, la RAGIONE_SOCIALE incorporava la PWLL ed in data 30 novembre 2016, la RAGIONE_SOCIALE, a sua volta, era incorporata dalla RAGIONE_SOCIALE, destinataria dell’avviso impugnato.
In data 18 dicembre 2017, l’Agenzia delle entrate notificava l’avviso di liquidazione e di irrogazione delle sanzioni, codice 2017/ORA00108 con il quale rilevava la mancata applicazione dell’imposta di registro in misura proporzionale in ragione della ritenuta esistenza di una compensazione tra crediti e debiti reciproci delle società parti del negozio. Sull’importo degli utili e delle riserve distribuiti, definito come oggetto di ‘compensazione volontaria’ (per
€ 1.755.709.000), veniva, pertanto, applicata l’aliquota dello 0,50% prevista dall’art. 6 della Tariffa, Parte Prima, allegata al Testo unico dell’imposta di registro.
3. La C.T.P. di Roma, a seguito dell’impugnazione del detto atto impositivo da parte della contribuente, con la sentenza n. 11883/38/2019 riteneva corretta la qualificazione degli atti presentati alla registrazione effettuata dall’ufficio, facendo riferime nto al principio ex art. 20 del d.P.R. 131/1986 di ‘prevalenza della natura intrinseca degli atti registrati e dei loro effetti giuridici’ a tenore dei quali era indubbio che l’operazione di cessione dell’intero capitale sociale della PFI, interamente posseduto dalla cedente PWLL alla cessionaria PILSA, fosse contestualmente qualificabile come ‘compensazione delle rispettive ragioni di credito e di debito, intercorse fra le stesse’ e quanto ai presupposti della compensazione volontaria ex art. 1241 e ss. c. c., rilevava che dall’esame dell’atto di cessione di quota in atti si evinceva che la reale intenzione delle parti era stata esattamente quella di procedere all’assegnazione alla cessionaria PILSA (poi incorporata dalla ricorrente) di tutte le quote della società RAGIONE_SOCIALE possedute dalla società cedente RAGIONE_SOCIALE ed a fronte di detto beneficio la società cessionaria aveva rinunciato ad alcuni crediti da essa vantati nei confronti della società cedente, costituiti da utili da distribuire e da riserve in natura, del valore complessivo di € 1.755.709.000,00, avendo la cessionaria corrisposto con bonifico la sola somma di € 10.000.000,00.
Ad avviso della C.T.P., dall’interpretazione dell’atto, emergeva che l’assetto d’interessi perseguito dalle parti era quello di realizzare, da un lato, la cessione di quote, correttamente assoggetta ad imposta fissa ai sensi dell’art. 11 della tariffa parte prima allegata al d.P.R. n. 131 del 1986 e, dall’altro, di realizzare una compensazione delle contrapposte ragioni di debito e credito, nel senso sopra illustrato, da assoggettare, tuttavia, all’ulteriore imposta di registro nella misura dello 0,50 %, ai sensi dell’art. 6 Tariffa Parte Prima allegata
al d.P.R. n. 131 del 1986′. Infine, relativamente ai successivi motivi di ricorso, argomentava nel senso che era stata la società ricorrente ad errare nell’autoliquidazione dell’imposta di registro dovuta per l’atto di cessione di quota, sicchè l’ulteriore imposta di registro applicata dall’Agenzia resistente era da qualificare, pur sempre, come imposta principale, con conseguente legittima applicazione delle sanzioni da parte dell’Agenzia delle entrate.
Proposto appello la C.T.R. del Lazio, con la sentenza n. n. 5455/7/2021, rigettava il gravame della società contribuente.
4.1. I giudici territoriali, in particolare, osservavano che l’ appello era da ritenere infondato atteso che, come correttamente rilevato dai giudici di primo grado, si era in presenza di una imposta principale in quanto l’Ufficio non aveva corretto un proprio errore ma aveva liquidato l’imposta non versata in sede di autoliquidazione sul valore dichiarato dalla società contribuente avendo rilevato l’insufficienza dell’imposta liquidata per cui l’Amministrazione Finanziaria, in base alle vigenti disposizioni normative, aveva semplicemente corretto un errore commesso dalle parti negoziali. Aggiungeva, poi, in ordine alla contestata violazione degli artt. 3 e 10 del d.lgs. n. 218/97, che nel caso in esame la società contribuente non aveva nulla di cui dolersi dal momento che non risultava, dalla documentazione in atti, che la stessa aveva esperito la procedura dell’istanza di adesione, né l’Ufficio aveva obbligo di attivarla.
Avverso detta sentenza la RAGIONE_SOCIALE società di diritto lussemburghese incorporante la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a quattro motivi, illustrati con successiva memoria ex art. 378 c.p.c.
L’ Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo la società ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 4 c.p.c., omessa pronuncia rispetto ai
motivi di appello primo e quinto. Ha rilevato che la sentenza aveva esaminato solamente i motivi di appello successivi (secondo e terzo), omettendo ogni cenno alla questione centrale di merito relativa alla sussistenza di una compensazione tassabile con imposta proporzionale.
Tal motivo è da ritenere fondato.
2.1 Invero, è pacifico che l’omessa pronuncia su alcuni dei motivi di appello, e, in genere, su una domanda, eccezione o istanza ritualmente introdotta in giudizio, integra una violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che deve essere fatta valere esclusivamente, come avvenuto nella specie, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., che consente alla parte di chiedere – e al giudice di legittimità di effettuare – l’esame degli atti del giudizio di merito, nonché, specificamente, dell’atto di appello, mentre è inammissibile ove il vizio sia dedotto come violazione dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5, cod. proc. civ. (tra le tante: Cass. n. 22759/2014; Cass. n. 6835/2017; Cass. n. 15735/2020; Cass. n. 8400/2021; Cass n. 12848/2022.
2.2. Nel giudizio di legittimità, la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in
ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (tra le tante: Cass. n. 20438/2021; Cass., Sez. 6^-5, 22 ottobre 2021, n. 29665/2021).
2.3 Nel caso in esame appare evidente la C.T.R. è incorsa nel vizio di omessa pronunzia, correttamente denunziato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., in quanto a fronte delle specifiche censure formulate con l’atto di appello con il primo ed il quinto motivo riguardanti la contestata sussistenza di una compensazione tassabile con imposta proporzionale, (censure richiamate pedissequamente nell’odierno ricorso ai fini dell’autosufficienza), non ha in alcun modo preso in esame tali profili.
Ciò considerato va rilevato che, per effetto dell’ accoglimento del primo motivo, rimangono assorbiti gli altri, e segnatamente:
3.1. il secondo motivo con cui parte ricorrente ha lamentato, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 4 c.p.c. violazione art. 132 c.p.c. e 36 d.lgs. n. 546/92, per assoluta inesistenza della motivazione non essendo affatto stato preso in considerazione il primo motivo di appello. Ha assunto che ove si fossero ritenuti implicitamente rigettati il primo e il quinto motivo di appello, non essendo stato nulla argomentato sulle questioni di merito specificamente poste con l’impugnazione ed analiticamente richiam ate in ricorso ai fini dell’autosufficienza ricorreva, in subordinata ed alternativa, l’ ipotesi si pronunzia omessa ovvero inesistente;
3.2. il terzo motivo con cui la contribuente ha dedotto, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione art. 42 TUR e dell’art. 3 -ter d.lgs. n. 463/1997 per avere i giudici di appello omesso la ricostruzione della disciplina giuridica dell’imp osta principale, che è dovuta dal notaio e non comporta applicazione di sanzioni.
3.3. il quarto motivo con cui è stata lamentata, ai sensi dell’art.360, primo comma, n. 3 c.p.c., violazione art. 42 TUR e art. 3 -ter d.lgs. n. 463/1997 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3) c.p.c., non essendo stata qualificata come suppletiva l’imposta richiesta.
In conclusione in accoglimento del primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va, quindi, cassata con rinvio alla Corte di Giustizia tributaria di II grado del Lazio in diversa composizione la quale procederà ad esaminare le censure in questione, ed anche alla regolamentazione le spese del presente giudizio.
P.Q.M.
la Corte accoglie il primo motivo di ricorso, assorbiti gli altri. Cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado del Lazio, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data 26 settembre 2024
Il Consigliere relatore La Presidente
(NOME COGNOME (NOME COGNOME