Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 17991 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 17991 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Data pubblicazione: 02/07/2025
Successione Donazioni Tributi
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 9846/2023 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (03320270162), in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato prof. NOME COGNOMECODICE_FISCALE EMAIL e dall’avvocato NOME COGNOME ( CODICE_FISCALE; EMAIL;
– ricorrente –
contro
Agenzia delle Entrate (06363391001), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (P_IVA), presso i cui uffici, in Roma, INDIRIZZO ope legis domicilia (EMAIL;
-controricorrente –
avverso la sentenza n. 4049/2022, depositata il 21 ottobre 2022, della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia;
Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 9 aprile 2025, dal Consigliere dott. NOME COGNOME
uditi l’avvocato NOME COGNOME su delega del prof. avvocato NOME COGNOME per la ricorrente e l’avvocato dello Stato NOME COGNOME per l’ Agenzia delle Entrate;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la Corte di cassazione rigetti il ricorso.
FATTI DI CAUSA
-Con sentenza n. 4049/2022, depositata il 21 ottobre 2022, la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia ha rigettato l’appello proposto da RAGIONE_SOCIALE così confermando la decisione di prime cure che, a sua volta, aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di liquidazione (n. 2019/ORA00015) emesso dall’ Agenzia delle Entrate per il recupero a tassazione dell’imposta di donazione dovuta dalla contribuente in relazione alla registrazione di una delibera della RAGIONE_SOCIALE recante aumento del capitale sociale (per € 2.000,00) sottoscritto da RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE
1.1 -A fondamento del decisum , il giudice del gravame ha considerato che:
-la base giuridica dell’atto impositivo doveva rinvenirsi nelle disposizioni di cui al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 25 e 53 -non risultando «mai citato e mai utilizzato » il disposto di cui all’art. 20 del d.P.R. cit., – e, nello specifico, in un negotium mixtum cum donatione (art. 25, cit.);
«Le caratteristiche sintomatiche del negozio gratuito sotteso erano già presenti nell’atto stesso, in quanto la quasi totalità del valore
economico dei rami conferiti veniva imputata a riserva sovrapprezzo.»; né poteva ritenersi precluso il ricorso ad elementi extratestuali ai fini della determinazione della base imponibile del tributo (ai sensi dell’art. 53, cit.) a fronte di un atto che non recava la dichiarazione di valore né l’indicazione del corrispettivo;
-nella fattispecie, pertanto, l’Agenzia non aveva operato una riqualificazione de ll’atto presentato per la registrazione -che pur sempre integrava il conferimento di rami d’azienda -e (solo) aveva accertato la ricorrenza di un negozio gratuito (art. 25, cit.) di cui ricorrevano i relativi tratti distintivi: «- Sproporzionalità rilevante delle prestazioni corrispettive. Il valore economico assegnato è inferiore di oltre la metà al valore economico dei rami d’azienda conferiti. -Arricchimento di controparte. La citata sproporzione va a beneficio del socio preesistente, RAGIONE_SOCIALE -Predeterminazione e consapevolezza della sproporzione. Le società coinvolte sono ben strutturate e sicuramente in grado di conoscere gli effetti dell’operazione. »;
in definitiva, «affinché fosse rispettata la proporzionalità tra valore economico del conferimento e valore economico della RAGIONE_SOCIALE, i soci entranti avrebbero dovuto ottenere una maggiore percentuale di partecipazione al capitale sociale.»;
non sussisteva, poi, la (pur) dedotta violazione del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 56bis , con riferimento alle modalità di accertamento delle liberalità indirette in quanto detta disposizione doveva ritenersi applicabile (solo) in difetto di registrazione dell’atto di liberalità (d.lgs. cit., art. 1, comma 4bis ).
RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di cinque motivi, ed ha depositato memoria.
L’ Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1. -Il ricorso è articolato sui seguenti motivi.
1.1 -Col primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 60, ed al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20 e 25, deducendo che, nella fattispecie, erroneamente il giudice del gravame aveva ricondotto i conferimenti in contestazione al règime dell’atto gratuito non donativo del quale, pertanto, difettava il relativo presupposto impositivo.
Assume, in specie, la ricorrente che:
-la ripresa a tassazione, quale atto gratuito, dell’operazione correlata alla sottoscrizione dell’aumento di capitale sociale, dietro conferimento di rami di azienda, pretermette la considerazione dell’atto tipico societario che (così) viene in rilievo, quale atto connotato da reciproche prestazioni onerose, ed ove, poi, risulta oggetto di espressa previsione normativa l’attribuzione di quote di partecipazione non corrispondenti al valore dei beni conferiti ma connotate dalla costituzione di una riserva di soprapprezzo;
nella fattispecie, difatti, la conferitaria aveva costituito una riserva da sopraprezzo che, oltretutto, non era stata impiegata (come nel caso di distribuzione di dividendi) e della quale si era tenuto conto al (successivo) momento dell’acquisto di dette quote di partecipazione al capitale sociale, avendo essa esponente, per l’appunto , acquistato dette partecipazioni dai soci conferenti (RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE dietro versamento di corrispettivi congrui che tenevano conto della costituita riserva da sopraprezzo;
in definitiva, così rilevando che la congruità dello scambio non poteva essere confinata al mero «confronto tra il valore nominale delle azioni ricevute e il valore reale del bene conferito» dovendosi
(diversamente) tener conto del valore reale delle azioni a fronte di quello del bene conferito, rapporto, questo, in effetti espresso dalla costituzione della riserva da soprapprezzo «destinata proprio ad attribuire alle azioni ricevute dalle Conferitarie un valore intrinseco ben superiore a quello puramente nominale».
1.2 -Col secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, artt. 5 e 60, al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, artt. 20 e 25, sotto il profilo del soggettivo passivo del tributo che il giudice aveva illegittimamente identificato con essa esponente.
Assume, in sintesi, la ricorrente che -quand’anche (« per mera ipotesi dialettica») si volesse identificare, come sussistente, il presupposto impositivo -quest’ultimo non potrebbe che correlarsi alla soggettività passiva della conferitaria (RAGIONE_SOCIALE che, quale soggetto con propria (e distinta) personalità giuridica, risultava destinataria dei conferimenti di azienda in contestazione e che, pertanto, ne riuscirebbe quale unico soggetto che si era arricchito per effetto del deliberato aumento di capitale sociale.
Né l’atto ripreso a tassazione poteva configurare ex se un qualche indiretto arricchimento di essa esponente atteso che, una volta costituita, la riserva da soprapprezzo era rimasta (in tale configurazione) nella disponibilità della società, non era stata, dunque, utilizzata per impieghi che potessero integrare un arricchimento (anche) del socio (estraneo al sottoscritto aumento di capitale sociale) e, per di più, era stata valorizzata (nel suo effettivo valore) nella determinazione dei corrispettivi pattuiti per la cessione di quote operate dagli originari sottoscrittori dell’aumento di capitale sociale (dietro conferimento di rami di azienda).
1.3 -Il terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., espone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, artt. 15 e 56, ed agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., deducendo la ricorrente che la determinazione della base imponibile dell’imposta di donazione aveva replicato, nella fattispecie, un ragionamento presuntivo di doppio livello (una praesumptio de praesumpto ) fondato, da un lato, su di una analoga operazione (aumento di capitale sociale dietro conferimento di ramo di azienda), conclusasi alcuni mesi prima di quella (ora) in contestazione, -dalla quale era stato tratto il valore economico della conferitaria a quella data -e, dall’altro, nella traslazione di quest’ultimo valore nella ricostruzione della base imponibile del tributo liquidato per la successiva operazione di aumento del capitale sociale (con imputazione dell’arricchimento ad essa esponente); laddove doveva ritenersi falso il punto di partenza del ragionamento probatorio nella fattispecie assunto -id est «il rapporto di perfetta proporzione tra valore del bene conferito e quota di partecipazione al capitale sociale ricevuta in cambio» – in quanto, nella fattispecie, detto rapporto non poteva che difettare in ragione di un deliberato aumento di capitale sociale con riserva di soprapprezzo, riserva che di necessità implicava un valore dei beni conferiti superiore alla quota di partecipazione al capitale sociale riconosciuta alle società conferenti.
1.4 -Il quarto motivo, anch’esso ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., ripropone la denuncia di violazione e falsa applicazione di legge in relazione al d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, artt. 15 e 56, ed agli artt. 2727 e 2729 cod. civ., questa volta a riguardo della determinazione della misura oggettiva del gratuito arricchimento, deducendo la ricorrente che detta misura non poteva essere identificata nell’intero importo ripreso a tassazione (per € 630.439,00)
in quanto doveva tenersi conto delle diverse quote di partecipazione sociale, così che ad essa esponente (titolare della quota del 85,23%) solo per detta quota avrebbe potuto imputarsi.
1.5 -Col quinto motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione del d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 56bis , sull’assunto che, nella fattispecie, la liberalità indiretta era stata ripresa a tassazione in difetto dei presupposti prescritti dall’art. 56bis , ed avuto riguardo, in specie, alla prevista necessità che la liberalità stessa emergesse « da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all ‘accertamento dei tributi », dovendosi ritenere erronea l’interpretazione offerta dal giudice del gravame della disposizione di cui al d.lgs. cit., art. 1, comma 4bis , nel senso che la liberalità, oggetto di registrazione, non postulasse (anche) la ricorrenza delle condizioni espressamente delineate dall’art. 56 -bis, cit.
-I primi due motivi di ricorso -dal cui congiunto esame consegue l’assorbimento dei residui motivi – sono fondati, e vanno senz’altro accolti.
-Come anticipato, l’atto impositivo in contestazione rinviene la sua base giuridica nella disposizione secondo la quale «Un atto in parte oneroso e in parte gratuito è soggetto all’imposta di registro per la parte a titolo oneroso, salva l’applicazione dell’imposta sulle donazioni per la parte a titolo gratuito.» (d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 25); e -come, per l’appunto, rilevato dal giudice del gravame – «la parte a titolo gratuito» è stata identificata -in fattispecie di aumento di capitale sociale liberato dietro conferimento di rami di azienda – in difetto della «proporzionalità tra valore economico del conferimento e valore economico della RAGIONE_SOCIALE» in quanto «i soci entranti avrebbero dovuto ottenere una maggiore percentuale di partecipazione al capitale sociale.».
La citata disposizione del TUR (il cui contenuto è stato mutuato dal d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 634, art. 24 e, ancor prima, dal r.d. 30 dicembre 1923, n. 3269, art. 42), come la Corte ha già avuto modo di rilevare, costituisce applicazione -in relazione al principio di alternatività che esso pone tra imposta di registro ed imposta sulle donazioni – del più generale disposto di cui al precedente art. 21 (già r.d. n. 2369 del 1923, cit., art. 9, e d.P.R. n. 634 del 1972, cit., art. 20) che è volto a disciplinare i criteri di tassazione degli atti «che contengono più disposizioni» (Cass., 16 novembre 2020, n. 25907; Cass., 30 marzo 2016, nn. 6099 e 6100); e si è rimarcato, altresì, che -in relazione alle disposizioni poste in tema di imposta di donazione (d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, artt. 55, comma 1, e 60) -l’atto presentato per la registrazione va interpretato secondo quanto prescrive il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20 (v. Cass., 27 febbraio 2003, n. 2980 cui adde , in motivazione, Cass., 14 maggio 2024, n. 13294).
3.1 – Il d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, dispone che «L’imposta è applicata secondo la intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, anche se non vi corrisponda il titolo o la forma apparente …»; e, come di recente lo stesso Giudice delle Leggi ha avuto modo di rimarcare – nel rilevare la legittimità costituzionale della novellazione di detta disposizione che correla (ora) l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto agli «elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extratestuali e dagli atti ad esso collegati, salvo quanto disposto dagli articoli successivi» – detta disposizione «nel confermare la tassazione isolata del negozio veicolato dall’atto presentato alla registrazione secondo gli effetti giuridici da esso desumibili, si mostra coerente con i principi ispiratori della disciplina dell’imposta di registro e, in particolare, con
la natura di ‘imposta d’atto’ storicamente riconosciuta al tributo di registro dopo la sostanziale evoluzione da tassa a imposta.».
Si è, quindi, rilevato che la disposizione di cui all’art. 20, cit., è stata (così) ricondotta «all’interno del suo alveo originario, dove l’interpretazione, in linea con le specificità del diritto tributario, risulta circoscritta agli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione (ovverossia al gestum , rilevante secondo la tipizzazione stabilita dalle voci indicate nella tariffa allegata al testo unico)» (Corte Cost., 21 luglio 2020, n. 158).
3.2 -Sotto un primo profilo, pertanto, – venendo in considerazione una delibera di aumento di capitale sociale, per quote predeterminate nel loro importo e con riserva di soprapprezzo l’atto impositivo nell’identificare la sua causa petendi in un (supposto) arricchimento correlato, in quanto tale, alla sproporzione tra quote di partecipazione al capitale sociale riservate ai sottoscrittori e valore economico dei conferimenti (di azienda) -ha finito per derogare agli effetti giuridici propri dell’atto registrato, risalendo ad una (sorta) di sostanza economica dell’operazione (la gratuità per sproporzione di reciproche attribuzioni) per di più imputata a soggetto (il socio che non aveva sottoscritto l’aumento di capitale) estraneo agli effetti giuridici prodotti dall’atto.
Atto, questo, che corrispondeva, peraltro, a fattispecie tipica delineata dalla disposizione di riferimento, secondo la quale il valore dei conferimenti in natura deve essere «almeno pari a quello ad essi attribuito ai fini della determinazione del capitale sociale e dell’eventuale soprapprezzo» (art. 2465 cod. civ.).
3.3 -Sotto un distinto, ed ulteriore, profilo, la parte dell’atto « a titolo gratuito» che è stata attinta corrisponde, come anticipato, a fattispecie tipica (artt. 2431, 2478bis cod. civ.) connotata dal
soprapprezzo versato per il conseguimento di quote di partecipazione al capitale sociale.
Il soprapprezzo in questione -che corrisponde al di più che viene versato (nella fattispecie in sede di aumento del capitale sociale) rispetto al valore nominale delle conseguite quote di partecipazione al capitale sociale -per come accertato dallo stesso giudice del gravame è stato ascritto alla (prescritta) riserva che costituisce voce (AII) del passivo dello stato patrimoniale (art. 2424 cod. civ.) e che, come rilevato dalla Corte, contribuisce all’incremento del patrimonio della società (Cass., 29 dicembre 2024, n. 34872; Cass., 13 luglio 2001, n. 9523; v., altresì, Cass., 18 ottobre 2021, n. 28563).
E si è, così, rimarcato che la riserva di soprapprezzo costituisce strumento di finanziamento della società quale «ulteriore versamento di capitale effettuato dall’azionista/acquirente …. rispetto a quello rappresentato dal valore nominale della partecipazione», così che va ricondotta alla tassazione di registro, in misura fissa, prevista dal d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 4, lett. a ), della tariffa allegata, parte prima (Cass., 29 dicembre 2024, n. 34872, cit.).
Ancora una volta, pertanto, la ripresa a tassazione eccede gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione, effetti che vengono imputati al socio (di maggioranza) in ragione della sola costituzione di una riserva di soprapprezzo -dunque sulla sola base della registrazione della delibera di aumento del capitale sociale, -riserva che, per come appena rilevato, era destinata ad incrementare il patrimonio della società conferitaria.
Né, nella fattispecie, vengono in considerazione gli impieghi societari della riserva in questione (artt. 2431, 2481ter ) che -in quanto suscettibili di essere ricondotti all’alveo delle liberalità indirette (d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 56bis ) -avrebbero potuto formar oggetto di valutazione secondo il perimetro delineato da quest’ultima
disposizione (e dallo stesso combinato disposto di cui agli artt. 20 e 25 del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131 a fronte di atto registrato).
3.4 -Può, dunque, enunciarsi il seguente principio di diritto: «L’interpretazione dell’atto, soggetto ad imposta di donazione, in virtù del rinvio operato dal d.lgs. 31 ottobre 1990, n. 346, art. 55, primo comma, e 60, va svolta ai sensi del d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, art. 20, così che deve tenersi conto degli effetti giuridici dell’atto presentato per la registrazione e non anche della sostanza economica dell’operazione negoziale ».
-L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti in fatto, la causa va decisa nel merito con accoglimento del ricorso originario della contribuente.
Mentre le spese dei gradi di merito vanno compensate tra le parti, quelle del giudizio di legittimità, liquidate come da dispositivo, seguono la soccombenza dell’ Agenzia delle Entrate.
P.Q.M.
La Corte
-accoglie il primo ed il secondo motivo di ricorso, assorbiti i residui motivi;
-cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, accoglie il ricorso originario della contribuente;
-compensa, tra le parti, le spese dei gradi di merito e condanna l’ Agenzia delle Entrate al pagamento, in favore della ricorrente RAGIONE_SOCIALE, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in € 5.500,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 9 aprile 2025.
Il Presidente dott. NOME COGNOME
Il Consigliere estensore dott. NOME COGNOME