Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3718 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 3718 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 09/02/2024
Tributi Regionali
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20473/2016 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’ avvocato NOME COGNOME, con domicilio eletto in Roma, INDIRIZZO, presso lo studio legale RAGIONE_SOCIALE;
-ricorrente –
contro
Regione Toscana, in persona del Presidente p.t. , con domicilio eletto in INDIRIZZO, INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato profAVV_NOTAIO NOME COGNOME, rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME dell’Avvocatura regionale ;
-controricorrente -avverso la sentenza n. 224/16, depositata in data 11 febbraio 2016, della Commissione tributaria regionale della Toscana;
Udita la relazione svolta, nella pubblica udienza del 6 ottobre 2023, dal AVV_NOTAIO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
FATTI DI CAUSA
– Con sentenza n. 224/16, depositata in data 11 febbraio 2016, la Commissione tributaria regionale della Toscana ha accolto l’appello proposto dalla Regione Toscana, così pronunciando in integrale riforma della decisione di prime RAGIONE_SOCIALE che aveva accolto l’impugnazione di un avviso di accertamento emesso in relazione all’imposta regionale sulle concessioni statali (l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2) dovuta da RAGIONE_SOCIALE per l’anno 2008.
Il giudice del gravame ha rilevato che «E’ infatti pacifico nella giurisprudenza di questa Sezione che l’imposta regionale sulle concessioni dei beni demaniali si applichi su tutte le concessioni relative a beni demaniali a prescindere dal soggetto che in concreto rilascia la concessione (nel caso di specie RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).»
– RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di sei motivi, ed ha depositato memoria.
La Regione Toscana resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Il ricorso è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36, comma 2, nn. 2 e 3, e 61, sull’assunto che dalla motivazione della pronuncia non era dato desumere quale fosse il thema decidendum sottoposto al vaglio del gravame – e, dunque, quali domande risultassero proposte in giudizio -risultando del tutto omessa l’esposizione dei fatti di causa e delle richieste delle parti;
1.2 -il secondo motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità della gravata sentenza per violazione del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 36, comma 3, e 61, deducendo la ricorrente che la sottoscrizione della sentenza risultava illeggibile né vi era -a fronte dell’indicazione del «Presidente e Relatore» la precisazione «se il ‘Relatore’ sia o meno ‘estensore’ della sentenza»;
1.3 -il terzo motivo, sempre ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della sentenza per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., deducendo il ricorrente che il giudice del gravame aveva omesso di pronunciare sui cinque motivi di ricorso che erano stati riproposti nelle controdeduzioni di appello, oltreché sulla sollevata questione di legittimità costituzionale;
1.4 -il quarto motivo, anch’esso formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., reca la denuncia di nullità per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. con riferimento alla questione che – riproposta in appello perché rimasta assorbita nella decisione di primo grado -involgeva la base imponibile del tributo che, nella fattispecie, era stato applicato (anche) sull’imRAGIONE_SOCIALE (pari ad € 10.000,00) che corrispondeva ad un contributo di solidarietà istituito dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE (con de libera n. 19, del 21 novembre 2007) e destinato ad alimentare, su base volontaria, «un fondo da destinarsi all’RAGIONE_SOCIALE-»;
1.5 -col quinto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia omesso esame di fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, in relazione ai documenti di prassi che esponevano indirizzi interpretativi volti ad escludere la legittimità dell’imposizione regionale su canoni concessori dete rminati discrezionalmente dall’amministrazione (RAGIONE_SOCIALE);
1.6 -col sesto motivo, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione di legge in relazione alla l. 16 maggio 1970, n. 281, art. 2, alla legge reg. Toscana, 30 dicembre 1971, n. 2, art. 1, alla legge reg. Toscana, 11 agosto 1995, n. 85, articolo unico, agli indirizzi applicativi ministeriali ed agli artt. 3, 23 e 53 Cost.;
si assume, in sintesi, che l’imposizione regionale non avrebbe potuto trovare applicazione con riferimento alle concessioni demaniali marittime rilasciate dalle RAGIONE_SOCIALE portuali per finalità diverse da quelle turistico-ricreative o diportistiche, venendo così in rilievo -come rimarcato dagli atti di prassi adottati dai ministeri competenti -concessioni demaniali il cui canone non risultava predeterminato per legge e, dunque, rimesso alle determinazioni discrezionali di dette RAGIONE_SOCIALE; laddove il canone concessorio, in siffatte fattispecie, costituiva corrispettivo per l’utilizzazione del bene pubblico né poteva integrare il presupposto impositivo di un tributo regionale;
-Il secondo motivo di ricorso -il cui esame risulta logicamente pregiudiziale -è destituito di fondamento.
2.1 -La gravata sentenza espone una sola sottoscrizione e, nella sua composizione, reca l’indicazione del Presidente del Collegio quale giudice relatore.
Come la Corte ha in più occasioni rimarcato, la illeggibilità della sottoscrizione della sentenza non inficia la idoneità né determina la nullità della sentenza se sussistono, come appena anticipato, adeguati elementi per il collegamento del segno grafico con un’indicazione nominativa contenuta nell’atto (Cass., 17 novembre 2016, n. 23461; Cass., 7 ottobre 2016, n. 20192; Cass., 22 dicembre 2011, n. 28281; Cass., 24 luglio 2003, n. 11471; Cass., 27 maggio 2002, n. 7713).
Né diversamente rileva l’eventualità che, come il ricorrente prospetta, il giudice relatore possa non coincidere con l’estensore della
sentenza, essendosi (anche qui) più volte precisato che (proprio) la disposizione dell’art. 276, quinto comma, cod. proc. civ. -alla cui stregua la motivazione della sentenza è stesa dal relatore, a meno che il presidente non creda di stenderla egli stesso o affidarla all’altro giudice – «pone una presunzione – ribadita dall’art. 119, secondo comma, disp. att. cod. proc. civ., che indica come sottoscrittori il presidente ed il relatore – di coincidenza delle figure del relatore e dell’estensore della sentenza» e che detta «presunzione può essere vinta solo dalla dimostrazione, in base alla documentale formulazione della stessa sentenza, dell’avvenuta sostituzione nella posizione di estensore del giudice autore della relazione con il presidente o con l’altro giudice» (v. Cass., 5 luglio 2013, n. 16843; Cass., 5 agosto 2003, n. 11831; Cass., 22 settembre RAGIONE_SOCIALE, n. 12528; Cass., 17 luglio 1996, n. 6456).
3. -Nemmeno il primo ed il terzo motivo di ricorso -qui esaminato nei limiti in appresso precisati – possono trovare accoglimento.
Occorre premettere, al riguardo, che, alla luce dei principi di economia processuale e della ragionevole durata del processo come costituzionalizzato nell’art. 111, comma secondo, Cost., nonché di una lettura costituzionalmente orientata dell’attuale art. 384 cod. proc. civ. ispirata a tali principi, deve ritenersi che alla Corte sia consentito di decidere nel merito sulle questioni delle quali si assume l’omesso esame -ovvero anche laddove denunciata la nullità della sentenza per motivazione apparente – alla stessa stregua dei fatti introdotti in giudizio dalle parti e non risultando, per l’appunto, necessario alcun ulteriore accertamento in fatto (Cass., 1 marzo 2019, n. 6145; Cass. Sez. U., 2 febbraio 2017, n. 2731; Cass., 3 marzo 2011, n. 5139; Cass., 1 febbraio 2010, n. 2313; Cass., 28 luglio 2005, n. 15810; Cass., 23 aprile 2001, n. 5962).
3.1 – Come, poi, reso esplicito dai (riprodotti) motivi di appello -che qui si esaminano ed in relazione ai quali si assume l’omessa pronuncia – vengono in considerazione -così come, del resto, quei motivi dedotti quali censure di violazione di legge (secondo il parametro del sindacato di legittimità riconducibile all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.) -argomenti, e profili, di puro diritto che (tutti) si incentrano sulla ricognizione della fattispecie astratta di regolazione della potestà impositiva regionale (nel dialogo che qui deve riconoscersi tra la fonte statuale e quella regionale nella regolazione di un tributo derivato) e, più specificamente, sul presupposto impositivo del tributo in questione.
In disparte, allora, che l’omesso esame di prospettazioni ed allegazioni incentrate sulla qualificazione giuridica di fattispecie non può integrare ex se l’omesso esame di domande proposte in giudizio, rimane, al fondo, che il giudice del gravame, sia pur sintetim , ha escluso profili di illegittimità nell’esercizio della potestà impositiva profili di cui in immediato seguito si dirà – rilevando che, nella fattispecie, ricorreva il presupposto impositivo del tributo a riguardo di «tutte le concessioni relative a beni demaniali a prescindere dal soggetto che in concreto rilascia la concessione (nel caso di specie RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE).».
Ne consegue che, come ripetutamente rilevato dalla Corte, non sussiste il vizio di omessa pronuncia nel caso in cui il giudice d’appello fondi la decisione su una costruzione logico-giuridica incompatibile con la domanda o con l’eccezione di parte, nel qual caso può parlarsi di statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte (Cass., 11 gennaio 2022, n. 531; Cass., 13 agosto 2018, n. 20718; Cass., 6 dicembre 2017, n. 29191; Cass., 14 gennaio 2015, n. 452; Cass., 25 settembre 2012, n. 16254; Cass., 17 luglio 2007, n. 15882; Cass., 19 maggio 2006, n. 11756).
3.2 – Va, ancora, rimarcato -venendo in considerazione, come anticipato, una questione di puro diritto che non necessita di ulteriori accertamenti di fatto -che già la sentenza di prime RAGIONE_SOCIALE aveva escluso il difetto di motivazione dell’avviso di accertamento del quale aveva rilevato la compiutezza motivazionale con riferimento ai presupposti normativi dell’imposizione, all’aliquota applicata ed alla relativa base imponibile.
E, come la Corte ha già rilevato in fattispecie omologa, le indicazioni in discorso senz’altro concorrevano, in termini esaustivi, all’assolvimento dell’obbligo motivazionale, dovendosi, in particolare, escludere la necessità di allegazione di atti richiam ati (quali l’atto concessorio o il provvedimento di determinazione del canone) che dovevano ritenersi già in possesso della contribuente (destinataria di quegli stessi atti; così Cass., 24 luglio 2023, n. 22197).
3.3 -Non sussiste, da ultimo, la denunciata nullità della sentenza per omessa esposizione dei fatti di causa e delle richieste delle parti, atteso che, come le Sezioni unite della Corte hanno statuito, la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54, d.l. 22 giugno 2012 n. 83, conv., con modificazioni, in l. 7 agosto 2012 n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 preleggi, come riduzione al minimo costituzionale del sindacato di legittimità sulla motivazione, così che è denunciabile in Cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
4. -Anche il quinto ed il sesto motivo di ricorso sono destituiti di fondamento.
Il quadro normativo di riferimento della lite contestata va ricostruito nei seguenti termini.
4.1 – La l. 16 maggio 1970, n. 281, – dopo aver previsto l’attribuzione alle Regioni dell’imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile – ha disposto nei seguenti termini:
«L’imposta sulle concessioni statali si applica alle concessioni per l’occupazione e l’uso di beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato siti nel territorio della Regione, ad eccezione delle concessioni per le grandi derivazioni di acque pubbliche.
Le Regioni determinano l’ammontare dell’imposta in misura non superiore al triplo del canone di concessione.
L’imposta è dovuta dal concessionario, contestualmente e con le medesime modalità del canone di concessione ed è riscossa, per conto delle Regioni, dagli uffici competenti alla riscossione del canone stesso.» (art. 2).
4.2 – La Regione Toscana ha, quindi, dato attuazione alla normativa statale con la legge reg. Toscana, 30 dicembre 1971, n. 2, artt. 1 e 2, -e, quanto all’aliquota applicata alle concessioni demaniali marittime, con la legge reg. Toscana, 11 agosto 1995, n. 85, articolo unico – che ( ratione temporis ) hanno così disposto:
« Dall’1 gennaio 1972 è istituita, ai sensi dell’art. 2 della legge 16 maggio 1970, n. 281, l’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, situati nell’ambito territoriale della Regione.
Sono escluse dall’imposta le concessioni per le grandi derivazioni di acque pubbliche.
L’imposta è commisurata al 100 per cento del canone di concessione statale. Ai sensi dell’art. 18, comma 4, della L. 5 gennaio 1994, n. 36 “Disposizioni in materia di risorse idriche”, l’imposta di cui
al precedente comma, non si applica alle concessioni di acque pubbliche.» (art. 1, cit.);
«1. L’imposta è corrisposta dal concessionario entro il 31 dicembre dell’anno di pagamento del canone di concessione mediante versamento diretto su apposito conto corrente postale intestato alla Regione Toscana.
La disposizione di cui al comma 1 si applica a decorrere dall’anno d’imposta 2004» (art. 2, cit.);
« 1. A decorrere dal 1 gennaio 1994 l’imposta sulle concessioni statali dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile prevista dall’articolo 2 della legge 16 maggio 1970 n. 281 e successive modificazioni, è commisurata, limitatamente alle concessioni demaniali marittime, al quindici per cento del canone statale di concessione.» (legge reg. Toscana, 11 agosto 1995, n. 85, articolo unico, cit., come modificato dalla legge reg. Toscana, 6 agosto 1998, n. 57, art. 6).
4.3 -La legge reg. Toscana, 27 dicembre 2012, n. 77, art. 11, comma 1, ha, quindi, riformulato (l’art. 1 della l. n. 2 del 1971, cit., e dunque) l’àmbito soggettivo di riferimento del presupposto impositivo del tributo, escludendone l’applicazione (a decorrere dal 1° gennaio 2013) nei riguardi delle « concessioni rilasciate dall’RAGIONE_SOCIALE di cui all’articolo 1 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo 1996 (Istituzione dell’autorità RAGIONE_SOCIALE nel RAGIONE_SOCIALE) e dalle Autor ità portuali di RAGIONE_SOCIALE e Marina di Carrara di cui all’articolo 6 della legge 28 gennaio 1994, n. 84 (Riordino della legislazione in materia RAGIONE_SOCIALE)».
-La Corte ha già avuto modo di affrontare, sotto diversi profili, -anche involgenti la legittimità costituzionale delle pertinenti disposizioni normative – le tematiche poste dal ricorso in trattazione, così statuendo che:
ai sensi dell’art. 2, primo comma, della l. n. 281 del 1970, presupposto dell’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso di beni appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dello Stato, inclusi nel territorio della Regione, sono l’occupazione e l’uso assentiti degli stessi, indipendentemente dall’RAGIONE_SOCIALE cui compete il rilascio della concessione, e non, invece, l’esistenza di una concessione rilasciata dallo Stato (Cass., 10 maggio 2021, n. 12296; Cass., 10 marzo 2020, n. 6714; Cass., 5 giugno 2015, n. 11655);
è conforme al principio della riserva relativa di legge, di cui all’art. 23 Cost., l’art. 4 del d.l. n. 400 del 1993, convertito in l. n. 494 del 1993, che demanda all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE la determinazione, con normativa secondaria, dell’ammontare della base imponibile, purché ciò non comporti l’applicazione di canoni inferiori a quelli che deriverebbero dall’applicazione del decreto stesso, atteso che, in sede di normativa primaria, ex art. 2 della l. n. 281 del 1970, sono fissati presupposto impositivo, soggetti passivi, base imponibile, aliquota e sanzioni (Cass., 10 giugno 2021, n. 16279; Cass., 19 ottobre 2016, n. 21136);
5.1 -Detti approdi – che vanno qui ribaditi – hanno, in particolare, evidenziato che:
– l’attribuzione alle Regioni (d.P.R. 24 luglio 1977, n. 616, art. 59; d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112, art. 105), ed alle RAGIONE_SOCIALE portuali (l. 28 gennaio 1994, n. 84) di funzioni amministrative (anche) in materia di rilascio delle concessioni, e la conseguente devoluzione dei relativi canoni, non è di per sè idonea a far venire meno il presupposto dell’imposta in contestazione, individuato dal combinato disposto della l. n. 281 del 1970, art. 2 e della l. reg. Toscana n. 2 del 1971, art. 1, in quanto, come anticipato, il presupposto impositivo deve essere identificato nel fatto oggettivo dell’occupazione e dell’uso assentiti dei
beni demaniali o del patrimonio indisponibile, indipendentemente dall’RAGIONE_SOCIALE cui competa per legge il rilascio della relativa concessione;
-il rispetto della riserva relativa di legge posta dall’art. 23 Cost. consegue dalla identificazione degli elementi costitutivi di fattispecie ad opera della stessa legge statale – cui, nella fattispecie, la legislazione regionale si è conformata – che, p er l’appunto, individua il presupposto impositivo del tributo, i soggetti passivi d’imposta (concessionari di beni del demanio e del patrimonio indisponibile), la base imponibile (costituita dallo stesso canone di concessione), e la stessa aliquota massima (l. n. 281 del 1970, art. 2, cit.); e la medesima legislazione statale (d.l. n. 400 del 1993, artt. 1 e 7, conv. in l. n. 494 del 1993) detta (anche) i criteri di determinazione dei canoni, e, dunque, della base imponibile del tributo, in particolare disponendo che «Gli enti portuali potranno adottare, per concessioni demaniali marittime rientranti nel proprio ambito territoriale, criteri diversi da quelli indicati nel presente decreto, che comunque non comportino l’applicazione di canoni inferiori rispetto a quelli che deriverebbero dall’applicazione del decreto stesso» (art. 7);
va, del resto, considerato che il Giudice del Leggi – nel rilevare che la ratio della disposizione di cui all’art. 23 Cost. è volta « alla tutela della libertà e della proprietà individuale» e nemmeno esige «che la legge, che conferisce il potere di imporre una prestazione, debba necessariamente contenere l’indicazione del limite massimo della prestazione imponibile» (Corte Cost., 26 gennaio 1957, n. 4) – ha ripetutamente statuito che detta disposizione presuppone che la fonte primaria stabilisca «sufficienti criteri direttivi e linee generali di disciplina, richiedendosi in particolare che la concreta entità della prestazione imposta sia desumibile chiaramente dai pertinenti precetti legislativi», e non esclude « l’intervento co mplementare ed integrativo da parte della pubblica amministrazione … circoscritto alla
specificazione quantitativa (e qualche volta, anche qualitativa) della prestazione medesima: senza che residui la possibilità di scelte del tutto libere e perciò eventualmente arbitrarie della stessa pubblica amministrazione, ma sussistano nella previsione legislativa -considerata nella complessiva disciplina della materia -razionali ed adeguati criteri per la concreta individuazione dell’onere imposto al soggetto nell’interesse AVV_NOTAIO» (Corte Cost., 7 aprile 2017, n. 69; v., altresì, Corte Cost., 15 maggio 2015, n. 83; Corte Cost., 7 aprile 2011, n. 115; Corte Cost., 26 ottobre 2007, n. 350; Corte Cost., 14 giugno 2007, n. 190; Corte Cost., 1° aprile 2003, n. 105; Corte Cost., 27 luglio 2001, n. 323);
– le circolari ministeriali in materia tributaria non costituiscono fonte di diritti ed obblighi e, pertanto, qualora il contribuente si sia conformato ad un’interpretazione erronea fornita dall’Amministrazione finanziaria, è esclusa soltanto l’irrogazione delle relative sanzioni e degli interessi, senza alcun esonero dall’adempimento dell’obbligazione tributaria, in base al principio di tutela dell’affidamento, espressamente sancito dalla L. 27 luglio RAGIONE_SOCIALE, n. 212, art. 10, comma 2 (c.d. statuto del contribuente; Cass., 10 giugno 2021, n. 16279, cit.).
5.2 -Va, quindi, rimarcato che – così come reso esplicito dal relativo contenuto regolatorio – alla legge reg. Toscana, n. 77 del 2012, art. 11, cit., non può affatto riconoscersi efficacia retroattiva – e natura di interpretazione autentica della previgente disciplina – risultando (del tutto) evidente che – così come ritenuto dalla Corte in fattispecie connotate dalla medesima disciplina regionale (v. Cass., 24 luglio 2023, n. 22098; Cass., 10 maggio 2021, n. 12296, cit.; Cass., 9 marzo 2017, n. 6061) – la disposizione in discorso è stata adottata in attuazione del d.lgs. 6 maggio 2011 n. 68, art. 8, comma 1, – alla cui stregua («Ferma la facoltà per le regioni di sopprimerli») una serie tributi (inclusa l’imposta regionale sulle concessioni statali dei beni del
demanio marittimo) sono stati trasformati in tributi propri regionali (a decorrere dal 1° gennaio 2013) – laddove la previgente natura di tributo proprio derivato (l. n. 281 del 1970, artt. 1 e 2, cit.) imponeva alle Regioni di non modificarne le aliquote ovvero di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni se non nei limiti e secondo criteri fissati dalla legislazione statale e nel rispetto della normativa comunitaria (l. 5 maggio 2009, n. 42, art. 7).
-Sono, da ultimo, fondati, e vanno accolti, il terzo motivo di ricorso – che qui si esamina con riferimento alle sanzioni applicate – ed il quarto motivo.
6.1 Quanto a quest’ultimo, difatti, viene in considerazione una quaestio facti -che involge l’identificazione della base imponibile del tributo che, come anticipato, va correlata al canone concessorio -rispetto alla quale il giudice del gravame ha omesso ogni accertamento qual sottopostogli dalla contribuente con riferimento al denunciato computo (anche) di imRAGIONE_SOCIALE connotato da diversa destinazione, e finalità, in tesi (con ciò) estraneo al canone di concessione in senso proprio.
6.2 – Quanto, invece, alla denunciata omessa pronuncia sulla richiesta di disapplicazione delle sanzioni, la Corte ha già avuto modo di rilevare che la situazione di incertezza interpretativa, ingenerata da atti di prassi dell’Amministrazione finanziaria -che, in più occasioni, come anticipato, con pareri richiesti da più Regioni, si era espressa, per lungo tempo a decorrere dall’introduzione del tributo, «nel senso di escludere dall’ambito applicativo dell’imposta regionale di cui alla L. n. 281 del 1970 le concessioni demaniali marittime rientranti nell’ambito territoriale delle RAGIONE_SOCIALE Portuali (vedi nota prot. n. 20740 del 27-51972; nota prot. n. 10389 del 19-4-2007; nota prot. n. 3049 del 282-2012)» – anche se non influisce sulla debenza dell’imposta, deve
essere certamente valutata ai fini dell’esclusione dell’applicazione delle sanzioni (Cass., 10 giugno 2021, n. 16279, cit.).
7. -L’impugnata sentenza va, pertanto, cassata quanto al profilo di denuncia accolto del terzo motivo di ricorso – con decisione nel merito della causa, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, così dichiarandosi non dovute le sanzioni applicate nell’impugnato avviso di accertamento – e con rinvio della causa, anche per la disciplina delle spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana che, in diversa composizione, procederà al riesame della controversia in relazione alla questione dedotta col quarto motivo di ricorso (di cui sub 6.1 che precede).
P.Q.M.
La Corte, accoglie, per quanto di ragione, il terzo motivo di ricorso e, decidendo la causa nel merito, dichiara non dovute le sanzioni applicate con l’impugnato avviso di accertamento; accoglie il quarto motivo e rigetta i residui motivi di ricorso; cassa la sentenza impugnata in relazione al quarto motivo accolto e rinvia la causa, anche per le spese del giudizio di legittimità, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 ottobre 2023.