Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 731 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 731 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 11/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5776/2020 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME (CODICE_FISCALE, COGNOME (CODICE_FISCALE
-ricorrente-
contro
REGIONE ABRUZZO
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. ABRUZZO n. 672/2019 depositata l’11 luglio 2019 .
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 19/09/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
La CTR indicata in epigrafe ha rigettato gli appelli (nelle cause riunite) proposti dalla società contribuente avverso la decisione di primo grado che aveva parzialmente accolto il ricorso (limitatamente alla dichiarata prescrizione del canone corrisposto il 20 febbraio 2012 per la concessione n. 11/2009) presentato alla società ricorrente contro gli avvisi di accertamento della Regione per l’imposta regionale sulle concessioni per i servizi pubblici, attività portuali;
propone ricorso per cassazione la società contribuente affidato a cinque motivi, come integrati dalla successiva memoria;
la Regione Abruzzo è rimasta intimata.
Ragioni della decisione
Il ricorso risulta infondato e deve respingersi, con il raddoppio del contributo unificato, se dovuto. Spese non dovute per la mancata costituzione della Regione.
I motivi primo, secondo e quarto del ricorso possono trattarsi congiuntamente.
La questione posta con i suddetti motivi risulta già affrontata da parte di questa Corte di legittimità e non sussistono motivi per discostarsi dall’indirizzo consolidato.
In tema d’imposta regionale sulle concessioni statali per l’occupazione e l’uso dei beni del demanio e del patrimonio indisponibile dello Stato, siti nel territorio della Regione, è conforme al principio della riserva relativa di legge, di cui all’art. 23 Cost., l’art. 4 del d.l. n. 400 del 1993, conv. dalla l. n. 494 del 1993, che demanda all’Autorità portuale la determinazione, con normativa secondaria, dell’ammontare della base imponibile, purché ciò non comporti l’applicazione di canoni inferiori a quelli che deriverebbero dall’applicazione del decreto stesso, atteso che, in sede di normativa primaria, ex art. 2 della l. n. 281 del 1970, sono fissati presupposto impositivo, soggetti passivi, base imponibile, aliquota e sanzioni. (Sez. 5 – , Sentenza n. 28622 del 13/10/2023, Rv. 669282 -01;
vedi anche Sez. 5 – , Ordinanza n. 6714 del 10/03/2020, Rv. 657385 -01; inoltre ordinanze Sez. 5, del 2 febbraio 2021 n. 12296 e n. 16279, non massimate).
Il ricorso per cassazione, del resto, non contiene efficaci critiche per mutare l’orientamento della Corte: «In tema di ricorso per cassazione per violazione o falsa applicazione di norme di diritto (sostanziali o processuali), il principio di specificità dei motivi, di cui all’art. 366, comma 1, n. 4, c.p.c., deve essere letto in correlazione al disposto dell’art. 360-bis, n. 1, c.p.c., essendo dunque inammissibile, per difetto di specificità, il motivo di ricorso che, nel denunciare la violazione di norme di diritto, ometta di raffrontare la ratio decidendi della sentenza impugnata con la giurisprudenza della S.C. e, ove la prima risulti conforme alla seconda, ometta di fornire argomenti per mutare orientamento», Sez. 6 – 2, Ordinanza n. 5001 del 02/03/2018, Rv. 648213 – 01).
Non risulta necessaria, prima dell’avviso di accertamento , la liquidazione dell’imposta da parte della Regione, in quanto l’ imposta è determinata nella stessa concessione e la sua quantificazione risultava già effettuata dalla Capitaneria di porto di Ortona, come prospettato dalla stessa ricorrente. Con l’avviso di accertamento, infatti, si determina la pretesa dell’ente, senza necessità di atti antecedenti.
3. Anche il terzo motivo è infondato (Violazione e falsa applicazione dell’art 7, l. 212 del 2000 e dell’art. 3, l. 241 del 1990, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.); come rilevato dalla sentenza impugnata gli avvisi di accertamento impugnati riportavano il riferimento alla concessione rilasciata dalla Capitaneria di porto, il canone, l’aliquota e le sanzioni. Non sussiste, pertanto , nessun vizio della motivazione degli accertamenti.
Infatti, «Nel processo tributario, ai fini della validità dell’avviso di accertamento non rilevano l’omessa allegazione di un documento o la mancata ostensione dello stesso al contribuente se la
motivazione, anche se resa per relationem , è comunque sufficiente, dovendosi distinguere il piano della motivazione dell’avviso di accertamento da quello della prova della pretesa impositiva e, corrispondentemente, l’atto a cui l’avviso si riferisce dal documento che costituisce mezzo di prova», Sez. 5 – , Ordinanza n. 8016 del 25/03/2024, Rv. 670858 – 01).
Il quinto motivo (omesso esame del motivo di appello relativo alla prescrizione dell’integrazione del canone , e alla mancata rideterminazione del quantum dovuto, articolo 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.) risulta inammissibile perché formulato in termini dubitativi e comunque con riguardo ad un fatto processuale (omessa pronuncia) non già ad una circostanza materiale e storica della fattispecie.
Comunque, il motivo (qualora fosse interpretato ex art. 360, primo comma n. 4, e 112 cod. proc. civ., omesso esame della questione) risulta anche generico, in quanto non rappresenta, per la prescrizione dell’integrazione del canone in ordine alla concessione n. 11/2009, la proposizione della relativa questione con il ricorso introduttivo. Precisazione che si rendeva tanto più necessaria perché nella sentenza impugnata, in fatto, si richiama la costituzione in appello della Regione che eccepiva specificament e l’omessa proposizione della questione nel ricorso introduttivo; inoltre, la Regione evidenziava (sempre nella costituzione in appello, come richiamata dalla sentenza oggi impugnata) di aver provveduto a rideterminare il quantum, con la detrazione dell’im porto dichiarato prescritto.
P.Q.M.
rigetta il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a
quello per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma in data 19/09/2024 .