LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Immobili vincolati e reddito d’impresa: la Cassazione

Una società immobiliare contestava la tassazione come reddito d’impresa dei canoni di locazione di un immobile vincolato, invocando l’agevolazione fiscale per il reddito fondiario. La Cassazione ha respinto il ricorso, chiarendo che se l’immobile è un bene d’impresa, i canoni costituiscono ricavi e concorrono a formare il reddito d’impresa, escludendo l’applicazione del regime agevolato.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 18 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Immobili vincolati in pancia all’impresa: quale tassazione?

La gestione fiscale degli immobili vincolati rappresenta un tema di grande interesse, specialmente quando questi beni rientrano nel patrimonio di una società. Un’ordinanza recente della Corte di Cassazione ha fornito un chiarimento cruciale, stabilendo una netta distinzione tra la tassazione del reddito fondiario e quella del reddito d’impresa. L’agevolazione prevista per i proprietari di tali beni non si applica automaticamente alle società, che devono seguire le regole ordinarie di determinazione del reddito d’impresa. Analizziamo insieme la decisione della Suprema Corte.

I Fatti del Caso

Una società immobiliare, proprietaria di immobili di pregio storico-architettonico, si è vista contestare dall’Agenzia delle Entrate la modalità di tassazione dei canoni di locazione percepiti per l’anno d’imposta 2009. La società sosteneva di avere diritto all’agevolazione fiscale prevista dalla Legge n. 413/1991, che consente di tassare i redditi di tali immobili sulla base del più basso valore catastale, anziché sui canoni effettivamente incassati.

Il giudice di primo grado aveva dato ragione alla società. Tuttavia, la Commissione Tributaria Regionale aveva ribaltato la decisione, accogliendo l’appello dell’Agenzia delle Entrate. La questione è quindi giunta dinanzi alla Corte di Cassazione, con la società che ha proposto tre motivi di ricorso.

I motivi del ricorso e la tassazione degli immobili vincolati

La società ricorrente ha basato la sua difesa su tre punti principali:

1. Violazione della legge sull’agevolazione fiscale: Il motivo principale era la presunta violazione dell’articolo 11, comma 2, della Legge n. 413/1991. Secondo la società, la norma che prevede una tassazione più mite per gli immobili vincolati dovrebbe applicarsi anche quando il bene è detenuto da un’impresa.
2. Omessa pronuncia sui costi: In via subordinata, la società lamentava che i giudici d’appello non avessero considerato i costi sostenuti, come gli interessi passivi sul mutuo per l’acquisto dell’immobile e le quote di ammortamento.
3. Inapplicabilità delle sanzioni: Infine, si contestava l’applicazione delle sanzioni, sostenendo che la complessità e l’incertezza della normativa giustificassero l’errore commesso.

Le motivazioni

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso. Il primo motivo è stato dichiarato infondato, poiché i giudici hanno chiarito la ratio della norma agevolativa. L’agevolazione fiscale, che prevede la tassazione basata sulla rendita catastale, è pensata per il reddito fondiario e non per il reddito d’impresa. La sua finalità è compensare i maggiori costi di manutenzione che i proprietari di immobili vincolati devono sostenere, costi che non sono deducibili dal reddito fondiario.

Al contrario, nel reddito d’impresa, i costi (inclusa la manutenzione) sono per loro natura deducibili dai ricavi. Di conseguenza, estendere l’agevolazione alle imprese non avrebbe senso. I canoni di locazione percepiti da una società per un immobile che fa parte del suo patrimonio aziendale costituiscono ricavi che concorrono a formare il reddito d’impresa, da tassare secondo le regole ordinarie (ricavi meno costi).

Per quanto riguarda il secondo e il terzo motivo, la Corte li ha ritenuti implicitamente respinti dalla decisione sul punto principale. L’affermazione che il reddito in questione è reddito d’impresa assorbe e risolve le questioni relative alla deduzione dei costi e all’applicazione delle sanzioni. Non si configura, quindi, un’omissione di pronuncia, poiché la decisione adottata è logicamente incompatibile con le richieste subordinate della società.

Le conclusioni

Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: la natura del reddito prevale sulla natura del bene. Anche se un immobile è di interesse storico-artistico, quando è utilizzato nell’esercizio di un’attività d’impresa, i proventi che ne derivano sono qualificati come reddito d’impresa. Di conseguenza, non è possibile beneficiare delle agevolazioni fiscali destinate ai redditi fondiari. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro, offrendo un punto di riferimento importante per le società che possiedono e gestiscono immobili vincolati, le quali devono attenersi alle regole di determinazione del reddito d’impresa, calcolando le imposte sulla base della differenza tra ricavi e costi deducibili.

L’agevolazione fiscale per gli immobili vincolati si applica anche se l’immobile è di proprietà di una società?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che l’agevolazione, che consente una tassazione basata sulla rendita catastale, si applica solo al reddito fondiario e non al reddito d’impresa. Se l’immobile è un bene aziendale, i suoi proventi sono considerati ricavi d’impresa.

Come viene tassato il canone di locazione di un immobile vincolato che fa parte del patrimonio di un’impresa?
Il canone di locazione concorre a formare il reddito d’impresa. La tassazione avviene secondo le regole ordinarie di tale categoria di reddito, ovvero calcolando la differenza tra i ricavi (inclusi i canoni) e i costi deducibili inerenti all’attività.

Se un giudice non risponde esplicitamente a una domanda, la sentenza è nulla per omessa pronuncia?
Non necessariamente. Secondo la Cassazione, non si ha omessa pronuncia se la soluzione adottata per la questione principale è logicamente incompatibile con l’accoglimento della domanda subordinata. In tal caso, la domanda si considera implicitamente rigettata.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati