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Immobili storici tassazione: la decisione della Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 13101/2024, ha stabilito che i redditi derivanti dalla locazione di immobili di interesse storico da parte di una società costituiscono reddito d’impresa e non reddito fondiario. Di conseguenza, a tale attività non si applica il regime fiscale agevolato previsto per i privati, ma la tassazione ordinaria. La Corte ha però accolto il ricorso riguardo le sanzioni, disponendo il rinvio per la loro rideterminazione in base alla normativa più favorevole sopravvenuta (ius superveniens).

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Pubblicato il 14 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Immobili storici tassazione: quando il reddito è d’impresa e non fondiario

La gestione fiscale di immobili di pregio è un tema complesso, specialmente quando questi beni sono di proprietà di una società. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fatto luce sulla corretta immobili storici tassazione, stabilendo una linea netta tra reddito fondiario e reddito d’impresa. La decisione chiarisce che le società non possono beneficiare delle agevolazioni fiscali previste per i privati, anche se i beni sono vincolati per il loro valore storico-artistico.

I fatti di causa

Una società immobiliare, proprietaria di un compendio di immobili di interesse storico-artistico, aveva locato tali beni a terzi. Nel calcolare le imposte (Ires e Irap), la società aveva applicato un regime fiscale di favore previsto dalla Legge 413/1991, che consente di determinare il reddito sulla base della minore tariffa d’estimo catastale, tipico del reddito fondiario. L’Agenzia delle Entrate ha contestato questa impostazione, emettendo avvisi di accertamento per diverse annualità. Secondo il Fisco, il reddito prodotto dalla società attraverso la locazione dei suoi beni doveva essere qualificato come reddito d’impresa e, di conseguenza, tassato secondo le regole ordinarie. Ne è scaturito un lungo contenzioso, giunto fino alla Suprema Corte.

La distinzione tra Reddito Fondiario e Reddito d’Impresa negli immobili storici tassazione

Il cuore della questione giuridica risiede nella natura del reddito generato. La Corte di Cassazione ha confermato il proprio orientamento consolidato, rigettando le argomentazioni della società. I giudici hanno chiarito che il regime agevolativo invocato si applica esclusivamente ai redditi fondiari, ovvero quelli derivanti dalla mera proprietà di un immobile non utilizzato in un’attività commerciale.

Quando, invece, un immobile, anche se di interesse storico, è posseduto da una società e utilizzato nell’ambito della sua attività economica – come la locazione sistematica – esso diventa un bene strumentale. Il reddito che ne deriva non è più fondiario, ma si qualifica a tutti gli effetti come reddito d’impresa, che concorre a formare la base imponibile secondo le norme del Testo Unico delle Imposte sui Redditi (TUIR).

La ratio dell’agevolazione e perché non si applica alle imprese

La Corte ha inoltre spiegato la logica dietro il regime di favore. L’agevolazione è stata introdotta per compensare i proprietari (persone fisiche) degli oneri di manutenzione e conservazione, spesso molto elevati, che gravano sugli immobili vincolati. Questa giustificazione, tuttavia, non sussiste per le società. Un’impresa, infatti, può dedurre fiscalmente i costi di manutenzione dal proprio reddito, riducendo così il carico impositivo. Estendere l’agevolazione anche alle società creerebbe una duplicazione di benefici ingiustificata.

La questione delle sanzioni e lo Ius Superveniens

Pur respingendo nel merito la tesi della società sulla tassazione, la Corte ha accolto le sue doglianze relative alle sanzioni. Durante il lungo corso dei giudizi, è entrata in vigore una nuova normativa (D.Lgs. 158/2015) che ha introdotto un trattamento sanzionatorio più mite per le violazioni tributarie. In applicazione del principio del favor rei (applicazione della legge più favorevole), la Cassazione ha stabilito che le sanzioni dovevano essere ricalcolate. Per questo motivo, ha cassato le sentenze impugnate su questo specifico punto e ha rinviato il caso alla Corte di Giustizia Tributaria per una nuova determinazione delle sanzioni alla luce dello ius superveniens.

le motivazioni
La Suprema Corte ha basato la sua decisione su un principio cardine del diritto tributario: la distinzione tra la gestione patrimoniale statica (che genera reddito fondiario) e la gestione dinamica e organizzata tipica dell’attività d’impresa (che genera reddito d’impresa). La natura del soggetto proprietario (una società commerciale) e l’oggetto sociale (la locazione di immobili) sono elementi decisivi per qualificare l’attività come imprenditoriale. L’ordinanza ribadisce che i regimi fiscali speciali sono di stretta interpretazione e non possono essere estesi per analogia a situazioni per le quali non sono stati concepiti. La strumentalità del bene rispetto all’attività aziendale è il fattore determinante che attrae il reddito nella sfera del reddito d’impresa, escludendo l’applicazione delle norme agevolative sui redditi fondiari.

le conclusioni
Questa pronuncia consolida un orientamento giurisprudenziale chiaro: le società immobiliari che possiedono e gestiscono immobili di interesse storico devono assoggettare i canoni di locazione alla tassazione ordinaria prevista per il reddito d’impresa. Non possono avvalersi del più vantaggioso regime basato sulle rendite catastali. La decisione sottolinea l’importanza di una corretta qualificazione del reddito fin dall’origine per evitare contenziosi con il Fisco. Al contempo, conferma un importante principio di garanzia per il contribuente: in caso di modifiche normative, le sanzioni devono essere sempre determinate in base alla legge più favorevole, anche se intervenuta nel corso del processo.

Una società che affitta immobili di interesse storico può usufruire del regime fiscale agevolato previsto per tali beni?
No. La Corte di Cassazione ha stabilito che se l’attività di locazione è svolta da una società, il reddito che ne deriva è qualificato come “reddito d’impresa” e non “reddito fondiario”. Pertanto, si applica la tassazione ordinaria e non il regime speciale agevolato, che è riservato ai soli redditi fondiari.

Perché i costi di manutenzione degli immobili storici non giustificano l’agevolazione fiscale per le imprese?
A differenza dei proprietari privati, le imprese possono dedurre i costi di manutenzione dal loro reddito imponibile. La ragione dell’agevolazione fiscale (compensare gli onerosi costi di manutenzione) viene meno per le società, che hanno già strumenti fiscali per abbattere tali costi.

Cosa succede alle sanzioni fiscali se cambia la legge durante il processo?
Si applica il principio del favor rei, ovvero la legge più favorevole al contribuente. La Corte ha infatti annullato le sentenze riguardo alle sanzioni e ha rinviato il caso al giudice di merito per ricalcolarle in base alla nuova normativa, più mite, intervenuta nel frattempo (ius superveniens).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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