Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 8284 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 8284 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/03/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 3150/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati COGNOME NOME (CODICE_FISCALE), COGNOME NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COMUNE DI NAPOLI, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE rappresentato e difeso dagli avvocati NOME (CODICE_FISCALE, NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente incidentale-
avverso SENTENZA della COMM.TRIB.REG. della CAMPANIA n. 2962/2020 depositata il 16/06/2020.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 27/11/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La società RAGIONE_SOCIALE in persona dei suoi amministratori e legali rappresentanti NOME COGNOME, NOME COGNOME e NOME COGNOME, ricorre, sulla base di due motivi, per la cassazione della sentenza della C.T.R. della Campania n. 2962/14/2020, depositata il 16 gennaio 2020 e non notificata che, in parziale riforma della sentenza di primo grado dichiarava dovuta nella misura del 50% sulle unità immobiliari non locate dichiarate agibili il 2 dicembre 2014 l’imposta IMU relativa all’annualità 2013 rigettando nel resto l’impugnazione di parte contribuente l’avviso in questione;
L’ente impositore resiste con controricorso proponendo, a sua volta, ricorso incidentale.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo la società contribuente deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 3 legge 241/1990 e 7 legge 212/2000, lamentando l’erroneità della pronunzia impugnata relativamente al mancato rilievo dei profili di illegittimità dell’impugnato avviso in rettifica, per carente, erronea e/o insufficiente motivazione, in violazione dell’artt. 3, comma 3, della legge 241/1990, degli artt. 7 e 10 della legge 212/2000 e degli artt. 24 e 97 Cost. Rileva che non era dato comprendere le ragioni per le quali un provvedimento evidentemente viziato per tutte le ragioni esposte (in quanto oltre a non essere state indicate le modalità di determinazione della pretesa e le aliquote applicate, neppure erano stati riportati i versamenti IMU 2013 effettuati dalla contribuente, a saldo di quanto dovuto) era stato ritenuto ‘sufficientemente’ motivato.
Con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c. falsa applicazione di norme di diritto e omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’applicazi one dell’art. 13, comma 9 -bis del d.l. 201/2011 e dell’art. 5 -bis dell’art. 2 e 5 bis del d.l. n. 102 del 2013 (convertito, con mod. dalla legge 28/10/2013 n. 124), nonché degli artt. 2697 c.c. nonchè 115 116 c.p.c. Evidenzia che la sentenza era da ritenere viziata in quanto i giudici di appello avevano omesso di valutare che in forza dell’art. 13, comma 9-bis del d.l. 201/2011 non erano richiesti specifici oneri di comunicazione e che l’art. 5 -bis dell’art. 2 del d.l. n.° 102 del 2013 (convertito, con mod. dalla legge 28/10/2013 n.° 124) non poteva operare retroattivamente.
Il Comune di Napoli, con il proposto ricorso incidentale, formula due motivi:
3.1. con il primo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c., violazione e/o falsa applicazione degli artt. 13, comma 2, d.l. 201/2011 conv. con modifiche dalla legge 214/2011 ed integrato in forza del d.lgs. 16/2012 e succ. modifiche, lamentando l’erroneità della pronunzia impugnata laddove aveva ritenuto sussistente uno stato di inagibilità dell’ immobile idoneo a legittimazione la riduzione del 50% dell’imposta;
3.2. con il secondo motivo deduce, ai sensi dell’art. 360, primo comma, nn. 3 e 5 c.p.c. violazione e/o falsa applicazione dell’ art. 4 comma 5 del d.lgs. 16/2012. Evidenzia che la sentenza da ritenere viziata laddove i giudici di appello avevano ritenuto inagibile l’immobile in difetto del certificato di agibilità.
Osserva il Collegio che il ricorso principale deve essere rigettato.
4.1. Il primo motivo è infondato atteso che le argomentazioni della C.T.R. sono corrette in diritto quanto alla ritenuta legittimità dell’atto sotto il profilo motivazionale, avendo i giudici di appello precisato fra l’altro, con argomentazioni pienamente condivisibili,
che la delibera comunale a monte, quale atto generale, non andava allegata e che l’atto impositivo risultava sottoscritto dal funzionario responsabile del servizio; del tutto infondato in quanto totalmente generico ed aspecifico appare, poi, il richiamo all’omessa valutazione di un asserito ‘fatto decisivo’ ex n. 5) c.p.c., ‘fatto’ nemmeno chiaramente specificato ed enucleato nella sua decisività.
4.2. Anche il secondo motivo non coglie nel segno.
La parte ricorrente richiama il primo comma dell’art. 2 d.l. n. 102 del 2013 (<>) separatamente dal comma 5-bis (<>).
Ferma la debenza della prima rata 2013, ai fini dell’esenzione per la seconda rata 2013 occorreva la prevista dichiarazione, nella specie pacificamente non presentata. Secondo la univoca giurisprudenza di questa Corte, pervero, la iscrizione in bilancio degli immobili come beni merce, seppure necessaria (Cass. n. 24720/2022) non è sufficiente ai fini della invocata esenzione e, pertanto non è
sufficiente la produzione del bilancio di esercizio (v. Cass. 5191/2022) perché non permette il riscontro delle caratteristiche oggettive (catastali) degli immobili e della concreta destinazione ad essi impressa; è, inoltre necessario che sia stata presentata la dichiarazione richiesta dalla disciplina normativa applicabile alla fattispecie in esame.
Il ricorso incidentale -i cui motivi possono essere esaminati congiuntamente -è fondato.
5.1. Va premesso che l’art. 13 del d.l. n. 201/2011 prevede, per quanto qui di interesse, quanto segue:« 3. La base imponibile dell’imposta municipale propria è costituita dal valore dell’immobile determinato ai sensi dell’articolo 5, commi 1, 3, 5 e 6 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, e dei commi 4 e 5 del presente articolo. La base imponibile è ridotta del 50 per cento: … b) per i fabbricati dichiarati inagibili o inabitabili e di fatto non utilizzati, limitatamente al periodo dell’anno durante il quale sussistono dette condizioni. L’inagibilità o inabitabilità è accertata dall’ufficio tecnico comunale con perizia a carico del proprietario, che allega idonea documentazione alla dichiarazione. In alternativa, il contribuente ha facoltà di presentare una dichiarazione sostitutiva ai sensi del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445, rispetto a quanto previsto dal periodo precedente. Agli effetti dell’applicazione della riduzione alla metà della base imponibile, i comuni possono disciplinare le caratteristiche di fatiscenza sopravvenuta del fabbricato, non superabile con interventi di manutenzione».
5.2. Devono, quindi, essere richiamati i seguenti principi reiteratamente affermati in materia da questa Corte:
ai fini dell’applicazione della riduzione de qua devono considerarsi inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, i fabbricati per i quali vengano a mancare i requisiti di cui all’articolo 24, comma 1, comma 1, del d.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e
regolamentari in materia edilizia) e, quindi, nello specifico gli immobili che presentino un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) o un’obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica (cfr. in tal senso, anche se con riferimento all’ICI, Cass. 19/11/2019 n. 29966 in motiv., che definisce condizione di inagibilità e inabitabilità in cui versi l’immobile l’«obiettiva inidoneità alla sua utilizzazione a causa dell’obsolescenza o cattiva manutenzione dello stesso o della presenza di carenze intrinseche»), non superabile con interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria;
– in tema di IMU, che ai fini dell’applicazione della riduzione prevista dall’art. 13, comma 3, lett. b, del d.l. n. 201 del 2011 (conv. con modif. dalla l. n. 214 del 2011), devono considerarsi inagibili o inabitabili, e di fatto non utilizzati, i fabbricati per i quali vengano a mancare i requisiti di cui all’articolo 24, comma 1, del d.P.R. n. 380 del 2001 e quindi, nello specifico, gli immobili che presentino un degrado fisico sopravvenuto (fabbricato diroccato, pericolante, fatiscente) o un’obsolescenza funzionale, strutturale e tecnologica, non superabile con interventi di manutenzione, ordinaria o straordinaria (Cass. n. 5804/2023);
-ai sensi dell’art. 3, lettere a), b), c) e d), del d.P.R. n. 380/2001 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia) per interventi di manutenzione ordinaria si intendono gli interventi edilizi che riguardano le opere di riparazione, rinnovamento e sostituzione delle finiture degli edifici e quelle necessarie ad integrare o mantenere in efficienza gli impianti tecnologici esistenti, mentre per interventi di manutenzione straordinaria si intendono le opere e le modifiche necessarie per rinnovare e sostituire parti anche strutturali degli edifici, nonché per realizzare ed integrare i servizi igienico-sanitari e tecnologici, sempre che non alterino la volumetria complessiva degli edifici e non comportino mutamenti urbanisticamente rilevanti delle destinazioni
d’uso implicanti incremento del carico urbanistico, ed infine per interventi di restauro e di risanamento conservativo, si intendono gli interventi edilizi rivolti a conservare l’organismo edilizio e ad assicurarne la funzionalità mediante un insieme sistematico di opere che, nel rispetto degli elementi tipologici, formali e strutturali dell’organismo stesso, ne consentano destinazioni d’uso con essi compatibili;
l’inagibilità (che consente la riduzione d’imposta) è correlata alla temporanea impossibilità di utilizzo dell’immobile, intesa come situazione intrinseca di degrado dello stesso, superabile con interventi di manutenzione straordinaria, e non come qualità giuridica superabile con il rilascio del certificato di abitabilità (secondo Cass. n. 5372/2009 «…il rilascio del certificato di abitabilità non costituisce presupposto per l’applicazione dell’imposta, non potendosi desumere il contrario dal tenore dell’art. 8, comma 1, del citato decreto, che si riferisce esclusivamente all’ipotesi di fabbricati dichiarati inagibili e inabitabili a seguito di perizia dell’ufficio tecnico comunale, e di fatto non utilizzati»; conf. Cass. n. 12936/2019);
il certificato di agibilità incide sulla idoneità-igienico sanitaria del manufatto atta a consentirne l’uso, ma non incide, però, sulla sua esistenza (in particolare, ai fini fiscali). Il certificato di agibilità attesta che un edificio rispetta tutte le condizioni necessarie per garantire la sicurezza, l’igiene e la salubrità (vedi Cass. 23605/2023).
5.3. Risulta, quindi, palese che la C.T.R. ha finito per confondere i presupposti in questione che danno diritto ad una riduzione dell’imposta con la mera questione della ‘agibilità’ – sotto un profilo amministrativourbanistico dell’ immobile – del tutto trascurando di considerare che in tema di ICI -ma il presupposto impositivo dell’IMU non è diverso -l’imposta è dovuta per il solo fatto che si sia provveduto all’accatastamento, restando estranea alla sfera attinente al rapporto tributario tutto quanto afferisce alla effettiva
abitabilità del bene stesso, ovvero alle sue caratteristiche igienicosanitarie; la legge, del resto, non richiede fra i presupposti dell’imposta la regolarità urbanistica dell’immobile (Cass., 3 maggio 2019, n. 11646 ed ivi ulteriori riferimenti).
5.4. L’iscrizione di una unità immobiliare al catasto edilizio costituisce, pervero, presupposto sufficiente per l’assoggettamento del bene all’ICI, ma non anche necessario, essendo l’imposta dovuta fin da quando il bene presenti le condizioni per la sua iscrivibilità, cioè da quando lo stesso possa essere considerato fabbricato, in ragione dell’ultimazione dei lavori relativi alla sua costruzione, ovvero dal momento in cui lo stesso sia stato antecedentemente utilizzato (Cass., 3 maggio 2019, n. 11646; Cass., 21 marzo 2019, n. 7968; Cass., 30 aprile 2015, n. 8781; Cass., 23 giugno 2010, n. 15177; Cass., 10 ottobre 2008, n. 24924).
Sulla scorta delle considerazioni che precedono va, dunque, rigettato il ricorso principale ed accolto il ricorso incidentale proposto dal Comune. La sentenza impugnata in relazione ai motivi di ricorso incidentale accolti va cassata e, decidendo la causa nel merito in quanto non appaiono necessari ulteriori accertamenti in punto di fatto, va rigettato sul punto il ricorso originario del contribuente.
Le spese dei gradi di merito possono essere compensate mentre le spese dell’odierno giudizio vanno poste a carico della società RAGIONE_SOCIALE e liquidate in favore dell’ente impositore come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso principale ed accoglie il ricorso incidentale; cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario della parte contribuente nei termini di cui in motivazione; dichiara compensate le spese processuali dei gradi di merito; condanna la società ricorrente al pagamento, in favore dell’ente controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 4.500,00 per compensi, ed € 200,00 per esborsi, oltre
rimborso forfettario delle spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge; visto l’art. 13, comma 1 quater , d.P.R. n. 115 del 2002, come modificato dalla legge n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, a carico di parte ricorrente in via principale, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis dello stesso art.13, se dovuto. Così deciso nella camera di consiglio della sezione tributaria, in data