Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3059 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3059 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 06/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5013/2018 R.G. proposto da :
COGNOME COGNOME, rappresentati e difesi dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE -ricorrenti
contro
COMUNE DI COGNOME, rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente e ricorrente incidentale
avverso la SENTENZA della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 1609/2017 depositata il 26/06/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 24/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Il Comune ha emesso quattro distinti avvisi di accertamento per omessa e infedele dichiarazione ICI, relativi agli anni di imposta 2008 e 2009, nei confronti della società Borgo di Scorgiano RAGIONE_SOCIALE
semplice (già Borgo di Scorgiano di NOME COGNOME, NOME COGNOME e RAGIONE_SOCIALE).
Gli avvisi di accertamento riguardavano la omessa denuncia ICI per gli anni 2008 e 2009 in relazione ad alcuni immobili accatastati in categoria F/2 (unità collabenti), che il Comune riteneva dovessero essere valutati come aree fabbricabili, e la infedele denuncia ICI per gli anni 2008 e 2009 in relazione ad altri immobili dichiarati come rurali o inagibili, ma che il Comune riteneva non avessero i requisiti per tali classificazioni.
NOME COGNOME, in proprio e nella qualità di legale rappresentante della società, ha impugnato gli avvisi e la Commissione Tributaria Provinciale di Siena ha parzialmente accolto il ricorso, dichiarando: la decorrenza del termine quinquennale per il Comune per l’esercizio del potere di accertamento per l’anno 2008 a causa della tardiva notifica degli avvisi di accertamento; la non debenza dell’imposta per gli immobili agricoli locati a dipendenti dell’azienda, riconoscendo la loro ruralità; la debenza dell’imposta per le unità immobiliari accatastate come F/2, confermando la valutazione del Comune come aree edificabili.
Ambedue le parti hanno impugnato la decisione in sede di appello.
La CTR ha respinto sia l’ appello principale che quello incidentale. In particolare, ha stabilito che il termine di accertamento per l’ICI dell’anno 2008 fosse decorso; che gli immobili accatastati come A/3 e A/4 possono essere considerati rurali se soddisfano i requisiti previsti dalla legge, anche se non sono accatastati come A/6 o D/10; che gli immobili collabenti, sebbene non abbiano una propria capacità reddituale, hanno una potenzialità edificatoria e sono quindi soggetti all’ICI. Ha altresì ritenuto congruo il valore di mercato di 245 euro/mc determinato dal Comune di Monteriggioni per gli immobili collabenti e legittimo il comportamento del Comune che ha decurtato
dal quantum preteso nei confronti della società contribuente la somma richiesta a rimborso da NOME COGNOME perché erroneamente versata per i periodi d’imposta successivi agli anni 2006 e 2007 , in quanto la domanda di rimborso era stata presentata da NOME COGNOME nella qualità di socio accomandatario e legale rappresentante della società.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso la parte contribuente, affidato a n. 3 motivi, cui ha replicato l’amministrazione con controricorso contenente ricorso incidentale, per ulteriori n. 3 motivi.
Parte ricorrente ha depositato memorie ex art. 380. bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Va preliminarmente respinta l’eccezione di giudicato esterno proposta in memoria dalla parte ricorrente.
Come questa Corte ha anche di recente ribadito in relazione a fattispecie analoga (vedi Cass. n. 578/25), in materia tributaria, l’effetto vincolante del giudicato esterno, in relazione alle imposte periodiche, è limitato ai soli casi in cui vengano in esame fatti che, per legge, hanno efficacia permanente o pluriennale, producendo effetti per un arco di tempo che comprende più periodi di imposta, o nei quali l’accertamento concerne la qualificazione di un rapporto ad esecuzione prolungata, con la conseguenza che lo stesso è escluso nelle fattispecie “tendenzialmente permanenti”, in quanto suscettibili di variazione annuale (Cass. 17760/2018; Cass. n. 31084 del 28/11/2019; Cass. n. 25516 del 10/10/2019). L’oggetto del giudicato tributario ha, dunque, una estensione limitata alla mera statuizione relativa all’esistenza del diritto all’annullamento dell’atto impugnato: quindi, resta estraneo alla res iudicata ogni antecedente logico della decisione, quale la ricostruzione dei fatti posti a fondamento dell’atto impugnato, la fondatezza dei motivi di ricorso e l’apparato motivazionale addotto dal giudice a sostegno della sentenza.
Con il primo motivo del ricorso principale si deduce “violazione e/o falsa applicazione degli artt. 2 e 5 d.lgs. 504/1992 e 1, 2 e 3 del DM MEF n. 28/1998, in relazione agli immobili collabenti ‘ . I ricorrenti ritengono che tali immobili, di categoria F/2, essendo privi di rendita catastale, non possano essere considerati aree edificabili e quindi non siano soggetti a ICI, in quanto privi di capacità reddituale.
2.1. Il C omune contesta l’assunto, rilevando che le unità collabenti possono avere una propria redditività, legata alla categorizzazione come aree fabbricabili, ancorché non di fabbricati.
2.2. Va richiamato il consolidato orientamento di questa Corte (di recente: Cass. 06/08/2024, n. 22280) secondo il quale la sussistenza di fabbricati collabenti, per quanto inagibili, ‘non può consentire, per fictio , di considerare area fabbricabile un’area già edificata, in modo da giustificare l’imposizione ICI su di una base imponibile diversa, perché ciò comporterebbe l’introduzione, in via interpretativa, di un nuovo ed ulteriore presupposto d’imposta (l’area edificata), equiparando impropriamente ipotesi diverse (come quella dell’area risultante dalla demolizione di un rudere, regolata dall’articolo 5, comma 6, del d.lgs. n. 504 del 1992, a quella dell’immobile dichiarato inagibile, ma non demolito)’.
2.3. Il fabbricato (accatastato come) unità collabente, oltre a non essere tassabile ai fini dell’ICI come fabbricato, in quanto privo di rendita, non lo è neppure come area edificabile, salvo che l’eventuale demolizione restituisca autonomia all’area fabbricabile che, solo da quel momento, è soggetta a imposizione come tale, fino al subentro della imposta sul fabbricato ricostruito (Cass., Sez. 5^, 19 luglio 2017, n. 17815; Cass., Sez. 5^, 28 maggio 2018, n. 7653; Cass., Sez. 5^, 5 febbraio 2019, n. 3282; Cass., Sez. 5^, 28 marzo 2019, nn. 8620, 8621 e 8622). Difatti, l’attribuzione di questa categoria presuppone che il fabbricato si trovi in uno stato di degrado tale da comportarne l’oggettiva incapacità di produrre ordinariamente un reddito proprio e,
per tale ragione, l’iscrizione in catasto avviene senza attribuzione di rendita ed al fine «della sola descrizione dei caratteri specifici e della destinazione d’uso», ai sensi dell’art. 3, comma 2, lett. b, del d.m. 2 gennaio 1998, n. 28 (Cass., Sez. 5^, 23 febbraio 2010, n. 4308); in assenza di rendita, però, viene meno – secondo l’art. 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504 – la stessa materia determinativa della base imponibile» (cfr. Cass., Sez. T., 11 luglio 2023, n. 19646).
2.4. Ne consegue che il motivo è fondato, avendo erroneamente la CTR considerato assoggettabile a tassazione a titolo di area fabbricabile una area fabbricata ma non produttiva di reddito.
2.5. La censura va conseguentemente accolta.
Con il secondo motivo di questo ricorso si deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 115 e 132 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c., con riferimento al motivo di diritto n.4) proposto in sede di appello quanto all’assenza di alcuna specifica contestazione in ordine alla determinazione del ” quantum debeatur ‘ . In particolare, si contesta la presunta violazione degli artt. 115 e 132 c.p.c. in relazione al calcolo, in specie per i fabbricati collabenti.
3.1. Il Comune difende la correttezza della valutazione di 245 €/mc, supportata da un’attenta analisi del mercato immobiliare locale e dalle caratteristiche specifiche degli immobili, rilevando che la censura sarebbe anche inammissibile perché fondata sulla rilettura degli atti, anziché della sentenza.
3.2. Il motivo è assorbito dal l’accoglimento del precedente: non potendosi calcolare gli immobili collabenti come gravati da imposta, ogni contestazione relativa alla successiva operazione di calcolo della stessa è irrilevante.
Con il terzo motivo del ricorso si contesta la ‘violazione e/o falsa applicazione degli artt. 132 c.p.c., 36 del d.lgs. n.546/1992, e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., e la conseguente nullità della sentenza
per ‘motivazione apparente’ in relazione all’art. 360 comma 1 n. 4 c.p.c.
4.1. La sentenza impugnata sarebbe invalida per motivazione apparente in riferimento alla eccepita illegittimità, quanto alla compensazione relativamente al motivo di diritto n. 5) proposto in appello: le argomentazioni non consentirebbero di poter verificare se, ai fini della condivisione della decisione di prime cure, la CTR sia pervenuta attraverso l’esame e la valutazione di infondatezza di quanto dedotto in questo motivo di gravame, previa specifica ed adeguata considerazione delle allegazioni difensive, di tutti gli elementi di prova emersi e dei motivi di appello proposti.
4.2. Il Comune ha eccepito la inammissibilità perché tendente a rivalutazione in fatto e dedotto che le argomentazioni sono invece chiare e comprensibili.
4.3. Il motivo è infondato.
4.4. Per costante giurisprudenza la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^5, 15 aprile 2021, n. 9975). Peraltro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost. (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25
marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^-5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184).
4.5. Nel caso in esame, invero, la decisione è argomentata mediante il richiamo alla compensazione, posto che, chiosa la CTR, ‘la domanda di rimborso -persone giuridiche- è stata effettuata da NOME COGNOME COGNOME in qualità di socio accomandatario e legale rappresentante della citata società’, di modo che la censura proposta si traduce in una censura d’insufficiente motivazione in diritto, in quanto tale da rigettare.
In via incidentale il Comune contesta, con un primo motivo, la violazione e/o falsa applicazione dell’artt. 37 comma 53 del d.l. n. 223/2006, 10 comma 4 del d.lgs. n. 504/1992, 1 comma 161 della legge n. 296/2006 ai sensi dell’art. 360 comma 1 n.3 c.p.c.
5.1. Il termine non sarebbe decorso in quanto, nonostante la soppressione dell’obbligo di presentazione della dichiarazione ICI per l’anno 2008, il termine di decadenza per l’accertamento decorreva comunque dal 2009, data in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere in astratto presentata. Gli avvisi di accertamento, notificati nel settembre 2014, sarebbero quindi tempestivi.
5.2. Il motivo è infondato.
5.3. La giurisprudenza ha chiarito che ‘ In tema di ICI, l’art. 37, comma 53, del d.l. n. 223 del 2006, conv. con modif. dalla l. n. 248 del 2006, ha disposto, con decorrenza dall’anno 2007, la soppressione dell’obbligo della dichiarazione (quindi, venuto meno a partire dall’anno 2009), sicché la decadenza dalla pretesa impositiva deve essere riferita, in virtù dell’art. 1, comma 161, della l. n. 296 del 2006, al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui il tributo avrebbe dovuto essere versato ‘ (Cass. 25/01/2023, n. 2321 (Rv. 666740 – 01); Cass. 27/07/2018, n. 28043).
5.4. Rettamente dunque la CTR ha fatto applicazione del principio, atteso che nel caso di specie, avendo il Comune notificato il provvedimento n. 136/2014 in data 30 settembre 2014 ed il provvedimento n. 137/2014 in data 25 settembre 2014, il termine quinquennale per l’accertamento era già scaduto per l’anno 2008, mentre era legittimo per l’anno 2009.
5.5. La prima censura incidentale va dunque respinta.
Deduce ancora l’amministrazione, con un secondo motivo di ricorso incidentale, ai sensi dell’art. 360 c.p.c. , primo comma, nn. 3 e 4, la nullità della sentenza per insanabile contrasto tra dispositivo e motivazione in relazione ai fabbricati rurali. La sentenza di primo grado aveva riconosciuto la ruralità solo per un immobile, mentre la sentenza impugnata sembrerebbe estendere contraddittoriamente l’esenzione anche ad altri immobili.
6.1. La sentenza impugnata, effettivamente, ha confermato nel dispositivo la decisione di primo grado, ma in motivazione ha affermato che “la ruralità può essere riconosciuta, se sussistano i requisiti, anche agli immobili non accatastati in A/6 e D/10. Pertanto, nel caso di specie, anche gli immobili accatastati in A/3 e A/4 possono essere riconosciuti ru rali’ sicch é dal tenore della motivazione della Commissione Tributaria Regionale non si comprende se, in contrasto con quanto statuito dalla sentenza di primo grado, abbia voluto erroneamente estendere l’esenzione ICI anche agli immobili inagibili di cui al foglio 59 mappa 30 subb. 4 e 5 entrambi accatastati A/4.
6.2. Il secondo motivo di ricorso incidentale è dunque fondato: effettivamente vi è contraddittorietà tra il dispositivo e la motivazione, non risultando comprensibile se la CTR abbia voluto estendere l’esenzione ICI anche agli immobili inagibili di cui al foglio 59 mappa 30 subb. 4 e 5 entrambi accatastati A/4.
Col terzo motivo di ricorso incidentale, il Comune ha dedotto la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13 commi 14 bis e ter del
d.l. n. 201/2011, convertito dalla legge 214/2011 nonché degli artt. 1 e 7 del decreto del ministero dell’economia a e delle finanze del 26 luglio 2012, ai sensi dell’art. 360 , comma 1, n. 3 c.p.c.
7.1. Il Comune evidenzia che la ruralità, ai fini ICI, deve essere attestata da specifica annotazione catastale, assente nel caso in questione. Inoltre l ‘ art. 9 c. 3 lett. e) stabilisce che gli immobili di lusso non possono essere considerati rurali, affermazione da cui fa discendere, a contrario, che ciò sarebbe possibile per le altre tipologie di immobili a destinazione abitativa A/2, A/3, A/4, A/6, A/7, A/9, A/11, diversamente da quanto avviene per gli immobili rurali strumentali.
7.2. Il motivo è fondato.
7.3. La giurisprudenza di questa Corte ha già chiarito che per la dimostrazione della ruralità dei fabbricati, ai fini del trattamento esonerativo, è dirimente l’oggettiva classificazione catastale con attribuzione della relativa categoria (A/6 per le unità abitative, o D/10 per gli immobili strumentali); sicché l’immobile che sia stato iscritto come “rurale”, in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dall’art. 9 del d.l. 30 dicembre 1993, n. 557 (conv. in legge 26 febbraio 1994, n. 133) non è soggetto all’imposta, ai sensi dell’art. 23 comma 1 bis del d.l. 30 dicembre 2008, n. 207 (conv. in legge 27 febbraio 2009, n. 14) e dell’art. 2, comma 1, lett. a), del d.lgs. 30 dicembre 1992 n. 504; – per converso, qualora l’immobile sia iscritto in una diversa categoria catastale (di non ruralità), è onere del contribuente, che invochi l’esenzione dall’imposta, impugnare l’atto di classamento per la ritenuta ruralità del fabbricato, restandovi altrimenti quest’ultimo assoggettato;
allo stesso modo, il Comune deve impugnare autonomamente l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10, al fine di poter legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’Ici. Si tratta di orientamento già fissato dalla sentenza SSUU n. 18565/09, secondo cui (in motiv.): “in tema di imposta comunale sugli immobili
(ICI), l’immobile che sia stato iscritto nel catasto fabbricati come rurale, con l’attribuzione della relativa categoria (A/6 o D/10), in conseguenza della riconosciuta ricorrenza dei requisiti previsti dal D.L. n. 557 del 1993, art. 9, conv. con L. n. 133 del 1994, e successive modificazioni, non è soggetto all’imposta ai sensi del combinato disposto del D.L. n. 207 del 2008, art. 23, comma 1 bis , convertito con modificazioni dalla L. n. 14 del 2009, e del D.Lgs. n. 504 del 1992, art. 2, comma 1, lett. a).
L’attribuzione all’immobile di una diversa categoria catastale deve essere impugnata specificamente dal contribuente che pretenda la non soggezione all’imposta per la ritenuta ruralità del fabbricato, restando altrimenti quest’ultimo assoggettato ad ICI: allo stesso modo il Comune dovrà impugnare l’attribuzione della categoria catastale A/6 o D/10 al fine di potere legittimamente pretendere l’assoggettamento del fabbricato all’imposta”.
7.4. A tale orientamento hanno fatto seguito innumerevoli pronunce di legittimità (Cass. nn. 7102/10; 8845/10; 20001/11; 19872/12; 5167/14); più recentemente confermate da Cass. n. 16737/15 e Cass. 24892/16; Cass. 12/04/2019, n. 10283).
7.5. Ancor più di recente (Cass. 10/01/2025, n. 578) è stato nuovamente ribadito che ‘riaffermando la «decisività della classificazione catastale come elemento determinante per escludere, o affermare, l’assoggettabilità ad ICI di un fabbricato», le Sezioni Unite hanno osservato che la norma da ultimo citata, di natura interpretativa, «sostanzialmente conferma che la ruralità del fabbricato direttamente ed immediatamente rileva ai fini della relativa classificazione catastale, ma ricollega a questa conseguita classificazione l’esclusione del fabbricato (catastalmente riconosciuto come) rurale dalla stessa nozione di fabbricato imponibile ai fini ICI» ‘.
7.6. Nel caso di specie, in relazione ai beni indicati al foglio 64 mappale 71 sub 18, accatastato quale A/3, e al foglio 59 mappale 30
subb. 4 e 5, accatastati quali A/4, non è in discussione che gli immobili non fossero stati accatastati come rurali.
7.7. Ne consegue che ben poteva essere applicata la imposta in oggetto.
7.8. La CTR ha dunque errato, violando la normativa invocata. Anche il terzo motivo di ricorso incidentale merita quindi accoglimento.
In conclusione, in accoglimento del motivo di ricorso principale n. 1 e dei motivi di ricorso incidentale nn. 2 e 3, respinti gli altri, la sentenza impugnata va cassata, con rinvio della causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, che provvederà anche in ordine alle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il primo motivo del ricorso principale, assorbito il secondo, e rigetta il terzo; rigetta il primo motivo del ricorso incidentale, e ne accoglie il secondo e il terzo; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Toscana, in diversa composizione, anche per le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 24/01/2025.