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Immedesimazione organica: quando la società risponde?

La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 34482/2019, ha affrontato il tema della responsabilità fiscale di una società per gli atti illeciti del proprio amministratore. Nel caso di specie, una società sosteneva di non dover rispondere dell’evasione fiscale poiché l’amministratore aveva agito nel proprio esclusivo interesse. La Corte ha rigettato questa tesi, riaffermando il principio di immedesimazione organica, secondo cui gli atti dell’amministratore, anche se fraudolenti, sono imputati alla società se questa ne ha tratto un vantaggio, anche indiretto (come il risparmio d’imposta). Tuttavia, la Corte ha annullato la sentenza d’appello per un vizio di motivazione, in quanto i giudici avevano basato la loro decisione su fatti diversi da quelli contestati nell’avviso di accertamento.

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Pubblicato il 24 luglio 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Immedesimazione Organica: La Società Paga per gli Illeciti dell’Amministratore?

Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha riacceso il dibattito su un tema cruciale del diritto societario e tributario: fino a che punto una società è responsabile per gli illeciti fiscali commessi dal proprio amministratore? La risposta ruota attorno al principio di immedesimazione organica, un concetto fondamentale che lega indissolubilmente l’operato degli organi sociali alla persona giuridica che rappresentano. Analizziamo come la Suprema Corte ha bilanciato questo principio con le tesi difensive basate sul conflitto di interessi e l’agire abusivo dell’amministratore.

I Fatti del Caso: Un Accertamento Fiscale Controverso

Una società a responsabilità limitata si è vista notificare un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativo a un’annualità d’imposta. L’atto impositivo traeva origine da un’indagine della Guardia di Finanza che aveva messo in luce una gestione gravemente irregolare: la società non aveva mai presentato dichiarazioni dei redditi, omesso i versamenti, effettuato ingenti acquisti intracomunitari non dichiarati e non aveva tenuto le scritture contabili. L’Agenzia delle Entrate, di conseguenza, aveva proceduto a una ricostruzione induttiva dei ricavi, basandosi sulle movimentazioni bancarie.

La Difesa della Società: L’Agire Esclusivo dell’Amministratore

Di fronte alle pretese del Fisco, la società ha impostato la sua difesa su un punto preciso: tutte le operazioni contestate erano state poste in essere dall’amministratore unico, che era anche socio di maggioranza, per il perseguimento di un interesse esclusivamente personale e in palese conflitto con quello sociale. Secondo la tesi difensiva, questa condotta abusiva avrebbe dovuto interrompere il nesso di imputazione tra l’amministratore e la società, esonerando quest’ultima da ogni responsabilità, sia per le imposte che per le sanzioni.

La Decisione della Cassazione e il Principio di Immedesimazione Organica

La Corte di Cassazione ha esaminato i motivi di ricorso della società, offrendo importanti chiarimenti. Se da un lato ha confermato la responsabilità della società per gli illeciti del suo organo amministrativo, dall’altro ha cassato la sentenza per un vizio procedurale.

La Responsabilità Fiscale della Società

I giudici di legittimità hanno respinto i motivi relativi alla presunta estraneità della società agli illeciti. Hanno ribadito la piena validità del principio di immedesimazione organica. Secondo questo principio, l’azione del legale rappresentante è l’azione stessa dell’ente. Questo legame non si spezza nemmeno in caso di dolo o abuso di potere da parte dell’amministratore.

Il rapporto si interrompe solo in un caso estremo: quando l’atto è totalmente estraneo all’oggetto sociale e non produce alcun vantaggio, nemmeno indiretto, per la società. Nel caso specifico, i giudici di merito avevano accertato che la società si era oggettivamente avvantaggiata dalla condotta illecita, quantomeno attraverso la sottrazione alle legittime pretese tributarie. Questo beneficio, seppur illecito, è sufficiente a mantenere saldo il vincolo di imputazione.

L’Accoglimento del Motivo sulla Motivazione

Tuttavia, la Corte ha accolto il terzo motivo di ricorso, che lamentava la nullità della sentenza d’appello per ‘motivazione eccentrica’. L’avviso di accertamento era fondato sull’analisi dei conti correnti (somma di prelevamenti e versamenti), mentre la Commissione Tributaria Regionale aveva giustificato la sua decisione parlando di una ‘percentuale di ricarico sugli acquisti’. Questa motivazione era palesemente illogica e slegata dall’oggetto reale della controversia, rendendo la sentenza invalida.

Le Motivazioni della Sentenza

La Corte ha motivato la sua decisione distinguendo nettamente tra il piano sostanziale della responsabilità e quello processuale della correttezza della motivazione. Sul piano sostanziale, ha affermato che la commissione di un illecito da parte del legale rappresentante non interrompe il rapporto di immedesimazione organica. La società risponde civilmente e fiscalmente degli illeciti commessi dal suo organo amministrativo nell’esercizio delle sue funzioni, anche se l’atto è compiuto con dolo o abuso di potere. L’unica eccezione, non riscontrata nel caso di specie, è quando l’atto è palesemente estraneo all’oggetto sociale e non porta alcun beneficio, neanche indiretto, all’ente. Sul piano processuale, invece, ha evidenziato come una motivazione che non affronta le specifiche censure mosse e si basa su presupposti fattuali e giuridici errati e non pertinenti al caso concreto, viola l’obbligo del giudice di fornire una giustificazione logica e coerente della propria decisione, comportando la nullità della sentenza.

Conclusioni: Cosa Insegna Questa Sentenza

Questa pronuncia offre due lezioni fondamentali. La prima è che le società non possono facilmente sottrarsi alle conseguenze fiscali degli illeciti dei propri amministratori invocando un generico conflitto di interessi. Se l’ente ha tratto un qualsiasi vantaggio, anche solo il risparmio d’imposta derivante dall’evasione, sarà considerato responsabile. La seconda lezione è di natura processuale: la correttezza della motivazione di una sentenza è un requisito imprescindibile. Una decisione basata su argomentazioni slegate dalla realtà dei fatti contestati è destinata a essere annullata, garantendo alle parti il diritto a un giudizio che entri nel merito delle questioni sollevate. La causa è stata quindi rinviata alla Commissione Tributaria Regionale per un nuovo esame che tenga conto della corretta base dell’accertamento.

Una società risponde sempre degli illeciti fiscali commessi dal suo amministratore?
Sì, di norma risponde in base al principio di immedesimazione organica. La responsabilità viene meno solo se l’atto dell’amministratore è completamente estraneo all’oggetto sociale e non ha prodotto alcun vantaggio per la società, neppure indiretto come il mancato pagamento delle imposte.

Il conflitto di interessi dell’amministratore esclude la responsabilità della società?
No, da solo non è sufficiente. Anche se l’amministratore agisce con dolo o per un interesse personale, la società rimane responsabile se ha ottenuto un vantaggio, anche illecito, dalla sua condotta. L’illecito fiscale, di per sé, avvantaggia la società sottraendola al pagamento dei tributi.

Cosa accade se la motivazione di una sentenza tributaria è palesemente sbagliata o non pertinente?
La sentenza può essere dichiarata nulla per ‘motivazione eccentrica’. Come avvenuto in questo caso, se il giudice giustifica la sua decisione sulla base di fatti (es. ricarico su acquisti) diversi da quelli che fondano l’accertamento (es. indagini bancarie), la sentenza è invalida e deve essere annullata con rinvio per un nuovo esame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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