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Immedesimazione organica: la società risponde sempre?

Una società ha contestato un avviso di accertamento fiscale sostenendo che le operazioni illecite erano state compiute dall’amministratore nel suo esclusivo interesse. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, riaffermando il principio di immedesimazione organica: la società è responsabile per gli atti del suo rappresentante, anche se illeciti, qualora ne tragga un vantaggio, anche indiretto come il risparmio d’imposta. La responsabilità viene meno solo se l’atto è totalmente estraneo all’oggetto sociale.

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Pubblicato il 24 luglio 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Immedesimazione Organica: Quando la Società Risponde per gli Illeciti dell’Amministratore?

Il rapporto tra una società e il suo amministratore è uno dei pilastri del diritto commerciale. Ma cosa succede quando l’amministratore commette un illecito fiscale? La società può essere ritenuta responsabile anche se l’operato del suo rappresentante legale appare volto a un fine personale? Una recente sentenza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti cruciali sul principio di immedesimazione organica, stabilendo confini netti sulla responsabilità dell’ente per gli atti del proprio organo amministrativo.

I Fatti del Caso

Una società a responsabilità limitata si è vista notificare un avviso di accertamento per IRES, IRAP e IVA relativo all’anno d’imposta 2007. L’accertamento derivava da una verifica dell’Agenzia delle Dogane che aveva riscontrato gravi irregolarità: la società non aveva mai presentato dichiarazioni annuali, aveva omesso i versamenti, effettuato acquisti intracomunitari e cessioni per importi rilevanti senza registrarli, omesso gli elenchi Intrastat e non aveva esibito le scritture contabili. L’Ufficio aveva quindi recuperato a tassazione i maggiori ricavi, applicando una percentuale di ricarico sugli acquisti non dichiarati.

La società ha impugnato l’atto, sostenendo che tutte le operazioni fossero da attribuire esclusivamente all’amministratore unico (e socio al 90%), il quale avrebbe agito in palese conflitto di interessi e per finalità estranee all’oggetto sociale. Secondo la difesa, le sue azioni erano finalizzate a un interesse personale esclusivo, interrompendo così il nesso di immedesimazione organica.

Le commissioni tributarie di primo e secondo grado hanno respinto le tesi della società, ritenendo che l’amministratore avesse agito in nome e per conto dell’ente e che la società stessa si fosse avvantaggiata dalla sua condotta, quantomeno attraverso la sottrazione di ricavi all’imposizione fiscale. La questione è così giunta dinanzi alla Corte di Cassazione.

La Decisione della Corte: il Principio di Immedesimazione Organica non si Spezza Facilmente

La Corte di Cassazione, con la sentenza in esame, ha rigettato il ricorso della società, confermando la decisione dei giudici di merito. Il cuore della pronuncia ruota attorno alla solidità del principio di immedesimazione organica, secondo cui l’operato del legale rappresentante è, di regola, l’operato della società stessa.

Le Motivazioni della Corte

I giudici hanno chiarito che la commissione di un illecito da parte del legale rappresentante non interrompe automaticamente il rapporto di immedesimazione organica. Di conseguenza, la società risponde delle conseguenze fiscali e civili che ne derivano (fatta eccezione per la responsabilità penale, che è strettamente personale).

Il legame si spezza solo in una circostanza eccezionale: quando gli atti compiuti dall’amministratore non sono in alcun modo pertinenti all’attività della società e non rispondono a nessun interesse, neanche indiretto, riconducibile all’oggetto sociale.

Nel caso specifico, la Corte ha sottolineato come i giudici di merito avessero accertato in punto di fatto che la società aveva tratto un obiettivo vantaggio dalla condotta illecita del suo amministratore. Tale vantaggio consisteva, come minimo, nella sottrazione alle legittime pretese tributarie. Questo “beneficio”, seppur illecito, è sufficiente a mantenere saldo il vincolo di imputazione dell’atto alla società.

La Corte ha inoltre specificato che la natura fraudolenta delle operazioni non è di per sé sufficiente a dimostrarne l’estraneità all’oggetto sociale. L’onere di provare il perseguimento di un fine esclusivamente personale dell’amministratore e l’assenza di qualsiasi vantaggio per la società gravava sulla ricorrente, prova che non è stata fornita.

Conclusioni

La sentenza ribadisce un principio fondamentale: una società non può facilmente “disconoscere” l’operato del proprio amministratore, nemmeno quando questo sia illecito e compiuto con dolo o abuso di potere. Finché l’azione rientra, anche solo lato sensu, nell’alveo dell’attività sociale e produce un qualsiasi tipo di vantaggio per l’ente – incluso il mero risparmio fiscale derivante dall’evasione – la società ne risponderà sia per le imposte dovute sia per le relative sanzioni. Per sottrarsi a tale responsabilità, l’ente deve dimostrare che l’atto del suo rappresentante è stato compiuto per un fine talmente estraneo e personale da non avere alcuna attinenza con l’interesse sociale.

Una società è sempre responsabile per gli illeciti fiscali del suo amministratore?
Sì, di regola la società è responsabile in base al principio di immedesimazione organica. La responsabilità viene meno solo se l’atto dell’amministratore è compiuto per un fine esclusivamente personale e non porta alcun vantaggio, nemmeno indiretto (come un risparmio d’imposta), alla società.

Cosa si intende per “immedesimazione organica”?
È il principio giuridico per cui le azioni compiute dal rappresentante legale di un ente (l’organo), nell’esercizio delle sue funzioni, sono considerate come azioni compiute direttamente dall’ente stesso. Di conseguenza, gli effetti giuridici di tali azioni ricadono sulla società.

Quando si interrompe il rapporto di immedesimazione organica tra amministratore e società?
Il rapporto si interrompe solo quando gli atti posti in essere dall’amministratore non sono pertinenti all’azione della società e non rispondono a un interesse, anche indiretto, riconducibile all’oggetto sociale. La semplice commissione di un illecito o l’abuso di potere non sono, di per sé, sufficienti a interrompere questo legame.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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