Ordinanza interlocutoria di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26166 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26166 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 25/09/2025
ORDINANZA INTERLOCUTORIA
sul ricorso iscritto al n. 18109/2019 R.G., proposto
DA
Comune di Seravezza (LU), in persona del Sindaco pro tempore , autorizzato ad instaurare il presente procedimento in forza di deliberazione adottata dalla Giunta Municipale l’8 maggio 2019, n. 68, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME con studio in Roma, ove elettivamente domiciliato (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL, giusta procura in allegato al ricorso introduttivo del presente procedimento;
RICORRENTE
CONTRO
COGNOME NOME COGNOME COGNOME rappresentato e difeso dall’Avv. Prof. NOME COGNOME e dall’Avv. Prof. NOME COGNOME entrambi con studio in Firenze, elettivamente domiciliato presso l’Avv. NOME o NOME COGNOME con studio in Roma (indirizzo pec per notifiche e comunicazioni: EMAIL, giusta procura in calce al controricorso di costituzione nel presente procedimento;
CONTRORICORRENTE
ICI IMU ACCERTAMENTO SOGGETTIVITÀ PASSIVA DEL PROPRIETARIO DI FABBRICATO EDIFICATO SENZA AUTORIZZAZIONE DAL LOCATORE DEL TERRENO ANNULLAMENTO IN AUTOTUTELA DELLA CONCESSIONE EDILIZIA IN SANATORIA QUESTIONE DI LEGITTIMITÀ COSTITUZIONALE
COGNOME NOME;
INTIMATO
avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 17 gennaio 2019, n. 69/8/2019, notificata l’1 aprile 2019 ;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 9 settembre 2025 dal Dott. NOME COGNOME
Fatti di causa
1. Il Comune di Seravezza (LU) ha proposto ricorso per la cassazione della sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 17 gennaio 2019, n. 69/8/2019, notificata l’1 aprile 2019, la quale, in controversia avente ad oggetto l’impugnazione degli avvisi di accertamento nn. 850081 e 950079 del 19 dicembre 2011 da parte del medesimo Comune nei confronti di NOME COGNOME per l’ICI relativa agli anni 2009 e 2010, nella misura, rispettivamente, di € 7.186,62 e di € 7.491,41 (oltre ad accessori), per l’omessa dichiarazione di fabbricato ubicato nel medesimo Comune, censito in catasto al NCEU con la particella 39 del folio 36 ed edificato per la maggior parte (per la restante parte su terreni appartenenti ad NOME COGNOME ed altri proprietari), senza alcuna autorizzazione, su terreno censito in catasto al NCT con le particelle 34, 35, 37, 39 e 40 del folio 36 e concesso in locazione novennale per l’esercizio dell’attività stagionale di campeggio (con scrittura privata del 28 settembre 1966) da NOME COGNOME e NOME COGNOME (il primo, dante causa iure hereditario dell’attuale proprietario , dopo l’assegnazione esclusiva del medesimo terreno, in sede di approvazione del progetto divisionale, con ordinanza resa dal giudice istruttore
NONCHÉ NEI CONFRONTI DI
presso il Tribunale di Massa all’udienza del 29 gennaio 1987, nel procedimento iscritto al n. 1824/1983 R.G.) a NOME COGNOME il quale, in veste di autore materiale della inaedificatio (con destinazione del manufatto a servizi igienici in uso al medesimo campeggio), aveva anche presentato il 27 marzo 1986 un’ istanza di concessione edilizia in sanatoria ex art. 35 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, rilasciata il 7 giugno 1997 ed annullata in autotutela il 7 febbraio 2012 su istanza presentata dall’attual e (com)proprietario il 15 febbraio 2011, dopo il recupero della disponibilità del predetto terreno il 5 marzo 2010, soltanto all’esito di procedura di convalida di sfratto per finita locazione (con sentenza depositata dal Tribunale di Lucca il 6 settembre 1993, n. 833, confermata da sentenza depositata dalla Corte di Appello di Firenze il 18 ottobre 1999, n. 1317, e dalla sentenza depositata dalla Corte Suprema di Cassazione il 10 marzo 2004, n. 4912), ha accolto l’appello proposto da NOME NOME COGNOME nei confronti del Comune di Seravezza (LU) avverso la sentenza depositata dalla Commissione tributaria provinciale di Lucca il 25 marzo 2015, n. 152/4/2015, con compensazione delle spese giudiziali.
Il giudice di appello ha riformato la decisione di prime cure -che aveva parzialmente accolto il ricorso originario di NOME COGNOMEdopo la relativa riunione per connessione, insieme a quello proposto da NOME COGNOME per l’impugnazione dell’avviso di accertamento n. 6/2011 per l’ICI relativa all’anno 2009 per la rispettiva quota di comproprietà sul medesimo fabbricato per effetto dell’accessione su terreno di esclusiva proprietà) nel senso di dichiarare l’illegittimità degli atti impositivi « (che rimangono fermi nel resto) limitatamente alla quota dell’importo accertato riferentesi ai diritti di
comproprietà sull’immobile oggetto di imposizione non spettanti ai singoli ricorrenti » -sul rilievo che quest’ultimo fosse estraneo alla costruzione (avvenuta a sua insaputa) del fabbricato, avesse tentato di recuperare il possesso materiale del terreno mediante la procedura di sfratto per finita locazione , avesse ottenuto l’annullamento in autotutela della concessione in sanatoria ed avesse provveduto a sue spese alla demolizione del manufatto abusivo. Da qui il conseguente annullamento (nella loro interezza) degli attivi impositivi.
NOME COGNOME ha resistito con controricorso.
Le parti hanno depositato memorie illustrative. In tale sede, il controricorrente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso per tardiva proposizione.
Ragioni della decisione
Il ricorso principale è affidato a tre motivi.
1.1 Con il primo motivo si denuncia violazione e falsa applicazione degli artt.1, comma 2, 2, 3, 5 e 10 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, 934, primo comma, 1592 e 1593 cod. civ., 53 Cost., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello che il proprietario del terreno potesse essere esonerato dal tributo per gli anni di riferimento, senza tener conto dell’acquisto per accessione in suo favore del fabbricato abusivamente edificato dal conduttore, rispetto al quale egli conservava la sola facoltà di demolizione (sulla base della disciplina delle addizioni e dei miglioramenti: artt. 1592 e 1593 cod. civ.) alla cessazione della locazione.
1.2 Con il secondo motivo, si denuncia omessa motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ., per non essere stata tenuta in conto dal giudice di appello la sentenza
depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 29 settembre 2014, n. 1876/30/2014, la quale aveva confermato gli atti impositivi per l’ICI relativa agli anni 2006, 2007 e 2008.
1.3 Con il terzo motivo, si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art. 5 del d.lgs. 18 novembre 1997, n. 472, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3), cod. proc. civ., per essere stato erroneamente ritenuto dal giudice di appello l’assorbimento della questione relativa all’applicabilità delle sanzioni amministrative, che pure era stata riproposta dall’ente impositore appellato nel corso del giudizio di gravame.
Preliminarmente, si deve esaminare l’eccezione opposta dal controricorrente in ordine alla tardiva proposizione del ricorso per cassazione.
A suo dire, essendo stata notificata la sentenza impugnata su sua iniziativa alla controparte il 1° aprile 2019, il ricorso per cassazione doveva essere proposto da quest’ultima nel termine breve di sessanta giorni con decorrenza dalla predetta notifica (art. 325, secondo comma, cod. proc. civ.), che veniva, perciò a scadenza il 31 maggio 2019 (giorno feriale e non festivo). Laddove, invece, il ricorso sarebbe stato consegnato al servizio postale il 14 giugno 2019 e sarebbe stato ricevuto dal destinatario il 19 giugno 2019.
2.1 Di contro, dall’esame dell’annessa relata di notifica, si evince:
-che il ricorso era stato affidato per la notifica all’ufficiale giudiziario presso la Corte di Appello di Roma il 28 maggio 2019 (secondo l’attestazione del timbro apposto dall’UNEP di Roma, recante il numero cronologico, la data e la specifica delle spese, ma non anche la firma dell’addetto );
– che la lettera raccomandata A.R. (con l’accluso ricorso) era stata consegnata all’agente postale per la spedizione, una prima volta, il 29 maggio 2019 e, una seconda volta (a causa del mancato recapito della prima per l’erronea indicazione sul plico del numero civico del domicilio eletto dal destinatario), il 14 giugno 2019 (secondo le risultanze della relata di notifica); – che la seconda lettera raccomandata A.R. (con l’accluso ricorso) era stata recapitata al destinatario il 19 giugno 2019 (come è stato riconosciuto dallo stesso controricorrente).
2.2 Secondo la giurisprudenza di questa Corte, alla stregua della sentenza della Corte costituzionale n. 447 del 12 novembre 2002 (che ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del combinato disposto dell’art. 149 cod. proc. civ. e dell’art. 4 della legge 20 novembre 1982, n. 890, nella parte in cui prevede che la notificazione a mezzo posta si perfeziona, per il notificante, alla data di ricezione dell’atto da parte del destinatario), in tema di notificazione, il momento di perfezionamento per il notificante, per il principio della scissione degli effetti della notificazione, ai fini della tempestività dell’impugnazione (nella specie, ricorso per cassazione), è costituito dalla consegna dell’atto da notificarsi all’ufficiale giudiziario, la cui prova può essere ricavata dal timbro, ancorché privo di sottoscrizione, da questi apposto sull’atto, recante il numero cronologico, la data e la specifica delle spese, salvo che sia in contestazione la conformità al vero di quanto da esso desumibile, atteso che le risultanze del registro cronologico, che egli deve tenere ai sensi dell’art. 116, comma 1, n. 1), del d.P.R. 15 dicembre 1959, n. 1229, fanno fede fino a querela di falso (tra le tante: Cass., Sez. Un., 20 giugno 2007, n. 14294; Cass., Sez. Lav., 1 settembre 2008, n. 22003; Cass., Sez. 5^, 25 febbraio 2015, n. 3755; Cass., Sez.
3^, 21 novembre 2017, n. 27538; Cass., Sez. 5^, 17 luglio 2020, n. 15289; Cass., Sez. 5^, 19 luglio 2022, n. 22602; Cass., Sez. 6^-Trib., 15 febbraio 2023, n. 4798; Cass., Sez. 2^, 4 novembre 2024, n. 28259; Cass., Sez. Trib., 7 maggio 2025, n. 12098).
2.3 Né rileva in senso ostativo l’erronea indicazione del numero civico (n. 5 anziché n. 15 di INDIRIZZO in Firenze) del domicilio eletto dal destinatario (presso lo studio del proprio difensore di fiducia) sul l’esterno del plico consegnato dall’ufficiale giudiziario all’ agente postale e nella correlativa ricevuta di spedizione (ma non anche nella richiesta di notifica nel corpo della relata e nell’avviso di ricevimento), essendo stata rinnovata la spedizione della lettera raccomandata A.R. (con l’indirizzo emendato) a breve distanza ( cioè, meno di trenta giorni) dal mancato recapito del plico contenente l’erronea indicazione. Trattandosi di errore non imputabile al notificante (che, per parte sua, aveva correttamente indicato il domicilio eletto dal destinatario nell’intestazione del ricorso e nella richiesta di notifica all’ufficiale giudiziario ), non può trovare applicazione l’orientamento secondo cui la data di consegna all’ufficiale giudiziario non può assumere rilievo ove l’atto in questione sia ab origine viziato da errore nell’indicazione dell’esatto indirizzo del destinatario, poiché tale indicazione è formalità che non sfugge alla disponibilità del notificante (tra le tante: Cass., Sez. Un., 30 marzo 2010, n. 7607; Cass., Sez. Lav., 18 ottobre 2016, n. 21037; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2021, n. 40724).
Ora, ai fini della valutazione della tempestività della rinnovazione della notificazione, inizialmente non andata a buon fine, rispetto al termine per impugnare, occorre distinguere a seconda che l’errore originario sia imputabile al
notificante oppure no: nel primo caso, l’impugnazione può ritenersi tempestivamente proposta solo se la rinnovata notifica interviene entro il termine per impugnare, non potendosi far retroagire i suoi effetti fino al momento della prima notificazione; nel secondo caso, invece, la ripresa del procedimento notificatorio – che la parte deve provare di aver avviato nell’immediatezza dell’appresa notizia circa l’esito negativo della notificazione, non occorrendo una preventiva autorizzazione al giudice – ha effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, essendo irrilevante l’intervenuto spirare del termine per impugnare (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 21 agosto 2020, n. 17577; Cass., Sez. 3^, 7 dicembre 2023, n. 34272; Cass., Sez. Trib., 3 dicembre 2024, n. 30889). Cosicché si deve dare continuità al l’indirizzo consolidato di questa Corte, secondo cui, in caso di notifica di atti processuali non andata a buon fine per ragioni non imputabili al notificante, questi, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere con tempestività gli atti necessari al suo completamento, ossia senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 cod. proc. civ., salvo circostanze eccezionali di cui sia data prova rigorosa (tra le tante: Cass., Sez. Lav., 21 agosto 2020, n. 17577; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30882; Cass., Sez. 2^, 16 maggio 2022, n. 15564; Cass., Sez. Trib., 27 dicembre 2023, n. 36035; Cass., Sez. Trib., 3 dicembre 2024, n. 30889; Cass., Sez. Trib., 7 settembre 2025, n. 24705).
2.4 Alla luce di tali principi, poiché, nella specie, la prima notifica, non si è conclusa positivamente per circostanze non imputabili al notificante, e poiché la seconda notifica è seguita a comportamento diligente del ricorrente che ha provveduto a
rinotificare l’atto in tempi ragionevolmente contenuti rispetto all’originario termine di decadenza (la prima notificazione, si è perfezionata il 29 maggio 2019, mentre la seconda notificazione il 14 giugno 2019), il ricorso deve considerarsi tempestivamente proposto, pur essendo stato recapitato al destinatario successivamente allo spirare del termine previsto d all’art. 325 , secondo comma, cod. proc. civ.
3. Tanto premesso, la controversia involge la sussistenza del presupposto impositivo dell’ICI (art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504), in caso di concessione in locazione di un terreno, nei riguardi del proprietario locatore in relazione al fabbricato edificato dal conduttore senza il suo consenso (e a sua insaputa) in difetto di concessione edilizia, allorquando il proprietario, dopo averne acquisito conoscenza, si sia prontamente attivato per il recupero coattivo della disponibilità del terreno, per l’annulla mento in autotutela della concessione in sanatoria nel frattempo rilasciata a favore del conduttore e per la demolizione a proprie spese del fabbricato abusivo subito dopo la restituzione del terreno.
3.1 A tale riguardo, la giurisprudenza di legittimità si è espressa nel senso che l’ imputabilità al conduttore della costruzione abusiva del fabbricato sul terreno appartenente al locatore non esclude l’oggettiva sussistenza del presupposto impositivo, stante l’automaticità dell’acquisto a titolo originario per accessione (art. 934 cod. civ.) a favore del proprietario del suolo edificato. In tal senso, questa Corte ha affermato che, in tema di ICI, soggetto passivo dell’imposta gravante su un immobile che accede al suolo è il proprietario del terreno il quale, in forza del principio dell’accessione di cui all’art. 934 cod. civ., acquista a titolo originario ed ipso iure la proprietà della costruzione, senza che rilevi se l’abbia edificata egli
stesso o terzi (in termini: Cass., Sez. 5^, 6 agosto 2019, n. 20958, con riguardo a fattispecie in cui il fabbricato era stato edificato dal conduttore del terreno in difetto di concessione edilizia).
3.2 In seguito, ribadendo il suddetto principio in giudizio vertente tra le medesime parti in relazione a pregresse annate d ell’ICI (anni 2006, 2007 e 2008), questa Corte ha considerato irrilevante la condotta del proprietario del terreno con riguardo alla cessazione in sede giudiziale della locazione, alla caducazione in sede amministrativa della concessione edilizia in sanatoria ed alla demolizione a sue spese del fabbricato abusivo (in termini: Cass., Sez. 5^, 11 marzo 2020, n. 6797). Non diversamente si è deciso anche in relazione alla corresponsione dell’ICI su un fabbricato abusivo che era stato edificato ed utilizzato dallo stesso proprietario del suolo (Cass., Sez. 6^-5, 28 ottobre 2021, n. 30454), nonché su un’ opera pubblica che era stata edificata da un ente pubblico su terreno occupato in virtù della c.d. ‘ accessione invertita ‘ (o occupazione espropriativa), rispetto alla quale la CEDU ha negato la possibilità di individuare sistemi di acquisizione diversi da quello consensuale del contratto e da quello autoritativo del procedimento ablatorio (Cass., Sez. 5^, 4 agosto 2017, n. 19572).
4. Di contro, richiamandosi ad altro precedente della giurisprudenza di merito, con un ragionamento ispirato ad un’esegesi costituzionalmente orientata nella direzione di una rilettura ‘ sostanzialista ‘ del principio di capacità contributiva (art. 53 Cost.), la sentenza impugnata ha escluso in analoga vicenda la soggettività passiva del proprietario del terreno, che si era prodigato per l’annullamento della concessione edilizia in
sanatoria e per la demolizione a sue spese del fabbricato abusivo.
In tal senso, il giudice di appello ha suggestivamente argomentato che: « Nondimeno, la carenza del presupposto impositivo rileva sotto un diverso profilo, costituito dall’assenza delle condizioni minime per l’imputazione psicologica all’appellante di detto possesso, carenza che deriva dalla dimostrata estraneità del predetto al l’edificazione dell’immobile. Come riconosciuto anche dalla recente sentenza della CTR della Toscana n. 1657/07/3017 (sia pure ai fini dell’IRPEF) l’odierno appellante è rimasto <>. L’estraneità del COGNOME al cespite (dallo stesso stabilmente rivendicata nel corso dei diversi gradi di giudizio) è accreditata da plurimi elementi: una controversia per sfratto per morosità ultraventennale, esitata nel rilascio dell’immobile assistito dalla forza pubblica solo nel 2010, segno di un contenzioso intensamente persistito tra le parti; l’istanza del 15 febbraio 2011 con cui il COGNOME ha chiesto e conseguito l’annullamento del permesso in sanatoria concesso a soggetto non titolato, accettando, dunque, una perdita obiettiva di valore immobiliare che non pare possa dirsi strumentale solo ad avvalorare la mancata soggezione all’ICI; il sostenimento delle
spese di demolizione, testimonianza di una contrarietà concretamente manifesta rispetto al possesso del bene. Senza che vi siano evidenze di una consapevolezza del COGNOME circa la realizzazione dell’opera prima del rilascio dell’immobile . L’evenienza oggetto del presente giudizio (proprietario del terreno all’oscuro dell’edificazione abusivamente realizzata da un conduttore persistito nel possesso durante la ultraventennale procedura di sfratto, capace di procurarne, in prima battuta, una regolarizzazione urbanistico-edilizia, poi annullata su istanza del proprietario del terreno) è assai rara e rispetto ad essa non si rinvengono precedenti in termini in seno alla giurisprudenza (di) legittimità. Una qualche condivisibile indicazione -per profili parzialmente assimilabili -si può trarre da una pronuncia della CTP di Caltanisetta (n. 753/1/2017) espressasi in merito al ricorso per avviso di accertamento ICI avanzato da parte di un condomino. I giudici nisseni hanno rimarcato che la comproprietà della nuova opera sorge a favore dei condomini non costruttori solo se essa sia stata realizzata con il rispetto delle norme sui limiti del comproprietario all’uso delle cose comuni e che dunque le opere abusivamente create non possono reputarsi beni condominiali per accessione ma vanno considerate appartenenti al comproprietario costruttore e rientranti nella sua esclusiva sfera giuridica (Cass. 7523/2007). Da tali premesse la CTP ha tratto la convinzione dell’assenza dell’imputazione soggettiva del presupposto di imposta ICI (ai sensi dell’art. 1, 2° comma, Dlgs 504/1992, identificabile nel possesso di fabbricati, di aree fabbricabili e di terreni agricoli in quanto annesso al diritto di proprietà degli immobili oppure alla titolarità di un diritto di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi o superficie sugli stessi.). Oltre a ciò, si impone una lettura costituzionalmente orientata che, tenuto
conto della valenza ermeneutica dell’art. 53 Cost., riconosca preclusa l’imposizione rispetto a situazioni, quali quella in esame, in cui vi sono chiare evidenze contrarie alla sussistenza di un possesso qualificato ex art. 1140 c .(c.) , già sotto il profilo dell’ animus rem sibi habendi».
5. In controversia parallelamente coinvolgente il medesimo contribuente per la tassazione dei redditi annuali del fabbricato abusivo in questione, con riguardo all’IRPEF relativa all’anno 2007, la sentenza depositata dalla Commissione tributaria regionale per la Toscana il 28 aprile 2017, n. 1657/07/2017, sulla quale si è formato medio tempore il giudicato (come si evince dall’attestazione della competente Segreteria in calce alla copia annessa alla documentazione prodotta dall’ente impositore nel giudizio di appello), ha sancito che le circostanze accertate (cioè, l’edificazione abusiva del fabbricato e « la lunga controversia giudiziaria di sfratto per finita locazione esitata (dopo 25 anni) nel reintegro del possesso con l’intervento della forza pubblica nel 2010 ») « consentono di affermare il mancato possesso del bene da parte del ricorrente e, in una lettura costituzionalmente orientata, la non imputazione soggettiva del presupposto impositivo ai fini IRPEF, ai sensi degli artt. 25 ss. D.P.R. n. 917/1986, essendo il sig. COGNOME del tutto estraneo al cespite e non avendo potuto disporre delle utilità economiche che dal bene stesso discendono, e costituendo l’immobile un bene abusivamente realizzato dal conduttore antecedentemente al 27 marzo 1986, data in cui il conduttore aveva presentato istanza di concessione in sanatoria, a fronte del fondo ricevuto in eredità dal COGNOME nel dicembre 1993, e della successiva richiesta di annullamento della concessione edilizia (di sanatoria) erroneamente concesso
dall’Amministrazione comunale con successiva demolizione del fabbricato ».
6. In disparte l ‘ audace interpretazione del giudice di appello sulla imponibilità della fattispecie, il thema disputandum deve essere rivisto alla luce dello ius superveniens (con il conseguente aggiornamento del sistema normativo), avendosi riguardo, per un verso, alla novellazione dell’art. 1, comma 759, della legge 27 dicembre 2019, n. 160, da parte dell’art. 1, comma 81, della legge 29 dicembre 2022, n. 197, con l’aggiunta tra le ipotesi di esenzione da IMU – della lett. gbis ), a tenore del quale: « gbis ) gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli articoli 614, secondo comma, o 633 del codice penale o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale (…) », e, per altro verso, alla sentenza della Corte Costituzionale n. 60 del 18 aprile 2024, la quale -sul presupposto della irretroattività del citato art. 1, comma 81, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 – ha dichiarato (per il passato) l’illegittimità costituzionale dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nel testo applicabile ratione temporis , in riferimento agli artt. 3, primo comma, e 53, primo comma, Cost., « nella parte in cui non prevede che non siano soggetti ad IMU, per il periodo dell’anno durante il quale sussistono le condizioni prescritte, gli immobili non utilizzabili né disponibili, per i quali sia stata presentata denuncia all’autorità giudiziaria in relazione ai reati di cui agli artt. 614, secondo comma, o 633 cod. pen. o per la cui occupazione abusiva sia stata presentata denuncia o iniziata azione giudiziaria penale ».
6.1 Ora, sia la novella legislativa che la sentenza manipolativa muovono dalla identica ratio che lo spossessamento del proprietario da parte di un terzo comporta la cessazione del presupposto impositivo dell’IMU, il quale (come per l’ICI , che ne condivide la medesima natura -da ultima: Corte Cost., 18 luglio 2025 n. 112 ) si fonda sul c.d. ‘ possesso qualificato ‘ (cioè, in linea di principio, sulla concorrente titolarità di proprietà o diritto reale di godimento e possesso) sul l’immobile.
A tale riguardo, vengono in rilievo gli artt. 8, comma 2, e 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, a tenore dei quali: « Art. 8 -(…) 2. L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale » e « Art. 9 -1. Soggetti passivi dell’imposta municipale propria sono il proprietario di immobili, inclusi i terreni e le aree edificabili, a qualsiasi uso destinati, ivi compresi quelli strumentali o alla cui produzione o scambio è diretta l’attività dell’impresa, ovvero il titolare di diritto reale di usufrutto, uso, abitazione, enfiteusi, superficie sugli stessi. Nel caso di concessione di aree demaniali, soggetto passivo è il concessionario. Per gli immobili, anche da costruire o in corso di costruzione, concessi in locazione finanziaria, soggetto passivo è il locatario a decorrere dalla data della stipula e per tutta la durata del contratto »; nonché l’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, a tenore del quale: « Art. 13 -(…) 2. L’imposta municipale propria ha per presupposto il possesso di immobili di cui all’articolo 2 del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 504, ivi compresa l’abitazione principale e le pertinenze della stessa ».
Alla luce del quadro normativo così delineato, la giurisprudenza di questa Corte ha affermato che il concetto di ‘ possesso ‘ quale presupposto impositivo del tributo è riferito al potere di fatto sulla cosa, che trova corrispondenza nella titolarità del diritto di proprietà o di altri diritti reali (eccezionalmente, anche personali) di godimento indicati dalla norma in coerenza con la natura patrimoniale dell’imposta, prescindendo dalla redditività del bene sottoposto a tassazione (Cass., Sez. 6^-5, 1 febbraio 2022, n. 2966). Peraltro, premesso che, in funzione del richiamo espresso all’art. 5 del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, da parte del l’art. 13, comma 2, del d.l. 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214, ai fini dell’ IMU, in merito alla soggettività passiva, possono essere valorizzate le indicazioni della giurisprudenza in ordine alla normativa sull’ ICI, secondo il consolidato e uniforme orientamento della giurisprudenza di legittimità, la norma tributaria fa riferimento solo alla nozione di ius possidendi , cosicché l’elenco dei soggetti passivi indicati dalla norma tributaria costituisce un numerus clausus , in quanto collegato alla titolarità del diritto di proprietà o di altro diritto reale di godimento (tra le tante: Cass., Sez. 1^, 19 settembre 2005, n. 18476; Cass., Sez. 5^, 16 marzo 2007, n. 6192; Cass., Sez. 5^, 7 giugno 2017, n. 14119; Cass., Sez. 5^, 14 marzo 2019, n. 7274; Cass., Sez. 5^, 19 agosto 2022, n. 24972), con le sole eccezioni date dall ‘espressa previsione del conduttore/utilizzatore nel leasing finanziario (Cass., Sez. 5^, 27 aprile 2022, n. 13120; Cass., Sez. Trib., 20 aprile 2023, nn. 10589, 10594, 10617, 10708 e 10733; Cass., Sez. Trib., 7 maggio 2024, n. 6232; Cass., Sez. Trib., 23 maggio 2024, n. 14482; Cass., Sez. Trib., 1 marzo 2025, n. 5447), del concessionario (nonché del sub-concessionario: Cass., Sez.
Trib., 27 aprile 2025, n. 11006) di area pertinente al demanio (Cass., Sez. Trib., 19 aprile 2023, n. 31807; Cass., Sez. Trib., 4 dicembre 2023, n. 33701) o al patrimonio indisponibile (Cass., Sez. Trib., 10 luglio 2025, n. 18946) dello Stato o di enti territoriali, del coniuge assegnatario dell’abitazione familiare nei procedimenti di separazione legale, annullamento, scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio ( ex art. 4, comma 12bis , del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 -Cass., Sez. Trib., 3 marzo 2023, n. 6544) o del convivente more uxorio assegnatario dell’abitazione familiare in caso di cessazione del rapporto ( ex art. 4, comma 12bis , del d.l. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla legge 26 aprile 2012, n. 44 -Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2019, n. 11416), nei quali il legislatore ha dato autonoma e specifica rilevanza alla detenzione ‘ qualificata ‘ dal la connessione ad un titolo contrattuale, amministrativo o giudiziale.
6.2 In via prodromica a tale sviluppo, nel dare impulso al predetto incidente di costituzionalità, questa Corte (Cass., Sez. Trib., 13 aprile 2023, nn. 9956 e 9957) ha espresso considerazioni estensibili -al di là dei limiti connaturati ai casi singolarmente esaminati – ad ogni ipotesi in cui il possesso ‘ qualificato ‘ si interrompa con il dissolvimento del legame di coessenzialità tra il diritto (reale o personale) e il possesso o la detenzione sull’immobile , facendo venir meno uno dei cardini imprescindibili del presupposto impositivo.
In particolare, si è affermato che:
– « se è vero (…) che a mente di quanto statuito dall’art. 8 d.lgs. n. 23/2011 il presupposto dell’IMU è da individuarsi nel «possesso» di immobili (diversi dall’abitazione principale)
come dianzi delineato, occorre al contempo evidenziare che il possesso legittimante il sorgere della soggettività passiva ai fini IMU, per essere effettivo, presuppone che la cosa rientri materialmente nella disponibilità individuale del possessore di talc hé quest’ultimo possa esercitare le prerogative discendenti dal diritto ricadente sul bene »;
– « nelle ipotesi, come quella in esame, in cui il contribuente sia sprovvisto sia della disponibilità materiale del bene, sia della possibilità di esercitare qualsivoglia diritto sulla cosa, sorge allora fondatamente il dubbio che l’originaria ricorrente non avrebbe dovuto essere considerata soggetto passivo ai fini IMU, stante l’assenza dei requisiti minimi acché potesse configurarsi una situazione possessoria e, conseguentemente, una capacità a contribuire individuale »;
– « con riferimento agli immobili abusivamente occupati e di cui sia precluso lo sgombero per cause indipendenti dalla volontà del contribuente, si ritiene possa venire a mancare il presupposto dell’imposta, che si assume essere l’effettivo e concreto esercizio dei poteri di disposizione e godimento del bene, in quanto ritenuti manifestazioni di capacità contributiva ».
Su tale presupposto, quindi, si è rimarcata la ‘ concretezza ‘ e l” effettività ‘ della nozione costituzionale di capacità contributiva (art. 53 Cost.), la quale postula l’utilizzabilità materiale del bene da parte del soggetto ‘ titolato ‘ a beneficiare del suo godimento.
In tale direzione, anche il giudice delle leggi è pervenuto alla conclusione che: « È dunque irragionevole e contrario al principio della capacità contributiva che il proprietario di un immobile occupato abusivamente, il quale abbia sporto tempestiva denuncia all’autorità giudiziaria penale sia, ciò
nonostante, tenuto a versare l’IMU per il periodo decorrente dal momento della denuncia a quello in cui l’immobile venga liberato, perché la proprietà di tale immobile non costituisce, per il periodo in cui è abusivamente occupato, un valido indice rivelatore di ricchezza per il proprietario spogliato del possesso »; inoltre, lo stesso ha significativamente evidenziato che: « Del resto, questa impostazione è coerente con una ipotesi impositiva per certi versi simile in cui, in caso di perdita della disponibil ità del bene per fatto di terzo, l’ordinamento giuridico stabilisce il venir meno dell’obbligo del pagamento dell’imposta. È questo il caso della tassa automobilistica: l’art. 5 del decreto-legge 30 dicembre 1982, n. 953 (Misure in materia tributaria), convertito, con modificazioni, in legge 28 febbraio 1983, n. 53, stabilisce infatti, ai commi trentasettesimo e trentottesimo, che, nonostante il soggetto passivo sia il proprietario del bene, «a perdita del possesso del veicolo o dell’autoscafo per forza maggiore o per fatto di terzo o la indisponibilità conseguente a provvedimento dell’autorità giudiziaria o della pubblica amministrazione, annotate nei registri indicati nel trentaduesimo comma, fanno venir meno l’obbligo del pagamento del tributo per i pe riodi d’imposta successivi a quello in cui è stata effettuata l’annotazione. L’obbligo del pagamento ricomincia a decorrere dal mese in cui avviene il riacquisto del possesso o la disponibilità del veicolo o dell’autoscafo ».
Ne discende il delinearsi di un principio generale di rango costituzionale, secondo cui la perdita della disponibilità materiale del bene per fatto di un terzo, ogni qualvolta il possesso o la detenzione integrino (o concorrano ad integrare) il presupposto impositivo, vanifica la capacità contributiva correlata alla titolarità del diritto
qualificante e fa v enir meno l’obbligo d i pagamento dell’imposta fino al ripristino dello status quo ante .
6.3 A tale principio si è sostanzialmente ispirato il giudice di appello, escludendo la permanenza del possesso qualificato (per gli anni di riferimento) in capo al contribuente in relazione alla inconsapevolezza ed alla non imputabilità della costruzione abusiva del fabbricato, del quale lo stesso non ha mai goduto, ha promosso l’annullamento in autotutela della illegittima sanatoria urbanistica ed ha curato a proprie spese la demolizione.
Ciò non di meno, è convinzione del collegio che, per quanto la fattispecie in decisione presenti palesi analogie e significative affinità (sul piano dell’incidenza ostativa sul presupposto impositivo) con quella a suo tempo rimessa al giudice delle leggi, le rimarchevoli dissimiglianze (sul piano della conformazione strutturale della vicenda) non consentano un’estensione pedissequa ed un adattamento automatico di tale principio con il corollario di una lettura costituzionalmente orientata degli artt. 8, comma 2, e 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23.
Invero, è palese la differenza sul piano fenomenico dell’occupazione abusiva ( sine titulo ) di un terreno appartenente al contribuente da parte di un terzo estraneo e la costruzione di un fabbricato in difetto di concessione edilizia da parte del conduttore all’insaputa e contro la volontà del proprietario/locatore del terreno.
Difatti, l’ inaedificatio , nel primo caso, è opera di un terzo libero da vincoli contrattuali con il proprietario del terreno e privo di un titolo legittimante il suo utilizzo o godimento; nel secondo caso, è opera di un terzo legato da un vincolo contrattale (la locazione) al proprietario del terreno e munito di un titolo
legittimante il suo utilizzo o godimento, ma è realizzata contra pacta (cioè, in violazione di un divieto imposto dal proprietario/locatore) ovvero absque pactis (cioè, senza l’assenso preventivo o successivo del proprietario/locatore) .
A maggior ragione ove si consideri che, dopo essere state investite delle questioni di massima di particolare importanza « se la ‘conformazione’ al dettato costituzionale dell’art. 13, comma 2, quarto periodo, del d.l. n. 201 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214 del 2011, come modificato dall’art. 1, comma 707, lett. b, della legge n. 147 del 2013, che ha ridefinito -in senso favorevole al contribuente, per l’ipotesi di dimora e residenza dei coniugi in immobili ubicati in diversi Comuni (o anche nel medesimo Comune) – i requisiti dell’«abitazione principale», ridondi in un’illegittimità cost ituzionale ‘derivata’ dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. n. 504 del 1992, come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b, della legge n. 296 del 2006, almeno nella parte in cui è stabilito il comune presupposto della «dimora abituale» (stante il valore meramente presuntivo a tal fine della residenza anagrafica) dei familiari per il riconoscimento dell’analoga agevolazione ai fini dell’ICI » (Cass., Sez. Trib., 27 febbraio 2023, n. 5870), e « se sia corretta e costituzionalmente orientata l’interpretazione dell’art. 8, comma 2, d.lgs. n. 504/1992, come modificato dall’art. 1, comma 173, lett. b, legge n. 296/2006, mediante applicazione dell’esenzione anche all’abitazione «nella quale il contribuente, che la possiede a titolo di proprietà, usufrutto o altro diritto reale», dimori abitualmente senza i suoi familiari » (Cass., Sez. Trib., 27 febbraio 2023, n. 5878), le Sezioni Unite di questa Corte hanno ritenuto, con il richiamo ad un precedente arresto di questa Sezione (Cass., Sez. 5^, 3 giugno 2015, n. 11373 -ma vedasi anche, più di recente, in senso
analogo: Cass., Sez. Trib., 9 agosto 2024, n. 22593), « che non possa essere praticata un’interpretazione costituzionalmente orientata dell’art. 8, comma 2, del d. lgs. n. 504/1992 e successive modifiche ed integrazioni, alla stregua dei principi espressi dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 209/2022 in tema di IMU. (…) Vi osta il principio più volte espresso da questa Corte e che va ulteriormente in questa sede ribadito, secondo cui le norme fiscali di agevolazione sono norme di ‘stretta interpretazione’, nel senso che non sono in alcun modo applicabili a casi e situazioni riconducibili al relativo significato letterale (tra le molte, proprio in tema di ICI, cfr. Cass. sez. 5, 11 ottobre 2017, n. 23833; Cass. sez. 6-5, ord. 3 febbraio 2017, n. 3011) » (Cass., Sez. Un, 15 ottobre 2024, nn. 26774 e 26776).
Tanto in piena sintonia con la giurisprudenza della Corte Costituzionale, secondo cui « l’onere di interpretazione conforme viene meno, lasciando il passo all’incidente di costituzionalità, allorché il giudice rimettente sostenga (…) che il tenore letterale della disposizione non consenta tale interpretazione » (Corte Cost., 26 novembre 2020, n. 253; Corte Cost., 25 gennaio 2023, n. 102; Corte Cost. 11 gennaio 2024, n. 4).
Da qui l’opzione per la rimessione alla Corte Costituzionale della questione di legittimità costituzionale dell’art. 8, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, come modificato dall’art. 1 comma 173, lett. b) , della legge 27 dicembre 2006, n. 296, per contrasto con gli artt. 3, 29, 31 e 53, primo comma Cost., « nella parte in cui, nel subordinare il godimento da parte del soggetto passivo dell’agevolazione di cui alla citata norma all’essere l’immobile adibito ad abitazione principale <>, stabilisce: <>, anziché disporre: <> ». Questione da ultimo risolta con la conforme dichiarazione di illegittimità costituzionale nei termini delineati dal giudice remittente (Corte Cost., 18 luglio 2025, n. 112).
6.4 Peraltro, una differenza ‘ ontologica ‘ sarebbe, comunque, ravvisabile anche in relazione alla ulteriore fattispecie, per quanto più similare a quella in disamina, dell’occupazione abusiva del terreno da parte di un terzo estraneo che non si limiti all’invasione ed all’usurpazione del terreno, ma costruisca al suo interno un fabbricato con o senza il rilascio di concessione edilizia , dacché l’ inaedificatio rientra nelle tipiche modalità di godimento del terreno e concretizza un potere di fatto corrispondente all’esercizio di una facoltà insita nel diritto di proprietà ( ius aedificandi ).
Difatti, è evidente che siffatta ipotesi sarebbe pur sempre soggetta ratione temporis -in presenza delle condizioni delineate in sede di manipolazione additiva -alla regolamentazione dettata dall’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23, nel testo integrato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 60 del 18 aprile 2024, essendo pacificamente riconducibile alla vasta fenomenologia dell” occupazione abusiva ‘.
6.5 Considerato, quindi, che la fattispecie in disamina è destinata a restar fuori dalla disciplina favorevole al contribuente, si pone l’esigenza di valutare se, alla luce del
delineato assetto del sistema normativo, una applicazione ferma e rigorosa del ‘ diritto vivente ‘ (nella esegesi declinata , senza alcun conflitto interno, dalla richiamata giurisprudenza di legittimità) non si ponga in contrasto con i principi costituzionali.
Difatti, in presenza di un orientamento giurisprudenziale consolidato, il giudice a quo ha la facoltà di assumere l’interpretazione censurata in termini di ‘ diritto vivente ‘ e di richiederne su tale presupposto il controllo di compatibilità con i parametri costituzionali, ciò, senza che gli si possa addebitare di non aver seguito altra interpretazione, più aderente ai parametri stessi, sussistendo tale onere solo in assenza di un contrario diritto vivente, il che non ricorre nel caso in esame (Corte Cost., 10 maggio 2012, n. 117; Corte Cost., 22 novembre 2012, n. 258; Corte Cost., 12 luglio 2013, n. 191; Corte Cost., 24 ottobre 2014, n. 242; Corte Cost., 11 febbraio 2015, n. 11; Corte Cost., 21 luglio 2016, n. 200; Corte Cost., 26 maggio 2017, n. 122; Corte Cost., 7 dicembre 2017, n. 259; Corte Cost., 1 marzo 2018, n. 39; Corte Cost., 9 aprile 2019, n. 75; Corte Cost., 7 giugno 2019, n. 141; Corte Cost., 18 luglio 2019, n. 189; Corte Cost., 5 febbraio 2020, n. 12; Corte Cost., 26 febbraio 2020, n. 32; Corte Cost., 20 maggio 2020, n. 95; Corte Cost., 11 gennaio 2021, n. 1; Corte Cost., 30 luglio 2021, n. 180).
Peraltro, oltre al confine invalicabile del diritto vivente, si deve rilevare che, anche dopo la riforma legislativa e la sentenza della C orte Costituzionale sull’occupazione abusiva , non è possibile per questa Corte un ‘ interpretazione costituzionalmente orientata, nel caso in giudizio, per l’eterogeneità dei parametri fattuali rispetto alle fattispecie prese in esame dalla novella normativa e dalla decisione di
illegittimità costituzionale, come è stata pur lodevolmente fatta dal giudice di merito, in quanto la lettera della legge non consente una valida alternativa sul piano esegetico.
6.6 Rammentato che la giurisprudenza di legittimità si è uniformemente espressa nel senso che soggetto passivo dell’ IMU (come anche dell’ICI) gravante su un fabbricato è il proprietario del terreno il quale, in forza del principio dell’accessione di cui all’art. 934 cod. civ., acquista a titolo originario ed ipso iure la proprietà della costruzione ivi insistente, senza che faccia differenza se l’abbia edificata egli stesso o terzi, per cui viene in rilievo l’applicazione tassativa dell’art. 9, comma 1, del d.lgs. 14 marzo 2011, n. 23 (per l’ICI, dell’art. 1, comma 2, del 30 dicembre 1992, n. 504), con la conseguente debenza del tributo, è convinzione del collegio che si delinei un fondato sospetto ( fumus ) di illegittimità costituzionale dell ‘art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, per plausibile contrarietà agli artt. 3, 42 e 53 Cost.
6.7 In particolare, sul piano della non manifesta infondatezza, sussistono seri e consistenti dubbi di incompatibilità della norma -oggetto di interpretazione che rappresenta ‘ diritto vivente ‘ -con quanto prescritto dagli artt. 3 e 53 Cost.
6.7.1 In primo luogo, il collegio ritiene che sussistano elementi di contrasto con il principio di capacità contributiva di cui all’art. 53 Cost.
N el delineare la portata dell’art. 53 Cost. , la Corte Costituzionale ha, invero, individuato tre requisiti essenziali della capacità contributiva: l’effettività, la certezza e l’attualità (tra le tante: Corte Cost., 12 luglio 1967, n. 109; Corte Cost., 28 luglio 1976, n. 200; Corte Cost., 26 marzo 1980, n. 42; Corte Cost., 22 aprile 1980, n. 54; Corte Cost., n. 252/1992;
Corte Cost., 29 gennaio 1996, n. 73; Corte Cost., 26 luglio 2000, n. 362)
In ordine al primo requisito, il nesso tra il fatto rivelatore di capacità contributiva e il tributo deve essere effettivo e non apparente o fittizio. L ‘effettività esprime, infatti, la concreta idoneità del presupposto rispetto all’obbligazione d’imposta, la quale dovrà avere ad oggetto una manifestazione economica reale, che consenta la misurazione di un reddito esistente e non meramente presunto.
A lla stregua dell’impostazione della Consulta (Corte Cost., 12 luglio 1967, n. 109; Corte Cost., 28 luglio 1976, n. 200), il concorso alle spese pubbliche deve, quindi, salvaguardare il diritto del contribuente ad essere chiamato a concorrere alle spese pubbliche solo in quanto in possesso di effettiva capacità contributiva e idoneità effettiva al pagamento delle imposte, non potendo essere qualificata capacità contributiva un’idoneità economica che non si basi su fatti reali, ma abbia una base fittizia (Corte Cost., 26 marzo 1980, n. 42).
La capacità contributiva, inoltre, deve essere effettiva nel senso di certa ed attuale, e non meramente fittizia (Corte Cost., 28 luglio 1976, n. 200, cit., 1254; Corte Cost., 26 marzo 1980, n. 42.; Corte Cost., 3 giugno 1992, n. 252; Corte Cost., 29 gennaio 1996, n. 73; Corte Cost., 26 luglio 2000, n. 362). I nfine, in forza del parametro dell’attualità, il tributo deve essere correlato ad una capacità contributiva presente (in atto), non ad una capacità contributiva passata o futura (Corte Cost., 22 aprile 1980, n. 54), ovvero la capacità contributiva deve sussistere nel momento in cui si verifica il prelievo.
6.7.2 In tale ottica la capacità contributiva risulta, pertanto, inscindibilmente connessa ai principi di ragionevolezza e di uguaglianza tributaria, atteso che, in forza del connubio
normativo tra gli artt. 53 e 3 Cost., a situazioni uguali devono corrispondere uguali regimi impositivi e, correlativamente, a situazioni diverse un trattamento tributario disuguale (Corte Cost., 6 luglio 1972, n. 120).
Ne consegue la necessità che siano disciplinati in modo uguale i fatti economici che esprimono pari capacità contributiva, ma regolati in modo diversificato i fatti che esprimono capacità contributiva in modo differenziato.
Il principio di uguaglianza tributaria presuppone, peraltro, necessariamente quello di capacità contributiva, che fornisce il criterio di giudizio per valutare se due situazioni siano eguali o diverse al fine del pari o diverso trattamento tributario.
6.8 Nel l’applicare detti principi generali al caso di specie, il collegio ritiene che, per le annualità d’imposta in cui il locatore non aveva ancora recuperato la materiale disponibilità del terreno stravolto dall’edificazione abusiva del conduttore per la perdurante pendenza del procedimento di sfratto per finita locazione (fino al grado di legittimità) e il fabbricato abusivo non era stato ancora demolito (per iniziativa e a spese del locatore ) dopo l’annullamento in autotutela della concessione edilizia in sanatoria indebitamente rilasciata dal Comune a favore del mero conduttore del terreno (in assenza di abilitazione allo sfruttamento edilizio mediante la realizzazione di manufatti strumentali alla destinazione contrattuale), il prelievo tributario si ponga in contrasto con i principi costituzionali innanzi citati.
S e è vero, infatti, che a mente di quanto statuito dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, il presupposto impositivo dell’I CI è da individuarsi nel « possesso » di immobili come dianzi delineato, occorre al contempo evidenziare che il possesso legittimante il sorgere della soggettività passiva ai fini
ICI, per essere effettivo, presuppone che l ‘immobile rientri materialmente nella disponibilità individuale del possessore, di talché quest’ultimo possa esercitare le prerogative discendenti dal diritto ricadente sul l’immobile.
Nelle ipotesi, come quella in esame, in cui, il conduttore del terreno -in spregio alle pattuizioni contrattuali ed in assenza di concessione edilizia – abbia edificato ex nihilo un fabbricato abusivo a ll’insaputa e senza l’ autorizzazione del locatore, che è stato costretto a subire lo spoglio dell’area occupata e trasformata mediante la realizzazione di un manufatto mai voluto e mai posseduto, pur essendosi attivato per tempo per il recupero coattivo della disponibilità materiale del terreno, l’annull amento in autotutela della concessione edilizia in sanatoria rilasciata a favore del conduttore e la demolizione a proprie spese del fabbricato abusivo, sorge allora fondatamente il dubbio che egli non avrebbe dovuto essere considerato soggetto passivo ai fini dell’ ICI , stante l’assenza dei requisiti minimi acché potesse configurarsi la pienezza di una situazione possessoria e, conseguentemente, di una capacità di contribuzione individuale rispetto ad un bene venuto ad esistenza ed acquisito al patrimonio contro la sua volontà.
6.9 Dunque, con riferimento a fabbricati la cui edificazione sia frutto di occupazione sine titulo dell’area di sedime in danno del locatore del più ampio terreno e di cui sia preclusa la demolizione fino allo sgombero effettivo da parte del conduttore per cause indipendenti dalla volontà del locatore (nonostante il tempestivo esercizio dell’azione giudiziale per la risoluzione della locazione e la restituzione del terreno locato, si ritiene possa venire a mancare il presupposto dell’imposta, che si assume essere l’effettivo e concreto esercizio dei poteri
di disposizione e di godimento del bene, in quanto ritenuti manifestazioni di capacità contributiva.
Ai fini del verificarsi o meno del presupposto dell’ICI , nei casi come quello in esame, assume, invero, precipuo rilievo la circostanza, giuridicamente rilevante, che il proprietario (o il titolare di altro diritto reale di godimento) concedente in locazione un terreno non ha mai avuto il possesso del fabbricato edificato sine titulo dal conduttore ed è stato, al contempo, spogliato del possesso dell’area occupata dalla insistente costruzione fino allo sgombero forzoso del terreno all’esito della procedura di sfratto per finita locazione ed al ripristino dello status quo ante mediante la demolizione del manufatto abusivo.
6.10 Per cui, il possessore ‘ spogliato ‘ può rimanere (anche in caso di ius possidendi ) sempre possessore solo se la tutela dei propri diritti possessori è attivabile e realizzabile, ma, senza la reintegrazione dei diritti possessori, il diritto di proprietà è svuotato proprio dello ius possidendi , il quale non è più esercitabile per causa non imputabile al proprietario (o al titolare di altro diritto reale di godimento), e che, per contro, viene assunto a presupposto della tassazione.
6.11. Dunque, in caso di costruzione abusiva sul terreno concesso in locazione , l’obbligo tributario dovrebbe ritenersi conseguente alla natura civilistica della controversia con il conduttore inadempiente ed alla conseguente esperibilità con esito fausto de i rimedi civilistici previsti dall’ordinamento .
6.12 Dinanzi ad una condizione ‘ patologica ‘ , come quella sottesa al caso in esame, laddove il contribuente si trovi nell’impossibilità di recuperare con immediatezza il pieno possesso del terreno e, per conseguenza, di ripristinare la situazione preesistente mediante la demolizione del fabbricato
abusivo, a causa del tempo necessario ad ottenere in sede giudiziale (il riconoscimento e l’attuazione del proprio diritto mediante) il rilascio e lo sgombero del terreno locato da parte del conduttore, risulterebbe in contrasto con i principi costituzionali imporre il pagamento dell’imposta per le annate in cui permane la costruzione abusiva in attesa della liberazione forzosa del terreno locato, difettando la capacità contributiva del contribuente per il godimento precluso ab origine del fabbricato.
6.13 Nel valutare la condizione, dianzi descritta, di oggettiva impossibilità del proprietario di dare concreta estrinsecazione al proprio diritto, e di oggettiva indisponibilità del fabbricato scaturente dall’ edificazione abusiva, è, peraltro, degno di rilievo che i soggetti passivi individuati dalla normativa sull’ICI sono anche quelli che si avvantaggiano dei servizi pubblici (illuminazione, pubblica sicurezza, ecc.) resi disponibili dai Comuni, circostanza evidenziata dalla Corte Costituzionale, la quale ha avuto modo di osservare che « l’imposizione ICI non tende a colpire solo i proprietari ma, più in generale, i titolari delle situazioni previste dall’art. 3 , in quanto idonee, nella loro varietà, ad individuare di norma coloro che, avendo il godimento del bene, si avvantaggiano, con immediatezza, dei servizi e delle attività gestionali dei Comuni, a beneficio dei quali il gettito viene, a regime, destinato, in sostituzione di altri tributi contestualmente soppressi » (Corte Cost., 22 aprile 1997, n. 111; Corte Cost. 2 aprile 1999, n. 1999).
6.14 Al contempo, la norma in commento appare in conflitto, come si è detto, anche con il principio di eguaglianza recato dall’art. 3 Cost. , che necessariamente implica un principio di ragionevolezza delle leggi, in forza del quale è necessario che
le distinzioni operate dal legislatore tributario, anche per settori economici, non siano irragionevoli o arbitrarie o ingiustificate (Corte Cost., 16 luglio 2014, n. 201), al fine di verificare la coerenza interna della struttura dell’imposta con il suo presupposto economico, come pure la non arbitrarietà dell’entità dell’imposizione .
A parere del collegio, risulterebbe, invero, irragionevole che al proprietario di un fabbricato inagibile o inabitabile (eventualmente, a causa della sua inerzia) sia riconosciuta, ai sensi dell’art. 8, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 504, una riduzione della base imponibile dell’ICI , mentre, per il proprietario di un fabbricato edificato senza il suo consenso in difetto di concessione edilizia , nell’attesa di recuperare in sede giudiziale il possesso del terreno e di provvedere alla conseguente demolizione del manufatto abusivo, sia prevista una tassazione integrale.
Ed altrettanto si potrebbe dire per l ‘ ipotesi (opposta e contraria a quella in disamina) della costruzione realizzata -al di là dell’eventuale difetto di concessione edilizia – dal conduttore con l’assenso (preventivo o successivo) del locatore, il cui possesso ‘ mediato ‘ (per il tramite della detenzione) del terreno verrebbe ad estendersi anche al fabbricato acquistato per accessione, venendo ad essere altrimenti equiparate sul piano del trattamento tributario fattispecie nettamente contrapposte in relazione alla riconducibilità o meno della inaedificatio alla volontà del titolare della proprietà (o di altro diritto di godimento) sul terreno. Laddove, l’attività edificatoria, nell’un caso, è esclusivamente imputabile al conduttore, che ha abusato della detenzione del terreno per realizzare un fabbricato mai accettato e mai posseduto dal locatore; nell’altro caso, è indirettamente imputabile al locatore, che ha
a ssentito all’ estensione della detenzione (e, di riflesso, del possesso ‘ mediato ‘ , che è connesso alla titolarità della proprietà o di altro diritto reale di godimento) dal terreno al fabbricato.
Né incide su tale conclusione il regime codicistico delle migliorie e delle addizioni apportate dal conduttore al bene locato (artt. 1592 e 1593 cod. civ.), il quale attiene ai rapporti obbligatori tra le parti e prescinde dall’operatività ex lege dell’accessione (art. 934 cod. civ.) nella sfera patrimoniale del locatore, fermo restando che le addizioni apportate contro la volontà del locatore e comportanti il deterioramento del bene locato (art. 1588 cod. civ.) giustificano la pretesa del locatore al risarcimento del danno in forma specifica mediante l’eliminazione da parte del conduttore delle opere da lui abusivamente eseguite (Cass., Sez. 3^, 20 marzo 2006, n. 6094).
6.15 Infine, la tassazione del fabbricato edificato sine titulo in capo ai soggetti passivi dell’ICI pone dubbi di compatibilità costituzionale anche con l’art. 42, secondo comma, Cost. e, peraltro, con l’art. 1 del Protocollo 1 della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, i quali garantiscono e tutelano la proprietà privata.
Infatti, la costruzione di un fabbricato in assenza di titolo edilizio contro la volontà del proprietario del terreno comporta l’ inevitabile esercizio di azioni a tutela della proprietà o del possesso cui si accompagna l’intervento dell’autorità giudiziaria al fine di ottenere (oltre che la cessazione del contratto legittimante la detenzione del terzo) lo sgombero del terreno occupato e la rimozione della costruzione illecita, ma se l’intervento dell’ autorità giudiziaria non risulta essere tempestivo ed incisivo, con conseguente permanenza dello
stato di illiceità, ed il diritto di proprietà non riceve tutela adeguata, la pubblica amministrazione ritrarrebbe un vantaggio, rappresentato dalla riscossione di un tributo, in virtù di una situazione illecita da essa medio tempore tollerata (se non strumentalizzata) a detrimento del diritto di proprietà del contribuente.
Ma tanto contrasta con quanto affermato più volte dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo (CEDU), secondo la quale non è consentito alla pubblica amministrazione trarre vantaggio da propri comportamenti illeciti e, più in generale, da una situazione di illegalità dalla stessa determinata o occasionata (vedansi, ad esempio: CEDU, 13 ottobre 2015, La Rosa e NOME c. Italia ; CEDU, 6 marzo 2007, COGNOME c. Italia ), ed il principio ha trovato ingresso anche in pronunce rese dalla Corte Costituzionale (Corte Cost., 30 aprile 2015, n. 71; Corte Cost., 8 ottobre 2010, n. 293).
7. In conclusione, il collegio ritiene non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, e 53, primo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 540 (nel testo vigente ratione temporis ), nella parte in cui non esclude la soggezione ad ICI del proprietario (o del titolare di altro diritto reale di godimento), che abbia concesso in locazione un terreno, con limitato riguardo al fabbricato edificato dal conduttore sul medesimo terreno in difetto di concessione edilizia e senza l’assenso (preventivo o successivo) del locatore, allorquando quest’ultimo, dopo averne avuto cognizione, si sia immediatamente attivato in sede giudiziale per la restituzione coattiva del terreno locato, nonché in sede amministrativa per l’annullamento in autotutela della concessione edilizia in
sanatoria eventualmente rilasciata al conduttore privo di titolo, ed abbia curato la demolizione del manufatto abusivo dopo lo sgombero coattivo del terreno locato.
8. Peraltro, tale questione appare, altresì, rilevante ai fini della decisione della presente controversia, giacché l’eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 540 inciderebbe sul diritto vivente (favorevole all’ente impositore) ormai radicatosi su di essa. La decisione del ricorso richiede, invero, l’applicazione dell a citata disposizione normativa, di qui la rilevanza del dubbio di illegittimità costituzionale in considerazione della sussistenza di un effettivo e concreto rapporto di strumentalità fra la definizione del giudizio principale e la risoluzione della questione di legittimità costituzionale (Corte Cost., 21 dicembre 2021, n. 250).
Ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, alla dichiarazione di rilevanza e non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale segue la sospensione del presente procedimento e l’immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
P.Q.M.
La Corte, visti gli artt. 134 Cost. e 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata, in riferimento agli artt. 3, primo comma, 42, secondo comma, e 53, primo comma, Cost., la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 540 (nel testo vigente ratione temporis ), nella parte in cui non esclude la soggezione ad ICI del proprietario (o del titolare di altro diritto reale di godimento), che abbia concesso in locazione un terreno, con limitato riguardo al fabbricato edificato dal conduttore sul medesimo
terreno in difetto di concessione edilizia e senza l’assenso (preventivo o successivo) del locatore, allorquando quest’ultimo , dopo averne avuto cognizione, si sia immediatamente attivato in sede giudiziale per la restituzione coattiva del terreno locato, nonché in sede amministrativa per l’annullamento in autotutela della concessione edilizia in sanatoria rilasciata al conduttore privo di titolo, ed abbia curato la demolizione del manufatto abusivo dopo lo sgombero coattivo del terreno locato; dispone la sospensione del presente procedimento; dispone che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa, al Procuratore Generale presso questa Corte ed al Presidente del Consiglio dei Ministri; dispone, altresì, che, a cura della Cancelleria, la presente ordinanza sia comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica; dispone che gli atti processuali, ivi compresi i documenti relativi alle notificazioni e comunicazioni disposte, vengano immediatamente trasmessi alla Corte Costituzionale.
Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 9 settembre 2025.
IL PRESIDENTE Dott. NOME COGNOME