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Holding pura: quando non è una società di comodo

Una società holding pura è stata oggetto di un avviso di accertamento da parte dell’Amministrazione Finanziaria, che la considerava una società di comodo per il mancato raggiungimento di ricavi minimi. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso del Fisco, stabilendo un principio fondamentale: per una holding pura, la verifica sull’operatività non va fatta sulla holding stessa, ma sulle società da essa partecipate. Se le società controllate sono operative, anche la holding deve considerarsi tale. Inoltre, la mancata distribuzione di utili da parte di una partecipata, se dovuta a ragioni oggettive come la copertura di perdite pregresse, costituisce una causa di disapplicazione della normativa sulle società di comodo.

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Pubblicato il 15 settembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Holding Pura: La Cassazione Chiarisce i Criteri per Evitare la Disciplina delle Società di Comodo

La gestione fiscale di una Holding pura rappresenta una delle questioni più dibattute nel diritto tributario. Queste società, la cui unica funzione è detenere partecipazioni, possono facilmente cadere nella presunzione di non operatività stabilita dalla disciplina delle “società di comodo”. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione fa luce sui criteri per determinare l’operatività di una holding, legandola indissolubilmente a quella delle sue partecipate.

I Fatti di Causa

Il caso riguarda una società holding operante nel settore sanitario, che deteneva partecipazioni significative in tre diverse entità: una casa di cura (31%), un consorzio (30%) e un’altra casa di cura convenzionata (92%). Per l’anno d’imposta 2006, l’Amministrazione Finanziaria aveva contestato alla holding lo status di società di comodo, applicando la relativa disciplina fiscale penalizzante.

La contribuente aveva presentato un’istanza di interpello per la disapplicazione di tali norme, ma l’Agenzia l’aveva rigettata. Ne è seguito un avviso di accertamento che ha dato il via a un contenzioso tributario. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano dato ragione alla società, annullando la pretesa del Fisco. L’Amministrazione Finanziaria ha quindi proposto ricorso per cassazione.

La Disciplina delle Società di Comodo e la Holding Pura

La normativa sulle società di comodo (o non operative) è uno strumento antielusivo volto a colpire le società che vengono utilizzate come meri contenitori di beni (immobili, partecipazioni, ecc.) senza svolgere una reale attività d’impresa, al solo scopo di beneficiare di un regime fiscale più favorevole. La legge presume la non operatività quando i ricavi conseguiti sono inferiori a un determinato ammontare, calcolato applicando specifici coefficienti al valore degli asset patrimoniali.

Per una Holding pura, che per sua natura non produce ricavi diretti ma vive dei dividendi distribuiti dalle partecipate, il rischio di cadere in questa presunzione è molto alto. La questione centrale del caso era quindi stabilire come si dovesse valutare l’operatività di una tale società.

Le Motivazioni della Cassazione

La Corte di Cassazione, nel rigettare il ricorso dell’Amministrazione Finanziaria, ha delineato un principio chiaro e di fondamentale importanza, basandosi su precedenti orientamenti giurisprudenziali.

Il punto cardine della decisione è che, per una Holding pura, la verifica della sussistenza dei requisiti di operatività non deve essere effettuata sulla holding stessa, ma deve essere “traslata” sulle società partecipate. Se le società controllate superano il test di operatività, si considera automaticamente superato anche per la holding che le detiene. Questo approccio riconosce che l’attività economica della holding si manifesta indirettamente attraverso quella delle sue controllate.

Inoltre, la Corte ha affrontato il caso specifico della mancata distribuzione di utili da parte di una delle partecipate. I giudici hanno stabilito che tale scelta, se motivata da ragioni oggettive e apprezzabili, costituisce un'”impossibilità oggettiva” per la holding di conseguire i proventi. Nel caso di specie, una società partecipata aveva destinato gli utili a copertura delle perdite degli esercizi precedenti, mentre un’altra aveva scelto di reinvestirli. Queste decisioni, prese nell’interesse della società partecipata, sono state considerate estranee alla volontà della holding (specialmente se detentrice di una quota di minoranza) e quindi una valida causa per la disapplicazione della normativa sulle società di comodo.

Infine, la Corte ha ribadito che le società consortili sono escluse dall’applicazione della disciplina in esame, come già chiarito in precedenza da una circolare della stessa Agenzia delle Entrate.

Conclusioni

L’ordinanza in commento consolida un orientamento favorevole per le holding pure. Viene stabilito che la loro vitalità economica deve essere misurata attraverso l’attività delle società operative in cui investono. Una holding non può essere considerata “di comodo” se le sue partecipate sono pienamente operative e se la mancata percezione di dividendi è giustificata da scelte gestionali oggettive e non elusive delle controllate stesse. Questa decisione offre maggiore certezza giuridica alle strutture di gruppo, chiarendo che il Fisco non può limitarsi a un’analisi formale dei ricavi della holding, ma deve valutare la realtà economica sostanziale dell’intero gruppo imprenditoriale.

Come si valuta se una Holding pura è una società di comodo?
La valutazione non si basa sui ricavi diretti della holding, ma sull’operatività delle società da essa partecipate. Se le società figlie sono operative, anche la holding madre è considerata operativa.

La mancata distribuzione di utili da una società partecipata rende la holding una società di comodo?
No, se la mancata distribuzione è dovuta a ragioni oggettive e non elusive, come la necessità di coprire perdite pregresse o di effettuare nuovi investimenti. Questa situazione è considerata un'”impossibilità oggettiva” per la holding di percepire reddito, legittimando la disapplicazione della normativa.

La disciplina delle società di comodo si applica ai consorzi?
No, la Corte di Cassazione, richiamando anche una circolare dell’Agenzia delle Entrate, conferma che le società consortili sono escluse dall’applicazione della normativa sulle società di comodo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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