Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14804 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14804 Anno 2025
Presidente: COGNOME RAGIONE_SOCIALE
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 02/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1114/2019 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME
NOME (CODICE_FISCALE);
-ricorrente-
contro
COMUNE DI SANTA COGNOME, rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME (CODICE_FISCALE;
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della Commissione tributaria regionale della Liguria sede di GENOVA n. 623/2018 depositata il 22/05/2018.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’amministrazione comunale ha notificato alla contribuente, odierna ricorrente, in qualità di effettiva titolare del godimento dell’immobile adibito ad hotel un avviso di accertamento relativo alla
TARSU per l’anno 2009, previo accertamento della simulazione della intervenuta locazione intercorsa con altra società.
Il contribuente ha proposto ricorso avverso tale provvedimento, innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova, la quale ha emesso la sentenza n. 1196/14/2010 di rigetto del ricorso proposto dal contribuente, ritenendo che fosse provata la simulazione.
Tale decisione è stata impugnata dalla contribuente innanzi alla Commissione tributaria regionale della Liguria, la quale, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello sulla base della circostanza che si trattasse della medesima compagine societaria e che il canone locatizio fosse irrisorio.
Avverso la suddetta sentenza di gravame, parte contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 3 motivi, cui ha resistito con controricorso l’ amministrazione comunale.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 1, c.p.c., il ricorrente lamenta il difetto di giurisdizione della CTR in quanto la accertata simulazione del contratto di locazione avrebbe dovuto essere oggetto di impugnazione innanzi al giudice ordinario.
1.1. Con riguardo al difetto di giurisdizione invocato con riferimento alla censura in analisi, deve rilevarsi la palese infondatezza, atteso l’orientamento già espresso da questa Corte: ‹‹ 4.1. Con riferimento al potere di cognizione incidentale da parte del giudice tributario della simulazione di un contratto (primo mezzo), che si assume estraneo all’attività del giudice tributario, questa Corte (Sez. 5, Sentenza n. 1549 del 2007), in contrario avviso a ciò che assume il ricorrente, ha già stabilito il principio di diritto -a cui questo Collegio integralmente si riporta, condividendone l’affermazione – secondo cui
«In tema di accertamento della imposta sul valore aggiunto, l’ufficio finanziario ha il potere di accertare la sussistenza della eventuale simulazione relativa (inerente al prezzo di vendita di un bene) in grado di pregiudicare il diritto dell’amministrazione alla percezione dell’esatto tributo, senza la necessità di un preventivo giudizio di simulazione, spettando poi al giudice tributario, in caso di contestazione, il potere di controllare ” incidenter tantum “, attraverso l’interpretazione del negozio ritenuto simulato, l’esattezza di tale accertamento, al fine di verificare la legittimità della pretesa tributaria (la pretesa dell’ufficio era, nella specie, basata sulla ritenuta sottofatturazione di un immobile acquistato dalla società di capitali contribuente da altra società di capitali, composta, come la prima, su base strettamente familiare e dai medesimi soci, i quali, come soci della acquirente, nella stessa data della compravendita dell’immobile, avevano rinunciato al credito risultante nel bilancio della società venditrice, rinuncia ritenuta in appello aumento del prezzo contrattuale).» (Cass. 21/06/2016, n. 12782).
1.2. Del resto, ai sensi del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 1, comma 3, il giudice tributario risolve in via incidentale ogni questione da cui dipende la decisione delle controversie rientranti nella propria giurisdizione, fatta eccezione per le questioni in materia di querela di falso e sullo stato o la capacità delle persone, diversa dalla capacità di stare in giudizio. Tutta l’elusione fiscale è materia della quale il Giudice tributario può ben conoscere.
1.3. Il motivo va dunque respinto.
Con il secondo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c.., si deduce l ‘omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti: la motivazione della CTR non offrirebbe una risposta alla rilevanza, o meno, degli atti indicati in ricorso rispetto alla sussistenza della simulazione.
2.1. Il motivo è inammissibile.
2.2. Sotto il profilo della denuncia del vizio motivazionale, da ricondurre rettamente alla ipotesi dell’art. 350 primo comma n. 5, la censura si scontra con il divieto di cui all’art. 348 ter c.p.c. -applicabile rationae temporis – in presenza di c.d. doppia conforme, e senza che la ricorrente abbia dimostrato una divergenza delle ragioni di fatto alla base delle due decisioni di merito (Cass. 28/05/2024, n. 14846, punto 3.2.).
Né, per vero, risulta illustrata la stessa decisività dei dati il cui esame sarebbe stato omesso, i documenti prodotti avendo riguardo alle autorizzazioni amministrative rilasciate alla conduttrice dell’albergo laddove rimaneva (diversamente) decisivo l’accertamento relativo all’effettiva gestione della struttura alberghiera.
Con il terzo motivo di ricorso, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c., si deduce la violazione e/o falsa applicazione di norme di diritto per la mancata indicazione del procedimento di computo degli interessi. Nel corpo del motivo si menziona l’art. 7 della legge 212/2000, in tema di motivazione del provvedimento.
3.1. Nemmeno questo motivo può trovare accoglimento.
Viene in rilievo, innanzitutto, il difetto di autosufficienza, in quanto non viene indicato alcun riferimento utile ad individuare ove la censura fosse stata proposta nelle fasi di merito.
Invero, per giurisprudenza pacifica di questa Corte, qualora con il ricorso per cassazione siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorso deve, a pena di inammissibilità, non solo allegare l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito, ma anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente lo abbia fatto in virtù del principio di autosufficienza del ricorso, onde dar modo alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la questione stessa; i motivi del ricorso per cassazione devono investire, a pena d’inammissibilità, questioni che siano già comprese nel tema del
decidere del giudizio di appello, non essendo prospettabili per la prima volta in sede di legittimità questioni nuove o nuovi temi di contestazione non trattati nella fase di merito né rilevabili d’ufficio (tra le tante: Cass., Sez. 2^, 9 agosto 2018, n. 20694; Cass., Sez. 2^, 18 settembre 2020, n. 19560; Cass., Sez. 5^, 9 dicembre 2020, n. 28036; Cass., Sez. 6^-5, 23 marzo 2021, n. 8125; Cass., Sez. 5^, 5 maggio 2021, n. 11708; Cass., Sez. 6^-5, 18 ottobre 2021, n. 28714; Cass., Sez. 5^, 29 ottobre 2021, n. 30863; Cass., Sez. 5^, 24 novembre 2021, n. 36393; Cass., Sez. 2^, 21 dicembre 2021, n. 40984; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8362; Cass., Sez. 5^, 6 dicembre 2022, n. 35885) (Cass. 20/07/2023, n. 21727).
3.2. In ogni caso, il motivo n. 3 appare comunque infondato: questa Corte ha reiteratamente chiarito che il procedimento di computo degli interessi non deve essere esplicitato nella sua interezza, laddove sia il frutto di semplici operazioni matematiche, dovendosi ricondurre l’onere motivatorio al solo ragionamento posto a fondamento, e non ai singoli passaggi.
Anche le SS.UU. hanno precisato che l’atto di imposizione <> (Cass. Sez. U., 14 luglio 2022, n. 22281).
Tale principio non può che valere anche in tema di TARSU: l’obbligo di motivazione relativo alla pretesa per interessi è assolto attraverso l’indicazione dell’importo monetario richiesto, della relativa base
normativa – che può anche essere desunta implicitamente dalla specifica individuazione della tipologia e della natura degli accessori reclamati ovvero dal tipo di tributo cui accedono – e della decorrenza dalla quale sono dovuti, senza necessità di indicare i singoli saggi periodicamente applicati o le modalità di calcolo.
Il ricorso va conseguentemente rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, com ma 1quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio che liquida in euro 2.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli accessori di legge ed agli esborsi liquidati in euro 200,00.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il proposto ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23/01/2025.