Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 3 Num. 2847 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 3 Num. 2847 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 30/01/2024
O R D I N A N Z A
sul ricorso n. 14320/20 proposto da:
-) RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE , in persona del legale rappresentante pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME;
– ricorrente –
contro
-) Comune di Corciano , in persona del Sindaco pro tempore , domiciliato ex lege all ‘ indirizzo PEC del proprio difensore, difeso dall’AVV_NOTAIO NOME COGNOME; – controricorrente –
avverso la sentenza della Corte d’appello di Perugia 14 gennaio 2020 n. 13; udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 30 novembre 2023 dal AVV_NOTAIO.
FATTI DI CAUSA
La società RAGIONE_SOCIALE (d ‘ ora innanzi, anche solo ‘la MIF’) impugnò dinanzi alla Commissione Tributaria una cartella esattoriale notificatale dal Comune di Corciano.
La cartella fu annullata e la sentenza del giudice tributario passò in giudicato.
Poiché nelle more del giudizio tributario la MIF aveva pagato il credito oggetto della cartella impugnata, nel 2015 la MIF chiese ed ottenne dal Tribunale di Perugia un decreto ingiuntivo nei confronti del Comune di
di
–
Oggetto:
restituzione
imposta
indebitamente
pagata
–
giurisdizione
del
giudice
ordinario
presupposti.
Corciano, col quale venne ingiunto all ‘ amministrazione comunale il pagamento della somma di euro 15.932,85.
Il Comune propose rituale opposizione al decreto ingiuntivo.
Con sentenza 27 marzo 2017 n. 542 il Tribunale di Perugia declinò la propria giurisdizione in favore di quella del giudice tributario. La sentenza fu appellata dalla MIF.
Con sentenza 14.1.2020 n. 13 la Corte d ‘ appello di Perugia rigettò il gravame.
La Corte ritenne:
-) inammissibile ex art. 342 c.p.c. il ‘primo motivo di gravame’ (non si dice nella sentenza impugnata quale ne fosse l ‘ oggetto);
-) adeguatamente motivata la sentenza di primo grado;
-) corretta in punto di diritto la sentenza di primo grado.
Ha osservato la Corte d ‘ appello che l ‘ annullamento d ‘ una cartella esattoriale per vizi formali, da parte del giudice tributario, è decisione inidonea a produrre un giudicato formale sull ‘ inesistenza del credito erariale. erario con una cartella esattoriale poi annullata per vizi formali, per ottenerne il art. 19 d. lgs. 546/92 ed eventualmente impugnare il rifiuto od il silenzio dinanzi al
Pertanto, il contribuente il quale abbia pagato l ‘ imposta richiesta dall ‘ rimborso, deve rivolgersi all ‘ amministrazione finanziaria ai sensi dell ‘ giudice tributario;
-) il Comune di Corciano, tuttavia, nel caso di specie non aveva mai riconosciuto il credito restitutorio vantato dalla MIF, poiché le aveva negato la richiesta di compensare quel credito con debiti d ‘ imposta ancora dovuti al Comune (p. 6);
-) la controversia tra le parti verteva dunque sull ‘ esistenza o meno di un credito tributario e sfuggiva alla giurisdizione del giudice ordinario.
La sentenza d ‘ appello è stata impugnata per cassazione dalla RAGIONE_SOCIALE con ricorso fondato su tre motivi.
Il Comune di Corciano ha resistito con controricorso.
Ambo le parti hanno depositato memoria.
Il Collegio ha disposto il deposito della motivazione nel termine di cui all ‘ art. 380 bis, secondo comma, c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Col primo motivo è censurata la sentenza d ‘ appello nella parte in cui ha ritenuto inammissibile ex art. 342 c.p.c. il ‘primo motivo di gravame’.
La ricorrente deduce, da un lato, che la sentenza impugnata sarebbe contraddittoria, perché, dopo avere rilevato – nella motivazione – il difetto nell ‘ appello dei requisiti di cui all ‘ art. 342 c.p.c., nel dispositivo dichiara di ‘rigettare’ l’ appello, invece di dichiararlo inammissibile.
Dall ‘ altro lato la ricorrente aggiunge che, in ogni caso, l ‘ appello da essa proposto era ben chiaro e investiva la statuizione di declinatoria della giurisdizione.
1.1. Il motivo è inammissibile per difetto di decisività.
Il giudice di primo grado declinò la propria giurisdizione, la RAGIONE_SOCIALE impugnò tale decisione, la Corte d ‘ appello esaminò nel merito la questione della giurisdizione.
Nella struttura della sentenza impugnata, pertanto, il riferimento all ‘ inammissibilità del primo motivo di gravame ex art. 342 c.p.c. non ha avuto alcuna incidenza sull ‘ esito finale dell ‘ appello.
Col secondo motivo è censurata la decisione declinatoria della giurisdizione del giudice ordinario.
Nell ‘ illustrazione del motivo è sviluppata una tesi così riassumibile:
le controversie sul diritto al rimborso di tributi pagati e non dovuti sono devolute alla giurisdizione del giudice ordinario;
a tale regola si deroga se l ‘ ente creditore ha formalmente riconosciuto il diritto del contribuente al rimborso;
nel caso di specie il Comune di Corciano, in una lettera del 5.11.2013, aveva formalmente riconosciuto il credito della MIF, anche se aveva rifiutato
di compensarlo con altri controcrediti vantati dall ‘ amministrazione comunale nei confronti della stessa MIF.
Con la memoria la MIF ha aggiunto che la giurisdizione del giudice ordinario sulla domanda di rimborso dell ‘ imposta non dovuta sussiste (oltre che nel caso di ammissione del debito da parte dell ‘ erario) anche nel caso in cui il credito restitutorio scaturisca da una sentenza passata in giudicato. Invoca, al riguardo, i princìpi affermati dalle Sezioni Unite di questa Corte con la sentenza n. 761 del 2022.
2.1. Va premesso che il ricorso può essere esaminato in questa sede (ex art. 374, comma primo, c.p.c.) nonostante sollevi una questione di giurisdizione, poiché tale questione è già stata esaminata e decisa dalle Sezioni Unite, secondo quanto si dirà.
2.2. Il motivo è fondato.
Il riparto della giurisdizione tra il giudice ordinario e quello tributario è soggetto alla regola generale, posta dall ‘ art. 2, comma primo, d. lgs. 31.12.1992 n. 546, per cui la cognizione della domanda di restituzione del tributo che si assume indebitamente pagato spetta al giudice tributario ( ex multis , Sez. U – , Sentenza n. 30751 del 28/11/2018, Rv. 651815 – 01).
A questa regola, tuttavia, la giurisprudenza ha introdotto un ‘ eccezione: la giurisdizione sulla domanda di rimborso spetta al giudice ordinario, se il debito restitutorio è stato formalmente ammesso dall’ente impositore .
E tale è il caso oggi sottoposto a questa Corte.
2.3. Il Comune di Corciano, infatti, ha dichiarato alla MIF per iscritto di ‘ riconoscere il credito di euro 12.008,03 oltre ad interessi di legge, per un totale di euro 15.932,85’ : cioè la somma ingiunta.
2.4. La Corte d ‘ appello ha negato che questa dichiarazione costituisse un ‘ riconoscimento di debito pieno’ , perché nello stesso atto in cui essa venne compiuta (una lettera di risposta all ‘ istanza della MIF, con cui questa chiedeva di compensare i propri residui debiti col credito suddetto) il Comune negò alla
società contribuente la possibilità di compensare i propri restanti debiti verso il Comune col suddetto credito.
Questa statuizione è affetta da un duplice errore di diritto.
2.5. Il primo errore è consistito nel ritenere che negare l ‘ altrui diritto alla compensazione renda priva di effetto la contestuale ricognizione di debito.
Ciò non è esatto, in quanto la compensazione è una causa di estinzione delle obbligazioni, mentre la ricognizione di debito è una relevatio ab onere probandi .
Pertanto, l ‘ esistenza o l ‘ inesistenza dei presupposti legali per la compensazione costituisce una questione altra e diversa rispetto a quella dell ‘ esistenza o dell ‘ inesistenza dell ‘ obbligazione che, attraverso la compensazione, si vorrebbe estinguere.
Dunque, può accadere che esista il credito, ma non i presupposti della compensazione; così come può accadere che esistano astrattamente i presupposti della compensazione, ma questa non sia operativa perché – ad esempio – uno dei contrapposti crediti sia prescritto.
Pertanto, l ‘ atto col quale il debitore, contestualmente, da un lato riconosca il debito proprio e dall ‘ altro neghi l ‘ altrui pretesa alla compensazione non è una dichiarazione contraddittoria ed il contestare al debitore la sussistenza dei presupposti per l ‘ invocata compensazione non infirma la ricognizione di debito contestualmente avvenuta.
2.6. Il secondo errore commesso dalla Corte d ‘ appello è logico, prima ancora che giuridico.
Colui il quale riconosca l ‘ altrui credito, ma neghi al creditore di opporlo in compensazione di altri suoi debiti, per ciò solo ne ammette l ‘ immediata esigibilità.
Non si può, infatti, siccome intimamente contraddittorio , allo stesso tempo negare la compensazione del credito altrui, e rifiutare il pagamento del debito proprio.
Se infatti il creditore contesta al debitore la sussistenza dei presupposti affinché il secondo possa opporgli in compensazione un proprio controcredito,
ammette per ciò solo che le contrapposte obbligazioni non sono estinte; e, se le contrapposte obbligazioni non sono estinte, ciascun debitore è tenuto ad adempiere la propria.
2.7. Quanto precede rende infondata l ‘ eccezione del Comune, secondo cui lo stabilire se la lettera del 5.11.2013 contenesse o meno una ricognizione incondizionata di debito costituirebbe un apprezzamento di fatto, insindacabile in questa sede.
Il secondo motivo di ricorso, infatti, non pone una questione di interpretazione d ‘ un atto negoziale unilaterale (stabilire, cioè, se vi sia stata o non vi sia stata una ricognizione di debito da parte del Comune), ma pone una questione di diritto: e cioè se il rifiuto di compensare il proprio credito con quello altrui, opposto dal Comune alla MIF, valesse di per sé a rendere priva di effetti la ricognizione di debito contestualmente compiuta dal Comune stesso.
2.8. Alla luce di quanto precede, diventa irrilevante il principio invocato dalla MIF nella memoria, inteso a sostenere che alla giurisdizione del giudice tributario si dovrebbe derogare anche quando il credito restitutorio scaturisca da una sentenza passata in giudicato di annullamento dell ‘ atto impositivo.
2.9. Reputa, tuttavia, opportuno il Collegio, per miglior chiarezza e per evitare il sospetto di contrasti nella giurisprudenza di questa Corte, sottolineare che la sentenza invocata dalla MIF (Cass. 761/22) non ha mai affermato quel che la ricorrente pretende di farle dire, ovvero che una volta passata in giudicato la sentenza del giudice tributario sulla insussistenza dell ‘ obbligazione tributaria, la giurisdizione sulla domanda di rimborso spetti al giudice ordinario.
2.9.1. In subiecta materia , infatti, il principio da sempre affermato da questa Corte è che l’annullamento dell’atto impositivo da parte del giudice tributario non legittima il contribuente, che nelle more abbia versato l’imposta, a rivolgersi al giudice ordinario per ottenerne il rimborso, salvo il caso in cui
l’ente creditore dell’imposta abbia riconosciuto espressamente che l’imposta non era dovuta.
Ha stabilito, in particolare, Sez. U, Ordinanza n. 10725 del 22/07/2002, che ‘ non sussiste la giurisdizione delle commissioni tributarie ‘ tutte le volte che l’amministrazione abbia formalmente riconosciuto il diritto al rimborso e la quantificazione della somma dovuta, sì che non residuino questioni circa l’esistenza dell’obbligazione tributaria; e tale principio è stato in seguito più volte ribadito ( ex permultis, da Sez. U, Sentenza n. 18120 del 13/09/2005; Sez. U, Sentenza n. 24774 del 08/10/2008).
2.9.2. All’espressa ricognizione di debito da parte dell’ente impositore, in seguito, le Sezioni Unite di questa Corte hanno equiparato lo sgravio della cartella esattoriale da parte del concessionario per la riscossione.
Questo principio è stato affermato, in particolare, da Sez. U – , Ordinanza n. 761 del 12/01/2022.
Nel caso deciso da quest ‘ ultima sentenza il giudice tributario, accertato l ‘ avvenuto sgravio della cartella da parte del concessionario per la riscossione, pronunciò sentenza di cessata materia del contendere. Tale sentenza passò in giudicato, e il contribuente si rivolse al giudice ordinario per ottenere il rimborso dell ‘ imposta medio tempore pagata.
In presenza di tali circostanze, la sentenza da ultimo ricordata ha affermato la giurisdizione del giudice ordinario, sul presupposto che lo sgravio da parte del concessionario per la riscossione è equiparabile ad una ricognizione di debito . Nella motivazione della suddetta sentenza si legge infatti che una sentenza di cessazione della materia del contendere ‘ emessa a seguito dello sgravio deve equipararsi quoad effectum al formale riconoscimento del diritto al rimborso ‘ .
2.10. Dunque, la decisione pronunciata da Cass. 761/22 non ha affatto affermato che la giurisdizione del giudice tributario è esclusa dalla pronuncia di annullamento della cartella esattoriale.
Quella sentenza ha affermato invece cosa ben diversa: e cioè che lo sgravio della cartella è equiparabile alla ricognizione del debito restitutorio.
2.11. In conclusione, nel caso di specie, in applicazione di principi già affermati in punto di giurisdizione dalle Sezioni Unite di questa Corte e tali da escludere la necessità di rimettere a quelle la decisione del presente ricorso, deve concludersi che:
-) vi è stata ricognizione di debito da parte del Comune, che non fu resa inefficace dal contestuale diniego di ammettere la compensazione;
-) la ricognizione dell’insussistenza dell’obbligazione tributaria, da parte dell’ente creditore, secondo le SS.UU. di questa Corte ràdica la giurisdizione del giudice ordinario in merito alla domanda di restituzione dell’imposta indebitamente versata;
-) ergo , nel caso di specie la giurisdizione spetta al giudice ordinario.
Il terzo motivo prospetta l ‘ omesso esame del fatto e resta assorbito.
La cassazione della sentenza impugnata per difetto di giurisdizione impone la rimessione della causa al Tribunale, ai sensi dell’ art. 353 c.p.c., nel testo anteriore alla novella di cui al d.lgs. 149/22, applicabile ratione temporis .
Le spese del presente giudizio di legittimità saranno liquidate dal giudice del rinvio.
P.q.m.
(-) accoglie il ricorso nei sensi di cui in motivazione; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa al Tribunale di Firenze, in persona di altro magistrato, cui demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Terza Sezione civile della